domenica 2 dicembre 2012

Card. Sarah: il vescovo deve, tramite un programma di catechesi e formazione cristiana, fare di tutto perché la sua comunità abbia un 'cuore che vede' le miserie della società e venga incontro, portando conforto e consolazione, ai poveri e ai sofferenti

La "motivazione principale" del Motu Proprio del Papa pubblicato ieri dalla Santa Sede, "Intima Ecclesiae natura" sul modo di amministrare l'attività caritatevole della Chiesa ('De caritas ministranda') è "quella di ribadire la responsabilità del vescovo nell'azione caritativa in quanto missione ecclesiale, sia quando anima l'azione svolta dai fedeli, senza che ciò limiti la loro libertà di iniziativa o la loro autonomia nelle attività di loro competenza, sia in particolare quando si tratta di organismi caritativi cattolici". Lo scrive su L'Osservatore Romano il card. Robert Sarah (nella foto con Benedetto XVI), presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum". "Il vescovo deve, tramite un programma di catechesi e formazione cristiana, fare di tutto perché la sua comunità abbia un 'cuore che vede' le miserie della società e venga incontro, portando conforto e consolazione, ai poveri e ai sofferenti. Soprattutto però questa responsabilità indica che il vescovo è garante della comunione", afferma il porporato africano, sottolineando che non è "un caso" che il provvedimento "veda la luce proprio nell'Anno della fede, forse per ricordarci che, come senza le opere la fede è morta, così senza la fede le opere perdono il loro senso profondo". Sempre sul giornale vaticano, mons. Juan Ignacio Arrieta Ochoa De Chinchetru, segretario del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, sottolinea, in particolare, il ruolo svolto dalle "iniziative di carità promosse nei vari luoghi dalla rispettiva autorità gerarchica, per canalizzare la carità dei fedeli e per raggiungere obiettivi d'assistenza forse non sufficientemente coperti da altre iniziative". Le esperienze riconducibili a queste categorie "sono, com'è evidente, assai ricche e certamente eterogenee, risultando assai problematico il tentativo di classificarle in modo più definito" e questo connotato "impone il bisogno di limitare al massimo gli interventi normativi, e la necessità di ribadire che per i fedeli risulta ugualmente legittimo agire autonomamente, nel quadro della legislazione civile. Tuttavia, dal momento in cui iniziative del genere sono promosse o esplicitamente sostenute dall'autorità gerarchica, o risultino legittimate dall'ordinamento canonico come espressioni delle proprie entità, i doveri e le responsabilità in esse generati devono essere delineati in maniera sufficiente nell'ordinamento canonico".

TMNews

Un cuore che vede le miserie della società

Card. Bertone: non si può pensare di chiuderci in difesa contro tutto e contro tutti, non è questa la strada per essere vigilanti e in preghiera come vuole il Signore. La strada la troviamo nell'insieme di tutto il Vangelo, vigila bene chi ama. E' dell'amore vigilare

Festa di compleanno all'insegna della "preghiera di ringraziamento al Signore" per il card. Tarcisio Bertone (nella foto con Benedetto XVI), segretario di Stato. Alla vigilia dei suoi 78 anni ieri ha celebrato la Messa a Castel Gandolfo nella chiesa di San Francesco e Santa Maria Assunta in Cielo. Hanno concelebrato i monsignori Lech Piechota, Roberto Lucchini e Guillermo Javier Karcher. Tra i presenti Saverio Petrillo, direttore delle Ville Pontificie. "La consuetudine del lavoro quotidiano svolto nelle diverse mansioni ma con identico cuore e volontà - ha detto loro il cardinale segretario di Stato nell'omelia riportata dal L'Osservatore Romano - ci fa sperimentare una comunione direi familiare, e per questo è bello trascorrere una giornata insieme, cominciando con la Santa Messa". La pagina del Vangelo di Luca letta a messa, ha proseguito il segretario di Stato, "non manca di realismo" con l'invito a stare "attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano e ricadano nel buio", e a vegliare "ogni momento pregando per sfuggire al laccio del nemico sempre teso, che si abbatte all'improvviso". "Nel ritmo frenetico e coinvolgente della vita moderna, quale speranza ci può essere di non lasciarci addormentare dal canto di tante sirene? Come si può rimanere svegli e in guardia, come si può rimanere in un atteggiamento di preghiera costante?". Certo, ha affermato, "non si può pensare di chiuderci in difesa contro tutto e contro tutti; non è questa la strada per essere vigilanti e in preghiera come vuole il Signore. La strada è un'altra e la troviamo nell'insieme di tutto il Vangelo: vigila bene chi ama. E' dell'amore vigilare".

