sabato 19 novembre 2011

Il Papa: vescovi, abbiate viva coscienza della fraternità sacramentale che vi unisce e dell’unica missione affidata per essere promotori di unità

Rientrato alla Nunziatura Apostolica di Cotonou, Benedetto XVI ha incontrato i vescovi del Benin e, nella Cappella della Nunziatura, dopo l’indirizzo di omaggio del presidente della Conferenza Episcopale, mons. Antoine Ganyé, arcivescovo metropolita di Cotonou, ha rivolto loro il suo discorso. Benedetto XVI ha ringraziato il Signore per i 150 anni dell’inizio dell’evangelizzazione del Paese. Era il 18 aprile 1861 quando i primi missionari della Società delle Missioni Africane sbarcarono a Ouidah, “cominciando così una nuova pagina dell’annuncio del Vangelo in Africa Occidentale. A tutti i missionari, vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, laici, provenienti da altre terre o originari di questo Paese, che si sono succeduti da quel tempo fino ad oggi – ha detto il Papa - la Chiesa è particolarmente riconoscente. Essi hanno generosamente fatto dono della loro vita, talvolta in modo eroico, affinché l’amore di Dio sia annunciato a tutti”. La celebrazione del Giubileo “dev’essere per le vostre comunità e per ciascuno dei loro membri l’occasione di un profondo rinnovamento spirituale. E spetta a voi, in quanto Pastori del popolo di Dio, di discernerne i contorni alla luce della Parola di Dio. L’Anno della fede, che ho voluto promulgare in occasione del cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, sarà certamente una circostanza propizia per permettere ai fedeli di riscoprire e di approfondire la loro fede nella persona del Salvatore degli uomini. In effetti, è perché hanno accettato di mettere Cristo al centro della loro vita che, dopo 150 anni, degli uomini e delle donne hanno avuto il coraggio di donare tutto per il servizio del Vangelo. Oggi, questo stesso atto dev’essere al centro della vita della Chiesa intera”. “È il volto crocifisso e glorioso di Cristo che ci deve guidare tutti, così da testimoniare il suo amore al mondo – ha affermato il Pontefice -. Questo atteggiamento richiede una conversione costante per dare nuova forza alla dimensione profetica del nostro annuncio. A coloro che hanno ricevuto la missione di guidare il popolo di Dio, spetta di suscitarla e di aiutare a discernere i segni della presenza di Dio nel cuore delle persone e degli avvenimenti”. L’incontro con Cristo “dev’essere saldamente radicato nell’accoglienza e nella meditazione della Parola di Dio. Infatti, la Scrittura deve occupare un posto centrale nella vita della Chiesa e di ogni cristiano. Vi incoraggio dunque a fare della sua riscoperta una sorgente di rinnovamento costante, affinché essa unifichi la vita quotidiana dei fedeli e sia sempre più al cuore di ogni attività ecclesiale”. Il Papa ha rilevato che “questa Parola di Dio, la Chiesa non può tenerla per se stessa, ma ha la vocazione di annunciarla al mondo. Questo anno giubilare dev’essere per la Chiesa nel Benin un’occasione privilegiata per ridare vigore alla sua coscienza missionaria. Lo zelo apostolico che deve animare tutti i fedeli deriva direttamente dal loro battesimo, e pertanto essi non possono sottrarsi alla responsabilità di confessare la loro fede in Cristo e nel suo Vangelo dovunque si trovino, e nella loro vita quotidiana”. Quanto ai vescovi e ai sacerdoti, “essi sono chiamati a risvegliare questa coscienza nelle famiglie, nelle parrocchie, nelle comunità e nei diversi movimenti ecclesiali”. Un ruolo essenziale giocato nell’attività missionaria delle diocesi è giocato “dai catechisti”: "Come ho sottolineato nell’Esortazione Apostolica post-sinodale 'Verbum Domini', 'in nessun modo la Chiesa può limitarsi ad una pastorale di “mantenimento”, per coloro che già conoscono il Vangelo di Cristo. Lo slancio missionario è un segno chiaro della maturità di una comunità ecclesiale'. “La Chiesa – ha ribadito Benedetto XVI - deve dunque andare verso tutti. E vi incoraggio a proseguire i vostri sforzi in vista di una condivisione del personale missionario con le diocesi più sprovviste, sia che ciò avvenga nel vostro Paese, o in altri Paesi dell’Africa o in continenti più lontani. Non abbiate paura di suscitare vocazioni missionarie di sacerdoti, di religiosi e di religiose e di laici!”. “Perché il mondo creda in questa Parola che la Chiesa annuncia – ha osservato il Papa -, è indispensabile che i discepoli di Cristo siano uniti tra loro. Guide e pastori del vostro popolo, voi siete chiamati ad avere una viva coscienza della fraternità sacramentale che vi unisce e dell’unica missione che vi è affidata, così da essere effettivamente segni e promotori di unità nelle vostre diocesi”. Con i sacerdoti, “un atteggiamento di ascolto, di attenzione personale e paterna deve prevalere affinché essi, coscienti del bene che volete loro, vivano con serenità e sincerità la loro vocazione sacerdotale”. Di qui l’invito “ad aiutare i sacerdoti e i fedeli a riscoprire anch’essi la bellezza del sacerdozio e del ministero sacerdotale”. “Le difficoltà incontrate, che talvolta possono essere serie, non devono mai dar motivo di disperare, ma al contrario – ha avvertito il Pontefice - diventare incitamenti a suscitare nei sacerdoti e nei vescovi una profonda vita spirituale che riempia il loro cuore di un amore sempre più grande per Cristo e di uno zelo traboccante per la santificazione del Popolo di Dio. Un rafforzamento dei legami di fraternità e di amicizia tra tutti sarà pure un sostegno importante, che permette di progredire nella ricerca di una crescita spirituale e umana”. Benedetto XVI ha quindi incoraggiato a fare della formazione dei futuri sacerdoti una delle priorità pastorali. “È indispensabile che una solida formazione umana, intellettuale e spirituale permetta ai giovani di raggiungere un equilibrio personale, psicologico e affettivo, che li prepari ad assumere le realtà della vita sacerdotale, particolarmente nel campo relazionale". "La cosa più importante nel cammino verso il sacerdozio e durante tutta la vita sacerdotale è il rapporto personale con Dio in Gesù Cristo. Il sacerdote […] è il messaggero di Dio tra gli uomini. Vuole condurre a Dio e così far crescere anche la vera comunione degli uomini tra loro", ha affermato Benedetto XVI, citando la Lettera ai seminaristi. "I seminaristi devono imparare a vivere in costante contatto con Dio. Pertanto, la scelta dei formatori è una responsabilità importante che spetta ai vescovi. Vi invito ad esercitarla con prudenza e discernimento. I formatori, pur possedendo le qualità umane e intellettuali necessarie, devono avere a cuore il proprio progresso nel cammino della santità, come quello dei giovani che essi hanno la missione di aiutare nella ricerca della volontà di Dio sulla loro vita”. “Il ministero episcopale al quale il Signore vi ha chiamati conosce le sue gioie e le sue pene. Incontrandovi questa sera – ha proseguito -, vorrei lasciare a ciascuno di voi un messaggio di speranza. Nel corso di questi ultimi 150 anni, il Signore ha fatto grandi cose in mezzo al popolo del Benin. Siate certi che Egli continua ad accompagnarvi giorno per giorno nel vostro impegno a servizio dell’evangelizzazione. Siate sempre Pastori secondo il cuore di Dio, autentici servitori del Vangelo. È questo che gli uomini e le donne del nostro tempo aspettano da voi”. "Vorrei dirvi - ha concluso il Papa - quanto è grande la mia gioia di ritornare in terra d’Africa, e particolarmente in Benin, in questa duplice circostanza della celebrazione del centocinquantesimo anniversario dell’evangelizzazione del vostro Paese e della consegna dell’Esortazione Apostolica post-sinodale 'Africae munus'. Vorrei ringraziarvi, e attraverso di voi tutto il popolo del Benin, per l’accoglienza calorosa, direi semplicemente per “l’accoglienza africana”, che mi avete riservato. Affido alla Vergine Maria, Nostra Signora d’Africa, ciascuna delle vostre diocesi, così come le vostre persone e il vostro ministero episcopale. Ella vegli sull’intero popolo del Benin!".

