domenica 7 ottobre 2012

Lo spirito del Quirinale ed il salotto dei Cortesi: abbiamo mutuato una concezione 'offuscata' del dialogo, il celeberrimo 'rendere ragione della speranza' non esclude le cariche istituzionali

Venerdì il “Cortile dei Gentili” ha inaugurato la sua tappa ad Assisi con l’intervento del Capo dello Stato. Atto di rispetto istituzionale, presumo. Non so spiegarmi altrimenti la presenza di Giorgio Napolitano, che, a conclusione del suo discorso, ha voluto richiamare lo spirito di Assisi. Accogliamo con il massimo rispetto le parole che il presidente ha riservato al difficile momento che il nostro Paese attraversa, riconoscendo la bontà delle affermazioni sull’importanza del bene comune e dell’invito rivolto a tutti, credenti e non credenti, a voler “rianimare senso dell’etica e del dovere”. Mi sono chiesto dove fosse il Dio evocato nel tema assegnato a questo Cortile. Forse è troppo pretenderlo dalla più alta carica delle nostre istituzioni repubblicane. In fondo, il presidente ha indicato nello spirito di Assisi la metodologia da seguire in questo difficile momento, nel quale abbiamo bisogno “di apertura, di reciproco ascolto e comprensione, di dialogo, di avvicinamento e unità nella diversità”. E quindi siamo serviti! Abbiamo celebrato un bel momento di confronto e possiamo ritenerci soddisfatti. Le cose stanno proprio così? No, e per diversi motivi. Prima di ogni cosa, bisogna cercare di capire cosa intenda Napolitano per spirito di Assisi. La definizione che egli ha fornito venerdì, dice tutto e non dice niente. Non possedendo altre categorie di comprensione, dobbiamo chiederci cosa egli voglia dire quando parla di dialogo, di avvicinamento e di unità nella diversità. Abbiamo fonti che possano aiutarci in questo compito? Penso che possa fare al caso nostro il messaggio augurale rivolto alla FUCI in occasione del suo 61° Congresso Nazionale, nello scorso aprile. In quell’occasione, Giorgio Napolitano scriveva a proposito del Concilio: “Voluto fortemente da Giovanni XXIII per aprire la via del rinnovamento nel segno dell’ecumenismo e nel rispetto pieno della dignità dell’uomo, il Vaticano II ha chiamato anche i laici ad affiancare l’opera della Chiesa, impegnandosi costantemente nella costruzione di una società di giustizia e di pace, di solidarieta’ e speranza". Anche qui torna il tema della costruzione di una società di giustizia e di pace, evocato ad Assisi. A mio modesto parere, tuttavia, la chiave di comprensione del suo pensiero risiede in quel “rispetto pieno della dignità dell’uomo”. Cosa intende, allora, Napolitano? Lasciamo i pregiudizi da parte (attenzione a questo termine!) e torniamo all’intervento di Assisi. Ecco cosa ha detto quando ha richiamato gli sforzi congiunti per rianimare il senso dell’etica: “Concentrazione e convergenza di sforzi che rischierebbe di essere resa più ardua, se non compromessa, dall’insorgere di contrapposizioni tra forze che si ponessero come rappresentanti sul terreno politico dei credenti o degli osservanti, da un lato, dei non credenti o non osservanti dall’altro, in particolare su questioni controverse e delicate inerenti a scelte soggettive delle persone e dei rispettivi nuclei famigliari. Mi auguro perciò sia possibile affrontare tali questioni fuori di antitetiche rigidità pregiudiziali e anche di forzose strettoie normative”. Se non ho smarrito il senso di comprensione di un testo in lingua italiana, credo che abbia detto, più o meno: “Abbiamo valori in comune? Bene! Adoperiamoci per un’intesa e lavoriamo assieme per la rinascita morale dell’Italia. Abbiamo divergenze su temi che chiamano in ballo la coscienza e la famiglia? Non interferite! Mettete da parte i vostri pregiudizi!”. Perdonatemi il linguaggio poco galante, ma normalmente al mercato si traduce così l’espressione “rigidità pregiudiziali”. Applausi all’oratore! E fin qui potrei capire. Si tratta pur sempre di un intervento laico! Ed ecco il secondo rilievo: siamo sicuri che laicità significhi rinuncia alla rigidità pregiudiziale? Esiste una morale che sia condivisibile in nome di quei valori poco prima osannati come terreno comune di collaborazione tra credenti e non credenti? Lo stesso pensiero laico dice di sì. Se lo spirito di Assisi conduce al soggettivismo, possiamo dormire sonni poco tranquilli. Per carità, ognuno è libero di esprimere un discorso che sia inconsistente dal punto di vista logico, e noi gli dobbiamo rispetto. E siamo alla terza osservazione. Da cattolico, mi aspetto che interlocutori di rango possano opporre all’incosistenza di un ragionamento la consistenza del nostro pensiero. Non credo che il celeberrimo “rendere ragione della speranza” escluda le cariche istituzionali. Perchè il dialogo non sa esporre le nostre ragioni? Tanto più che esse, in determinati ambiti, sono perfettamente comprensibili e condivisibili. Abbiamo paura o forse vergogna? Probabilmente abbiamo mutuato una concezione “offuscata” del dialogo, che è poi la stessa formulata da Napolitano. Noi cristiani dovremmo condividere l’analisi che Agostino formula quando mostra il legame tra la verità e la carità: “Quanto più dunque l’anima si allontana da Dio non per distanza spaziale ma per amore e cupidigia delle cose inferiori a se stessa, tanto più si riempie di stoltezza e di miseria. Pertanto, essa ritorna a Dio con l’amore, però non con quello con cui aspira ad eguagliarlo, ma con quello col quale aspira a sottomettersi a lui. E quanto più lo avrà fatto con passione e con applicazione, tanto più sarà felice ed eccelso e, sotto la sola dominazione di Dio, sarà completamente libero. Per questo deve sapere che è una creatura: deve infatti credere nel suo creatore così come è, cioè inviolabile e immutabile, come comporta la natura della verità e della sapienza, e deve invece confessare che, da parte sua, può cadere nella stoltezza e nell’inganno, anche a causa degli errori dei quali desidera liberarsi” (“I Costumi della Chiesa Cattolica e i costumi dei Manichei”, XII, 21). Non possiamo pretendere che il nostro interlocutore condivida. Dobbiamo però pretendere che il parlare a due (dià-lògos) abbia di fronte, nella sua oggettività, un terzo elemento da cui non si può prescindere: la verità. Questa non è fede, ma logica! L’autentico rispetto accende il cuore e la mente dell’altro. In questo modo il Cortile dei Gentili, strumento prezioso di autentico confronto, si riduce a salotto dei cortesi. I gentili, infatti, da pagani diventano…persone galanti. Ed è sempre piacevole fare due chiacchiere con persone per bene. Venerdì non abbiamo vissuto un momento riconducibile allo spirito di Assisi. Venerdì abbiamo avuto di fronte soltanto lo spirito del Quirinale.

