giovedì 26 aprile 2012

In Vaticano non sembra più essere l’ora dei ciellini. Nel cuore di Bertone, e nei posti chiave della Santa Sede, si fanno largo i focolarini

Alcuni lo chiamano “effetto Formigoni”. Mentre per altri i problemi del presidente lombardo “sono solo una coincidenza”. Sta di fatto che in Vaticano non sembra più essere l’ora dei ciellini. Amati e protetti da Giovanni Paolo II che arrivò a dire: “Il mio modo di vedere le cose è simile al vostro, anzi è lo stesso”, stimati dal card. Joseph Ratzinger che a Roma amava conversare con Angelo Scola e Hans Urs von Balthasar di teologia e che appena eletto al soglio di Pietro volle accanto a sé quattro laiche consacrate appartenenti a CL per prestare i servizi nel proprio appartamento, oggi non sono più così centrali nello scacchiere ecclesiale. Tanto che più di loro avanza un movimento che non soltanto gode della stima del Segretario di Stato Tarcisio Bertone (nella foto con Benedetto XVI) ma che, anche grazie a un’immagine di sé da sempre immacolata e radiosa, offre ai porporati maggiori garanzie soprattutto in un momento in cui al card. Julián Herranz viene affidata la commissione d’inchiesta incaricata d’indagare sui “corvi” che diramano documenti riservati dagli uffici vaticani verso l’esterno: si tratta del movimento dei focolarini, la cui “economia di comunione” ,l’idea di contribuire al benessere mettendo in comunione i profitti, piace oltre il Tevere di più di altre visioni dove la commistione tra fede e denaro comporta dei rischi. Fu quando lo scorso febbraio il card. Angelo Scola,che oggi parlando a Milano insisterà non a caso sul “bene comune” e su una visione “più sociale” dell’economia, dichiarò di “non entrare per nulla con quello che fa Formigoni”, specificando che da “vent’anni non partecipo più alle riunioni di CL, e in CL non conosco nessuno che abbia meno di sessant’anni”, che molti intuirono l’esistenza della volontà di un certo smarcamento delle gerarchie dal mondo ciellino. Proprio in quei giorni usciva la notizia che il Papa aveva deciso di affidare la scrittura delle meditazioni della Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo a una coppia di focolarini, Anna Maria e Danilo Zanzucchi. Una decisione arrivata dopo altre, ben più significative. Su tutte quella di portare il Sostituto della Segreteria di stato Fernando Filoni alla prefettura di Propaganda Fide per fare posto al focolarino, ex nunzio a Cuba, Giovanni Angelo Becciu. “E’ molto vicino ai focolarini” scriverà di lui il quotidiano Avvenire. Una nomina arrivata dopo quella di diversi nunzi focolarini in paesi per il Vaticano strategici. Oltre a Becciu e al capo del personale della Segreteria di Stato Luciano Suriani, sono due i capi dicastero focolarini di peso: il cardinale brasiliano João Braz de Aviz, dal 2011 prefetto dei religiosi. E il card. Ennio Antonelli, dal 2008 a capo della Famiglia. Entrambi hanno imposto una linea soft ai propri ministeri. Braz de Aviz ha calmierato la foga contro gli istituti religiosi femminili statunitensi nei confronti dei quali pendeva una visita apostolica promossa dal suo predecessore, lo sloveno Franc Rodé. Antonelli ha dato un’impronta meno invasiva al suo ministero dopo gli anni delle intemerate su coppie di fatto, aborto e morale sessuale del cardinale colombiano Alfonso López Trujillo. Ad assicurare un legame saldo tra i focolarini e Bertone è una presenza tanto operosa quanto discreta: la sua segretaria personale, la focolarina Eurosia Bertolassi, al suo fianco fin dai tempi in cui egli era segretario dell’ex Sant’Uffizio. Ma presto un’altra donna importante all’interno dei focolari farà la sua apparizione oltre il Tevere, non con un incarico però. Nel nuovo inserto de L’Osservatore Romano intitolato “Donne, Chiesa, mondo” e dedicato interamente alle donne (il primo numero esce il 31 maggio, festa della Visitazione) si darà ampio spazio alle donne che rendono oggi un servizio stimato alla chiesa. Tra queste l’avvocato Maria Voce, la donna che è succeduta alla guida dei focolari dopo la scomparsa di Chiara Lubich.

