lunedì 29 ottobre 2012

Sinodo dei vescovi 2012. Mons. Eterović: il bilancio è del tutto positivo. I partecipanti all’Assemblea hanno sperimentato la cattolicità della Chiesa. Si è sentita la presenza dello Spirito Santo

Un Sinodo “del tutto positivo”. Mons. Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei vescovi, non ha dubbi nel tracciare un primo bilancio all'agenzia SIR dei lavori dell’assemblea sulla “nuova evangelizzazione conclusa ieri con la Messa celebrata dal Papa nella basilica vaticana. “Il bilancio è del tutto positivo - afferma il vescovo -. In primo luogo i partecipanti all’Assemblea hanno sperimentato la cattolicità della Chiesa. All’Assise sinodale hanno partecipato vescovi, rappresentanti dell’episcopato di tutti e cinque i continenti. Ad essi occorre aggiungere anche i capi delle Chiese orientali cattoliche. Vi hanno preso parte anche vari uditori e uditrici, come pure esperti di varie nazionalità, lingue e culture. Essi hanno condiviso la loro esperienza personale e comunitaria della fede cristiana vissuta nelle rispettive Chiese particolari. Se ne percepiva in modo concreto l’unità della fede nella varietà arricchente delle sue espressioni. I partecipanti all’Assemblea hanno poi vissuto una squisita comunione ecclesiale. Sotto l’attenta presidenza di Benedetto XVI, capo del Collegio episcopale e pastore della Chiesa universale, i vescovi e gli altri partecipanti si sentivano a casa loro, liberi di condividere le gioie e le preoccupazioni delle Chiese nei Paesi di provenienza”. “In un ambiente di preghiera, ascolto, dialogo e approfondita riflessione - prosegue mons. Eterović - si è sentita la presenza dello Spirito Santo, principale protagonista dell’Assemblea sinodale che ha, in definitiva, guidato i nostri lavori. Occorre tenere presente tale realtà anche per valutare in modo adeguato i documenti che i Padri sinodali hanno approvato. Pur essendo importanti, essi non esauriscono la ricca esperienza sinodale”. Uno dei “temi maggiormente sottolineati”, spiega il vescovo, è stato “‘il rinnovamento spirituale dei cristiani e della Chiesa’. Tutti siamo invitati alla santità. Tutti dobbiamo pertanto convertirci per diventare autentici discepoli del Signore. I veri evangelizzatori sono i Santi. Essi sapranno trovare linguaggi adeguati per annunciare Gesù Cristo e il suo Vangelo all’uomo contemporaneo. I Padri sinodali hanno sottolineato il ruolo fondamentale della ‘famiglia cristiana nella trasmissione della fede. È stato poi messo in luce il ruolo essenziale della ‘parrocchia nella vita ecclesiale”. Mons. Eterović parla anche dei prossimi impegni della segreteria generale del Sinodo, tra cui “la preparazione della XIV Assemblea generale ordinaria che dovrebbe avere luogo nel 2015, l’anno della conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II”.
 
SIR
 
Simpatia per il mondo: intervista con il segretario generale, mons. Nikola Eterović

Mons. Müller: per un cristiano il rispetto della religiosità altrui non significa, e non potrebbe significare, una rinuncia alla propria fede, alla propria identità e alla verità definitiva ricevuta, tramite la Chiesa, nella Rivelazione di Dio

