sabato 25 agosto 2012

Nuovi indiziati per la fuga di documenti vaticani, verso un secondo processo. Si indaga su reati molto più gravi di quelli contestati a Paolo Gabriele

Dire che le indagini su Vatileaks non sono ancora finite non rende l'idea. "Siamo solo all'inizio", spiegano Oltretevere. Tanto che già si prospetta un secondo e più corposo processo che potrebbe coinvolgere anche altre persone. Di certo ci sono altri indiziati. E per reati ben più gravi del "furto aggravato" per il quale l'ex maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele (nella foto con Benedetto XVI), sarà processato dopo il 20 settembre (il collegio di tre giudici si riunirà fissando l'inizio di lì a poco) assieme al tecnico informatico Claudio Sciarpelletti, accusato di "favoreggiamento" e il cui ruolo, peraltro, viene considerato "marginale". Gli indiziati sotto osservazione non sono (ancora) indagati formalmente, beninteso: si tratterà di vedere se verranno raccolti elementi sufficienti ad andare in giudizio. Senza contare che il Vaticano non ha affatto rinunciato a inviare rogatorie all'Italia. Un lavoro delicato e difficile, coperto dal più impenetrabile dei segreti istruttori. Per capire cosa accadrà nei prossimi mesi bisogna partire dalla requisitoria firmata il 4 agosto dal Promotore di giustizia vaticano, Nicola Picardi: che spiega come le indagini risalgano al rapporto preparato il 3 febbraio 2012 dal comandante della gendarmeria Domenico Giani, una "denuncia contro ignoti" per "delitti contro lo Stato e i poteri dello stesso, calunnia e diffamazione". Qui sta tuttora il cuore dell'indagine. Si è data la "precedenza" al reato di "furto aggravato" perché già c'erano tutti gli elementi per andare subito a giudizio: due arresti, l'"enorme quantità di documenti" fotocopiati trovata in casa dell'ex maggiordomo più i 37 scovati nell'appartamento che "Paoletto" usava a Castelgandolfo, la confessione, le testimonianze. Anche per questo, spiegano in Vaticano, finora non sono state chieste rogatorie: la via diplomatica, il passaggio dalla nunziatura ai ministeri degli Esteri e poi della Giustizia, la Corte d'appello, la nomina di un giudice e ritorno, "non si sarebbe potuto fare il rinvio a giudizio, si sarebbe perso tempo". Se per il furto non era necessario, "nel corso dell'istruttoria potrebbe diventarlo e allora le rogatorie si faranno, non ci sono problemi". Perché con il rinvio a giudizio del 13 agosto, il giudice istruttore Piero Antonio Bonnet ha dichiarato "la chiusura parziale" di un'istruttoria che "resta aperta per i restanti fatti costituenti reato nei confronti dei predetti imputati e/o di altri". E i reati che restano sono i più gravi: delitti contro lo Stato e i poteri dello Stato, vilipendio delle istituzioni, calunnia, diffamazione, inviolabilità dei segreti. E "concorso di più persone in reato". In Vaticano si spiega che "è probabile si debba andare avanti ancora mesi", ci sono vari indiziati e "profili a valutare" e "altre testimonianze" da raccogliere oltre a quelle già citate finora, si compulsano pc e email e tabulati telefonici, si cercano prove e riscontri: se alla fine dell'istruttoria arriveranno "si dovrà fare un altro processo". Questo è l'obiettivo. Del resto, la stessa figura e ruolo di Gabriele, l'appassionato di intelligence e complotti che si sentiva "infiltrato dello Spirito Santo", non sono chiariti. Un "esecutore" sul lavoro descritto dalle perizie come "manipolabile" e "in grado di commettere anche azioni eterodirette", che ambiva ad essere in confidenza "anche con prelati d'alto rango" e parlava troppo con buona pace dei "doveri di riservatezza". A cominciare dal "padre spirituale B." al quale consegna copia dei documenti e che dice di averli bruciati "dopo qualche giorno". Paoletto ha sostenuto di aver fatto tutto da sé contattando il giornalista Gianluigi Nuzzi, ma nel libro "Sua Santità" vengono pubblicate carte con notizie riservate già filtrate mesi prima, altre lettere sono uscite sui giornali. Nella requisitoria si parla di personaggi come "W." o "X." che avrebbero preparato buste di documenti per Gabriele, che voleva incontrare "W." per conoscere "Y." e così via. Non è insomma tempo di bilanci, il difficile arriva adesso. Il Papa vuole sia fatta chiarezza e ha invitato la magistratura vaticana a "proseguire il lavoro con solerzia". Ha ricevuto il rapporto preparato dalla commissione cardinalizia guidata da Julián Herranz dopo tre mesi e una trentina di "audizioni" a prelati e laici per sondare complicità e connivenze. Non tutte le responsabilità, del resto, sono perseguibili penalmente. E alla fine sarà Benedetto XVI a decidere che cosa è opportuno fare.

Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera

Card. Tauran: la bimba cristiana arrestata in Pakistan per blasfemia non sa leggere né scrivere. Libertà di religione cartina di tornasole per diritti

Cresce l'attenzione della comunità internazionale sulla vicenda della bimba cristiana down arrestata in Pakistan con l'accusa di blasfemia: ne ha parlato al Meeting di Rimini, che oggi si conclude, anche il card. Jean-Louis Tauran (nella foto con Benedetto XVI), presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. “Politica internazionale e libertà religiosa” il titolo dell’incontro cui il porporato ha partecipato assieme al presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Nassir Abdulaziz Al-Nasser, e al ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi. La libertà religiosa è un tema caro al Meeting promosso da Comunione e Liberazione. Cruciale, quindi, l’incontro di ieri con il card. Tauran che sottolinea come un mondo senza Dio è disumano. Lo Stato dunque deve prendere atto che “l’uomo è per natura religioso” e difendere la libertà religiosa nel suo stesso interesse: “Cos’è la libertà di religione per noi? E’ lo spazio, dove l’uomo è libero di rispondere alle domande fondamentali, la libertà di religione, pone il problema del posto della religione nella società. Pone il problema del ruolo dello Stato nella tutela dei diritti dell’uomo, e in particolare di quello della libertà di religione, che è un po’ la cartina di tornasole per gli altri diritti. Sono qui per incoraggiare i membri di Comunione e Liberazione a saper continuare ad approfittare della libertà che hanno per vivere la loro fede ed essere ‘contagiosi’”. Tristemente di attualità in questi giorni il caso, in Pakistan, della bambina cristiana, down, di 11 anni, Rimsha Masih, imprigionata con l’accusa di blasfemia perché trovata in possesso di frammenti di un libro sacro islamico, così come le violenze verso i cristiani in Nigeria. Il dialogo interreligioso in questo senso può aiutare? “Certo - afferma il porporato -. Più la situazione è grave e tesa, più il dialogo si impone. Vediamo il caso in Pakistan di Rimsha Masih, riportato dalla stampa. Si tratta di una ragazza che non sa né scrivere né leggere, raccoglieva le immondizie per vivere, ed ha raccolto i frammenti di quel libro che si trovavano tra le immondizie. Prima di dire che un testo sacro è stato oggetto di disprezzo, occorrerebbe verificare i fatti”. La necessità di una maggiore tutela per le minoranze religiose che vengono perseguitate in diverse parti del mondo è stata messa in luce dal presidente dell’Assemblea generale dell’Onu, Nassir Abdulaziz Al-Nasser. Musulmano proveniente dal Qatar, Al-Nasser ha parlato del valore del dialogo. Sulla Primavera araba si è concentrato il ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi, sottolineando che per l’Italia quello della libertà religiosa è un tema base e che l’Italia sta diventando sempre più protagonista nel Mediterraneo.

Radio Vaticana

Pezzi: il Papa molto conosciuto in Russia, soprattutto tra gli ortodossi. Non è percepito come nemico ma suscita ammirazione, suo viaggio farebbe bene