Paolo Rodari, Il Foglio

Nunzio in Iraq: spero che il Papa possa un giorno posare il piede su questa terra di Abramo, patrimonio comune delle tre religioni monoteiste

"Le ottime relazioni tra la Santa Sede e l'Iraq si riflettono nelle riunioni delle più alte autorità irachene con il Santo Padre Benedetto XVI. Posso solo esprimere la profonda speranza che un giorno il Papa possa ricambiare queste visite e posare il piede su questa terra di Abramo, una terra che fa parte del patrimonio comune delle tre religioni monoteiste". Così mons. Giorgio Lingua, nunzio apostolico in Iraq, ad un recente incontro a Baghdad con le autorità irachene in occasione del settimo anniversario del Pontificato di Benedetto XVI. La Santa Sede, ha detto il diplomatico vaticano in un discorso riportato, in inglese, italiano ed arabo, sul blog Baghdadhope, "sta operando perché i cristiani iracheni rimangano nella loro patria ancestrale e si augura che coloro che sono stati costretti ad emigrare possano presto trovare un posto sicuro dove tornare e riprendere le proprie attività". Nel ringraziare le autorità irachene "per tutti gli sforzi ed i significativi progressi compiuti nel garantire la sicurezza nel paese, nonostante sporadici attacchi terroristici come quelli di oggi che devono essere condannati con forza e determinazione e per i quali desidero esprimere il mio profondo dolore e le mie sincere condoglianze", ha detto mons. Lingua, "spero che lo spirito di riconciliazione tra tutti i gruppi politici, religiosi ed etnici prevarrà in modo che il meraviglioso mosaico delle persone che costituiscono questa popolazione possa trovare il percorso verso la pace e la prosperità per l'intero popolo iracheno".

TMNews

La corretta traduzione di 'pro multis'. Il Papa nel 'Gesù di Nazaret': mentre la morte vale 'per tutti', la portata del Sacramento è più limitata