Ad un anno dallo storico pellegrinaggio di Benedetto XVI e di numerosi fratelli cristiani e rappresentanti delle Religioni mondiali, nella città di Assisi, la diocesi e le famiglie francescane si sono ritrovate di nuovo oggi nella città del Santo per fare memoria di quell’evento con una conferenza dal titolo “Lo spirito di Assisi: Pellegrini della verità - pellegrini della Pace. La consegna del 27 ottobre”. “Siamo qui riuniti - ha detto padre Giuseppe Piemontese, custode del Sacro Convento - non solo a rendere grazie al Signore per quanto vissuto lo scorso anno, ma per interrogarci nuovamente sulla consegna dello “spirito di Assisi” che è stato affidato alla Chiesa di Assisi e alle Famiglie Francescane”. Alla conferenza è intervenuto anche mons. Gerhard Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, che a 26 anni dallo storico incontro ad Assisi delle religioni per la pace indetto da Giovanni Paolo II ha fatto il punto sul dialogo interreligioso chiarendone obiettivi e modalità. “Per un cristiano - ha detto il prefetto - il rispetto della religiosità altrui non significa, e non potrebbe significare, una rinuncia alla propria fede, alla propria identità e alla verità definitiva ricevuta, tramite la Chiesa, nella Rivelazione di Dio”. “Anzi - ha aggiunto -, la Chiesa può proporre un dialogo vero solo a partire della verità su se stessa. Sarebbe menzognero nascondere la fede autentica ed abbandonare l’unicità della Rivelazione e della Incarnazione del Figlio di Dio, in nome di un dialogo politically correct. È giustificato e corretto solamente un dialogo condotto nella verità e nell’amore. Perciò la nostra fede, indirizzata verso Cristo, e la verità su noi stessi devono sempre avere un posto privilegiato in ogni occasione di dialogo dei cristiani con coloro che non lo sono”. Pertanto, “il dialogo con i seguaci delle religioni non-cristiane - ha osservato il prefetto - è una forma di testimonianza della fede, che dev’essere sempre rispettosa verso l’altro e la dignità della sua coscienza. È un dialogo da praticare sempre nella verità, che include ed accetta la missione, ricevuta da Gesù Cristo, di predicare il Vangelo fino alla fine dei tempi e agli estremi confini della terra. La dimensione missionaria della Chiesa non può essere sospesa nel dialogo interreligioso”. “È così - ha incalzato mons. Müller - che il dialogo diviene fruttuoso”. Ciò, ovviamente, non significa che il cristiano è “un possessore della verità”. Ne è piuttosto un “testimone”. Nel suo lungo e articolato intervento, mons. Müller ha delineato anche lo “scopo” del dialogo che “non è il dialogo in sé stesso” quanto “la conoscenza della verità. Il dialogo - ha detto - è un metodo che aiuta nel cammino verso la verità”. Ed ha aggiunto: “A volte, l’uomo si chiude in posizioni relativistiche o in una semplificante religiosità naturale per sentirsi libero dalle esigenze della verità. Il relativismo preferisce il dubbio permanente per non lasciarsi obbligare dalla certezza della verità. Così, le religioni naturali possono offrire qualche risposta alle domande fondamentali dell’uomo, placare qualche inquietudine intellettuale e spirituale ed offrire un certo orizzonte di vita, sebbene talvolta esonerino dall’obbligo di cercare la verità nella sua pienezza e di informare la coscienza ad essa. Il dialogo interreligioso serve dunque a provocare l’uomo, perché si incammini con coraggio nella ricerca della verità e si apra con fiducia alle sue esigenze”. Ad Assisi, i leader delle religioni mondiali si erano ritrovati su invito di Giovanni Paolo II per pregare per la pace. Non fu – ha ricordato mons. Muller - una preghiera comune che sarebbe manifestazione di sincretismo, ma una preghiera pronunciata simultaneamente”. “La pace - ha quindi proseguito il prefetto - è un bene stimato da tutti. Tutta l’umanità aspira alla pace. Tuttavia la pace, essendo così cagionevole di salute, richiede una cura costante e intensiva . Essa, come ci insegna la tradizione della fede, è frutto della giustizia ed ancor più della carità. Le negoziazioni politiche per la pace, pur necessarie, possono solo risolvere alcuni problemi, stabilendo accordi e convenzioni. La pace autentica, che supera l’ingiustizia, che ama la verità e si apre all’universale solidarietà, è un dono che viene dall’alto ed esige un’apertura a Dio. Essa si nutre di un rapporto vivo con Dio e di un rapporto con un Dio vivo e presente in mezzo a noi”.

