domenica 1 luglio 2012

La finale degli Europei di calcio 2012. Benedetto XVI tiferà Italia, sua seconda patria da trent'anni, ma anche Spagna, Paese più visitato da Papa

Pastore universale e fine intenditore di calcio, Benedetto XVI non si permette un tifo accanito. Il Papa, in Vaticano lo sanno tutti, segue in tv le partite più importanti, ma non affida ai media le sue impressioni, commenti e speranze. Anzi, l'altro giorno Joseph Ratzinger aveva chiesto di non far sapere nemmeno con certezza se avrebbe guardato Italia-Germania, ricordando che se anche è tedesco e ama la sua patria, allo stesso tempo è Primate d'Italia e dunque il suo affetto si sarebbe diviso tra entrambe le formazioni. Per le stesse ragioni questa sera tiferà certo per l'Italia, sua seconda patria da oltre trent'anni, ma un po' anche per la cattolicissima Spagna, il Paese che dopo l'elezione con la Germania ha visitato più spesso nei suoi viaggi fuori d'Italia, recandovisi ben tre volte. E che sempre lo ha accolto con incontenibile entusiasmo. "Viva l'Italia, viva la Spagna", riassume un collaboratore fidato di Papa Ratzinger. Il card. Angelo Bagnasco, presidente della CEI, però, ha già fatto sapere che lui, come i 220 vescovi che presiede, tiferà Italia: "Siamo italiani", ha sottolineato. E il segretario di Stato, Tarcisio Bertone, grande tifoso ed esperto della materia, spera moltissimo di poter ripetere questa sera la telefonata di venerdì al presidente Giorgio Napolitano per complimentarsi per la vittoria degli azzurri e ripetere che "il Papa in quanto vescovo di Roma partecipa all'allegria dei fedeli".

Agi

Strage a Garissa, in Kenya: almeno 16 morti in due attacchi alla Cattedrale e a una chiesa vicina. Padre Lombardi: orrore e preoccupazione

Non c'è tregua per il martirio dei cristiani in Africa. Dopo la Nigeria ora è la comunità del Kenya ad essere sotto attacco. È di 17 morti e una cinquantina di feriti, di cui 10 molto gravi, il bilancio degli attacchi contro due chiese a Garissa, nel nord-est del Kenya. Garissa si trova nel nord-est del Kenya, a circa 140 chilometri dal confine con la Somalia. La città si trova inoltre a 70 chilometri dall'immenso campo profughi di Dadaab, che accoglie circa 465mila rifugiati somali e dove quattro operatori umanitari stranieri sono stati rapiti venerdì. Gli attacchi quasi simultanei hanno preso di mira la cattedrale cattolica della città e una chiesa appartenente alla congregazione Africa Inland Indipendent Church (Aic) durante la Messa domenicale. Le autorità keniane hanno puntato il dito contro le milizie islamiche Shabaab che operano in Somalia, la cui frontiera dista 140 chilometri dalla città. Un commando di due terroristi incappucciati ha lanciato due granate all’interno della cattedrale, ma solo una è esplosa. I morti e gran parte dei feriti si sono registrati nella chiesa della congregazione Aic dove altri cinque miliziani hanno esploso colpi d’arma da fuoco sui fedeli: 10 di loro sono deceduti sul colpo e altri sei mentre venivano portati in ospedale. In entrambi i casi sono stati disarmati i poliziotti schierati di guardia dopo gli attentati contro le chiese degli ultimi mesi. "Orrore e preoccupazione" sono questi i sentimenti espressi dal portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi sugli attentato in Kenya. "I sanguinosi attentati in Kenya, nella città di Garissa, contro due chiese cristiane, fra cui la cattedrale cattolica, nel corso delle riunioni di celebrazione e preghiera domenicali sono un fatto orribile e molto preoccupante", ha detto Lombardi, denunciando che "l’attacco ai cristiani riuniti la domenica nei loro luoghi di culto" sembra che "fra i gruppi terroristi sia diventato Cun metodo considerato particolarmente efficace per la diffusione dell’odio e della paura".