"Benedetto XVI è molto più conosciuto in Russia di quanto pensassi, soprattutto in ambiente ortodosso. Questo mi ha molto colpito". A parlare non è un osservatore qualunque, ma l’arcivescovo di Mosca Paolo Pezzi, il cui incarico in Russia è cominciato cinque anni fa. "Il Papa per il russo comune non è una figura molto importante ma non è percepito come un nemico, come qualcuno crede. Per gli ortodossi invece è un personaggio interessante, che suscita ammirazione, e questo mi stupisce". In visita informale (non da relatore) al Meeting di Rimini mons. Pezzi ha fatto visita ieri allo stand di Russia Cristiana, dove si è intrattenuto per un’ora con la gente per condividere la sua esperienza di arcivescovo. "Quando la Fraternità Sacerdotale San Carlo Borromeo mi ha inviato in missione in Siberia – racconta – pensavo che con il mio arrivo, con un mio progetto, Gesù potesse essere più conosciuto e amato. Il desiderio era buono, poi però è avvenuta una conversione e ho capito che Cristo ha già conquistato il mondo e io non devo aggiungere nulla, ma solo cercare di mostrarlo ancora di più e rispondere a quello che attraverso la realtà mi viene chiesto. In Russia sono partito da qui". "Le mie priorità in Russia – continua – sono due: da una parte l’incontro con i giovani, perché hanno fame e sete di qualcosa di autentico per le loro vite. Dall’altra i sacerdoti, perché se un prete vive il rapporto con Cristo e lo testimonia, chi gli è vicino non può non esserne contagiato". Questo vale per tutti, anche per gli ortodossi con cui, insiste Pezzi, "ho la fortuna di potermi incontrare. Con loro è importante non avere paura della nostra identità cattolica, perché solo approfondendo la propria identità si generano rapporti". L’arcivescovo di Mosca affronta anche lo spinoso tema dell’agognato incontro tra il Papa e il Patriarca ortodosso Kirill: "Rispetto a qualche anno fa, credo che oggi farebbe bene una visita del Papa in Russia. Non so dire però quando avverrà. Io se fossi il Patriarca, oggi prenderei il coraggio a due mani e inviterei il Papa". Anche perché è recentissima la "storica visita di Kirill in Polonia, che ha dimostrato che non c’è più paura di compiere gesti di apertura. Peccato che qui in Russia ne abbiano parlato in pochi, perché l’evento è stato in concomitanza con un altro, molto meno importante, che riguarda un certo gruppo pseudo-rock che di rock, nel bene e nel male, non ha proprio niente". Mons. Pezzi ha poi salutato tutti con un augurio: "Come diceva Santa Caterina, se avrete il coraggio di essere quello che siete incendierete il mondo. Io continuo ad esserlo, seguendo il carisma di don Luigi Giussani che ha generato la mia vocazione. Ognuno abbia il coraggio di essere quello che è grazie all’incontro che ha fatto".

Leone Grotti, Tempi

Mons. Brown: la strada non sarà facile ma iI futuro della Chiesa in Irlanda comincia adesso, è possibile solo se autenticamente cattolico

“Proporre la fede cattolica nella sua pienezza, bellezza e radicalità, con passione e convinzione” e “non avere paura di affermare quegli insegnamenti che la società secolarizzata rifiuta e irride”: è questa la strada per il futuro della Chiesa in Irlanda. Lo ha affermato il nuovo nunzio apostolico nel Paese, mons. Charles Brown (nella foto con Benedetto XVI), durante la Santa Messa che ha concluso mercoledì l’annuale novena di preghiera al Santuario mariano di Knock, nella contea di Mayo. Un’omelia all’insegna della speranza in cui il presule americano, succeduto lo scorso novembre a mons. Giuseppe Lanza, ha voluto richiamare l’attenzione sui segnali positivi che indicano che la Chiesa irlandese non è condannata “a scomparire”, nonostante le statistiche negative e gli scandali che l’hanno segnata in quest’ultimo ventennio, ricordando che essa ha vissuto altri momenti bui dai quali ha saputo uscire. Il presule ha accennato, in particolare, al sorprendete successo del Congresso Eucaristico internazionale di Dublino, lo scorso mese di giugno, e alla grande partecipazione di giovani al recente pellegrinaggio a Croagh Patrick. “È qui il futuro della Chiesa in Irlanda”, un futuro possibile solo se “autenticamente cattolico”, ha sottolineato mons. Brown, aggiungendo che ad indicarci la strada è Gesù quando ci esorta a “cercare innanzitutto il Regno di Dio e la Sua Giustizia” (Mt. 6,33). Egli ha quindi ricordato le diverse iniziative promosse da Papa Benedetto XVI per aiutare la Chiesa ad affrontare le sfide del futuro: dall’istituzione del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, alla convocazione del Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione e la trasmissione della fede, all’indizione dell’Anno della fede. Un anno che, nelle intenzioni del Santo Padre, offrirà ai credenti l’occasione “di confessare la fede nel Signore Risorto perché ognuno senta forte l’esigenza di conoscere meglio e di trasmettere alle generazioni future la fede di sempre” (Porta Fidei, 8). Per questo, ha evidenziato mons. Brown, il Papa invita i fedeli a studiare e a riscoprire, nel ventesimo anniversario della sua pubblicazione, il Catechismo della Chiesa Cattolica che ci permette di incontrare la Persona di Cristo. Una raccomandazione riproposta anche dai vescovi irlandesi con la recente pubblicazione del Direttorio nazionale per la Catechesi “Share the Good News”. “Il futuro della Chiesa in Irlanda – ha quindi concluso il nunzio - comincia adesso: la strada non sarà facile, come del resto non lo era per i cattolici irlandesi quando apparve la Vergine a Knock nel 1879. Eppure quell’apparizione fu seguita da uno dei periodi più fecondi del cattolicesimo irlandese”.

Lisa Zengarini, Radio Vaticana