SIR

Sinodo dei vescovi 2012. La Chiesa invita alla missione non perché incalzata dal pessimismo, quanto piuttosto sollecitata dalla speranza, in spirito di vera amicizia con l’umanità attuale. Senza interrompere, anzi consolidando quel filo di novità pastorale ereditata dal Concilio Vaticano II

Era iniziato bene e si è concluso meglio. Il Sinodo apre il tempo della nuova evangelizzazione chiamando tutte le componenti della Chiesa, ecclesiastici e laici, ai blocchi di partenza per la missione, indicata come un compito di tutti i battezzati. Il messaggio al popolo di Dio ribadisce che la Chiesa invita alla missione non perché incalzata dal pessimismo, quanto piuttosto sollecitata dalla speranza, in spirito di vera amicizia con l’umanità attuale. Senza interrompere, anzi consolidando quel filo di novità pastorale ereditata dal Vaticano II. Iniziato nel segno del Concilio, questo Sinodo, momento collegiale per rispondere concretamente alla desertificazione spirituale del nostro tempo, si è richiamato al Vaticano II, ponendo al centro del proprio orizzonte la fede in Gesù nazareno, proponendolo alla Chiesa quale stella polare di tutta la pastorale. Ormai alla conclusione, raccogliendo le iniziali indicazioni di Benedetto XVI, il Sinodo è apparso in forma nitida figlio del Concilio. Lo stesso Pontefice aprendo i lavori aveva, infatti, sottolineato la stretta relazione tra l’Anno della fede e l’assemblea sinodale come opportunità per celebrare degnamente i cinquant’anni della più grande assise dell’episcopato cattolico che la storia ricordi. Il Magistero del Vaticano II, confluito nel Catechismo, rimane per il nostro tempo un riferimento sicuro della fede. L’Assemblea sinodale ha ribadito la ferma adesione all’insegnamento del Concilio e il convinto impegno a continuarne la piena attuazione. Assenti e comunque non determinanti nei lavori i "profeti di sventura". Si è invece creata una simpatia reale con l’uomo stretto dalle molte difficoltà dell’attuale momento storico. Culminata con l’inusuale decisione di inviare una delegazione sinodale nel pieno della bufera siriana, la preoccupazione dei padri sinodali di farsi prossimo è stata quella di ribadire la vicinanza della Chiesa a ogni specie di sofferenza umana. Tante le voci di speciale attenzione al permanere diffuso di restrizioni della libertà non solo religiosa, al persistere della povertà e dell’ingiustizia, della malattia e del lavoro precario, di conflitti, migrazioni, attentati alla dignità e alla vita umana. Nell’aula sinodale è più volte risuonata la volontà dichiarata per una Chiesa che riconosce le debolezze dei fedeli e dei suoi ministri, che intende essere amica dei giovani, della ragione e della scienza, in ascolto dei cercatori di verità anche non credenti, in dialogo con le altre religioni e impegnata a ricucire il tessuto con le altre Chiese e confessioni cristiane come contributo alla pace e al superamento definitivo della violenza. È apparsa una coscienza più definita nel chiarire la qualità dell’evangelizzazione. Lo ha espresso bene uno dei padri sinodali invitando tutti a chiedersi "se la buona novella che annunciamo sia buona per i poveri e se noi come Chiesa rendiamo credibile questo annuncio". Tra le carte pubblicate si legge che all’origine di questa scelta c’è il rinnovamento spirituale che la Chiesa è chiamata a proclamare e realizzare come condizione della nuova evangelizzazione. Decisivo è l’incontro personale di ogni cristiano con Cristo. Si può cogliere in questo obiettivo centrale l’eco della prima preoccupazione che caratterizza gli scritti di Papa Ratzinger che, non a caso, ha dedicato parte del suo tempo a scrivere di Gesù di Nazaret. Solo rimettendolo al centro l’opera di aggiornamento da completare avviene senza che la Chiesa smarrisca la ragione del suo essere e del suo operare.

Carlo Di Cicco, L'Osservatore Romano

Card. Tong: proposta Commissione Cina-Santa Sede grande speranza per il futuro. Il dialogo è necessario, perché senza di esso non si può tentare di risolvere nessuno dei problemi ancora aperti, mentre attraverso il dialogo possono cadere incomprensioni e equivoci

La recente proposta del card. Fernando Filoni di istituire una Commissione di alto livello tra Cina popolare e Santa Sede per affrontare questioni irrisolte che riguardano la vita dei cattolici cinesi rappresenta “una grande speranza per il futuro”. Ne è convinto il card. John Tong (nella foto con Benedetto XVI), vescovo di Hong Kong. Il porporato cinese, che ha trascorso le ultime settimane a Roma in veste di presidente delegato dell'Assemblea sinodale sulla nuova evangelizzazione, confida all'agenzia Fides di pregare affinché le autorità cinesi, nell'imminenza di un cruciale Congresso del Partito comunista, colgano come “gesto amichevole” la portata delle considerazioni esposte dal prefetto del dicastero vaticano per l'evangelizzazione in un recente articolo scritto proprio per Tripod, il trimestrale cattolico legato alla diocesi Hong Kong. In quel saggio, il card. Filoni considerava le vicende del cattolicesimo cinese a cinque anni dalla Lettera indirizzata da Benedetto XVI ai cattolici di Cina nel 2007, suggerendo tra l'altro la ricerca di “un nuovo modo di dialogare” tra Santa Sede e governo di Pechino, e citando a tal riguardo come precedenti di riferimento le Commissioni bilaterali esistenti tra Cina popolare e Taiwan e quella istituita tra Santa Sede e Vietnam. Anche secondo il card. Tong “il dialogo è necessario, perché senza di esso non si può tentare di risolvere nessuno dei problemi ancora aperti, mentre attraverso il dialogo possono cadere incomprensioni e equivoci”. Il vescovo di Hong Kong porta come esempio i casi delle ordinazioni episcopali illegittime imposte alla Chiesa che è in Cina: “Il nostro turbamento su tali vicende spiega il porporato - nasce dal fatto che queste ordinazioni feriscono la Chiesa in un punto essenziale della sua natura propria. Col dialogo si può rendere ragione del fatto che i vescovi non sono funzionari politici di un apparato. Anche per diventare sacerdoti occorre avere dei requisiti appropriati dal punto di vista dottrinale, morale, pastorale e umano. E questo vale ancora di più per la scelta dei vescovi”. Secondo Tong, il saggio scritto dal prefetto del dicastero missionario della Santa Sede delinea con forza persuasiva gli effetti positivi che la libertà di fede e di appartenenza alla Chiesa Cattolica possono proiettare anche sul terreno della convivenza civile: “C'è una potenziale consonanza - nota il vescovo di Hong Kong - tra l'essere un buon cattolico e l'essere un buon cittadino. Le nostre tradizioni millenarie basate sul pensiero confuciano spingono i singoli a correggere se stessi per vivere nell'armonia e nel rispetto verso la propria famiglia, la società e il mondo intero. Ora, la sequela di Gesù produce proprio questi effetti, liberandoci dall'egoismo e dal materialismo e conducendoci ad amare il prossimo. Anche il governo potrebbe riconoscere e apprezzare questo: se alla Chiesa è concesso di far crescere nella libertà i propri fedeli, così che possano essere davvero dei buoni cattolici, anche la società ne guadagna”. Il card. Tong concorda anche sull'opportunità di nuovi strumenti di dialogo prefigurati dal card. Filoni nel suo articolo per Tripod: “Commissioni bilaterali di alto livello - ricorda il vescovo di Hong Kong - esistono già tra Cina popolare e Taiwan, così come tra Vietnam e Santa Sede. Sono precedenti eloquenti, e confermano che si potrebbe istituire un simile strumento di contatto anche tra Santa Sede e Cina popolare”.

Fides

Benedetto XVI riceve in udienza il primo ministro della Croazia: nel colloquio la crisi economica e l'integrazione europea. La questione di Dajla da risolvere presto nello spirito dell'amicizia tra i Paesi

Questa mattina Benedetto XVI ha ricevuto il presidente del governo della Repubblica di Croazia, Zoran Milanović (foto), che poi ha incontrato il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone e l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. “I cordiali colloqui – riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana - hanno permesso un fruttuoso scambio di opinioni sulle sfide che il Paese deve affrontare nell’attuale crisi economica, come pure sui temi di comune interesse nel quadro dei rapporti bilaterali. Al riguardo si è fatto cenno alla Conferenza promossa in occasione del 20° anniversario dei rapporti diplomatici, che si terrà oggi pomeriggio. Per quanto poi concerne il noto caso di Dajla, le due Parti hanno concordato di risolvere la questione il più presto possibile, nello spirito della tradizionale amicizia fra la Santa Sede e la Repubblica di Croazia”. “Infine – conclude il comunicato - si è rinnovato l’appoggio della Santa Sede alle legittime aspirazioni della Croazia alla piena integrazione europea e ci si è soffermati sulla congiuntura regionale, con uno speciale riferimento alla situazione dei croati nella Bosnia ed Erzegovina”.

Radio Vaticana

COMUNICATO DELLA SALA STAMPA: UDIENZA AL PRIMO MINISTRO DELLA CROAZIA
 

Presentazione del Messaggio del Papa. Vegliò: ci sono leggi e lo Stato deve difendere l’identità culturale, di benessere, dei suoi propri cittadini ma non significa cacciare i migranti. Kalathiparambil: difficile chiedere asilo in Europa

I contenuti del Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale del Migrante 2013 sono stati oggetto questa mattina di una presentazione in Sala Stampa vaticana, presieduta del capo dicastero vaticano dei Migranti, il card. Antonio Maria Vegliò. Il porporato ha ribadito che, pur avendo il diritto di difendere l’identità dei propri cittadini, nessuno Stato ha quello di “cacciare i migranti”. Le ultime battute della conferenza stampa fanno emergere la convinzione, chiara e diretta, del massimo responsabile vaticano in materia. Rispondendo alla domanda di un giornalista su come vada inteso il punto del documento che tratta della regolazione dei flussi migratori, se cioè il Vaticano sia pro o contro un forte controllo sugli stessi, il card. Vegliò replica: “Di fronte al processo migratorio, non è che uno lo incoraggia o lo scoraggia. Uno cerca di risolvere i problemi che questo processo comporta. Io credo che nessuno Stato al mondo abbia il diritto di cacciare i migranti, ma nessuno Stato al mondo deve essere così 'naïf' che tutti quelli che vogliono entrare nel suo Stato possano farlo. Ci sono leggi e lo Stato deve difendere l’identità culturale, di benessere, dei suoi propri cittadini. Questo non significa, però, cacciare i migranti”. In apertura di conferenza stampa, lo stesso cardinale Vegliò aveva messo in risalto – oltre agli aspetti umanitari del lavoro svolto dalla Chiesa verso gli immigrati – la dimensione religiosa del fenomeno. Un migrante, aveva detto in sostanza, non è solo un corpo in movimento col suo carico di esigenze e aspettative, ma anche un’anima con il bagaglio di ciò che crede. E citando uno studio del 2012, intitolato “Fede in movimento”, che individua la fede professata da chi emigra in rapporto al Paese di approdo e quindi i dieci Stati più interessati da questo fenomeno (Federazione Russa, Ucraina, Germania, Francia, Regno Unito e Spagna, ma anche Arabia Saudita e India), il porporato ha ricordato che la nazione emblematica in questo senso sono gli Stati Uniti, con 43 milioni circa di cittadini stranieri ospitati, dei quali ben 32 milioni sono cristiani soprattutto messicani: “Questi numeri mostrano le potenziali risorse religiose che portano con sé i migranti e, allo stesso tempo, rivelano le aspettative che essi nutrono nei confronti delle comunità cristiane che li accolgono”. Per questo, ha soggiunto, la “dimensione religiosa” non viene “mai dimenticata” dalla Chiesa nel suo lavoro caritativo e pastorale, che si sforza di essere esemplare nel suo impegno di difesa a tutto tondo dei diritti e della dignità dei migranti: “La Chiesa ha un ruolo importante nel processo della integrazione. Essa risponde ponendo l’accento sulla centralità e sulla dignità della persona con la raccomandazione a tutelare le minoranze, valorizzando le loro culture, il contributo delle migrazioni alla pacificazione universale, la dimensione ecclesiale e missionaria del fenomeno migratorio, l’importanza del dialogo e del confronto all’interno della società civile, della comunità ecclesiale e tra le diverse confessioni e religioni”. Se il cardinale Vegliò si era soffermato sulle motivazioni di tipo strettamente non umanitario, e quindi economico, che spingono a lasciare la propria terra parte dei 740 milioni di migranti internazionali (stimati nel 2011 dall’Organizzazione Mondiale delle Migrazioni), il segretario del Pontificio Consiglio, mons. Joseph Kalathiparambil, ha circoscritto l’attenzione ai rifugiati e richiedenti asilo, a quello che ha definito il loro “calvario per la sopravvivenza”, fatto spesso di abbandono, di abusi, e di camion e carrette del mare come mezzi di una fuga verso la speranza: “Penso, ad esempio, alla situazione in Siria, nel Mali e nella Repubblica Democratica del Congo, dove l’80% delle vittime sono i civili. La fuga da queste tragedie prende diverse vie. Alcuni, ad esempio, devono camminare per settimane intere prima di varcare la frontiera di un Paese africano orientale. Purtroppo, durante questi esodi, non è raro che una madre perda uno o più figli, a causa di privazioni o stremati dalle fatiche, come è successo in Sudan”. E quando il racconto del dramma arriva agli sciacalli che sfruttano la miseria di queste persone, la denuncia del numero due del dicastero vaticano si fa più stringente: “Nell’Unione Europea, queste situazioni sono il segno che diventa sempre più difficile poter chiedere asilo, specialmente da quando in alcuni Paesi sono state introdotte misure restrittive per ostacolare l’accesso al territorio...Queste limitazioni hanno incentivato le attività dei contrabbandieri, dei trafficanti, e pericolose traversate in mare che hanno visto sparire fra le onde già troppe vite umane”. Cibo, alloggio, cure mediche, diritto al lavoro e alla libera circolazione sono, ha concluso, gli “elementi primari” garantiti dalle norme internazionali ai richiedenti asilo. Concederli e provvedere alla loro integrazione da parte degli Stati, ha riconosciuto, “richiede grandi sforzi e adattamento”. Ma è indispensabile, ha soggiunto, che le misure e le politiche decise in alto siano riempite di umanità dalla base, dai cittadini: “C’è bisogno anche di un atteggiamento socievole e disponibile da parte del grande pubblico con piccoli gesti di attenzione nei loro riguardi (un sorriso, un saluto, una chiacchierata, un invito a partecipare alle attività di tutti i giorni) che aiuteranno i rifugiati e i richiedenti asilo a sentirsi più accolti e faciliteranno il processo di inclusione nella società”.

Radio Vaticana

CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA 99° GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO (13 GENNAIO 2013)

Il Papa: fede e speranza binomio inscindibile nel cuore di tantissimi migranti. Ogni Stato ha il diritto di regolare i flussi migratori e di attuare politiche dettate dalle esigenze generali del bene comune, sempre nel rispetto della dignità di ogni persona umana. Riaffermare il diritto a non emigrare

"Migrazioni: pellegrinaggio di fede e di speranza" è il tema scelto dal Papa per la 99° Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che sarà celebrata domenica 13 gennaio 2013. Questa mattina, la Sala Stampa della Santa Sede ha pubblichato il testo del Messaggio che il Santo Padre Benedetto XVI ha preparato in vista di tale Giornata. Per chi migra, scrive il Papa, "fede e speranza formano un binomio inscindibile nel cuore di tantissimi migranti, dal momento che in essi vi è il desiderio di una vita migliore, unito molte volte alla ricerca di lasciarsi alle spalle la 'disperazione' di un futuro impossibile da costruire. Al tempo stesso, i viaggi di molti sono animati dalla profonda fiducia che Dio non abbandona le sue creature e tale conforto rende più tollerabili le ferite dello sradicamento e del distacco, magari con la riposta speranza di un futuro ritorno alla terra d'origine".“Fede e speranza” riempiono spesso “il bagaglio di coloro che emigrano”. "Nel vasto campo delle migrazioni la materna sollecitudine della Chiesa si esplica su varie direttrici. Da una parte, quella che vede le migrazioni sotto il profilo dominante della povertà e della sofferenza, che non di rado produce drammi e tragedie. Qui si concretizzano interventi di soccorso per risolvere le numerose emergenze, con generosa dedizione di singoli e di gruppi". "Dall'altra parte, però, la Chiesa non trascura di evidenziare gli aspetti positivi, le buone potenzialità e le risorse di cui le migrazioni sono portatrici. In questa direttrice, allora, prendono corpo gli interventi di accoglienza che favoriscono e accompagnano un inserimento integrale di migranti, richiedenti asilo e rifugiati nel nuovo contesto socioculturale, senza trascurare la dimensione religiosa, essenziale per la vita di ogni persona". "Verso i fedeli cristiani provenienti da varie zone del mondo l’attenzione alla dimensione religiosa comprende anche il dialogo ecumenico e la cura delle nuove comunità, mentre verso i fedeli cattolici si esprime, tra l’altro, nel realizzare nuove strutture pastorali e valorizzare i diversi riti, fino alla piena partecipazione alla vita della comunità ecclesiale locale. La promozione umana va di pari passo con la comunione spirituale". "La Chiesa e le varie realtà che ad essa si ispirano sono chiamate nei confronti di migranti e rifugiati, - prosegue il Papa -, ad evitare il rischio del mero assistenzialismo, per favorire l'autentica integrazione, in una società dove tutti siano membri attivi e responsabili ciascuno del benessere dell'altro, generosi nell'assicurare apporti originali, con pieno diritto di cittadinanza e partecipazione ai medesimi diritti e doveri". "La sofferenza, l’enorme perdita e, a volte, un senso di alienazione di fronte al futuro incerto non distruggono il sogno di ricostruire, con speranza e coraggio, l’esistenza in un Paese straniero. In verità - rileva Benedetto XVI - coloro che migrano nutrono la fiducia di trovare accoglienza, di ottenere un aiuto solidale e di trovarsi a contatto con persone che, comprendendo il disagio e la tragedia dei propri simili, e anche riconoscendo i valori e le risorse di cui sono portatori, siano disposte a condividere umanità e risorse materiali con chi è bisognoso e svantaggiato". "Occorre ribadire - afferma citando la sua Enciclica 'Caritas in veritate' - che la solidarietà universale, è un dovere". "Migranti e rifugiati, insieme alle difficoltà, possono sperimentare anche relazioni nuove e ospitali, che li incoraggiano a contribuire al benessere dei Paesi di arrivo con le loro competenze professionali, il loro patrimonio socio-culturale e, spesso, anche con la loro testimonianza di fede, che dona impulso alle comunità di antica tradizione cristiana, incoraggia ad incontrare Cristo e invita a conoscere la Chiesa"."Ogni Stato ha il diritto di regolare i flussi migratori e di attuare politiche dettate dalle esigenze generali del bene comune, assicurando sempre il rispetto della dignità di ogni persona umana". "Il diritto della persona ad emigrare - come ricorda anche la Costituzione conciliare 'Gaudium et spes' - è iscritto tra i diritti umani fondamentali, con facoltà per ciascuno di stabilirsi dove crede più opportuno per una migliore realizzazione delle sue capacità e aspirazioni e dei suoi progetti'". Ma "nel contesto socio-politico attuale, prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra". "'Diritto primario dell'uomo - afferma Papa Ratzinger facendo sue le stesse parole usate nel 1988 da Giovanni Paolo II nel suo discorso in occasione del Congresso mondiale delle Migrazioni - è quello a vivere nella propria patria: diritto che però diventa effettivo solo se si tengono costantemente sotto controllo i fattori che spingono all'emigrazione'". E "oggi infatti vediamo che molte migrazioni - ammonisce Papa Benedetto - sono conseguenza di precarietà economica, di mancanza dei beni essenziali, di calamità naturali, di guerre e disordini sociali". "Migrare diventa allora un 'calvario0 per la sopravvivenza, dove uomini e donne appaiono più vittime che autori e responsabili della loro vicenda migratoria". Per il Papa, "mentre vi sono migranti che raggiungono una buona posizione e vivono dignitosamente, con giusta integrazione nell’ambiente d’accoglienza, ve ne sono molti che vivono in condizioni di marginalità e, talvolta, di sfruttamento e di privazione dei fondamentali diritti umani, oppure che adottano comportamenti dannosi per la società in cui vivono". "Il cammino di integrazione - evidenzia ancora Joseph Ratzinger - comprende diritti e doveri, attenzione e cura verso i migranti perché abbiano una vita decorosa, ma anche attenzione da parte dei migranti verso i valori che offre la società in cui si inseriscono". E "a tale proposito, non possiamo dimenticare la questione dell'immigrazione irregolare, tema tanto più scottante nei casi in cui essa si configura come traffico e sfruttamento di persone, con maggior rischio per donne e bambini", è scritto ancora nel messaggio del Papa. "Tali misfatti - continua Benedetto XVI - vanno decisamente condannati e puniti, mentre una gestione regolata dei flussi migratori, che non si riduca alla chiusura ermetica delle frontiere, all'inasprimento delle sanzioni contro gli irregolari e all'adozione di misure che dovrebbero scoraggiare nuovi ingressi, potrebbe almeno limitare per molti migranti i pericoli di cadere vittime dei citati traffici". A giudizio di Papa Benedetto XVI, infine, "sono quanto mai opportuni interventi organici e multilaterali per lo sviluppo dei Paesi di partenza, contromisure efficaci per debellare il traffico di persone, programmi organici dei flussi di ingresso legale, maggiore disponibilità a considerare i singoli casi che richiedono interventi di protezione umanitaria oltre che di asilo politico". "Alle adeguate normative - richiama il Pontefice - deve essere associata una paziente e costante opera di formazione della mentalità e delle coscienze. In tutto ciò è importante rafforzare e sviluppare i rapporti di intesa e di cooperazione tra realtà ecclesiali e istituzionali che sono a servizio dello sviluppo integrale della persona umana. Nella visione cristiana, l'impegno sociale e umanitario trae forza dalla fedeltà al Vangelo, con la consapevolezza che 'chiunque segue Cristo, l'uomo perfetto, diventa anch'egli più uomo'", come recita la 'Gaudium et spes'. "'La vita - conclude il suo messaggio il Papa, citando questa volta l'Enciclica 'Spe salvi' - è come un viaggio sul mare della storia, spesso oscuro ed in burrasca, un viaggio nel quale scrutiamo gli astri che ci indicano la rotta. Le vere stelle della nostra vita sono le persone che hanno saputo vivere rettamente. Esse sono luci di speranza. Certo, Gesù Cristo è la luce per antonomasia, il sole sorto sopra tutte le tenebre della storia. Ma per giungere fino a Lui abbiamo bisogno anche di luci vicine - di persone che donano luce traendola dalla sua luce ed offrono così orientamento per la nostra traversata'".

AsiaNews, TMNews

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA 99° GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO (13 GENNAIO 2013)