La lettera che Papa Benedetto XVI ha recentemente inviato all’episcopato tedesco riapre una antica disputa interpretativa riguardante la corretta traduzione delle parole che il sacerdote pronuncia durante la consacrazione eucaristica. Nello spezzare il pane il presbitero ripete le parole di Gesù: "Prendete, e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo offerto in sacrificio per voi", nel consacrare il vino viene poi detto: "Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati". L’annotazione suggerita dal Pontefice riguarda quest’ultimo passaggio della formula eucaristica, “versato per voi e per tutti”, dove l’espressione latina "pro multis" fu tradotta in italiano "per tutti". Apparentemente i due termini non sembrano registrare una particolare distinzione, Benedetto XVI però nel suo ultimo libro “Gesù di Nazaret. Dall’ingresso a Gerusalemme fino alla risurrezione” spiega il valore pastorale di questa importante precisazione. Nei Vangeli di Marco e Matteo, infatti, dall’originale testo greco “upèr pollôn” (Mc 14, 24) e “perì pollôn” (Mt 26, 28) si traduce letteralmente con “per molti”. Fu il teologo Joachim Jeremias, orientalista ed esegeta tedesco, che cercò di dimostrare che la parola “molti” nell’Antico Testamento indica “la totalità” e che si potrebbe tradurre con “tutti”. Questa tesi, scrive Benedetto XVI nel suo libro, “si è allora presto affermata ed è divenuta una comune convinzione teologica. In base ad essa, nelle parole della consacrazione, il 'molti' è stato tradotto in diverse lingue con 'tutti'. 'Versato per voi e per tutti'”. Nel frattempo, però, ricorda ancora il Pontefice, questa valutazione esegetica è stata nuovamente messa in discussione, e si ritiene che il termine “molti” (pur significando la totalità) non possa essere semplicemente equiparato con l’utilizzo del termine “tutti”. Tale esplicitazione non ha incontrato però il favore di tutti i vescovi, alcuni dei quali vedono in questa particolare sottolineatura il rischio (utilizzando il termine molti) di escludere alcuni dalla salvezza operata da Cristo, e il timore che i fedeli non capiscano il nuovo testo o lo interpretino esclusivamente nel senso di una “restrizione” del numero dei salvati. Benedetto XVI ha scritto così una lettera all’episcopato tedesco, che ha recentemente tradotto in tedesco “fuer alle” (per tutti) e non più letteralmente, “fuer viele” (per molti), per spiegare che in questa particolare e originaria traduzione l’"universalità" della salvezza non può essere messa in discussione, così come ricorda San Paolo quando scrive che Gesù "è morto per tutti". Il Pontefice riporta nella lettera i contenuti teologici già proposti nel suo ultimo libro su Gesù di Nazaret, dove, riprendendo le sottolineature di alcuni teologi, chiarisce quanto segue: “Secondo la struttura linguistica del testo, l’'essere versato' non si riferisce al sangue, ma al calice; 'si tratterebbe quindi di un attivo ‘versare’ del sangue dal calice, un atto in cui la stessa vita divina è donata abbondantemente, senza alcuna allusione all'agire di carnefici' (Gregorianum 89, p. 507). La parola sul calice quindi non alluderebbe all'evento della morte in croce e al suo effetto, ma all'atto sacramentale, e così si chiarirebbe anche la parola 'molti': mentre la morte di Gesù vale 'per tutti', la portata del Sacramento è più limitata. Esso raggiunge molti, ma non tutti (cfr in particolare p. 511)”. Ma il problema della parola 'molti', precisa il Papa nel suo libro, tuttavia, con ciò è spiegato solo in parte. “Che cosa, dunque, dobbiamo dire? – prosegue Benedetto XVI – Mi sembra presuntuoso e insieme sciocco, voler scrutare la coscienza di Gesù e volerla spiegare in base a ciò che Egli, secondo la nostra conoscenza di quei tempi e delle loro concezioni teologiche, può aver pensato o non pensato. Possiamo solo dire che Egli sapeva che nella sua persona si compiva la missione del Servo di YHWH e quella del Figlio dell'uomo - per cui il collegamento tra i due motivi comporta allo stesso tempo un superamento della limitazione della missione del Servo di YHWH, una universalizzazione che indica una nuova vastità e profondità”. Benedetto XVI, nel testo della sua lettera ai vescovi tedeschi, invita a preparare sacerdoti e fedeli a questa modifica del Messale Romano: “Fare prima la catechesi è la condizione fondamentale per l’entrata in vigore della nuova traduzione”. In Italia si continua a dire "per tutti" ma presto la CEI, nel corso della prossima assemblea prevista per il mese di maggio, concluderà la discussione sul nuovo messale. Qualcuno ripeterà, c’è da scommetterci, come da manzoniana memoria, le parole che il giovane Renzo rivolse al suo curato: "Che vuol ch'io faccia del suo latinorum?". Qualcun altro, con le parole di don Abbondio, risponderà: "Dunque, se non sapete le cose, abbiate pazienza, e rimettetevi a chi le sa!".

Michelangelo Nasca, Korazym.org

VII Incontro Mondiale delle Famiglie. 'La tua famiglia ti rende grazie', l'inno liturgico ufficiale che scandirà i giorni dell'evento

È pronto l’inno liturgico ufficiale del VII Incontro Mondiale delle Famiglie, intitolato “La tua famiglia ti rende grazie”. L’inno è stato scritto e musicato da don Claudio Burgio, maestro direttore della Cappella musicale del duomo di Milano. Registrato dal coro Cara Beltà e dall’orchestra dell’Accademia Musica Sacra, diretti dal maestro Diego Montrone, l’inno scandirà i giorni dell’evento, a partire dal Congresso teologico pastorale fino alla Santa Messa di domenica 3 giugno celebrata da Benedetto XVI, e verrà cantato, a 4 voci, da tutti i cori che parteciperanno alla “Festa delle Testimonianze” e alla Messa. Dalla Cappella musicale del duomo, al coro La Verdi, dalla corale della basilica di San Vittore di Varese ai cantori gregoriani di Cremona si conta che all’aeroporto di Bresso si esibiranno oltre 1400 coristi comprese le voci delle parrocchie e dei decanati della diocesi di Milano. Le voci saranno accompagnate dall’orchestra La Verdi. Il testo dell’inno, rivisto e approvato dal card. Angelo Scola e dal card. Ennio Antonelli, celebra la Trinità, anche in occasione della Festa della Santissima Trinità che ricorre proprio il 3 giugno prossimo. L’immagine della Trinità è espressione della famiglia intesa come soggetto di comunione e di rapporti tra padre e figlio.