Vatican Insider

A Verona marcia contro la pedofilia clericare: vogliamo aiutare Benedetto XVI a fare opera di verità. Non comprendiamo la censura della CEI

"Vogliamo aiutare Benedetto XVI a fare opera di verità". Lo ha detto il deputato dei Radicali Italiani, Maurizio Turco, che ieri è intervenuto a Verona alla terza marcia contro la "pedofilia clericale", organizzata dall’Associazione Sordomuti "Antonio Provolo". L’istituto Provolo era stato al centro di uno scandalo per la denuncia da parte di ex alunni di decine di casi di pedofilia che risalgono a molti anni fa. "La Conferenza Episcopale italiana - ha spiegato Turco - ha la facoltà di fare aprire gli archivi diocesani dove sono nascoste alcune verità". Oggi a Verona sono arrivate persone anche dall’estero e pure dagli Stati Uniti per denunciare gli abusi sessuali subiti da preti. "Devo dire - ha aggiunto il parlamentare radicale - che alcune Conferenze Episcopali, quella belga, irlandese, americana, austriaca, hanno aperto questi archivi". "Non comprendiamo - ha concluso - questa censura da parte della CEI proprio nel momento in cui più che dal Vaticano, proprio Benedetto XVI continua a dire che bisogna fare opera di verità». Turco ha quindi lanciato un appello alle autorità ecclesiastiche per "fare luce su alcuni gravi episodi di abusi sessuali avvenuti a Verona negli anni ’70 e ’80" ha detto riferendosi alle vicende del Provolo. La marcia ha preso il via nel pomeriggio proprio dalla sede dell’Istituto dove avvennero alcuni degli abusi denunciati dalle vittime e si concluderà in piazza Bra. "Il vescovo di Verona, mons. Giuseppe Zenti - ha detto l’onorevole Turco - si era impegnato a fare opera di verità in questa vicenda, ma dopo tre anni non abbiamo visto nulla". "Rinnoviamo il nostro appello - ha aggiunto - a fare luce su alcuni episodi avvenuti tra gli anni ’70 e ’80 e rendere pubbliche queste vicende, in modo che possano trovare un momento di verità anche all’interno delle autorità ecclesiastiche". Il parlamentare radicale ha concluso annunciando la quarta giornata di memoria delle vittime di pedofilia clericale, che si terrà nel 2013 sempre a Verona.

L'Arena.it

Mons. Filipazzi: la voce del Papa non è una tra le altre. Il suo insegnamento sia punto di riferimento costante per nostri pensieri e nostre azioni

"La voce del Papa non è una voce tra le altre". Lo ha detto l’arcivescovo Antonio Filipazzi, nunzio apostolico in Indonesia, nell’omelia tenuta ieri pomeriggio nella cattedrale di Jakarta per la festa di San Pietro e Paolo. Citando il Concilio Vaticano II, il nunzio ha ribadito: "E' molto importante che ciascun fedele e ciascuna comunità cristiana sia in piena comunione con il Papa". "Intendiamoci bene – ha aggiunto – non si tratta semplicemente di un sentimento di simpatia, di un interesse intellettuale per quanto dice, o di atti solo esteriori di entusiasmo nei suoi confronti. Al Papa si deve essere legati da vincoli oggettivi, visibili, concreti, quei vincoli che ci uniscono fra noi nella Chiesa". Mons. Filipazzi ha quindi elencato i tre vincoli dell’unità con il Successore di Pietro. Innanzitutto quello della fede: per questo la voce del Papa "non è paragonabile alle opinioni dei teologi, neppure a quella dei singoli vescovi, ma è un criterio determinante per valutare le dottrine che vengono insegnate e predicate anche nella Chiesa e le opinioni e le teorie diffuse nella società… Il Papa non ha bisogno dei nostri applausi quando parla, ma occorre che il suo insegnamento diventi punto di riferimento costante per i nostri pensieri e le nostre azioni!". Il secondo vincolo è quello della liturgia: "Come spesso ci ha ricordato Benedetto XVI, noi dovremmo celebrare la liturgia non come qualcosa che inventiamo a nostro piacimento, secondo le nostre idee, seguendo le mode e le teorie del momento, ma dovremmo celebrarla come qualcosa di più grande di noi tutti, in cui noi entriamo e da cui facciamo plasmare la nostra preghiera". "È necessario – ha aggiunto in nunzio in Indonesia – richiamare con forza la fedeltà alle norme circa la liturgia date dalla Chiesa: i vescovi e i sacerdoti, ministri della santa liturgia, non ne sono i padroni, non possono cambiarla a loro piacimento, e i fedeli non devono ritenere che le celebrazioni liturgiche possano essere oggetto dei loro gusti e desideri. La liturgia non appartiene a nessuno e non può essere manipolata a piacimento da nessuno!". Infine c’è il terzo vincolo, quello della disciplina: a Pietro e ai suoi Successori, così come ai vescovi in comunione con il Papa, "è stato affidato il compito non solo di insegnare e santificare, ma anche di governare il popolo di Dio, dando ad esso direttive e norme, che vanno accolte con rispetto e obbedienza". "Non si tratta di decisioni arbitrarie di chi gestisce il potere – ha detto Filipazzi – ma attraverso di esse si manifesta a noi la divina volontà... La mentalità corrente vede spesso nelle leggi e nell’autorità un limite e un ostacolo allalibertà, anziché un aiuto a vivere la libertà secondo verità e per il vero bene di tutti. Anche nella comunità cristiana permane la falsa convinzione che il diritto si opponga alla pastorale, mentre, invece, le leggi sono anch’esse per il benedelle anime, e c’è il rischio che in nome della pastorale si commettano delle ingiustizie e degli abusi". "La vera comunione con il Papa – ha concluso il nunzio – passa dunque anche attraverso la fedele obbedienza alle norme e alle direttive della Sede Apostolica. E non ci si può dire in unione al successore di Pietro quando queste norme e direttive vengono ignorate, rifiutate o non portate avanti, magari adducendo a pretesto la situazione locale o la cultura particolare".

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Benedetto XVI: stagione del meritato riposo sia occasione per approfondire la vita spirituale grazie a preghiera, lettura, al contatto con il creato

Nei saluti in varie lingue, dopo la recita dell’Angelus, il Pontefice in francese ha invitato a “prendere del tempo da dedicare a Dio. Che sappiate testimoniare la sua presenza in mezzo a noi. Siate portatori di misericordia e tenerezza verso ciascuna delle persone che potrete incontrare e, in particolare, se incontrate delle persone che soffrono. Sull’esempio della Vergine Maria, lasciamo da parte le nostre paure, i nostri dubbi, diventiamo fieri di testimoniare la nostra fede”. Concetti ripresi anche in polacco: “All’inizio delle vacanze auguro a tutti che la stagione del meritato riposo sia anche un’occasione per dedicare più tempo e più attenzione a Dio e agli uomini, per approfondire la vita spirituale grazie alla preghiera, alla lettura, al contatto con il creato e ai momenti distensivi. Affido la gioia e la pace di questi giorni alla materna protezione di Maria”. In tedesco ha osservato: “Il Vangelo di Marco racconta spesso come Gesù guarisca gli uomini e riporti alla vita coloro che sono isolati dagli altri e sono stati abbandonati. L’amore di Dio dona vita e comunione. Riceviamo veramente questo dono quando lo diamo a noi stessi e diventiamo noi stessi donatori”. Il Santo Padre ha rivolto, poi, un cordiale saluto ai pellegrini provenienti dalla Slovenia, tra cui le ragazze del gruppo “Splendor Gloriae” di Voglje, appartenente alla Famiglia Spirituale “L'Opera”. “Sull’esempio di Maria e dei primi cristiani – ha esortato - rimaniate sempre fedeli, affinché siate testimoni di Gesù e per gli altri un riflesso dell’amore di Dio”.

SIR

Il Papa: dobbiamo chiedere con insistenza a Dio una fede più salda, perché rinnovi la nostra vita, una ferma fiducia nel suo amore che non abbandona

A mezzogiorno il Santo Padre Benedetto XVI si è affacciato alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro. Nell’odierna domenica, ha ricordato il Papa “l’evangelista Marco ci presenta il racconto di due guarigioni miracolose che Gesù compie in favore di due donne: la figlia di uno dei capi della Sinagoga, di nome Giàiro, ed una donna che soffriva di emorragia”. "Sono due episodi - ha spiegato - in cui sono presenti due livelli di lettura; quello puramente fisico: Gesù si china sulla sofferenza umana e guarisce il corpo; e quello spirituale: Gesù è venuto a guarire il cuore dell'uomo, a donare la salvezza e chiede la fede in Lui". Nel primo episodio, infatti, “alla notizia che la figlioletta di Giàiro è morta, Gesù dice al capo della Sinagoga: ‘Non temere, soltanto abbi fede!’, lo prende con sé dove stava la bambina ed esclama: ‘Fanciulla, io ti dico: alzati!’. Ed essa si alzò e si mise a camminare”. Il Santo Padre ha quindi ripreso un commento di San Girolamo a queste parole, nel quale sottolineando la potenza salvifica di Gesù: “Fanciulla, alzati per me: non per merito tuo, ma per la mia grazia. Alzati dunque per me: il fatto di essere guarita non è dipeso dalle tue virtù”. Il secondo episodio, quello della donna affetta da emorragie, “mette nuovamente in evidenza come Gesù sia venuto a liberare l’essere umano nella sua totalità”. Infatti, “il miracolo si svolge in due fasi: prima avviene la guarigione fisica, ma questa è strettamente legata alla guarigione più profonda, quella che dona la grazia di Dio a chi si apre a Lui con fede. Gesù dice alla donna: ‘Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male!’”. "Questi due racconti di guarigione - ha spiegato il Papa - sono per noi un invito a superare una visione puramente orizzontale e materialista della vita". "A Dio - ha aggiunto - noi chiediamo tante guarigioni da problemi, da necessità concrete, ed è giusto, ma quello che dobbiamo chiedere con insistenza è una fede sempre più salda, perché il Signore rinnovi la nostra vita, e una ferma fiducia nel suo amore, nella sua provvidenza che non ci abbandona". “Gesù che si fa attento alla sofferenza umana – ha affermato il Papa - ci fa pensare anche a tutti coloro che aiutano gli ammalati a portare la loro croce, in particolare i medici, gli operatori sanitari e quanti assicurano l’assistenza religiosa nelle case di cura”. Essi sono “riserve di amore”, che recano “serenità e speranza ai sofferenti”. “Nell’Enciclica ‘Deus caritas est’ – ha aggiunto - osservavo che, in questo prezioso servizio, occorre innanzitutto la competenza professionale - essa è una prima fondamentale necessità - ma questa da sola non basta. Si tratta, infatti, di esseri umani, che hanno bisogno di umanità e dell'attenzione del cuore”. Perciò, oltre alla preparazione professionale, “a tali operatori è necessaria anche, e soprattutto, la ‘formazione del cuore’: occorre condurli a quell'incontro con Dio in Cristo che susciti in loro l'amore e apra il loro animo all'altro”. Di qui l’invito: “Chiediamo alla Vergine Maria di accompagnare il nostro cammino di fede e il nostro impegno di amore concreto specialmente verso chi è nel bisogno, mentre invochiamo la sua materna intercessione per i nostri fratelli che vivono una sofferenza nel corpo o nello spirito”.

SIR, TMNews

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS

L'ansia di Giovanni XXIII per il Concilio Vaticano II. Le raccomandazioni in un'Enciclica e nella lettera alle religiose dell'inizio del luglio 1962

Inizio luglio 1962. Mancano quattro mesi e undici giorni all’apertura del Concilio. Papa Giovanni XXIII, sulla scia di sue precedenti simili esortazioni, sente ancora una volta il bisogno di raccomandare ai fedeli preghiere e atti di mortificazione per la buona riuscita della grande assemblea ecumenica. E lo fa con due documenti a date ravvicinate. Il 1° luglio 1962 (ricorreva allora in questo giorno la festa del Preziosissimo Sangue di Gesù) promulga l’Enciclica “Paenitentiam agere” ("Fare penitenza") diretta ai vescovi e, tramite loro, ai cattolici di tutto il mondo. Il giorno seguente 2 luglio, a quel tempo festa della Visitazione di Maria, indirizza segnatamente alle religiose la Lettera “Il tempio massimo” (il riferimento è a Roma sede di Pietro, il tempio massimo della cristianità che si prepara ad accogliere i Padri conciliari) con la quale chiede a tutte le sorelle consacrate speciali preghiere perché il Concilio si trasformi “in una novella Pentecoste”. “Già il clero recita in unione con noi il Breviario di ogni giorno per il felice esito del Concilio”, osserva il Papa, che lo stesso anno, nella Solennità dell’Epifania, aveva indirizzato un’esortazione in tal senso ai sacerdoti. “È naturale”, scrive ora alle religiose Giovanni XXIII, “che in questo clima d’intensa preparazione debbano distinguersi coloro che a Dio hanno fatto totale offerta di sé stesse, e sono divenute familiari all’esercizio della preghiera e della carità più fervida”. La lettera, oltre che l’invito alla preghiera, comprende un’attenta disamina degli aspetti e della missione della vita consacrata che, ricorda il Papa, affinché “corrisponda sempre meglio ai desideri del Cuore divino, è necessario che essa sia in realtà: 1. vita di preghiera; 2. vita di esempio; 3. vita di apostolato”.L’enciclica “Paenitentiam agere” si apre con la premessa che “far penitenza dei propri peccati, secondo l’esplicito insegnamento di nostro Signore Gesù Cristo, costituisce per l’uomo peccatore il mezzo per ottenere il perdono e per giungere alla salvezza eterna”. Perciò, prosegue Giovanni XXIII rifacendosi alla costituzione apostolica di indizione del Concilio, “abbiamo voluto rivolgere ai fedeli l’invito a prepararsi degnamente al grande avvenimento non solo con la preghiera e con la pratica ordinaria delle virtù cristiane, ma altresì con la volontaria mortificazione”. Il Papa cita i profeti, la cui voce incessante sprona il popolo d’Israele a supplicare Dio con cuore contrito, Gesù Cristo, Giovanni Battista, gli Apostoli Pietro e Paolo, Sant’Agostino, con i loro ripetuti richiami alla penitenza come strumento di purificazione e di rinnovamento spirituale. Passa poi a illustrare il pensiero e la prassi della Chiesa sul tema, ricordando che anche i suoi predecessori, nel preparare la celebrazione dei Concili ecumenici, si preoccupavano di esortare i fedeli alla mortificazione interiore ed esteriore. “Noi pensiamo”, scrive ancora il Papa, “che al prossimo Concilio si possono giustamente applicare le parole dell’apostolo: ‘Ecco ora il tempo favorevole, ecco ora il giorno della salvezza’”. E torna a ribadire l’efficacia della preghiera, soprattutto quella pubblica e collettiva, perché attraverso di essa e con gli atti di penitenza i fedeli “impetrino da Dio che questo straordinario avvenimento produca quei frutti salutari, che sono nell’attesa di tutti; e cioè un tale ravvivamento della fede cattolica, un tale rifiorimento di carità e incremento del costume cristiano, che risvegli anche nei fratelli separati un vivo ed efficace desiderio di unità sincera e operosa, in un unico ovile sotto un solo pastore”. C’è in queste parole, che si concludono con il passo di Giovanni, tutta l’ansia ecumenica di Papa Roncalli, la speranza, da lui coltivata fin dal primo annuncio, che la grande assemblea che sta per aprirsi avvicini l’ora in cui si realizzerà per tutti la preghiera di Gesù nell’ultima cena: “Ut unum sint”. La raccomandazione finale della “Paenitentiam agere” è perché “i venerabili fratelli, i fedeli – e in primo luogo i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i fanciulli, gli ammalati, i sofferenti”, già precedentemente chiamati in causa dal Pontefice, “diligentemente prestino attenzione anche a questo nostro ultimo invito”. L’Enciclica infatti è l’ultima della serie degli appelli generali scritti pro Concilio di Giovanni XXIII. Il grande evento è ormai alle porte. Il prossimo atto “ufficiale” del Papa sarà il 6 agosto di quell’anno di grazia 1962, quando con la Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio “Appropinquante Concilio” promulgherà il regolamento del Vaticano II.

SIR


Paenitentiam Agere (1° luglio 1962)

Il tempio massimo, per invitare le religiose a speciali preghiere per il Concilio Ecumenico Vaticano II (2 luglio 1962)

La 'positio' della causa di Beatificazione di Giovanni Paolo I sarà consegnata il 17 ottobre, nel centenario della nascita del Servo di Dio

"Il 17 ottobre, nel centenario della nascita di Albino Luciani, assieme alla collaboratrice Stefania Falasca, consegnerò ufficialmente al cardinal Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, la 'positio' relativa al 'Servo di Dio' Giovanni Paolo I (nella foto con l'allora card. Ratzinger)". Questo l'annuncio dato venerdì ad Agordo dal vescovo mons. Enrico Dal Covolo, rettore magnifico della Pontificia Università Lateranense e postulatore della causa di Beatificazione di Papa Luciani, nel corso dell'omelia pronunciata durante la Messa celebrata nell'arcidiaconale per la Solennità dei Santi Pietro e Paolo, patroni di Agordo e dell'Agordino. Invitato dall'arcidiacono Giorgio Lise a presiedere il solenne pontificale, Dal Covolo ha spiegato come proseguirà l'iter del processo di Beatificazione. "La 'positio' – ha detto il vescovo – è un dossier consistente in due grossi volumi rossi: il primo raccoglie le testimonianze sulla vita e le virtù di Luciani, mentre il secondo è incentrato soprattutto sulla storia del personaggio. In tali opere si trovano attestati al meglio l'eroicità e le virtù di Giovanni Paolo I che saranno quindi esaminati a due livelli: dagli esperti della Congregazione e successivamente dai membri della stessa. Se l'esito di tale esame – ha proseguito Dal Covolo – sarà positivo, come sono certo, allora il Papa autorizzerà l'attribuzione del titolo di 'venerabile'. Il processo proseguirà quindi sulla completa verifica del miracolo, sigillo dell'iter, già avviato molto bene, per cui entro pochi anni il vostro illustre conterraneo salirà all'onore degli altari come Beato'. Una notizia che gli agordini, anche su sollecitazione del presule, hanno accolto con un lungo e caloroso applauso. Nel suo intervento, del resto, Dal Covolo aveva ricordato più volte il legame di Luciani con la comunità di Agordo alla quale aveva offerto le primizie sacerdotali negli anni 1935-37 con l'allora arcidiacono Luigi Cappello (fratello del gesuita Felice Maria, altro agordino in odore di santità) e alla quale aveva riservato la storica visita da patriarca di Venezia il 29 giugno 1978, due mesi prima di essere eletto Papa. “In quell'occasione – ha sottolineato il vescovo – Luciani ricordò con commozione il periodo più bello della sua vita trascorso ad Agordo accanto ai bambini, alle persone semplici, ai poveri e ai minatori di Valle Imperina”. Figure, queste ultime, citate anche dall'arcidiacono Lise nel saluto iniziale al vescovo. "Agordo – ha detto Lise – è stata terra di emigrazione con tanti minatori e periti minerari che, con la loro laboriosità, hanno onorato questa città e l'Italia intera in tutto il mondo".

Gianni Santomaso, Corriere delle Alpi