Don Antonio Ucciardo, Uno sguardo da Porta Sant'Anna

Sinodo dei vescovi 2012. Lo speciale di 'Misna' sull'Assemblea: le testimonianze e le aspettative dei vescovi di Nigeria, Costa d'Avorio, Congo e Zambia

Card. Amato: il grande amore del Papa per Santa Ildegarda di Bingen. Con lei alle tante donne accademicamente formate in teologia un modello e uno stimolo per il loro impegno scientifico e pastorale

Nella sua dottrina Ildegarda di Bingen (foto), la Santa benedettina tedesca proclamata questa mattina Dottore della Chiesa da Papa Benedetto XVI, afferma "la sostanziale uguaglianza" degli uomini e delle donne davanti a Dio rileggendo la creazione di Eva dalla costola di Adamo "in riferimento al fatto che la donna venne data all'uomo come socia: 'in consortium dilectionis, socia'". Lo ha ricordato il card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, in un'intervista a L'Osservatore Romano, nella quale è sottolineato il grande amore del Pontefice tedesco per questa sua connazionale dell'XI secolo, per la quale da arcivescovo di Monaco firmò nel 1979 la petizione per l'atto che finalmente si è compiuto oggi. La sua riscoperta, "può incentivare spiritualmente la teologia contemporanea; con Ildegarda si darebbero alle tante donne accademicamente formate in teologia un modello e uno stimolo per il loro impegno scientifico e pastorale". Infatti, "diversamente dagli autori del tempo, che vedevano nel peccato originale l'estrema fragilità femminile, per Ildegarda - ha rilevato Amato nell'intervista - fu l'ardente amore di Adamo per Eva a dare occasione al demonio di tentare Eva per prima". Per Ildegarda, inoltre, ha concluso il capo dicastero, "l'essere umano è visto come unità corpo-anima con l'apprezzamento positivo della corporeità in ordine al merito. Che il corpo non sia stato concesso all'uomo solo come peso, lo dimostra - nella sua lettura - il fatto che le anime dei Santi desiderano ardentemente la riunificazione con il loro corpo mortale. Di conseguenza il compimento escatologico significa una trasformazione e una risurrezione del corpo per la vita eterna".