SIR

www.youtube.com/watch?v=Dwo3rZzCMBM

Il Papa ad Arezzo, La Verna e Sansepolcro. Fontana: lo attendiamo con gioia e trepidazione. Visita sobria, indetta una colletta per i più poveri

''La nostra Chiesa attende il Papa con gioia e con trepidazione. Sono cinque secoli che un Papa non si ferma a Sansepolcro''. E' quanto ha detto alla Radio Vaticana il vescovo Riccardo Fontana (foto), sulla visita di Benedetto XVI ad Arezzo, La Verna e Sansepolcro. Il vescovo si è soffermato anche sulla crisi, che colpisce anche la sua gente: ''La nostra provincia, in questo momento, - racconta - è molto provata dalla povertà: una famiglia su quattro ha difficoltà ad arrivare alla fine del mese''. Per questo in occasione della visita papale è stata indetta una colletta, il cui ricavato verrà consegnato a Benedetto XVI per l'aiuto ai più poveri. ''Tutta la visita sarà improntata ad una sobrietà assoluta'', spiega il vescovo, annunciando che gli orafi aretini hanno preparato una croce pettorale da offrire al Papa, ma ''l'offerta più cospicua gli orafi la faranno a favore dei poveri perchè‚ possano essere aiutati''. Il vescovo conclude con auguri al Papa: la Madonna, dice, ''ce lo conservi a lungo alla guida del Popolo di Dio, perchè‚ come sa parlare lui di Gesù pochi altri lo hanno fatto prima. Ci piace molto ascoltarlo, ci aiuta a meditare, ha una delicatezza estrema verso la parola, ci ripropone una Chiesa che entusiasma ancora''.

La Nazione

L'arcivescovo di Arezzo, Riccardo Fontana: "La nostra Chiesa attende il Papa con gioia"

Commissione per la Chiesa in Cina: laici chiamati a partecipare con zelo apostolico all’evangelizzazione. Vescovi illegittimi usurpano potere non loro