Radio Vaticana, SIR

VIAGGIO APOSTOLICO IN BENIN (18-20 NOVEMBRE 2011) (IX) - il testo integrale del discorso del Papa

Il Papa: bambini, non esitate a parlare di Gesù agli altri, un tesoro che bisogna condividere con generosità. La preghiera ci riempie del Suo amore

Nel suo discorso, il Papa ha ringraziati di cuore i bambini beninensi che l'hanno accolto. Poi ha ricordato che “Dio nostro Padre ci ha riunito attorno al suo Figlio e nostro Fratello, Gesù Cristo, presente nell’Ostia consacrata durante la Messa. È un grande mistero davanti al quale si adora e si crede. Gesù, che ci ama tanto, è veramente presente nei tabernacoli di tutte le chiese del mondo, nei tabernacoli delle chiese dei vostri quartieri e delle vostre parrocchie. Io vi invito a fargli visita spesso per dirgli il vostro amore”. “Alcuni tra voi – ha proseguito - hanno già fatto la prima Comunione, altri vi si preparano. Il giorno della mia prima Comunione è stato uno dei più bei giorni della mia vita. Non lo è stato forse anche per voi? Perché? Non è solo a causa dei bei vestiti o dei regali o anche del pranzo della festa! È soprattutto perché, quel giorno, riceviamo per la prima volta Gesù-Eucaristia. Quando io faccio la comunione, Gesù viene ad abitare in me. Devo accoglierlo con amore e ascoltarlo attentamente. Nel profondo del mio cuore, posso dirgli per esempio: 'Gesù, io so che tu mi ami. Dammi il tuo amore così che io ti ami e ami gli altri con il tuo amore. Ti affido le mie gioie, le mie pene e il mio futuro'”. Il Papa ha invitato i bambini a non esitare “a parlare di Gesù agli altri. Egli è un tesoro che bisogna saper condividere con generosità. Nella storia della Chiesa, l’amore di Gesù ha riempito di coraggio e di forza tanti cristiani e anche dei bambini come voi! Così, San Kizito, un ragazzo ugandese, è stato messo a morte perché voleva vivere secondo il Battesimo che aveva ricevuto. Kizito pregava. Aveva capito che Dio è non solo importante, ma che è tutto”. Benedetto XVI poi ha chiesto: “Che cos’è la preghiera? È un grido d’amore lanciato verso Dio nostro Padre con la volontà di imitare Gesù nostro fratello. Gesù si ritirava in disparte per pregare. Come Gesù, anch’io posso trovare ogni giorno un luogo calmo in cui mi raccolgo davanti a una croce o ad una immagine sacra per parlare a Gesù e ascoltarlo. Posso anche usare il Vangelo. Poi conservo nel mio cuore un passo che mi colpisce e mi può guidare durante la giornata. Restare così un po’ di tempo con Gesù, Gli permette di riempirmi del suo amore, della sua luce e della sua vita! Questo amore che ricevo nella preghiera, sono chiamato a donarlo a mia volta ai miei genitori, ai miei amici, a tutti quelli con cui vivo, anche a coloro che non mi amano, e anche a coloro che non apprezzo molto. Cari bambini, Gesù vi ama! Chiedete anche ai vostri genitori di pregare con voi! A volte, bisogna spingerli un po’. Non esitate a farlo. Dio è così importante!”. “La Vergine Maria, sua Madre – ha proseguito il Papa - vi insegni ad amarLo sempre più attraverso la preghiera, il perdono e la carità. Vi affido tutti a Lei, come pure i vostri familiari e i vostri educatori. Guardate! Tiro fuori un rosario dalla mia tasca. Il rosario è come uno strumento che si può utilizzare per pregare. È semplice pregare il rosario. Forse lo conoscete già, altrimenti chiedete ai vostri genitori di insegnarvi. Del resto, alla fine del nostro incontro ciascuno di voi riceverà un rosario. Quando lo avrete in mano, potrete pregare per il Papa,e vi chiedo di farlo, per la Chiesa e per tutte le intenzioni importanti”. L’incontro si è quindi concluso con “un’Ave Maria per i bambini del mondo intero, specialmente per quelli che soffrono la malattia, la fame e la guerra”.

Radio Vaticana

VIAGGIO APOSTOLICO IN BENIN (18-20 NOVEMBRE 2011) (VIII) - il testo integrale del discorso del Papa

La visita al Foyer 'Paix et Joie' e l'incontro con i bambini. Aisha al Papa: chiediamo a Dio di rafforzarla ogni giorno nel suo ministero universale

“Lasciate venire a me i piccoli”. Con queste parole di Gesù si potrebbe riassumere l’incontro di Papa Benedetto XVI con i bambini, svoltosi all’insegna della semplicità e dell’entusiasmo. Per la prima volta nella storia dei viaggi pontifici, Benedetto XVI ha riservato un incontro ai bambini a Cotonou. Il Santo Padre ha presieduto prima un momento di preghiera nel Foyer “Pace e Gioia”, gestito dalle Missionarie della Carità, per poi proseguire la visita nell’adiacente parrocchia di Santa Rita. Arrivato intorno alle 17.20, il corteo papale è passato attraverso una folla entusiasta e sotto striscioni con i colori vaticani, appesi da un lato all’altro della strada. Sceso dalla macchina, il Papa è stato accolto dai responsabili locali ai ritmi africani e al suono del canto: “Gloria a te, o Risorto!”. L’ingresso della scuola materna delle Missionarie della Carità era adornato con un arco fatto da palloncini gialli e bianchi. Sotto il festoso arco, molti fedeli sono venuti a salutare Benedetto XVI. In segno di ospitalità, una suora con il noto sari bianco orlato di blu di Madre Teresa di Calcutta ha messo una ghirlanda di fiori al collo del Pontefice. In mezzo alla folla, un gruppo di bambini del Foyer, vestiti di rosso e con indosso fasce gialle, ha circondato il Pontefice, cantando, ballando e sorridendo. A passo di danza e con grande agilità, hanno accompagnato il Papa fino alla sala per la celebrazione. I bambini del Foyer hanno prima cantato a pieni polmoni “Benvenuti da noi, Papa!”. Visibilmente commosso, il Papa ha applaudito. Persino gli agenti della sicurezza non hanno potuto nascondere un sorriso. Con una semplicità del tutto naturale, i bambini, le religiose, i dignitari e il Papa hanno condiviso lo stesso spazio, in cui anche il gesto più piccolo è diventato molto umano: il neonato benedetto dal Papa o la bambina che, a nome di tutti, ha offerto un dono all’illustro ospite. Il volto dell’ottantaquattrenne Pontefice era segnato dal calore e dalla fatica. Ciononostante ha pregato con voce energica un Padre Nostro e un’Ave Maria con i bambini, prima di benedirli. Sempre accompagnato dai passi di danza dei bambini e dei fedeli, dopo l’incontro nel Foyer, il Papa si è recato nella parrocchia adiacente. Quando è entrato nella chiesa parrocchiale di Santa Rita, Benedetto XVI si è fermato all’ingresso nuovamente per benedire i bambini. Poi ha percorso il corridoio centrale decorato festosamente con stoffe bianche per raggiungere il coro. Gli 800 posti della chiesa parrocchiale pullulavano di bambini che, sventolando bandierine e fazzoletti, facevano di tutto per vedere meglio il Pontefice. Quando Benedetto XVI si è seduto, l’entusiasmo ha raggiunto il suo culmine: la gente è esplosa in un incontenibile applauso e ha esclamato: “Il Papa in Benin! Riconciliazione! Il Papa in Benin! Giustizia! Il Papa in Benin! Pace!”. Il vescovo di Porto Novo, mons. René-Marie Ehuzu, che doveva pronunciare il discorso di benvenuto, ha dovuto aspettare vari minuti prima di poter iniziare. Alla fine, ha più volte richiamato il pubblico al silenzio. “Voglio sentire volare una mosca”, così ha detto il presule, non senza un tocco di umorismo. Mons. Ehuzu ha parlato a nome dei bambini, parlando con la loro limpidezza d’animo: “Noi Le vogliamo bene e siamo felici di essere con Lei in questo momento”. Ha ricordato che “la vita è un valore fondamentale e il bambino è un dono di Dio”. Ha ringraziato anche il Papa per aver dato ai bambini “lo spazio per incontrarli e offrire loro l’amore di Gesù”. Il vescovo ha chiesto al Papa che la Chiesa “continui la sua lotta per loro” e di farsi il loro “portavoce” a livello governativo. Dopo il discorso del vescovo, è stato il turno di una bambina di dieci anni, Aisha. Molto dritta, la testa alta e con una splendida sciarpa blu tipicamente africana indosso, Aisha si è rivolta al Papa a nome di “tutti i bambini”. “Questa è la prima udienza pubblica indirizzata a bambini della nostra età”, ha detto la bambina, articolando le sue parole con grande impegno. ”Siamo molto onorati”, così ha continuato la ragazzina. La bambina ha ringraziato Papa Benedetto XVI per la “fede” che è venuto a “ravvivare” in loro. “Siamo pronti - ha detto - a ricevere il messaggio”. I bambini del Benin hanno chiesto al Papa di continuare a essere "il loro portavoce presso i potenti, a tutti i livelli, in modo da far prendere loro maggiormente a cuore tutto ciò che riguarda i diritti dei più piccoli". "Il nostro ringraziamento - ha detto Aisha - si unisce a quello dei bambini soldato, dei bambini sfruttati a fini economici, dei bambini affamati, maltrattati, malati, orfani, rifiutati, eliminati". E ha ricordato come i più piccoli si rendano conto da soli che la Chiesa sta sempre dalla loro parte, aiutandoli a crescere nella fede in Cristo e assicurando un sempre più efficace sistema di educazione e di assistenza sanitaria. Un ruolo di primo piano svolge, in questi campi, la Pontificia Opera dell'Infanzia Missionaria. E con la semplicità della sua età Aisha ha concluso dicendo al Pontefice che nessun dono sarebbe stato all'altezza "della nostra riconoscenza": così "abbiamo preso l'impegno della preghiera per chiedere a Dio di rafforzarla ogni giorno nel suo ministero di Pastore della Chiesa universale". Mentre parlava Aisha, due bambini hanno presentato al Papa un’immagine “ricordo”: una cornice dorata con una foto di Benedetto XVI sullo sfondo dell’Africa, rappresentata dal logo del viaggio papale. Benedetto XVI ha concluso l'incontro con un’Ave Maria e una benedizione. Prima di partire, ha donato, sotto gli occhi estasiati dei parrocchiani, un dipinto raffigurante la Madonna col Bambino davanti al presepe. Il foyer “Pace e Gioia” accoglie decine di bambini abbandonati o malati. Alcuni sono malati di AIDS. Con l’aiuto della parrocchia, le sei suore di Madre Teresa si occupano dei bambini.