TMNews

Ancor prima che Twitter prendesse piede Benedetto XVI ci aveva già abituato a quella capacità di cogliere l’essenziale e dirlo con parole precise che è la vera essenza della comunicazione

Si discute in questi giorni dell'apertura dell'account Twitter del Papa che sarà presentato domani. Ho letto diversi ragionamenti interessanti sull'uso di Twitter e sull'opportunità che anche il Pontefice si serva di questo strumento. A me viene da fare una considerazione su tutte: Benedetto XVI in realtà è un "twittatore" nato. Infatti, ancor prima che il social network prendesse piede, Papa Ratzinger ci aveva già abituato a quella capacità di "cogliere l’essenziale e dirlo con parole precise" che è la vera essenza della comunicazione, come ha ben scritto padre Spadaro ragionando sulla natura di Twitter. Tutti ci ricordiamo le brevi e incisive parole del Papa all'indomani dell'elezione: "Dopo il grande Papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore", un tweet formidabile. Così come, ancora prima di essere eletto, quel "quanta sporcizia c’è nella Chiesa" della Via Crucis ha risuonato vigoroso, richiamando tutto il popolo di Dio alla consapevolezza del bisogno di redenzione. Se ne potrebbero citare di infiniti altri, ad esempio quello dell'Enciclica "Spe Salvi": "Quando uno nella sua vita fa l'esperienza di un grande amore, quello è un momento di 'redenzione' che dà un senso nuovo alla sua vita"; così come le parole fulminanti e penetranti nel pieno della crisi della pedofilia: "La più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato… la Chiesa quindi ha profondo bisogno di ri-imparare la penitenza, di accettare la purificazione" che fecero emergere per contrasto tutta la pochezza delle polemiche mediatiche. Un eccellente tweet furono proprio le parole programmatiche espresse all'inizio del Pontificato che ne costituiscono ancora oggi la cifra: "La Chiesa è giovane, essa porta in sé il futuro del mondo e perciò mostra anche a ciascuno di noi la via verso il futuro". Ogni discorso di Ratzinger, ogni omelia, messaggio, Enciclica e intervento è costellato di di tweet efficacissimi. E' l'intelligenza di un uomo di vera fede ma anche la vera fede di un uomo intelligente. Benvenga quindi l'account Twitter del Papa: in quest'epoca disseminata di spazi della comunicazione abbiamo bisogno delle sue "parole precise" che ci parlano dell'essenziale.

Il blog di Bruno Mastroianni

Dal 1° gennaio ogni dipendente del Vaticano sarà fornito di un badge con microchip per essere sempre rintracciabile. Nuove e più severe regole anche nella piccola comunità familiare del Papa, con la stanza dei segretari particolari divenuta off limits