Dal 23 al 25 aprilesi è riunita in Vaticano, per la quinta volta, la Commissione che Papa Benedetto XVI ha istituito nel 2007 per studiare le questioni di maggiore importanza, riguardanti la vita della Chiesa Cattolica in Cina. "In una profonda vicinanza spirituale - si legge in un comunicato diffuso questa mattina dalla Sala Stampa della Santa Sede con tutti i fratelli e le sorelle nella fede che vivono in Cina, la Commissione ha riconosciuto i doni di fedeltà e di dedizione che, nel corso di un anno, il Signore ha donato alla Sua Chiesa". I partecipanti hanno approfondito il tema della formazione dei fedeli laici, in vista anche dell’Anno della fede. I cattolici cinesi "devono entrare sempre più profondamente nella vita della Chiesa nutriti dalla dottrina, consapevoli della loro appartenenza ecclesiale e coerenti con le esigenze della vita in Cristo, che postula l'ascolto della Parola di Dio nella fede. In questa prospettiva sarà per loro di particolare aiuto la conoscenza approfondita del Catechismo della Chiesa Cattolica". "In secondo luogo, essi sono chiamati a entrare nella vita civile e nel mondo del lavoro, offrendo con piena responsabilità il proprio contributo: amare la vita e rispettarla dal suo concepimento sino alla sua fine naturale; amare la famiglia, promuovendo i valori che sono propri anche della cultura cinese tradizionale; amare la Patria, come cittadini onesti e solleciti del bene comune. Come dice pure un Saggio cinese, 'la via del grande studio consiste nel manifestare le virtù luminose, nel rinnovare e avvicinare le persone, e nel raggiungere il bene supremo'". "In terzo luogo - è sancito- i laici cinesi devono crescere in grazia davanti a Dio e agli uomini, nutrendo e perfezionando la propria vita spirituale come membri attivi della comunità parrocchiale, e aprendosi all'apostolato anche con il sostegno di associazioni e di movimenti ecclesiali, che - sottolinea la nota vaticana - favoriscono la loro formazione permanente". "La Commissione ha riscontrato con gioia che l’annuncio del Vangelo, offerto da comunità cattoliche a volte umili e senza risorse materiali, incoraggia ogni
anno molti adulti a domandare il Battesimo". Si è sottolineata la "necessità che le diocesi in Cina promuovano un serio catecumenato, adottino il Rito dell’Iniziazione Cristiana degli Adulti e curino la loro formazione anche dopo il Battesimo. I Pastori debbono fare ogni sforzo per consolidare nei fedeli laici la conoscenza degli insegnamenti del Concilio Vaticano II, in particolare dell’ecclesiologia e della dottrina sociale della Chiesa. Sarà altresì utile dedicare una cura particolare alla preparazione di operatori pastorali per l’evangelizzazione, per la catechesi e per le opere di carità.
La formazione integrale dei laici cattolici, soprattutto laddove sono in atto una rapida evoluzione sociale e un significativo sviluppo economico - sottolinea inoltre la nota - è parte dell'impegno per rendere vibrante e vitale la Chiesa locale". "Le indicazioni pratiche, che la Santa Sede ha proposto e proporrà alla Chiesa universale per una fruttuosa celebrazione dell’Anno della fede, saranno certamente accolte con entusiasmo e con spirito creativo anche in Cina": stimoleranno "la comunità cattolica a trovare iniziative adeguate per realizzare quanto il Papa Benedetto XVI ha scritto a riguardo dei fedeli laici e della famiglia nella Lettera del 27 maggio 2007". I laici "sono chiamati a partecipare con zelo apostolico all’evangelizzazione del Popolo cinese". Nel corso della riunione "lo sguardo - si legge ancora nel comunicato conclusivo - si è rivolto ai Pastori e, in particolare, ai vescovi e ai sacerdoti che sono detenuti o soffrono ingiuste limitazioni nel compimento della loro missione. Si è espressa ammirazione per la fermezza della loro fede e per la loro unione con il Santo Padre. Essi, in modo speciale - afferma la nota - necessitano della preghiera della Chiesa, per affrontare le loro difficoltà con serenità e nella fedeltà a Cristo". I vescovi sono "un dono di Dio per il Suo Popolo, a favore del quale esercitano l’ufficio di insegnare, santificare e governare. Sono inoltre chiamati a donare ragioni di vita e di speranza a tutti coloro che incontrano. Essi ricevono da Cristo, attraverso la Chiesa, il loro compito e la loro autorità, che esercitano in unione con il Romano Pontefice e con tutti i vescovi sparsi nel mondo". La commissione ha "notato che persiste la pretesa degli organismi, chiamati 'Un'Associazione e Una Conferenza', di porsi al di sopra dei vescovi e di guidare la vita della comunità ecclesiale", si legge nella nota in riferimento agli organismi governativi. Al riguardo la commissione cita la lettera che il Papa ha inviato nel 2007 ai fedeli cinesi, in particolare il paragrafo sette, sottolineando che a quelle indicazioni "è importante attenersi, perché il volto della Chiesa risplenda con chiarezza in mezzo al nobile Popolo cinese. Tale chiarezza - prosegue la nota - è stata offuscata dagli ecclesiastici che hanno ricevuto illegittimamente l'ordinazione episcopale e dai vescovi illegittimi che hanno posto atti di giurisdizione o sacramentali, usurpando un potere che la Chiesa non ha loro conferito. Nei giorni scorsi, alcuni di loro hanno partecipato a consacrazioni episcopali autorizzate dalla Chiesa". I comportamenti dei vescovi illegittimi, "oltre ad aggravare la loro posizione canonica, hanno turbato i fedeli e spesso hanno forzato la coscienza dei sacerdoti e dei fedeli che vi sono stati coinvolti", prosegue la nota vaticana. "Inoltre detta chiarezza è stata offuscata dai vescovi legittimi, che hanno partecipato a ordinazioni episcopali illegittime. Molti di loro hanno chiarito la propria posizione e hanno chiesto scusa, e il Santo Padre li ha benevolmente perdonati; altri invece, che pure vi hanno preso parte, non hanno ancora fatto tale chiarificazione e sono quindi incoraggiati ad agire quanto prima in tal senso". I partecipanti alla riunione plenaria della commissione "seguono con attenzione e con spirito di carità - si legge nella nota - questi penosi avvenimenti e, pur consapevoli delle particolari difficoltà della situazione presente, ricordano che l'evangelizzazione non può avvenire sacrificando elementi essenziali della fede e della disciplina cattolica. L'obbedienza a Cristo e al Successore di Pietro - afferma la nota - è il presupposto di ogni vero rinnovamento, e ciò vale per tutte le componenti del Popolo di Dio. Gli stessi laici sono sensibili alla chiara fedeltà ecclesiale dei propri Pastori". La commissione ha "riscontrato" "che il numero delle vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa negli ultimi anni registra un sensibile calo. Le sfide della situazione spingono ad invocare il Padrone della messe e a rafforzare la consapevolezza che ogni sacerdote e ogni religiosa, fedeli e luminosi nella loro testimonianza evangelica, sono il primo segno capace di incoraggiare ancora i giovani e le giovani di oggi a seguire Cristo con il cuore indiviso". La Commissione in conclusione ricorda che il 24 maggio, "memoria liturgica della Beata Vergine Maria Aiuto dei Cristiani e Giornata di preghiera per la Chiesa in Cina, sarà un’occasione particolarmente propizia per tutta la Chiesa per invocare energia e consolazione, misericordia e coraggio, per la comunità cattolica in Cina".