Agi
 

Il Papa: valorizzare la preghiera del Rosario nell'Anno della fede, con esso ci lasciamo guidare da Maria, modello di fede, nella meditazione dei misteri di Cristo, aiutati ad assimilare il Vangelo così che dia forma alla nostra vita

Al termine della Santa Messa celebrata in Piazza San Pietro per la proclamazione a "Dottori della Chiesa" dei Santi Giovanni d’Avila e Ildegarda di Bingen e per l’apertura della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei vescovi, il Santo Padre Benedetto XVI ha recitato la preghiera dell'Angelus. “Ci rivolgiamo ora in preghiera a Maria Santissima, che oggi veneriamo quale Regina del Santo Rosario”, ha affermato il Papa. In questo momento, ha proseguito, “nel santuario di Pompei, viene elevata la tradizionale ‘Supplica’, a cui si uniscono innumerevoli persone nel mondo intero. Mentre anche noi ci associamo spiritualmente a tale corale invocazione, vorrei proporre a tutti di valorizzare la preghiera del Rosario nel prossimo Anno della fede”. Con il Rosario, infatti, “ci lasciamo guidare da Maria, modello di fede, nella meditazione dei misteri di Cristo, e giorno dopo giorno siamo aiutati ad assimilare il Vangelo, così che dia forma a tutta la nostra vita. Pertanto, nella scia dei miei predecessori, in particolare del beato Giovanni Paolo II che dieci anni fa ci diede la Lettera Apostolica 'Rosarium Virginis Mariae', invito a pregare il Rosario personalmente, in famiglia e in comunità, ponendoci alla scuola di Maria, che ci conduce a Cristo, centro vivo della nostra fede”. Nei saluti in varie lingue a tutti il Papa ha chiesto di pregare per l’Assemblea sinodale. In francese ha espresso l’auspicio che “ciascun cristiano possa essere rinnovato nella responsabilità di far conoscere il Signore e il suo messaggio di amore e pace”. In spagnolo, ricordando i due nuovi Dottori della Chiesa, il Pontefice ha auspicato che “le loro figure e opere continuino ad essere fari luminosi e sicuri nell’annuncio del Regno di Dio e ci aiutino a crescere ogni giorno nell’autentica vita di fede”. In polacco ha evidenziato che i protagonisti e i pionieri della nuova evangelizzazione “sono i santi. Come loro cerchiamo di far vedere ad altri la bellezza del Vangelo, la profondità della fede e la forza dei sacramenti, in modo particolare dell’Eucaristia”.

SIR

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS
 

Il Papa: l’evangelizzazione, in ogni tempo e luogo, ha sempre come punto centrale e terminale Gesù, il Crocifisso è per eccellenza il segno distintivo di chi annuncia il Vangelo, segno di amore e pace, appello alla conversione e alla riconciliazione