Zenit, L'Osservatore Romano

Benedetto XVI incontra a Cotonou la Comunità di Sant'Egidio presente nel Paese: grazie per quello che fate, perchè c'è bisogno di sognare

E’ importante avere un sogno nella vita, anzi “bisogna sognare”. Benedetto XVI, nel secondo giorno della suo viaggio in Benin, ha incontrato a Cotonou i rappresentanti delle Comunità di Sant’Egidio di questo Paese dell’Africa Occidentale e del vicino Togo. E’ da qui che partivano le navi con gli schiavi dirette verso il Brasile e il Nord America. Ma è qui che oggi bisogna liberarsi da nuove schiavitù. Prima di tutto quelle dei pregiudizi che arrivano a considerare “stregoni” i bambini o gli anziani che hanno problemi. Di questo ha parlato al Papa il responsabile della Comunità in Benin, Léopold Djogbede, ringraziandolo per il discorso che aveva fatto pochi giorni proprio su questo tema incontrando i vescovi angolani. E ha spiegato anche come la comunicazione del Vangelo può sanare tante ferite della società africana e colmare distanze che a volte sembrano incolmabili come quelle tra ricchi e poveri. Alla fine è stata presentata al Papa la targa della nuova casa aperta da Sant’Egidio per aiutare i bambini di strada. Si chiama “Maison du rêve”, “casa del sogno”. Benedetto XVI l’ha benedetta e ha incoraggiato la Comunità a continuare il suo lavoro: “Grazie per quello che fate, perché c'è bisogno di sognare”. Nel pomeriggio, all’incontro con una rappresentanza di bambini provenienti da diversi quartieri di Cotonou, era presente anche un gruppo di bambini di strada amici della Comunità che hanno ringraziato il Papa per la sua speciale benedizione.

Comunità di Sant'Egidio

'Africae munus'. Struttura e idee operative del documento presentate dal segretario generale del Sinodo dei vescovi: impellente l'annuncio del Vangelo

"Affidando i risultati pastorali di 'Africae munus' all'intercessione di tutti i Santi e Sante di questa terra, specialmente della Beata Vergine Maria, Madre dell'Africa, ho il grande onore di invitare Vostra Santità a dar compimento al lungo processo sinodale, firmando l'Esortazione Apostolica". Lo ha chiesto al Papa l'arcivescovo Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei vescovi, nella Basilica dell'Immacolata Concezione di Maria a Ouidah, dove il documento è stato reso pubblico. Nella circostanza il presule ha presentato struttura e scopo di "Africae munus". Composta di due parti, è preceduta da una introduzione e seguita da una conclusione. La prima parte ha due capitoli: "Al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace" e "I cantieri per la riconciliazione, la giustizia e la pace". La seconda ne ha tre: "I membri della Chiesa", "Principali campi di apostolato" e "Àlzati, prendi la tua barella e cammina". Il segretario generale ha quindi illustrato le idee portanti e operative del documento. Nella prima parte, infatti, si fa il discernimento delle strutture portanti della missione ecclesiale nel continente che aspira alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace e che ha, quale sorgente, la persona di Gesù Cristo. Pertanto si indicano i cantieri per la riconciliazione, la giustizia e la pace, quali un'autentica conversione, il Sacramento della penitenza, una spiritualità di comunione, l'inculturazione del Vangelo, la protezione della vita, i migranti, i profughi e i rifugiati, il buon governo, il dialogo ecumenico e interreligioso, soprattutto con le religioni tradizionali e l'islam. Nella seconda parte, tutti i membri della Chiesa sono invitati a contribuire alla comunione e alla pace nella Chiesa e nella società. Inoltre, sono indicati i campi di apostolato: la Chiesa come presenza attiva ed efficace di Gesù Cristo; il mondo dell'educazione, della salute e dei mezzi di comunicazione sociale. In pratica l'esortazione apre gli orizzonti della speranza all'Africa che accogliendo Gesù Cristo deve emanciparsi dalle forze che la paralizzano. L'"Africae munus", del resto, si situa in continuità con l'"Ecclesia in Africa", frutto della prima assemblea Speciale per l'Africa, che ha dato un grande impulso alla crescita della Chiesa nel continente. Quanto alle guide pratiche per l'attività pastorale nei prossimi decenni, il segretario generale del Sinodo dei vescovi ha sottolineato come in Africa rimanga "impellente l'evangelizzazione ad gentes, l'annuncio del Vangelo a coloro che tuttora non conoscono Gesù. È la priorità pastorale che coinvolge tutti i cristiani africani". Inoltre, "occorre animare sempre meglio l'evangelizzazione ordinaria nelle rispettive Chiese particolari". Ed "è urgente, poi, adoperarsi nella nuova evangelizzazione in Africa, in particolare in favore di coloro che si sono allontanati dalla Chiesa o non seguono la condotta cristiana". Infine i "cristiani africani sono chiamati ad appoggiare la nuova evangelizzazione anche nei Paesi secolarizzati". Quanto alle varie proposte operative dell'"Africae munus", mons. Eterović ha segnalato la necessità di riscoprire i Santi. "La Chiesa -- ha detto - deve ritrovare un nuovo ardore, proprio dei numerosi Santi e martiri, confessori e vergini del Continente. Per avere ulteriori esempi attuali, ottenendo anche nuovi intercessori in cielo, si incoraggiano i Pastori delle Chiese particolari 'a riconoscere fra i servitori africani del Vangelo coloro che potrebbero essere canonizzati'". In secondo luogo "bisogna rafforzare ulteriormente i legami di comunione tra il Santo Padre e i vescovi dell'Africa, come pure tra i vescovi del continente a livello nazionale, regionale e continentale". Quindi si auspica che "i vescovi si impegnino anzitutto a promuovere e sostenere il Simposio delle Conferenze Episcopali dell'Africa e del Madagascar (SCEAM)" e per approfondire maggiormente il mistero dell'Eucaristia e accrescere la devozione eucaristica, si rilancia la proposta dei padri sinodali "di celebrare un Congresso Eucaristico continentale", con l'incoraggiamento alla celebrazione annuale nei singoli Paesi di "un giorno o una settimana di riconciliazione, durante l'Avvento o la Quaresima". E, infine, in accordo con la Santa Sede, lo SCEAM potrà contribuire alla realizzazione di un Anno della riconciliazione a livello continentale.

L'Osservatore Romano

Presentazione dell'Esortazione Apostolica di mons. Nikola Eterovic, segretario generale del Sinodo dei vescovi, Ouidah, 19 novembre 2011

Il saluto al Papa di mons. Eterovic

Esortazione Apostolica 'Africae munus' (2). 'A ciascuno è data una manifestazione particolare dello spirito per il bene comune': Chiesa e apostolato

Nella seconda parte del documento, "A ciascuno è data una manifestazione particolare dello spirito per il bene comune" (1 Cor 12, 7), Benedetto XVI si rivolge direttamente a chi opera “sul campo” nel settore dell’apostolato, quindi a vescovi, presbiteri, seminaristi, consacrati. A tutti viene ricordato il principio dell’unità con il Successore di Pietro e della comunione reciproca. Il Papa insiste sulla santità di vita, portata avanti nel celibato e nel distacco dai beni materiali, dai nazionalismi, dai tribalismi. Di qui l’invito ad una formazione permanente ed una testimonianza di affidamento totale a Dio e di servizio al prossimo. Le diocesi siano “modelli quanto al comportamento delle persone, alla trasparenza e alla buona gestione finanziaria”. Ai sacerdoti chiede “testimonianza di vita pacifica”; ai seminaristi di farsi “apostoli presso i giovani”. Ai laici, Benedetto XVI raccomanda di essere modelli di famiglia cristiana, dimostrando anche che il lavoro, prima di essere un mezzo di profitto, è il luogo della realizzazione personale e del servizio al prossimo. Centrale anche le sfida dell’educazione, della sanità e della comunicazione: le scuole e le Università cattoliche sono invitate a tessere nella società legami di pace e di armonia, ricercando la Verità che trascende la misura umana; le istituzioni sanitarie della Chiesa lottino sì contro le malattie, ma siano fedeli agli insegnamenti etici a favore della vita. I mass media cattolici siano più numerosi e più organizzati, poiché rappresentano un importante strumento di evangelizzazione e di promozione della giustizia e della pace. Un capitolo a parte l’Esortazione Apostolica lo dedica all’importanza dell’evangelizzazione, intesa sia come missio ad gentes, ovvero come il portare la Buona Novella alle persone che non la conoscono ancora, sia come nuova evangelizzazione, ovvero verso coloro che non seguono più la prassi cristiana anche al di fuori dei confini africani, nei Paesi più secolarizzati. Infine, il Papa indica alcune proposte operative per favorire la riconciliazione, la giustizia e la pace nel continente: incrementare la lectio divina e l’apostolato biblico, indire un Congresso Eucaristico continentale, per “testimoniare i valori fondamentali di comunione in tutte le società africane”. “Per incoraggiare la riconciliazione” Benedetto XVI raccomanda “vivamente” di celebrare “ogni anno in ogni Paese africano un giorno o una settimana di riconciliazione, particolarmente durante l’Avvento o la Quaresima”. In accordo con la Santa Sede, il Secam, il Simposio delle Conferenze Episcopali dell’Africa e del Madagascar, “potrà contribuire alla realizzazione” di un “Anno della riconciliazione a livello continentale”. Benedetto XVI chiede di ampliare la schiera dei Santi africani, modelli esemplari di giustizia ed apostoli della pace. Rammentando che l’evangelizzazione è da intendersi sia come “missio ad gentes”, sia come “nuova evangelizzazione”, il Papa rilancia “l’appello alla speranza”, “ultima parola del Sinodo”, ed auspica che nel continente africano “ciascuno diventi sempre più apostolo della riconciliazione, della giustizia e della pace”. Il Papa conclude la sua Esortazione Apostolica con queste parole: "Possa la Chiesa Cattolica in Africa essere sempre uno dei polmoni spirituali dell'umanità, e diventare ogni giorno di più una benedizione per il nobile Continente africano e per il mondo intero".

Radio Vaticana, SIR, TMNews

Esortazione Apostolica 'Africae munus' (1). 'Ecco, io faccio nuove tutte le cose': al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace

L'Esortazione Apostolica post-sinodale "Africae Munus", firmata questa mattina da Papa Benedetto XVI nella Basilica dell'Immacolata Concezione di Maria a Ouidah, sulla Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace, raccoglie quanto emerso dalla seconda Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei vescovi, svoltasi in Vaticano dal 4 al 25 ottobre 2009. Indicare il programma dell’attività pastorale e della nuova evangelizzazione dell’Africa nei prossimi decenni, sottolineando la necessità di riconciliazione, giustizia e pace: è questo l’obiettivo del documento. Suddiviso in due parti, più un’introduzione ed una conclusione, il documento siglato da Benedetto XVI è fortemente contestualizzato. Consapevole delle ricchezze materiali, culturali e spirituali dell’Africa, il Papa non tralascia le tante e drammatiche sfide che il continente deve affrontare in molti settori: sanità, politica, economia, ecologia, società. Ma il tono che predomina è quello della speranza e il Pontefice guarda all’Africa come ad un grande “polmone spirituale” per tutta l’umanità. "La memoria dell'Africa - scrive Benedetto XVI nell'introduzione - conserva il ricordo doloroso delle cicatrici lasciate dalle lotte fratricide tra le etnie, dalla schiavitù e dalla colonizzazione. Ancora oggi il Continente si trova di fronte a rivalità, a nuove forme di schiavitù e di colonizzazione". Nella prima parte dell’Esortazione, "Ecco, io faccio nuove tutte le cose" (Ap 21,5), prevale il concetto di giustizia divina, più ampia di quella umana perché basata sull’amore e sul dono di sé. Sotto questo fondamentale principio, rientra l’idea della purificazione e del perdono, anche se, scrive il Papa, i responsabili dei crimini devono essere ricercati e messi davanti alle loro responsabilità, per evitare il ripetersi dei loro reati. Molti i 'nodi' affrontati nel documento papale, con una sottolineatura ben 'ratzingeriana': "Cristo non propone una rivoluzione di tipo sociale o politico, ma quella dell'amore, realizzata nel dono totale della sua persona con la sua morte in croce e la sua Risurrezione. Su questa rivoluzione dell'amore si fondano le Beatitudini". In questo senso, "secondo la logica delle Beatitudini, un'attenzione preferenziale dev'essere riservata al povero, all'affamato, al malato - per esempio di AIDS, di tubercolosi o di malaria - allo straniero, all'umiliato, al prigioniero, al migrante disprezzato, al rifugiato o allo sfollato". "I membri del Sinodo hanno constatato l'esistenza di una dicotomia tra certe pratiche tradizionali delle culture africane e le esigenze specifiche del messaggio di Cristo. La preoccupazione della pertinenza e della credibilità impone alla Chiesa un discernimento approfondito per identificare gli aspetti della cultura che fanno da ostacolo all'incarnazione dei valori del Vangelo, così come quelli che li promuovono". E ancora: la difesa della famiglia che deve diventare sempre più “chiesa domestica” e deve essere tutelata da nozioni distorte del matrimonio, dai divorzi facili, dalla banalizzazione della maternità. "In Africa, le persone anziane sono circondate da una venerazione particolare. Non sono bandite dalle famiglie o marginalizzate come in altre culture. Al contrario, esse sono stimate e perfettamente integrate nella propria famiglia, di cui costituiscono il vertice. Questa bella realtà africana dovrebbe ispirare le società occidentali, così che esse accolgano la vecchiaia con maggior dignità". Rivolgendosi agli uomini africani, il Papa sottolinea: "La vostra testimonianza resa alla dignità inviolabile di ogni persona umana sarà un antidoto efficace per lottare contro alcune pratiche tradizionali che sono contrarie al Vangelo e che opprimono particolarmente le donne". Scrive ancora Benedetto XVI: "Se è innegabile che dei progressi sono stati compiuti per favorire la promozione e l'educazione della donna in certi Paesi africani, ciononostante, nell'insieme, la sua dignità, i suoi diritti così come il suo apporto essenziale alla famiglia ed alla società continuano a non essere pienamente riconosciuti, né apprezzati. Così la promozione delle ragazze e delle donne è spesso meno favorita di quella dei ragazzi e degli uomini. Troppo numerose sono ancora le pratiche che umiliano le donne e le avviliscono, in nome della tradizione ancestrale. Con i Padri sinodali, invito insistentemente i discepoli di Cristo a combattere ogni atto di violenza contro le donne, a denunciarlo e a condannarlo. In questo contesto, converrebbe che i comportamenti all'interno stesso della Chiesa siano un modello per l'insieme della società". "Quando mi sono recato in terra africana - scrive il Papa in riferimento al suo viaggio in Camerun e Angola nel 2009 - ho ricordato con forza che bisogna riconoscere, affermare e difendere l'uguale dignità dell'uomo e della donna: sono ambedue persone, a differenza di ogni altro essere vivente del mondo attorno a loro. L'evoluzione delle mentalità in questo campo è, purtroppo, eccessivamente lenta. La Chiesa ha il dovere di contribuire a questo riconoscimento e a questa liberazione della donna seguendo l'esempio dato da Cristo che la valorizzava. Creare per lei uno spazio in cui poter prendere la parola e in cui poter esprimere i suoi talenti, attraverso iniziative che rafforzino il suo valore, la sua autostima e la sua specificità, le permetterebbe di occupare un posto uguale a quello dell'uomo nella società - senza confusione, né livellamento della specificità di ciascuno -, dato che entrambi sono immagine del Creatore". Nell'Esortazione post-sinodale Benedetto XVI si mostra allarmato anche per la condizione dei giovani ("Cari giovani, stimoli di ogni genere possono tentarvi: ideologie, sette, denaro, droga, sesso facile, violenze. Siate vigilanti: quanti vi fanno tali proposte vogliono distruggere il vostro futuro!") e dei bambini: "Come non deplorare e denunciare con forza i trattamenti intollerabili inflitti in Africa a tanti bambini? La Chiesa è Madre e non saprebbe abbandonarli, chiunque essi siano". Quanto al ruolo svolto dalle organizzazioni internazionali, l'accento del Papa è negativo: "I Padri sinodali hanno voluto sottolineare gli aspetti discutibili di certi documenti di enti internazionali: in particolare quelli concernenti la salute riproduttiva delle donne. La posizione della Chiesa non soffre di alcuna ambiguità quanto all'aborto. Il bimbo nel seno materno è una vita umana da proteggere". "Sulla vita umana in Africa - scrive il Papa - pesano minacce molto forti. Bisogna deplorare, come altrove, i disastri della droga e gli abusi di alcol che distruggono il potenziale umano del Continente ed affliggono soprattutto i giovani. La malaria, come pure la tubercolosi e l'AIDS, decimano le popolazioni africane e compromettono grave mente la loro vita socio-economica. Il problema dell'AIDS, in particolare, esige certamente una risposta medica e farmaceutica. E tuttavia questa è insufficiente poiché il problema è più profondo. E'anzitutto etico. Il cambio di comportamento che esso esige - ad esempio: l'astinenza sessuale, il rifiuto della promiscuità sessuale, la fedeltà coniugale - pone in ultima analisi la questione dello sviluppo integrale che richiede un approccio e una risposta globali della Chiesa. Infatti, per essere efficace, la prevenzione dell'AIDS deve poggiarsi su una educazione sessuale fondata essa stessa su un'antropologia ancorata al diritto naturale e illuminata dalla Parola di Dio e dall'insegnamento della Chiesa". "L'analfabetismo rappresenta uno dei maggiori freni allo sviluppo. E' un flagello simile a quello delle pandemie", scrive Benedetto XVI, che sottolinea il ruolo benefico svolto in Africa da scuole, istituti e università cattoliche. "Dio - denuncia poi il Papa - ha dato all'Africa importanti risorse naturali. Di fronte alla povertà cronica delle sue popolazioni, vittime di sfruttamenti e malversazioni locali e straniere, l'opulenza di alcuni gruppi turba la coscienza umana. Costituiti per la creazione di ricchezze nelle proprie nazioni e non di rado con la complicità di quanti esercitano il potere in Africa, tali gruppi troppo spesso assicurano il proprio funzionamento a scapito del benessere delle popolazioni locali". Ancora: "Uomini e donne d'affari, governi, gruppi economici si impegnano in programmi di sfruttamento, che inquinano l'ambiente e causano una desertificazione senza precedenti. Gravi attentati vengono effettuati alla natura e alle foreste, alla flora e alla fauna, e innumerevoli specie rischiano di sparire per sempre. Tutto ciò minaccia l'intero ecosistema e di conseguenza la sopravvivenza dell'umanità". Anche gli Stati, naturalmente, devono fare la loro parte: l’Esortazione apostolica ricorda che l’Africa ha bisogno di buoni governi che rispettino le Costituzioni, garantiscano elezioni libere, siano amministratori trasparenti ed incorrotti, sfruttino le risorse del Paese per il bene comune, rivolgano attenzioni al fenomeno delle migrazioni, spesso dovuto alla povertà, e che invece della compassione e della solidarietà, innesca a volte reazioni di xenofobia e razzismo. Essenziale, quindi un’ottica della globalizzazione della solidarietà che includa il principio di gratuità. Il Papa pone l'accento sul tema delle migrazioni, invitando i paesi d'approdo ad una maggiore accoglienza: "Milioni di migranti, di profughi o di rifugiati cercano una patria e una terra di pace in Africa o in altri continenti. Le dimensioni di un simile esodo, che tocca tutti i Paesi, rivelano l'ampiezza nascosta delle diverse povertà spesso generate da mancanze nella gestione pubblica. Migliaia di persone hanno cercato e cercano ancora di attraversare i deserti e i mari alla ricerca di oasi di pace e di prosperità, di una migliore formazione e di una libertà più grande. Purtroppo numerosi rifugiati o profughi incontrano ogni sorta di violenza e di sfruttamento, addirittura la prigione o troppo spesso la morte. Alcuni Stati hanno risposto a questo dramma attraverso una legislazione repressiva. La situazione di precarietà di tali poveri dovrebbe suscitare la compassione e la solidarietà generose da parte di tutti; al contrario, fa nascere spesso la paura e l'ansietà. Poiché molti considerano i migranti come un fardello, li vedono con sospetto non vedendo in essi che pericolo, insicurezza e minaccia. Una simile percezione provoca reazioni di intolleranza, di xenofobia e di razzismo. Ne risulta che questi migranti sono essi stessi costretti, a causa della precarietà della loro situazione, a svolgere lavori mal remunerati spesso illegali, umilianti o degradanti. La coscienza umana non può che indignarsi di fronte a queste situazioni". Sul più generale tema della globalizzazione, il Papa scrive che "la Chiesa auspica che la globalizzazione della solidarietà giunga sino ad inscrivere 'nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità',evitando la tentazione del pensiero unico sulla vita, sulla cultura, sulla politica, sull'economia, a vantaggio di un costante rispetto etico delle diverse realtà umane, per una solidarietà effettiva". Fondamentale poi il dialogo, sia ecumenico, perché un cristianesimo diviso desta scandalo, sia interreligioso. L’Esortazione Apostolica ribadisce la stima verso l’Islam, monoteista come il cristianesimo, nel contesto del rispetto della libertà religiosa e di coscienza. Le religioni tradizionali africane vengono apprezzate per ciò che hanno di conforme al Vangelo, mentre si richiede il giusto discernimento per i movimenti sincretisti, le sètte, la stregoneria che oggi conosce una certa recrudescenza. "Numerosi movimenti sincretisti e sette, inoltre, hanno visto la luce nel corso degli ultimi decenni. Talvolta è difficile discernere se siano di ispirazione autenticamente cristiana o siano semplicemente il frutto di una infatuazione per un leader che pretende di avere dei doni eccezionali. La loro denominazione ed il loro vocabolario portano facilmente alla confusione e possono ingannare fedeli in buona fede. Approfittando di strutture statali in elaborazione, dello scardinamento delle solidarietà familiari tradizionali e di una catechesi insufficiente, queste numerose sette sfruttano la credulità ed offrono una copertura religiosa a credenze multiformi ed eterodosse non cristiane. Esse distruggono la pace delle coppie e delle famiglie a causa di false profezie o visioni. Seducono anche dei responsabili politici. La teologia e la pastorale della Chiesa devono individuare le cause di questo fenomeno non soltanto per arginare 'l'emorragia' dei fedeli delle parrocchie verso di esse, ma anche per porre le basi di una risposta pastorale appropriata a fronte dell'attrazione che questi movimenti e sette esercitano su di essi. Ciò significa ancora una volta: evangelizzare in profondità l'anima africana". "Poiché si appoggia sulle religioni tradizionali - rileva Benedetto XVI - la stregoneria conosce ai giorni nostri una certa recrudescenza. Rinascono paure che creano legami di soggezione paralizzanti. Le preoccupazioni riguardanti la salute, il benessere, i bambini, il clima, la protezione contro gli spiriti malvagi, portano di quando in quando a ricorrere a pratiche delle religioni tradizionali africane che sono in disaccordo con l'insegnamento cristiano. Il problema della 'doppia appartenenza' al cristianesimo e alle religioni tradizionali africane rimane una sfida".

Radio Vaticana, TMNews

Africae munus: Esortazione Apostolica post-sinodale sulla Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace (19 novembre 2011)

Il Papa: riconciliati e in pace con Dio e il prossimo gli uomini possono lavorare per maggiore giustizia nella società. Africa, abbi fiducia in Lui!

Terminato l’incontro in Seminario, Benedetto XVI si è recato in auto alla Basilica dell’Immacolata Concezione di Maria a Ouidah per il solenne atto della firma dell’Esortazione Apostolica post-sinodale "Africae munus", che raccoglie i frutti dei lavori della II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi tenutosi a Roma nell’ottobre del 2009 sul tema "La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace: ‘Voi siete il sale della terra ... voi siete la luce del mondo’ (Mt 5, 13-14)". Nella Basilica erano presenti i membri del Consiglio Speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi, i presuli del Benin e i vescovi ospiti, con numerosi fedeli di Ouidah. Tra la gioia di un popolo filiale, Benedetto XVI si è lasciato alle spalle le due grandi campane di bronzo poste ai lati della Basilica che sorge dove furono detenuti missionari e fedeli cristiani, e ha percorso la navata centrale, disegnata dalla volta in legno.
“Oggi, con la firma dell’Esortazione ‘Africae munus’, si conclude la celebrazione dell’evento sinodale. Il Sinodo ha dato un impulso alla Chiesa cattolica in Africa, che ha pregato, riflettuto e discusso sul tema della riconciliazione, della giustizia e della pace”. Il Papa ha sottolineato che questi lavori hanno segnato “una speciale vicinanza tra il Successore di Pietro e le Chiese particolari in Africa”. Ha ricordato come fu proprio lui a recarsi a “Yaoundé per offrire l’Instrumentum laboris dell’Assemblea sinodale ai presidenti delle Conferenze Episcopali” e la gioia, oggi, nell’essere “tornato in Africa per consegnare il Documento finale dei lavori”. Poi, tracciando la spinta all’evangelizzazione e alla “promozione umana” impressa “dall’Esortazione apostolica postsinodale “Ecclesia in Africa” del Beato Giovanni Paolo II”, ha mostrato come sia centrale il concetto di 'Chiesa - famiglia di Dio': “La Chiesa è chiamata a scoprirsi sempre più come una famiglia. Per i cristiani, si tratta della comunità dei credenti che loda Dio Uno e Trino, celebra i grandi misteri della nostra fede ed anima con carità i rapporti tra le persone, i gruppi e le nazioni, al di là delle diversità etniche, culturali e religiose. In questo servizio reso ad ogni persona, la Chiesa è aperta alla collaborazione con tutte le componenti della società, in particolare con i rappresentanti delle Chiese e delle Comunità ecclesiali che non sono ancora in piena comunione con la Chiesa cattolica, come anche con i rappresentanti delle religioni non cristiane, soprattutto quelli delle Religioni Tradizionali e dell’Islam”. Ricordando “le tensioni, le violenze, le guerre, le ingiustizie, gli abusi di ogni sorta, vecchi e nuovi, che hanno segnato questo anno” l’Africa, Benedetto XVI ha ripercorso i temi “della riconciliazione, della giustizia e della pace” sui quali si è concentrata “la Seconda Assemblea Speciale per l’Africa”. Ha ribadito che “una Chiesa riconciliata al suo interno e tra i suoi membri potrà diventare segno profetico di riconciliazione a livello della società, di ciascun Paese e dell’intero Continente”. “Il fondamento di questa riconciliazione si trova nella natura stessa della Chiesa che è ‘in Cristo come sacramento, cioè segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano’. Su questa base la Chiesa in Africa è chiamata a promuovere la pace e la giustizia. La Porta del Non-ritorno e quella del Perdono ci richiamano a questo dovere, e ci spingono a denunciare e a combattere ogni forma di schiavitù”. “Non bisogna mai tralasciare - ha esortato Papa Ratzinger - di cercare le vie della pace! La pace è uno dei beni più preziosi! Per raggiungerla bisogna avere il coraggio della riconciliazione che viene dal perdono, dalla volontà di ricominciare la vita comunitaria, da una visione solidale del futuro, dalla perseveranza per superare le difficoltà”. “Riconciliati e in pace con Dio e con il prossimo – ha evidenziato il Papa -, gli uomini possono lavorare per una maggiore giustizia in seno alla società. Non bisogna dimenticare che la prima giustizia secondo il Vangelo è compiere la volontà di Dio”. Da questa opzione di base, ha concluso il Pontefice, “derivano innumerevoli iniziative miranti a promuovere la giustizia in Africa e il bene di tutti gli abitanti del Continente, soprattutto dei più bisognosi, che hanno bisogno di lavoro, di scuole e di ospedali”. Quindi ha concluso: “Africa, terra di una nuova Pentecoste, abbi fiducia in Dio! Animata dallo Spirito di Gesù Cristo risorto, diventa la grande famiglia di Dio, generosa con tutti i tuoi figli e figlie, operatori di riconciliazione, di pace, e di giustizia! Africa, Buona Novella per la Chiesa, diventalo per il mondo intero !”.

Radio Vaticana, SIR

VIAGGIO APOSTOLICO IN BENIN (18-20 NOVEMBRE 2011) (VII) - il testo integrale del discorso del Papa

Il Papa: l’amore per il Dio rivelato e per la sua Parola, l’amore per i Sacramenti e la Chiesa sono un antidoto efficace contro sincretismi che sviano

Dopo la visita alla Cappella, il Papa ha raggiunto il podio allestito nel cortile del Seminario di Saint Gall, a Ouidah, dove lo attendevano sacerdoti, seminaristi, religiosi, religiose e fedeli laici del Benin. L’incontro è stato introdotto da mons. Pascal N’Koué, vescovo di Natitingou e responsabile della formazione sacerdotale e dal saluto di un seminarista.
Nel suo discorso il Santo Padre ha espresso gratitudine per l’impegno pastorale e per lo zelo “malgrado le condizioni talvolta difficili nelle quali siete chiamati a testimoniare il suo amore. Lo ringrazio per i tanti uomini e donne che hanno annunciato il Vangelo nella terra del Benin, come pure in tutta l’Africa”. Benedetto XVI ha quindi ricorda tre aspetti principali contenuti nel testo dell’Esortazione Apostolica post-sinodale “Africae munus”: pace, giustizia e riconciliazione, tre valori che “s’impongono come un ideale evangelico fondamentale alla vita battesimale” e che “richiedono una sana accettazione della vostra identità di sacerdoti, di persone consacrate e di fedeli laici”. Ai sacerdoti il Pontefice ha chiesto di realizzare una vita di comunione: "Come il cristallo non trattiene la luce, ma la riflette e la ridona, così il sacerdote deve lasciar trasparire ciò che celebra e ciò che riceve. Vi incoraggio quindi a lasciar trasparire Cristo nella vostra vita grazie ad una vera comunione con il vescovo, a una reale bontà per i vostri confratelli, ad una profonda sollecitudine per ogni battezzato e ad una grande attenzione per ogni persona. Lasciandovi modellare da Cristo - ha proseguito il Papa - , voi non sostituirete mai la bellezza del vostro essere sacerdotale con realtà effimere e talvolta malsane che la mentalità contemporanea tenta di imporre a tutte le culture. Vi esorto, cari sacerdoti, a non sottovalutare la grandezza insondabile della grazia divina depositata in voi e che vi abilita a vivere al servizio della pace, della giustizia e della riconciliazione". “La vita consacrata – ha ricordato Benedetto XVI ai religiosi e alle religiose, di vita attiva o contemplativa – è una sequela radicale di Gesù”. “La povertà e la castità vi rendono veramente liberi per obbedire incondizionatamente al solo Amore che, quando vi afferra, vi porta a diffonderlo dovunque. Povertà, obbedienza e castità approfondiscono in voi la sete di Dio e la fame della sua Parola, che, crescendo, si trasformano in fame e sete per servire il prossimo privo di giustizia, di pace e di riconciliazione. Fedelmente vissuti, i consigli evangelici vi trasformano in fratelli universali e in sorelle di tutti, e vi aiutano a camminare risolutamente sulla via della santità”. Il Papa ha invitato a vivere di Cristo e a fare delle comunità dei “riflessi della gloria di Dio e dei luoghi in cui non avete debiti verso nessuno, se non quello dell’amore vicendevole. Tramite i vostri carismi propri, vissuti con spirito di apertura alla cattolicità della Chiesa, potrete contribuire a un’espressione armoniosa dell’immensità dei doni divini a servizio di tutta l’umanità”. Rivolgendosi ai seminaristi, Benedetto XVI ha ricordato che “senza la logica della santità, il ministero non è che una semplice funzione sociale”, e che "la qualità della vostra vita futura dipende dalla qualità della vostra relazione personale con Dio in Gesù Cristo, dai vostri sacrifici, dalla felice integrazione delle esigenze della vostra formazione attuale. Di fronte alle sfide dell’esistenza umana, il sacerdote di oggi come quello di domani – se vuole essere un testimone credibile a servizio della pace, della giustizia e della riconciliazione – dev’essere un uomo umile ed equilibrato, saggio e magnanimo". “Dopo 60 anni di vita sacerdotale, posso confidarvi, – ha affermato il Pontefice – cari seminaristi, che non rimpiangerete di avere accumulato durante la vostra formazione tesori intellettuali, spirituali e pastorali”. “Quanto a voi, cari fedeli laici che, al cuore delle realtà quotidiane della vita, siete chiamati ad essere il sale della terra e la luce del mondo, vi esorto a rinnovare voi pure il vostro impegni per la giustizia, la pace e la riconciliazione. Questa missione richiede anzitutto fede nella famiglia edificata secondo il disegno di Dio e fedeltà all’essenza stessa del matrimonio cristiano. Esige anche che le vostre famiglie siano come autentiche ‘chiese domestiche'” e grazie alla forza della preghiera, si arricchisca il dialogo e la trasmissione della fede e si accresca il piacere di stare insieme, facendo regnare nelle famiglie l’amore e il perdono. Benedetto XVI ha esortato i catechisti ad offrire “il loro aiuto peculiare e assolutamente necessario all’espansione della fede nella fedeltà all’insegnamento della Chiesa”. A tutti l’invito “ad una fede autentica e viva, fondamento incrollabile di una vita cristiana santa e al servizio dell’edificazione di un mondo nuovo”. “L’amore per il Dio rivelato e per la sua Parola, l’amore per i Sacramenti e per la Chiesa, sono un antidoto efficace contro i sincretismi che sviano. Questo amore favorisce una giusta integrazione dei valori autentici delle culture della fede cristiana. Esso libera dall’occultismo e vince gli spiriti malefici, perché è mosso dalla potenza stessa della Santa Trinità. Vissuto profondamente - ha concluso il Pontefice -, questo amore è anche un fermento di comunione che infrange ogni barriera, favorendo così l’edificazione di una Chiesa nella quale non vi è segregazione tra i battezzati, perché tutti non sono che uno in Cristo Gesù”. Applauditissimo, infine, l’augurio che Benedetto XVI ha rivolto ai fedeli “in lingua fon”: “Il Signore vi ricolmi delle sue grazie!”.

Radio Vaticana, Korazym.org

VIAGGIO APOSTOLICO IN BENIN (18-20 NOVEMBRE 2011) (VI) - il testo integrale del discorso del Papa

Nel Seminario di Saint Gall di Ouidah la preghiera del Papa sulla tomba del card. Bernardin Gantin. L'incontro con un gruppo di malati di lebbra

Conclusa la visita di cortesia al Presidente della Repubblica, il Papa ha lasciato Cotonou per raggiungere in auto la città di Ouidah e il Seminario Saint Gall, dove studiano attualmente oltre 140 candidati al sacerdozio del Benin e del Togo. Qui ed è stato accolto dal Rettore all’ingresso della Cappella dedicata a Santa Teresa del Bambin Gesù, Patrona delle Missioni. Dopo l’adorazione del Santissimo Sacramento, il Papa si è soffermato in preghiera sulla tomba di mons. Louis Parisot, vicario apostolico di Dahomeny e Ouidah dal 1935 al 1955 e primo arcivescovo di Cotonou (1955-1960) e sulla tomba del card. Bernardin Gantin, arcivescovo di Cotonou dal 1960 al 1971, quando il Papa Paolo VI lo chiamò in Curia a Roma, dove divenne poi il primo porporato africano a Capo di un dicastero (Giustizia e Pace, quindi anche 'Cor Unum' e infine la Congregazione per i vescovi), ricoprendo anche l’ufficio di decano del Collegio Cardinalizio dal 1993 al 2002. Nella Cappella del Seminario di Saint Gall erano presenti alcuni sacerdoti e religiosi anziani o malati e un piccolo gruppo di malati di lebbra. Era presente anche il presidente della Fondazione Bernardin Gantin, con due vescovi del Board, che ha consegnato al Papa una copia delle Statuto della Fondazione.

Bollettino Sala Stampa della Santa Sede

Visita di cortesia del Papa al presidente del Benin. Nel colloquio l’impegno della Chiesa nel campo sociale, educativo e sintonia in politica estera

Dopo l'incontro con la società civile beninese, Il Papa ha reso una visita di cortesia, nel palazzo presidenziale di Cotonou, al presidente della Repubblica del Benin, Thomas Boni Yayi. Dopo il colloquio privato c'é stato lo scambio dei doni e le foto ufficiali. Il Papa ha anche firmato il libro d'oro. Il presidente ha donato al Pontefice una croce pettorale con su scritto "Benin 2011-Riconciliazione, giustizia e pace", un paramento liturgico ricamato dalle suore e alcuni abiti tradizionali con stampate al centro le immagini di Benedetto XVI, Giovanni Paolo II e del card. Bernard Gantin. Contemporaneamente all'incontro tra il Papa e il presidente beninese si è svolto un colloquio tra il segretario di Stato, card. Tarcisio Bertone, accompagnato dal nunzio, dal sostituto e dal presidente della Conferenza Episcopale beninese, con il ministro degli Esteri del Benin e con altri sei ministri del piccolo Stato che ospita Benedetto XVI per il suo secondo viaggio africano. Temi della conversazione: l’impegno della Chiesa nel campo sociale, educativo e la sintonia tra Benin e Santa Sede in politica estera.

Giacomo Galeazzi, Oltretevere

Il Papa: non private i popoli africani della speranza! Non amputate il loro futuro mutilando il presente! Diventate veri servitori della speranza

Nel discorso tenuto nella Sala del Popolo del Palazzo Presidenziale di Cotonou, dove erano riuniti i membri del Governo, gli esponenti delle Istituzioni dello Stato, il Corpo Diplomatico e i rappresentanti delle principali Religioni presenti in Benin, Benedetto XVI si è detto "consapevole che le parole non hanno dovunque il medesimo significato. Ma, quella di speranza - ha scandito - varia poco secondo le culture. Alcuni anni fa, ho dedicato una Lettera Enciclica alla speranza cristiana. Parlare della speranza, significa parlare del futuro, e dunque di Dio. Il futuro si radica nel passato e nel presente. Il passato, noi lo conosciamo bene, addolorati per i suoi fallimenti e lieti per le sue realizzazioni positive. Il presente, lo viviamo come possiamo. Al meglio, spero, e con l'aiuto di Dio. E' su questo terreno composto da molteplici elementi contradditori e complementari che si tratta di costruire, con l'aiuto di Dio". Ed è proprio alla luce della speranza che il Pontefice ha voluto leggere “due realtà africane che sono di attualità”. La prima si riferisce “alla vita sociopolitica ed economica del Continente, la seconda al dialogo interreligioso”. ''In questi ultimi mesi, molti popoli hanno manifestato il loro desiderio per la libertà, il loro bisogno di sicurezza materiale, la loro speranza di vivere in armonia, secondo le esigenze dei differenti gruppi etnici e delle diverse religioni. E' anche nato un nuovo stato nel vostro continente. Numerosi sono stati anche i conflitti generati dall'accecamento dell'uomo, dalla sua volontà di potere e da interessi politico-economici che escludono la dignità delle persone o quella della natura. La persona umana aspira alla libertà'', "vuole vivere degnamente; vuole buone scuole e alimentazione per i bambini, ospedali dignitosi per curare i malati; vuol essere rispettata; rivendica un modo di governare limpido che non confonda l’interesse privato con l’interesse generale; e soprattutto, vuole la pace e la giustizia". ''In questo momento - ha detto - ci sono troppi scandali e ingiustizie, troppa corruzione e avidita', troppo disprezzo e troppe menzogne, troppe violenze che portano alla miseria e alla morte. Questi mali affliggono certamente il vostro continente, ma ugualmente il resto del mondo. Ogni popolo desidera comprendere le scelte politiche ed economiche fatte nel suo nome. Percepisce la manipolazione e la rivolta è talvolta violenta. Vuole partecipare al buon governo". "Sappiamo - ha detto - che nessun regime politico umano è l'ideale, che nessuna scelta economica è neutra". I responsabili politici ed economici, ha scandito, "devono sempre servire il bene comune". "Ci troviamo dunque davanti ad una rivendicazione legittima che riguarda tutti i Paesi, per una maggiore dignità, e soprattutto una maggiore umanità: l'uomo vuole che la sua umanità sia rispettata e promossa". ''Da questa tribuna - ha aggiunto -, lancio un appello a tutti i responsabili politici ed economici dei Paesi africani e del resto del mondo. Non private i vostri popoli della speranza. Non amputate il loro futuro, mutilando il loro presente. Abbiate un approccio etico con il coraggio delle vostre responsabilità e, se siete credenti, pregate Dio di concedervi la sapienza” che “vi farà comprendere che, in quanto promotori del futuro dei vostri popoli, occorre diventare veri servitori della speranza”. "Non è facile - ha ammesso il Papa - vivere la condizione di servitore, restare integri in mezzo alle correnti di opinione e agli interessi potenti. Il potere, qualunque sia, acceca con facilità, soprattutto quando sono in gioco interessi privati, familiari, etnici o religiosi. Dio solo purifica i cuori e le intenzioni". “La Chiesa – ha ribadito – non offre alcuna soluzione tecnica e non impone alcuna soluzione politica", tuttavia continua a ripetere “non abbiate paura!”. Di fronte alle grandi sfide del mondo “l’umanità non è sola” perché “Dio è presente”. Questo è "un messaggio di speranza, una speranza generatrice di energia, che stimola l’intelligenza e conferisce alla volontà tutto il suo dinamismo". Benedetto XVI, citando l'arcivescovo di Toulouse, il card. Saliège, ha continuato: "'Sperare, non è abbandonare; è raddoppiare l’attività'. La Chiesa accompagna lo Stato nella sua missione; vuole essere come l’anima di questo corpo indicando infaticabilmente l’essenziale: Dio e l’uomo. Essa desidera compiere, apertamente e senza paura, questo immenso compito di colei che educa e cura, e soprattutto che prega continuamente, che indica dove è Dio e dov’è il vero uomo". Per il Papa "la disperazione è individualista. La speranza è comunione". "Invito ad essa tutti i responsabili politici, economici, così come il mondo universitario e quello della cultura. Siate, anche voi, seminatori di speranza!". Rispetto alla seconda questione, dopo aver ricordato “i recenti conflitti nati in nome di Dio, e le morti date in nome di Colui che è la Vita" e che "ogni persona di buon senso comprende che bisogna sempre promuovere la cooperazione serena e rispettosa delle diversità culturali e religiose", Benedetto XVI ha sottolineato che “il vero dialogo interreligioso rigetta la verità umanamente egocentrica, perché la sola ed unica verità è in Dio. Dio è la Verità. Per questo fatto, nessuna religione, nessuna cultura può giustificare l’appello o il ricorso all’intolleranza e alla violenza. L’aggressività è una forma relazionale piuttosto arcaica che fa appello ad istinti facili e poco nobili. Utilizzare le parole rivelate, le Sacre Scritture o il nome di Dio per giustificare i nostri interessi, le nostre politiche così facilmente accomodanti, o le nostre violenze, è un gravissimo errore”. “Non posso conoscere l’altro se non conosco me stesso. Non posso amarlo se non amo me stesso - ha sottolineato -. La conoscenza, l’approfondimento e la pratica della propria religione sono dunque essenziali al vero dialogo interreligioso”. Questo non può cominciare che con la preghiera personale e sincera di colui che desidera dialogare. Che egli si ritiri nel segreto della sua camera interiore per domandare a Dio la purificazione del ragionamento e la benedizione per il desiderato incontro. Questa preghiera chiede anche a Dio il dono di vedere nell’altro un fratello da amare, e nella tradizione che egli vive un riflesso della verità che illumina tutti gli uomini". Conviene dunque che “ognuno si ponga in verità davanti a Dio e davanti all’altro. Questa verità non esclude, e non è una confusione. Il dialogo interreligioso mal compreso porta alla confusione o al sincretismo. Non è questo il dialogo che si cerca”. "Nonostante gli sforzi compiuti - ha proseguito il Santo Padre -, sappiamo anche che, talvolta, il dialogo interreligioso non è facile, o anche che è impedito per diverse ragioni. Questo non significa affatto una sconfitta. Le forme del dialogo interreligioso sono molteplici. La cooperazione nel campo sociale o culturale può aiutare le persone a comprendersi meglio e a vivere insieme serenamente. E’ anche bene sapere che non si dialoga per debolezza, ma che si dialoga perché si crede in Dio. Dialogare è un modo supplementare di amare Dio ed il prossimo senza abdicare a ciò che si è. Avere speranza non significa essere ingenui, ma compiere un atto di fede in un avvenire migliore. La Chiesa Cattolica attua così una delle intuizioni del Concilio Vaticano II, quella di favorire le relazioni amichevoli tra essa e i membri di religioni non cristiane”. Ai responsabili religiosi il Papa ha chiesto di “promuovere, soprattutto tra i giovani, una pedagogia del dialogo, affinché scoprano che la coscienza di ciascuno è un santuario da rispettare, e che la dimensione spirituale costruisce la fraternità. La vera fede conduce invariabilmente all’amore”. Un discorso più che mai valido in una terra come quella africana dove “sono numerose le famiglie i cui membri professano credenze diverse, e tuttavia le famiglie restano unite”. Questa unità, ha osservato il Papa è cementata in modo particolare “dall’affetto fraterno”. In questo ambito quindi l’Africa “può fornire a tutti materia di riflessione ed essere così una sorgente di speranza”. Il Papa ha concluso il suo discorso utilizzando l'immagine della mano. "La compongono - ha osservato - cinque dita, diverse tra loro. Ognuna di esse però è essenziale e la loro unità forma la mano. La buona intesa tra le culture, la considerazione non accondiscendente delle une per le altre e il rispetto dei diritti di ciascuno sono un dovere vitale. Occorre insegnarlo a tutti i fedeli delle diverse religioni. L'odio è una sconfitta, l'indifferenza un vicolo cieco, e il dialogo un'apertura". "Non è questo - si è chiesto - un buon terreno in cui saranno seminati dei semi di speranza? Tendere la mano significa sperare per arrivare, in un secondo tempo, ad amare. Cosa c'è di più bello di una mano tesa?". "Essa - ha ricordato - è stata voluta da Dio per donare e ricevere. Dio non ha voluto che essa uccida o che faccia soffrire, ma che curi e aiuti a vivere. Accanto al cuore e all'intelligenza, la mano può diventare, anch'essa, uno strumento di dialogo. Essa può fare fiorire la speranza, soprattutto quando l'intelligenza balbetta e il cuore inciampa". "La fede - ha concluso il Pontefice - vive il presente, ma attende i beni futuri. Dio è nel nostro presente, ma è anche nel futuro, luogo della speranza. La dilatazione del cuore è non soltanto la speranza in Dio, ma anche l'apertura alla cura delle realtà corporali e temporali per glorificare Dio. Seguendo Pietro, di cui sono il successore, auguro che la vostra fede e la vostra speranza siano in Dio. E' questo l'augurio che formulo per l'Africa intera, che mi è tanto cara! Abbi fiducia, Africa, ed alzati! Il Signore ti chiama. Dio vi benedica".

Agi, Asca, SIR

VIAGGIO APOSTOLICO IN BENIN (18-20 NOVEMBRE 2011) (V) - il testo integrale del discorso del Papa

Incontro con le istituzioni del Benin, il corpo diplomatico e i leader religiosi. Il presidente e il gran cancelliere al Papa: amico vero dell'Africa

Dopo aver celebrato la Santa Messa in privato nella Cappella della Nunziatura Apostolica, alle 8.45 il Santo Padre Benedetto XVI si è recato in auto al Palazzo Presidenziale di Cotonou. Accolto dal Presidente della Repubblica Thomas Boni Yayi, il Papa ha raggiunto la Sala del Popolo dove erano riuniti i membri del Governo, gli esponenti delle Istituzioni dello Stato, il Corpo Diplomatico e i rappresentanti delle principali Religioni presenti in Benin. È un vero e proprio appello per la giustizia e contro la povertà quello che il presidente del Benin ha lanciato nel suo saluto al Papa. Un luogo e un ambito particolare, ha evidenziato, per un privilegiato momento di confronto "sui grandi problemi della società che interpellano la nostra coscienza e ci ricordano i nostri doveri e i nostri obblighi di cittadini e di creature del Padre celeste, nostro Dio". Secondo il capo dello Stato, infatti, "i Paesi africani si sforzano di attingere dalla tradizione cristiana l'ispirazione necessaria per attuare cambiamenti profondi in campo politico, economico, sociale e culturale. Per questo -ha detto - ho posto il mio secondo e ultimo mandato presidenziale sotto il segno della rifondazione, che ha come fine la restaurazione dei valori morali, etici e spirituali. I pilastri sono il buon governo politico, economico e sociale, la giustizia, l'equità e il rispetto del bene pubblico, l'amore per la patria, il dialogo interreligioso, il dialogo sociale e l'amore per il prossimo, come pure la lotta contro la corruzione". E in questa prospettiva "il Benin si unisce agli altri Paesi africani per lanciare un vibrante appello in vista dell'instaurazione di una migliore gestione mondiale dei problemi, per l'avvento di un mondo nuovo, un mondo di pace, di sicurezza, di giustizia e di sviluppo, di modernizzazione e di progresso, di prosperità condivisa". Un appello che "mira a intensificare la creazione della ricchezza per sradicare povertà e miseria. Coltivare questi valori, che sono motivo di orgoglio per il nostro popolo, è indispensabile - ha detto - per costruire una nazione unita, ricca e prospera, libera dall'angoscia della povertà endemica". E "per la realizzazione di questa legittima aspirazione" il presidente ha detto di "contare sul prezioso aiuto della Chiesa, degli altri credi e confessioni religiose, come anche delle istituzioni e di quanti svolgono un ruolo di vigilanza e di avanguardia". Infine il presidente si è detto convinto che la visita del Pontefice in Benin "contribuirà a rafforzare il dialogo interno in Africa e nel mondo" e ha ringraziato il Papa "per l'attenzione che rivolge ai problemi del continente". Ha quindi preso la parola il gran cancelliere del Benin, Koubourath Osseni, una donna musulmana che ha messo in luce come le presenza del Pontefice in Benin confermi "ancora una volta l'attenzione particolare da lui rivolta alla persona umana, senza distinzione di razza, di religione, di professione o di rango". Poi ha aggiunto che il suo "è un Paese che aspira alla pace. Le varie comunità che vi vivono in totale tranquillità da diverse generazioni si sforzano di operare anno dopo anno per il suo sviluppo. La Conferenza nazionale delle forze vive della nazione del febbraio 1990, voluta dalle autorità dell'epoca, resta per noi la dimostrazione di questa determinazione a superare le crisi attraverso il dialogo e la ricerca del consenso. Questa opzione è stata inserita nella nuova costituzione dell'11 dicembre 1990, che garantisce le libertà fondamentali, fra cui quella religiosa". Da qui l'omaggio alla memoria di mons. Isidore de Sousa, "il cui contributo è stato determinante per la riuscita di quell'assise memorabile. Da allora - ha proseguito - l'edificazione dello Stato di diritto prosegue con un contributo notevole da parte di tutte le confessioni religiose". Queste ultime, ha spiegato, "svolgono un ruolo di spicco ogni volta che momenti di dubbio o di pericolo annunciato si profilano all'orizzonte della nazione, fra i responsabili della classe politica, i governanti e la società civile, infondendo speranza in tutto il popolo". Purtroppo, sebbene le istituzioni della Repubblica e le diverse componenti della società beninese "si sforzano di trovare, ognuna secondo i propri mezzi, i punti di riferimento e le risorse necessarie per assicurare uno sviluppo sostenibile, lottando contro la povertà e la fame", tuttavia "le crisi che si sono susseguite, hanno duramente indebolito gli sforzi e i sacrifici compiuti dal popolo in questi ultimi anni nel suo cammino verso il raggiungimento degli obiettivi del millennio per lo sviluppo". Quindi il gran cancelliere ha reso omaggio alla lungimiranza e agli sforzi compiuti da Benedetto XVI "per assistere l'Africa in questo cammino e per aver difeso la sua causa con tutto il peso della sua autorità morale. Per noi lei è un amico vero dell'Africa e degli africani". Tanto che lo stesso tema dell'assemblea sinodale dei vescovi del continente "appare come un appello provvidenziale rivolto a tutti gli africani, affinché superino se stessi nella ricerca della pace e della solidarietà".

L'Osservatore Romano