Il monsignore con il clergyman impeccabile e il passo veloce, dopo aver salutato la guardia svizzera in grand’uniforme, lancia uno sguardo sconsolato alle due macchinette per strisciare i badge che si trovano oltre la porta incorniciata di marmo: dal 1° gennaio chi entra o esce dovrà far passare il nuovo tesserino magnetico identificativo dotato di un chip in grado di localizzare in ogni momento il suo proprietario. Città del Vaticano, Palazzo Apostolico, corridoio affrescato della terza loggia: aumentano i controlli nella cabina di regia della Santa Sede, la Segreteria di Stato. E non soltanto sugli orari. Da Raffaello al Grande Fratello. È soltanto uno degli effetti della fuga di documenti riservati dall’appartamento papale che ha modificato forse per sempre il lavoro quotidiano nei sacri palazzi. Archivi blindati, maggiori controlli per chi di visionare i dossier, obbligo di dichiarare che cosa si fotocopia. Nuove e più severe regole anche nella piccola comunità familiare di Benedetto XVI, con la stanza dei segretari particolari divenuta off limits per evitare il ripetersi di "fughe". I segretari del Pontefice, Georg Gänswein e Alfred Xuereb, condividono una stanza collegata con lo studio di Benedetto XVI. Lì, oltre alla fotocopiatrice, fin dai tempi di Giovanni Paolo II, si trovava anche una postazione con il computer destinata all’aiutante di camera. Angelo Gugel, storico, e ora pensionato, maggiordomo di tre Papi, la usava per qualche piccolo lavoro di segreteria affidatogli da don Stanislao Dziwisz. È qui che "Paoletto" in orario d’ufficio riproduceva carte riservate che passavano sul tavolo di don Georg dopo essere state viste dal Pontefice. Per effetto di Vatileaks al successore di Gabriele, il nuovo aiutante di camera Sandro Mariotti, detto "Sandrone", non solo non vengono più affidate mansioni di segreteria, ma è stato anche proibito di sostare nell’ufficio dei segretari. Decisamente rafforzato il controllo sulla trafila compiuta dai documenti che arrivano sulla scrivania papale provenienti dalla Segreteria di Stato, dove poi ritornano con le indicazioni del caso e l’inconfondibile "B16", la sigla che Papa Ratzinger aggiunge a mano alle carte che legge personalmente. Il badge per segnalare orari d’entrata e di uscita per chi lavora nel Palazzo Apostolico e in Segreteria di Stato non è di per sé legato ai Vatileaks. Si tratta infatti di un modo per accertare che gli orari stabiliti vengano rispettati da tutti, anche se sono ormai lontani i tempi in cui Giovanni XXIII poteva rispondere ironicamente alla domanda di un diplomatico interessato a conoscere quante persone lavorassero in Vaticano: "Circa la metà…". Ma la decisione di dotare i nuovo tesserino di un microchip grazie al quale, in caso di necessità, il suo proprietario potrà essere localizzato all’interno del Palazzo Apostolico, è un segno inequivocabile della volontà di un maggiore controllo che va al di là degli orari di lavoro. "Solo i superiori avranno accesso alle informazioni nel caso sorgano problemi – assicura a La Stampa un alto prelato – e non ci sarà dunque un monitoraggio costante". È il responsabile dell’Ufficio cifra della Segreteria di Stato, il monsignore sloveno Mitja Leskovar, l’incaricato a vigilare sull’applicazione delle nuove regole di sicurezza. Occupandosi della trasmissione delle comunicazioni riservate tra la Santa Sede e i nunzi, il prelato, nato nella Jugoslavia ai tempi del comunismo, è diventato un esperto di anti-spionaggio. Per chi lavora in Segreteria di Stato, dopo vatileaks, è diventato un po’ più complicato anche far fotocopie: bisogna segnare su un apposito registro il nome del richiedente e quali documenti vengono copiati. I registri sono supervisionati da Leskovar. Maggiore attenzione e rispetto delle regole anche per l’accesso ai due archivi, quello della prima e quello della seconda sezione della Segreteria di Stato. Si trovano entrambi nella terza loggia del palazzo apostolico ma hanno due diversi responsabili. Nel primo si conservano i documenti che riguardano il servizio quotidiano del Papa in rapporto alla Chiesa universale e alla Curia romana, la redazione dei documenti papali, le relazioni dei nunzi apostolici sulle Chiese locali. Nel secondo sono custodite le carte che riguardano le relazioni della Santa Sede con gli Stati. Le richieste di consultazione dei documenti da parte degli officiali della Segreteria di Stato devono essere sempre compilate per iscritto e debitamente autorizzate: una regola già esistente ma prima non applicata in modo inflessibile. E chi lavora dentro l’archivio non può più tenere con sé il telefono cellulare che va lasciato in un apposito armadio. Regole più ferree, controlli più accurati, procedure meno elastiche con qualche possibile rallentamento nell’attività degli uffici. Anche se le gerarchie vaticane sono convinte che dietro "Paoletto" non vi sia stata una rete di complici, le conseguenze di vatileaks sono destinate a pesare sul lavoro di tutti.

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Benedetto XVI: il Beato Devasahayam Pillai sostenga la fede dei cristiani dell'India. I legislatori tutelino le persone con disabilità e promuovano la loro piena partecipazione alla vita della società

Dopo la recita dell’Angelus, il Papa ha ricordato che “oggi, a Kottar, in India, viene proclamato beato Devasahayam Pillai, un fedele laico vissuto nel 18° secolo e morto martire. Ci uniamo alla gioia della Chiesa in India e preghiamo che il nuovo Beato sostenga la fede dei cristiani di quel grande e nobile Paese”.
Il Papa ha esortato "i legislatori e i governanti a tutelare le persone con disabilità e a promuovere la loro piena partecipazione alla vita della società", ricordando che "domani si celebra la Giornata Internazionale dei diritti delle persone con disabilità". Quindi ha aggiunto: "Ogni persona, pur con i suoi limiti fisici e psichici, anche gravi, è sempre un valore inestimabile, e come tale va considerata. Incoraggio le comunità ecclesiali ad essere attente e accoglienti verso questi fratelli e sorelle".
Nei saluti in varie lingue è tornato l’invito a vivere l’attesa e la speranza di Gesù nel contesto dell’Anno della fede: in francese l’invito particolare a “scoprire il legame tra le verità sull’incarnazione di Cristo e la nostra vita quotidiana”. In inglese a richiamarsi all’esempio del Beato Pillai. In spagnolo un richiamo alle “buone opere” che ci avvicinano a Cristo. In polacco l’invito alla vigilanza e alla preghiera “affinché siamo pronti al gioioso incontro con il Signore”. In italiano un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare al gruppo di preghiera "Missionari del Rosario" di Castellammare di Stabia. E un particolare saluto ai vari esponenti del mondo dello spettacolo viaggiante, che, ha detto il Papa, “ieri ho avuto la gioia di incontrare”.