''Con questa solenne concelebrazione inauguriamo la XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che ha per tema: 'La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana'. Questa tematica risponde ad un orientamento programmatico per la vita della Chiesa, di tutti i suoi membri, delle famiglie, delle comunita', delle sue istituzioni''. Così Papa Benedetto XVI ha iniziato l'omelia della Santa Messa da lui presieduta in Piazza San Pietro per l'apertura del Sinodo dei vescovi. ''E tale prospettiva - ha aggiunto - viene rafforzata dalla coincidenza con l'inizio dell'Anno della fede, che avverrà giovedì prossimo 11 ottobre, nel 50° anniversario dell'apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II''. "L’evangelizzazione, in ogni tempo e luogo, ha sempre come punto centrale e terminale Gesù, il Cristo, il Figlio di Dio; e il Crocifisso è per eccellenza il segno distintivo di chi annuncia il Vangelo: segno di amore e di pace, appello alla conversione e alla riconciliazione". Il Papa ha quindi riflettuto sulla “nuova evangelizzazione” rapportandola “con l’evangelizzazione ordinaria e con la missione ad gentes”. La Chiesa, ha spiegato, “esiste per evangelizzare. Fedeli al comando del Signore Gesù Cristo, i suoi discepoli sono andati nel mondo intero per annunciare la Buona Notizia, fondando dappertutto le comunità cristiane”. ''Anche nei nostri tempi - ha proseguito - lo Spirito Santo ha suscitato nella Chiesa un nuovo slancio per annunciare la Buona Notizia, un dinamismo spirituale e pastorale che ha trovato la sua espressione più universale e il suo impulso più autorevole nel Concilio Ecumenico Vaticano II''.   
Secondo il Pontefice, ''tale rinnovato dinamismo dell'evangelizzazione produce un benefico influsso sui due 'rami' specifici che da essa si sviluppano, vale a dire, da una parte, la 'missio ad gentes', cioè l'annuncio del Vangelo a coloro che ancora non conoscono Gesù Cristo e il suo messaggio di salvezza; e, dall'altra parte, la nuova evangelizzazione, orientata principalmente alle persone che, pur essendo battezzate, si sono allontanate dalla Chiesa, e vivono senza fare riferimento alla prassi cristiana''. L'Assemblea sinodale che oggi si apre, ha spiegato ancora Benedetto XVI, ''è dedicata a questa nuova evangelizzazione, per favorire in queste persone un nuovo incontro con il Signore, che solo riempie di significato profondo e di pace l'esistenza; per favorire la riscoperta della fede, sorgente di Grazia che porta gioia e speranza nella vita personale, familiare e sociale''. ''Ovviamente - ha aggiunto -, tale orientamento particolare non deve diminuire nè lo slancio missionario in senso proprio, nè l'attività ordinaria di evangelizzazione nelle nostre comunità cristiane. In effetti, i tre aspetti dell'unica realtà di evangelizzazione si completano e fecondano a vicenda''. Commentando i brani del Vangelo e della prima Lettura, il Santo Padre ha osservato: "Il matrimonio costituisce in se stesso un Vangelo, una Buona Notizia per il mondo di oggi, in particolare per il mondo scristianizzato. L'unione dell'uomo e della donna, il loro diventare 'un'unica carne' nella carità, nell'amore fecondo e indissolubile, è segno che parla di Dio con forza, con una eloquenza che ai nostri giorni - ha sottolineato - è diventata maggiore, perché purtroppo, per diverse cause, il matrimonio, proprio nelle regioni di antica evangelizzazione, sta attraversando una crisi profonda. E non è un caso. Il matrimonio è legato alla fede, non in senso generico. Il matrimonio, come unione d'amore fedele e indissolubile, si fonda sulla grazia che viene dal Dio Uno e Trino, che in Cristo ci ha amati d'amore fedele fino alla Croce".
"Oggi - ha spiegato il Papa - siamo in grado di cogliere tutta la verità di questa affermazione, per contrasto con la dolorosa realtà di tanti matrimoni che purtroppo finiscono male. C'è un'evidente corrispondenza tra la crisi della fede e la crisi del matrimonio. E, come la Chiesa afferma e testimonia da tempo, il matrimonio è chiamato ad essere non solo oggetto, ma soggetto della nuova evangelizzazione. Questo si verifica già in molte esperienze, legate a comunità e movimenti, ma si sta realizzando sempre più anche nel tessuto delle diocesi e delle parrocchie, come ha dimostrato il recente Incontro Mondiale delle Famiglie". Papa Ratzinger ha quindi ricordato che "una delle idee portanti del rinnovato impulso che il Concilio Vaticano II ha dato all’evangelizzazione è quella della chiamata universale alla santità, che in quanto tale riguarda tutti i cristiani". I Santi ''sono i veri protagonisti dell'evangelizzazione in tutte le sue espressioni'', ha detto il Papa. E sono anche ''i pionieri e i trascinatori della nuova evangelizzazione'', perchè, ''con la loro intercessione e con l'esempio della loro vita'', ''mostrano alle persone indifferenti o addirittura ostili la bellezza del Vangelo e della comunione in Cristo'', e ''invitano i credenti, per così dire, tiepidi, a vivere con gioia di fede, speranza e carità, a riscoprire il 'gusto' della Parola di Dio e dei Sacramenti''. "La santità non conosce barriere culturali, sociali, politiche, religiose. Il suo linguaggio – quello dell’amore e della verità – è comprensibile per tutti gli uomini di buona volontà e li avvicina a Gesù Cristo, fonte inesauribile di vita nuova". Il Papa si è soffermato in particolare sulle figure dei due nuovi ''Dottori della Chiesa'' proclamati oggi. ''San Giovanni di Avila visse nel secolo XVI - ha detto -. Profondo conoscitore delle Sacre Scritture, era dotato di ardente spirito missionario. Seppe penetrare con singolare profondità i misteri della Redenzione operata da Cristo per l'umanità. Uomo di Dio, univa la preghiera costante all'azione apostolica. Si dedicò alla predicazione e all'incremento della pratica dei Sacramenti, concentrando il suo impegno nel migliorare la formazione dei candidati al sacerdozio, dei religiosi e dei laici, in vista di una feconda riforma della Chiesa''.   
Santa Ildegarda di Bingen, ''importante figura femminile del secolo XII, ha offerto il suo prezioso contributo per la crescita della Chiesa del suo tempo, valorizzando i doni ricevuti da Dio e mostrandosi donna di vivace intelligenza, profonda sensibilità e riconosciuta autorità spirituale. Il Signore la dotò di spirito profetico e di fervida capacità di discernere i segni dei tempi''. ''Ildegarda - ha aggiunto il Papa - nutrì uno spiccato amore per il creato, coltivò la medicina, la poesia e la musica. Soprattutto conservò sempre un grande e fedele amore per Cristo e per la Chiesa''. "Lo sguardo sull’ideale della vita cristiana, espresso nella chiamata alla santità, ci spinge a guardare con umiltà la fragilità di tanti cristiani, anzi il loro peccato, personale e comunitario, che rappresenta un grande ostacolo all’evangelizzazione, e a riconoscere la forza di Dio che, nella fede, incontra la debolezza umana". Per il Papa "non si può parlare della nuova evangelizzazione senza una disposizione sincera di conversione. Lasciarsi riconciliare con Dio e con il prossimo è la via maestra della nuova evangelizzazione. Solamente purificati, i cristiani possono ritrovare il legittimo orgoglio della loro dignità di figlio di Dio, creati a sua immagine e redenti con il sangue prezioso di Gesù Cristo, e possono sperimentare la sua gioia per condividerla con tutti, con i vicini e con i lontani”. ''Affidiamo a Dio i lavori dell'Assise sinodale nel sentimento vivo della comunione dei Santi, invocando in particolare l'intercessione dei grandi evangelizzatori, tra i quali vogliamo con grande affetto annoverare il Beato Giovanni Paolo II, il cui lungo Pontificato è stato anche esempio di nuova evangelizzazione'', ha concluso Benedetto XVI.

Ansa, TMNews, Radio Vaticana

CAPPELLA PAPALE PER LA PROCLAMAZIONE A "DOTTORI DELLA CHIESA" DEI SANTI GIOVANNI D’AVILA E ILDEGARDA DI BINGEN E PER L’APERTURA DELLA XIII ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI - il testo integrale dell'omelia del Papa
 

Benedetto XVI proclama 'Dottori della Chiesa' San Giovanni d’Avila e Santa Ildegarda di Bingen e presiede la Messa di apertura della XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi

Questa mattina, XXVII Domenica del Tempo Ordinario, sul Sagrato della Basilica Vaticana, il Santo Padre Benedetto XVI ha proclamato "Dottori della Chiesa" San Giovanni d’Avila, sacerdote diocesano, e Santa Ildegarda di Bingen, monaca professa dell’Ordine di San Benedetto, e ha presiediuto la Celebrazione Eucaristica in occasione dell’apertura della XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi sul tema "La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana". Hanno concelebrano con il Santo Padre i 262 Padri sinodali e i vescovi delle Conferenze Episcopali spagnola e tedesca. Dopo la lettura delle biografie dei due Santi, guidata dal card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, il Papa ha pronunciato la solenne formula: ''Noi accogliendo il desiderio di molti Fratelli nell'episcopato e di molti fedeli del mondo intero, dopo aver avuto il parere della Congregazione delle Cause dei Santi, dopo aver lungamente riflettuto e avendo raggiunto un pieno e sicuro convincimento, con la pienezza dell'autorità apostolica dichiariamo San Giovanni d'Avila, sacerdote diocesano, e Santa Ildegarda di Bingen, monaca professa dell'Ordine di San Benedetto, Dottori della Chiesa universale''. Con Giovanni d'Avila e Ildegarda di Bingen, i ''dottori della Chiesa'' sono ora 35, tra cui quattro donne. L'ultimo ''dottore'' ad essere proclamato era stata Santa Teresa di Lisieux, la più giovane (24 anni), da Giovanni Paolo II, nel 1997. Nel 1970 Paolo VI fu primo il Papa nella storia a proclamare Dottore della Chiesa una donna, anzi due. Prima lo fece il 27 settembre con S. Teresa di Gesù e poi il 3 ottobre con S. Caterina da Siena. Oggi Benedetto XVI ha proclamato la quarta Dottore della Chiesa e sarà il terzo Successore di Pietro a concedere, nella storia della Chiesa, questo grande onore a una donna.

Ansa, Il Sismografo