TMNews

COMUNICATO: RIUNIONE PLENARIA DELLA COMMISSIONE PER LA CHIESA CATTOLICA IN CINA

Le parole del Papa ai giovani del 'Progetto Policoro': incoraggiamento e monito nell'impegno a essere presenza attiva e fattiva della Chiesa

“Le parole che ieri, nell’Udienza generale in Piazza San Pietro, Benedetto XVI ha rivolto al ‘Progetto Policoro’ sottolineando l’importanza di un’iniziativa che cerca di venire incontro alle problematiche lavorative delle nuove generazioni, ‘alla luce dei valori del Vangelo’, come pure la catechesi tenuta dal Papa sulla necessità di coniugare l’annuncio con l’azione, ci incoraggiano confermando la bontà del nostro progetto, da sempre impostato su ‘evangelizzazione, educazione e impresa’. Così mons. Angelo Casile, direttore dell’Ufficio CEI per i problemi sociali e il lavoro, commenta all'agenzia SIR l’incontro dei giovani animatori di 100 diocesi con il Papa ricevuti in uUienza generale a chiusura del 25° Corso di formazione del “Progetto Policoro”(20-25 aprile, Roma). Nato nel 1996 nella CEI, come risposta alla disoccupazione giovanile nel Sud, il progetto ha generato oltre 500 cooperative. “La benedizione di Benedetto XVI è un ulteriore monito nell’impegno a essere, come giovani, presenza attiva e fattiva della Chiesa, in un momento di crisi come questo, con percorsi di legalità e etica”, ha commentato Antonio La Monica, della diocesi di Palermo. “Le parole del Papa, il suo magistero, sono ‘linfa vitale’ per tornare nei nostri territori con gli strumenti della dottrina sociale ed un’imprenditoria giovanile che vuole ‘sperare’, ogni giorno, combattendo gli elementi negativi con la forza del vangelo”, ha aggiunto Antonello Rinasti, della diocesi di Sessa Aurunca.

SIR

Sarà consegnato domenica 6 maggio a Benedetto XVI, in occasione del Regina Caeli, il libro 'Lettera a una bambina molestata' scritto da don Di Noto

Sarà consegnata domenica 6 maggio, in occasione del Regina Caeli in Piazza San Pietro, a Benedetto XVI, la prima copia del libro "Lettera a una bambina molestata", scritto dal giornalista Mario Campanella e da don Fortunato Di Noto, presidente di Meter. Ne dà notizia lo stesso don Di Noto, spiegando che il libro uscirà il giorno prima, in occasione della Giornata Mondiale contro la pedofilia, e sarà consegnato al Papa al culmine delle due settimane a tutela dei bambini che sono iniziate ieri ad Avola su iniziativa dell'associazione. "Il libro - si legge in una nota - porta la prefazione del presidente della Camera Gianfranco Fini. Il racconto, romanzato ma basato su fatti veri, riporta la storia di due fratelli uniti che devono combattere con i fantasmi del passato e con le molestie subite dalla ragazza da parte del padre. È un libro simbolo, carico di speranze, che ripercorre prima il calvario della pedofilia e poi la sua speranza di catarsi, attraverso il coraggio della denuncia, il dialogo psicoterapico, l'appoggio delle associazioni che operano sul territorio. Tutti i i proventi dei diritti d'autore saranno devoluti all'associazione di Don Fortunato che si occupa ogni giorno di assistere i bambini vittima della pedofilia".

Roma Oggi Notizie

Testimonianze nella biografia di Roncalli su Giovanni Paolo I: avrebbe messo mano a riforme profonde dell Ior, allontanando dalla Santa Sede Marcinkus

Se fosse rimasto in vita, Papa Luciani (nella foto con l'allora card. Ratzinger) avrebbe "messo mano a delle riforme profonde" dello Ior e delle finanze vaticane. Lo racconta don Massimo Camisasca, superiore generale dei Missionari di San Carlo, discepolo di don Giussani e già officiale delle Segreteria di Stato, nel libro "Giovanni Paolo I. Albino Luciani", una poderosa biografia a firma di Marco Roncalli, che esce in questi giorni per i tipi della San Paolo. "Circolavano voci secondo cui Giovanni Paolo I volesse licenziare Marcinkus e allontanarlo dalla Santa Sede", ha detto anche padre Pasquale Farusi, già direttore dei programmi giornalistici della Radio Vaticana e poi storico capo ufficio stampa della Compagnia di Gesù, altro testimone autorevole citato nel libro, ma oggi scomparso. Secondo Roncalli, al quale si deve pure una documentatissima biografia di Giovanni XXIII, del quale è anche nipote, la questione dello Ior è stata un assillo per Papa Luciani nel suo brevissimo Pontificato. In merito riporta l'opinione di Carlo Bellavite Pellegrini, docente di Economia alla Cattolica, per il quale "lo Ior di quegli anni veniva veramente ad assomigliare a un intermediario che agisce su una piazza off shore". E se, ammette Roncalli, appare "difficile documentare l'assoluta convinzione di Giovanni Paolo I che la presidenza di una banca non fosse un posto appropriato per un vescovo e perciò che la sostituzione di mons. Marcinkus fosse necessaria", come sostenuto dal vaticanista Giancarlo Zizola, "la tesi è condivisa da osservatori imparziali come mons. Camisasca e padre Farusi". Roncalli ricostruisce l'antefatto di queste preoccupazioni del Papa appena eletto, ricordando la protesta presentata personalmente a Paolo VI dall'allora Patriarca di Venezia per "l'operazione che nel '72 fagocitò la Banca Cattolica del Veneto", di cui furono artefici "l'allora presidente dello Ior, mons. Marcinkus, già in rapporti col finanziere siciliano Michele Sindona, considerato vicino ad ambienti della mafia italo-americana, e Roberto Calvi". Ma riporta anche le parole di mons. Marcinkus che, dopo la morte del Pontefice, dichiarò di essere "completamente ignaro" che ci fosse un qualsiasi progetto per sostituirmi". La tesi di Roncalli, ben documentata, è che invece la riforma ci sarebbe stata. Questo, ovviamente, non significa che Albino Luciani sia stato ucciso: in proposito il libro racconta che l'ipotesi dell'omicidio avanzata da alcuni media trovò alimento nelle bugie del Vaticano, diffuse per non far sapere che una suora aveva accesso liberamente alla stanza del Papa e cioè che era stata una religiosa a scoprire la morte di Luciani e a dare l'allarme. Ma di fatto il cambiamento profondo dello Ior e delle finanze è stato rinviato: qualcuno dice dell'intero Pontificato di Giovanni Paolo II (27 anni) perchè anche con la gestione successiva a Marcinkus le cose rimasero poco chiare, altri sostengono che nemmeno le nuove leggi sulla trasparenza e l'antiriciclaggio varate da Papa Ratzinger abbiano risolto davvero il problema Ior. Lo proverebbero i "corvi" ancora annidati Oltretevere, e i "veleni" che essi continuano a spandere.

Agi