SIR, TMNews, Radio Vaticana

Il Papa: in mezzo agli sconvolgimenti del mondo, o ai deserti dell’indifferenza e del materialismo, i cristiani accolgono da Dio la salvezza e la testimoniano con un diverso modo di vivere, come una città posta sopra un monte

A mezzogiorno di oggi, prima Domenica di Avvento, il Santo Padre Benedetto XVI si è affacciato alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro. “Oggi la Chiesa inizia un nuovo anno liturgico, un cammino che viene ulteriormente arricchito dall’Anno della fede, a 50 anni dall’apertura del Concilio ecumenico vaticano II”, ha segnalato il Papa. Il primo Tempo di questo itinerario, ha affermato, “è l’Avvento, formato, nel Rito romano, dalle quattro settimane che precedono il Natale del Signore, cioè il mistero dell’Incarnazione”. La parola “avvento”, ha chiarito il Pontefice, “significa ‘venuta’ o ‘presenza’”. Nel mondo antico indicava “la visita del re o dell’imperatore in una provincia”; nel linguaggio cristiano è riferita “alla venuta di Dio, alla sua presenza nel mondo; un mistero che avvolge interamente il cosmo e la storia, ma che conosce due momenti culminanti: la prima e la seconda venuta di Gesù Cristo”. La prima è proprio “l’Incarnazione; la seconda è il ritorno glorioso alla fine dei tempi. Questi due momenti, che cronologicamente sono distanti – e non ci è dato sapere quanto –, in profondità si toccano, perché con la sua morte e risurrezione Gesù ha già realizzato quella trasformazione dell’uomo e del cosmo che è la meta finale della creazione”. Ma prima della fine, ha avvertito il Santo Padre, “bisogna che tutti i suoi nemici siano posti sotto i suoi piedi”. In realtà, “questo disegno di salvezza di Dio, che è sempre in atto, richiede continuamente la libera adesione e collaborazione dell’uomo; e la Chiesa, che è come la fidanzata, la promessa sposa dell’Agnello di Dio crocifisso e risorto, vive protesa nella memoria del suo Signore e nell’attesa del suo ritorno”. Un’attesa “fatta di speranza vigilante e operosa”. Facendo riferimento alla Parola di Dio odierna, che traccia “la linea di condotta da seguire per essere pronti alla venuta del Signore”, con Gesù nel Vangelo di Luca che “dice ai discepoli: ‘I vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita … vegliate in ogni momento pregando’”, Benedetto XVI ha sottolineato proprio questi due aspetti: “Sobrietà e preghiera”. Il Papa ha ripreso anche l’invito dell’apostolo Paolo di “crescere e sovrabbondare nell’amore” tra noi e verso tutti, “per rendere saldi i nostri cuori e irreprensibili nella santità”. “In mezzo agli sconvolgimenti del mondo, o ai deserti dell’indifferenza e del materialismo – ha osservato il Pontefice -, i cristiani accolgono da Dio la salvezza e la testimoniano con un diverso modo di vivere, come una città posta sopra un monte”. Infatti, ha evidenziato il Santo Padre, “la comunità dei credenti è segno dell’amore di Dio, della sua giustizia che è già presente nella storia ma che non è ancora pienamente realizzata, e pertanto va sempre attesa, invocata, ricercata con pazienza e coraggio”. Benedetto XVI ha, quindi, offerto un modello: “La Vergine Maria incarna perfettamente lo spirito dell’Avvento, fatto di ascolto di Dio, di desiderio profondo di fare la sua volontà, di gioioso servizio al prossimo”. Di qui l’invito: “Lasciamoci guidare da lei, perché il Dio che viene non ci trovi chiusi o distratti, ma possa, in ognuno di noi, estendere un po’ il suo regno di amore, di giustizia e di pace”.

SIR

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS