martedì 7 febbraio 2012

Simposio. Mc Glone: proteggere dagli abusi anche gli 'adulti vulnerabili'. Slattery e Geary: fornire ai minori la capacità di evitare i pericoli

Non solo minori: anche gli “adulti vulnerabili”, ossia “persone in condizioni fisiche, mentali od emotive, ovvero con una malattia per cui sono incapaci di difendersi, proteggersi o venire in aiuto a se stessi”, possono essere vittime di maltrattamenti e abusi sessuali. Tra questi pure gli anziani. Intervenuto oggi alla Pontificia Università Gregoriana di Roma (foto) al Simposio internazionale “Verso la guarigione e il rinnovamento”, Gerard Mc Glone, gesuita e psicoterapeuta, direttore esecutivo del Saint John Vianney Treatment Center di Downingtown (Pennsylvania), rende noto che “almeno il 10% della popolazione di adulti vulnerabili è soggetto ad abuso, ma solo un abuso su sei viene segnalato e denunciato”. “Quando la vittima è un adulto con ritardi di sviluppo – spiega Mc Glone -, il colpevole spesso è un assistente. Quando è una persona anziana, in genere l’autore è un membro della famiglia. È difficile trovare prove forensi” contro di loro. Di qui l’importanza di “parlare, ascoltare ed osservare gli adulti vulnerabili nelle nostre vite”, e di “fare molta attenzione ai minimi segni di paura” in loro. “Adulti vulnerabili” possono essere anche soggetti affetti “da disturbi della personalità borderline”. Di qui il monito dello psicoterapeuta: “Ogni volta che si incontrano difficoltà di questo tipo nel lavoro pastorale o nelle relazioni con i volontari, è meglio chiedere consiglio ad un professionista esterno”. Per proteggere i minori da molestie o aggressioni sessuali di tipo pedofilo occorre anzitutto promuovere “uno sviluppo sano della sessualità, evitando la vittimizzazione”, fornire “agli adolescenti più giovani la consapevolezza e la capacità di evitare i pericoli, educando al tempo stesso i giovani più adulti a riconoscere le trappole delle relazioni con adulti e la loro natura criminale”. Sono alcuni dei “consigli” offerti invece da Jan Slattery, direttrice Ufficio per la protezione dei minori dell’arcidiocesi di Chicago, e fratel Brendan Geary, provinciale dei maristi della provincia dell’Europa centro-occidentale. Secondo i due esperti, che hanno affrontato il tema “Internet e pornografia”, occorre “particolare attenzione ai giovani a maggior rischio, compresi quelli con storie di violenza sessuale, incertezze riguardo al loro orientamento sessuale e modelli di assunzione di rischi al di fuori della rete e sulla rete”. Cautela anche nell’utilizzo “generico” di Internet da parte di bambini e adolescenti: “Un uso troppo precoce della tecnologia e un ripetuto uso eccessivo della stessa potrebbero avere effetti negativi sullo sviluppo” del loro “sistema nervoso”.

SIR

Intervento di Jan Slattery e di fra Brendan Geary

Intervento del rev. Gerard J. McGlone

Simposio. Hollins: il non credere agli abusi contribuisce alla sofferenza delle vittime. Nair: formazione, sostegno, supervisione dei sacerdoti

Riconoscere gli abusi sessuali, dare ascolto alle vittime, prevenire. Su questi temi prioritari per la Chiesa che cerca di rinnovarsi, come auspicato dallo stesso Benedetto XVI, si sono confrontati questa mattina i partecipanti al Simposio “Verso la guarigione e il rinnovamento”, in corso all’Università Gregoriana di Roma fino a giovedì prossimo. L’odierna sessione di lavoro si è aperta con l’intervento della signora Marie Collins, che in Irlanda fu vittima di abusi sessuali subiti in giovane età da parte di un sacerdote. “Il non essere creduti o, ancora peggio, l’essere incolpati per l’abuso – ha detto Sheila Hollins, psichiatra e psicoterapeuta, la quale si è occupata del trauma per gli abusi sessuali e nel 2011 ha accompagnato il card. Cormac Murphy-O’Connor nella visita apostolica alla diocesi di Armagh – contribuiscono moltissimo alla sofferenza causata dall’abuso sessuale, come la mancata ammissione della propria colpevolezza da parte di un autore di abusi o l’omissione da parte dei suoi superiori nell’intraprendere un’azione appropriata possono aggravare ulteriormente il danno”. Secondo Hollins, “le vittime trovano difficile fidarsi di altre persone e questo ha un impatto devastante sulla loro capacità di creare delle amicizie e delle relazioni intime, come anche sulle loro relazioni lavorative. Influisce anche sulle loro scelte di carriera e porta molti a voltare le spalle alla Chiesa e a perdere la loro fede”. “Nella mia esperienza – ha evidenziato la psichiatra –, la mancanza di un’ammissione di colpa e di scuse è di solito il principale ostacolo al risanamento e alla guarigione. Da persona di fede, credo molto nel potere del perdono come agente di guarigione. Ma il perdono raramente viene raggiunto senza la confessione e la riparazione”. La giustizia è dunque “una necessità per le vittime degli abusi sessuali del clero”. In realtà, “l’essere creduti ha di per sé un potere di guarigione, specialmente se associato con un’ammissione di colpa o responsabilità e ancora di più se c’è un tentativo di riparazione”. Ma questo tipo di giustizia è solo l’inizio. “La guarigione – ha sostenuto la psichiatra – è un processo lento e alcuni non guariranno mai del tutto per un abuso così profondo di potere e fiducia subìto quando erano più vulnerabili, specialmente se chi ha commesso l’abuso era un prete. Un’assistenza continua, l’amicizia e la disponibilità ad ascoltare ripetutamente la rabbia e la fragilità rimaste richiederanno una considerevole pazienza”. Mons. Steve Rossetti, psicologo e docente presso la Facoltà di teologia della Catholic University of America di Washington, ha concentrato il proprio intervento in particolare sulle misure da adottare nel settore della prevenzione. Mons. Steve Rossetti, ha compiuto una disamina degli errori più comuni commessi da alti esponenti della Chiesa e professionisti della psicologia nel lavoro con i responsabili di abusi sessuali. Il cambiamento in corso nella Chiesa non sarà rapido – ha ammesso – in quanto a livello mondiale è ancora necessario un radicale cambiamento culturale nei confronti del dramma degli abusi sui minori. Tuttavia, ha dichiarato mons. Rossetti, grazie alle linee-guida che emergeranno con il contributo di questo Simposio la Chiesa avrà finalmente tutti gli strumenti per divenire ciò che essa è chiamata ad essere: un’autorità nella promozione della sicurezza e del benessere dei bambini. “La violenza sessuale su minori” “è un appello alla vigilanza e alla trasparenza, all’onestà e alla giustizia, all’umiltà e alla santità” ha affermato nel suo intervento il rev. Desmond Nair, presidente del Professional Conduct Committee della Conferenza Episcopale del Sudafrica. Soffermandosi sulle migliori pratiche di prevenzione nella Chiesa in Sudafrica, “rivelatesi poi utili anche per l’intera società”, il rev. Nair ha citato le “Norme per il personale della Chiesa in materia di violenza sessuale sui minori” pubblicate dai vescovi nel 1999, la loro edizione riveduta del 2004 e l’ulteriore revisione del 2010 per includervi le “Norme sui delicta graviora” approvate da Benedetto XVI il 21 maggio 2010. “I membri del clero, sparsi in tutto il paese – ha detto -, hanno partecipato a seminari sul contenuto delle Norme e sulle procedure da seguire”. Anche quest’anno sono in calendario iniziative per aggiornarli sulle ultime revisioni, mentre sono allo studio ulteriori documenti. Formazione permanente dei preti neo ordinati, loro sostegno e supervisione, esami psicologici prima dell’ingresso in seminario, crescita umana permanente dei candidati al presbiterato, assistenza spirituale e psicologica ai preti che ne abbiano bisogno sono le raccomandazioni dei vescovi per l’attuazione delle Norme nelle diocesi e nelle province metropolitane.

Radio Vaticana, SIR

Intervento di Sheila Hollins

Intervento di mons. Stephen J. Rossetti

Intervento del rev. Desmond Nair

Marie Collins, vittima di un prete pedofilo: scuse dei vescovi non bastano, bisogna come il Papa ascoltare, lui dietro il Simposio e il cambiamento

Ripetutamente abusata sessualmente da un sacerdote quando aveva tredici anni, e dopo una vita di sofferenze psicologiche, Marie Collins, irlandese, oggi 62enne, è intervenuta davanti a vescovi di tutto il mondo al Simposio della Pontificia Università Gregoriana "Verso la guarigione e il rinnovamento", per raccontare la sua dolorosa esperienza. "Il mio unico dispiacere è che raramente riesco a praticare la mia religione cattolica", ha detto Collins. "La mia fede in Dio non è stata intaccata. Posso perdonare al mio aggressore le sue azioni, lui ha ammesso la sua colpa. Ma come posso riprendere ad avere rispetto per i vertici della mia Chiesa? Chiedere scusa per le azioni dei preti autori di abusi non è sufficiente. Ci deve essere - ha proseguito - il riconoscimento e l'ammissione di responsabilità per il male e la distruzione che è stata fatta nella vita delle vittime e le loro famiglie a causa della copertura spesso deliberata e per la cattiva gestione dei casi da parte dei loro superiori. E prima che io o altre vittime possiamo trovare una vera pace e guarigione. Il tentativo di salvare l'istituzione dallo scandalo - ha detto - ha prodotto il maggiore di tutti gli scandali, ha perpetuato il male degli abusi e distrutto la fede di molte vittime". "Sono una vittima di abusi sessuali su bambini da parte del clero", ha detto Marie Collins. "Avevo appena compiuto 13 anni, ed ero nella posizione più vulnerabile di bambina malata in ospedale, quando un prete abusò sessualmente di me. Sebbene sia avvenuto oltre cinquant'anni fa, è impossibile da dimenticare e non posso mai sfuggire ai suoi effetti". La signora irlandese ha raccontato, senza reticenze, la sua storia. "Mi sentii molto sicura quando il cappellano cattolico dell'ospedale mi si fece amico: mi visitava e mi leggeva qualcosa la sera. Sfortunatamente queste visite serali alla mia stanza avrebbero cambiato la mia vita. Questo cappellano era uscito solo da un paio di anni dal seminario, ma era già un provetto molestatore di bambini. Ma questo non potevo saperlo. Avevo imparato che un prete era il rappresentante di Dio sulla terra e così automaticamente aveva la mia fiducia e rispetto. Quando cominciò ad armeggiare sessualmente con me, affermando all'inizio che era per gioco, fui scioccata e resistetti, dicendogli di fermarsi. Ma lui non si fermò". Alla fine, "quando lasciai l'ospedale non ero più la stessa bambina che vi era entrata. Ora mi ero convinta di essere una persona cattiva e di aver bisogno di nasconderlo a tutti". La vita della Collins prosegue, ma è segnata da quell'abuso. "A ventinove anni incontrai un uomo meraviglioso, mi sposai ed ebbi un figlio. Ma non riuscivo ancora a fronteggiare la vita: la depressione, un'ansia profonda e i sensi di inadeguatezza continuarono". Passano altri anni: "Avevo quarantasette anni quando parlai del mio abuso per la prima volta; si trattava di un medico che mi aveva in cura. Mi consigliò di mettere in guardia la Chiesa su questo prete. Questo prete rifiutò di prendere il nome di colui che aveva abusato di me e disse di non vedere la necessità di segnalare il cappellano. Mi disse che quanto era avvenuto era probabilmente colpa mia. Questa risposta mi distrusse". Passano altri dieci anni, scoppia lo scandalo pedofilia in Irlanda. "Scrissi al mio arcivescovo. Così ebbero inizio i due anni più difficili della mia vita. I superiori del prete che mi aveva aggredito sessualmente lo protessero dall'incriminazione". Ancora: "Fui trattata come se avessi architettato un piano contro la Chiesa, l'investigazione della polizia fu intralciata e il laicato ingannato. Ero disperata". Alla fine, "dopo una lunga battaglia, il mio aggressore fu assicurato alla giustizia ed imprigionato per i suoi crimini contro di me. Il mio assalitore è stato imprigionato nuovamente l'anno scorso per ripetute aggressioni sessuali ai danni di un'altra ragazza". Ha concluso la Collins: "L'inizio della guarigione per me è stato il giorno in cui il mio aggressore in tribunale ha riconosciuto la propria responsabilità per le sue azioni ed ha ammesso la sua colpa. Da allora non sono più stata ricoverata in ospedale per motivi di salute mentale. La mia vita non è più una terra sterile. Sento che ciò ha significato e valore". Molte, a quanto riferito, le domande che i partecipanti al convegno 'Verso la guarigione e il rinnovamento' - rappresentanti di oltre cento conferenze episcopali, sacerdoti, suore, psicologi - hanno posto alla signora Collins a conclusione della sua testimonianza pronunciata a porte chiuse. "Il suo intervento ha dato il 'la' al convegno", ha detto in una conferenza stampa di fine mattinata mons. Stephen J. Rossetti, sacerdote della Catholic University of America ed esperto di contrasto agli abusi sessuali. "I vescovi erano colpiti. In passato ho ascoltato diverse vittime ma anche io oggi sono rimasto colpito. La signora Collins era nervosa, ha fatto uno sforzo coraggioso per parlare. Alla fine un vescovo africano si è alzato ed ha ammesso che non si rendeva conto del problema". Collins, in una conferenza stampa successiva al suo intervento, ha spiegato: "Per me è stato difficile, ma era importante che la leadership della Chiesa ascoltasse l'esperienza di una vittima. Sono felice di averlo fatto". Per Collins, "ascoltare le vittime è importante, in passato non è stato fatto abbastanza, il Papa lo ha fatto e spero che i vescovi seguano il suo esempio". "In passato per la mia esperienza sono stata molto critica della Chiesa, ma credo che questo Simposio sia importante, penso che ci sia dietro il Papa e spero che sia il segno di un cambiamento", ha detto Collins. "Da cristiana credo al perdono. E' importante che lo si chieda, poi le vittime possono accettarlo o meno".

TMNews

Intervento di Marie Collins

Sarah: il Papa ci indica una dimensione profonda, la Chiesa si fa profeta in questo mondo di oggi per denunciare in particolare la mancanza di Dio

“La corruzione, l’accumulo di denaro, la violenza, il vivere indebitamente alle spalle della collettività senza dare il proprio contributo sono dei veri cancri che minano dall’interno una società”. Lo ha detto il card. Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum", durante la conferenza stampa di presentazione del Messaggio del Papa per la Quaresima 2012. Sulla scorta di quanto già detto dal Papa, anche nel messaggio di oggi, ha proseguito il cardinale, “non possiamo neppure tacere che alla base della nostra crisi finanziaria c’è l’avidità, la ricerca sfrenata del denaro senza scrupoli e senza considerare chi ha meno e chi deve sopportare le conseguenze delle scelte sbagliate di altri”. “Questo attaccamento al denaro è un peccato”, ha ammonito il presidente del dicastero vaticano, secondo il quale “la Chiesa è profetica quando denuncia questo peccato che fa del male alla persona e alla società”. Anche questo, dunque, “è un aspetto della missione profetica della Chiesa”, che “nel mondo comporta la denuncia sociale di situazioni di ingiustizia e di povertà”. Anche il recente documento post-sinodale “Africae munus”, ha proseguito il cardinale, cita “situazioni di profonda diseguaglianza che provocano gravi sofferenze con drammatiche conseguenze per intere popolazioni”. “La Chiesa non può tacere di fronte al fatto che troppi muoiono per la mancanza del minimo indispensabile mentre altri si arricchiscono sfruttando gli altri”, ha affermato il porporato, ma “sarebbe troppo poco se la dimensione profetica del nostro parlare e agire si limitasse a questi fenomeni esterni, senza andare alle radici morali di queste ingiustizie”. E’ quello che fa il Papa nel suo messaggio, in cui “ci indica una dimensione ancora più profonda: la Chiesa si fa profeta in questo mondo di oggi per denunciare in particolare la mancanza di Dio. Questa è la vera radice delle ingiustizie che ci circondano. Quando l’uomo non riconosce al di sopra di sé un Creatore e Signore – ha spiegato si fa creatore e signore di se stesso e la vita sociale degenera in un individualismo conflittuale e in una lotta contro l’altro. Senza un Dio che ci ispira e ci corregge l’esistenza diventa una lotta per la sopravvivenza, a scapito del più debole”. E’ quello che ha fatto “questa nostra società secolarizzata”, che “è giunta a vivere e a organizzarsi senza tener presente Dio”. Come cristiani, ha affermato il relatore, il nostro “primo compito” è “dire che Dio c’è e che il nostro futuro dipende dal riconoscere questa sovranità di Dio”, senza il quale “il nostro futuro è in balia delle prevaricazioni e degli interessi del più forte”. Rispondendo alle domande dei giornalisti, il card. Sarah ha quindi affermato che la correzione fraterna va applicata non solo a livello individuale, ma anche di nazioni, soprattutto per evitare gravi disastri e situazioni di sofferenza. Dal canto suo, mons. Segundo Tejado Muñoz, sotto-segretario di "Cor Unum", ha informato che sarà presto in visita ad Haiti, dove si sta costruendo una scuola ed un centro parrocchiale con le offerte ricevute dal Papa per l’isola caraibica devastata dal terremoto del gennaio 2010. Nonostante la crisi, ha concluso il cardinale Sarah, le offerte per la carità del Papa non sono diminuite.

SIR, Radio Vaticana

CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA QUARESIMA 2012

Il Papa: la responsabilità verso il prossimo è volere e fare il bene dell'altro, desiderando che egli si apra alla logica del bene, che esiste e vince

Questa mattina la Sala Stampa della Santa Sede ha pubblicato il testo del Messaggio del Santo Padre per la Quaresima 2012 sul tema "Prestiamo attenzione gli uni agli altri, per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone" (Eb 10,24). Guardando al versetto citato, Benedetto XVI sottolinea l’importanza del “prestiamo attenzione”. Il verbo del testo greco (katanoein) significa “osservare bene, essere attenti, guardare con consapevolezza, accorgersi di una realtà”. Il termine “invita a fissare lo sguardo sull’altro, prima di tutto su Gesù, e ad essere attenti gli uni verso gli altri, a non mostrarsi estranei, indifferenti alla sorte dei fratelli. Spesso, invece, prevale l’atteggiamento contrario: l’indifferenza, il disinteresse, che nascono dall’egoismo, mascherato da una parvenza di rispetto per la 'sfera privata'. Anche oggi risuona con forza la voce del Signore che chiama ognuno di noi a prendersi cura dell'altro. Anche oggi Dio ci chiede di essere 'custodi' dei nostri fratelli, di instaurare relazioni caratterizzate da premura reciproca, da attenzione al bene dell'altro e a tutto il suo bene”. “Il grande comandamento dell'amore del prossimo esige e sollecita la consapevolezza di avere una responsabilità verso chi, come me, è creatura e figlio di Dio: l’essere fratelli in umanità e, in molti casi, anche nella fede – spiega il Papa - deve portarci a vedere nell'altro un vero alter ego, amato in modo infinito dal Signore. Se coltiviamo questo sguardo di fraternità, la solidarietà, la giustizia, così come la misericordia e la compassione, scaturiranno naturalmente dal nostro cuore”. Come affermava Paolo VI, “il mondo è malato” soprattutto per la “mancanza di fraternità”: l’attenzione all’altro, invece, “comporta desiderare per lui o per lei il bene, sotto tutti gli aspetti: fisico, morale e spirituale”. “L’attenzione all’altro comporta desiderare per lui o per lei il bene, sotto tutti gli aspetti: fisico, morale e spirituale. La cultura contemporanea sembra aver smarrito il senso del bene e del male – la denuncia del Papa - mentre occorre ribadire con forza che il bene esiste e vince, perché Dio è buono e fa il bene. Il bene è ciò che protegge e promuove la vita, la fraternità e la comunione”. La “responsabilità verso il prossimo” significa, allora, “volere e fare il bene dell'altro, desiderando che anch'egli si apra alla logica del bene; interessarsi al fratello vuol dire aprire gli occhi sulle sue necessità. La Sacra Scrittura mette in guardia dal pericolo di avere il cuore indurito da una sorta di 'anestesia spirituale' che rende ciechi alle sofferenze altrui”. “Che cosa impedisce questo sguardo umano e amorevole verso il fratello?”, si è chiesto il Papa: “Sono spesso la ricchezza materiale e la sazietà, ma è anche l’anteporre a tutto i propri interessi e le proprie preoccupazioni”, la risposta”. “Mai dobbiamo essere incapaci di avere misericordia verso chi soffre; mai il nostro cuore deve essere talmente assorbito dalle nostre cose e dai nostri problemi da risultare sordo al grido del povero”. Invece, “proprio l’umiltà di cuore e l'esperienza personale della sofferenza possono rivelarsi fonte di risveglio interiore alla compassione e all'empatia”. Il “prestare attenzione” al fratello, prosegue il Messaggio del Papa, “comprende altresì la premura per il suo bene spirituale", richiamando un aspetto della vita cristiana che mi pare caduto in oblio: la correzione fraterna in vista della salvezza eterna. Oggi, in generale, si è assai sensibili al discorso della cura e della carità per il bene fisico e materiale degli altri, ma si tace quasi del tutto sulla responsabilità spirituale verso i fratelli. Non così nella Chiesa dei primi tempi e nelle comunità veramente mature nella fede, in cui ci si prende a cuore non solo la salute corporale del fratello, ma anche quella della sua anima per il suo destino ultimo”. Secondo Benedetto XVI “è importante recuperare questa dimensione della carità cristiana. Non bisogna tacere di fronte al male. Penso qui all’atteggiamento di quei cristiani che, per rispetto umano o per semplice comodità, si adeguano alla mentalità comune, piuttosto che mettere in guardia i propri fratelli dai modi di pensare e di agire che contraddicono la verità e non seguono la via del bene. Il rimprovero cristiano, però, non è mai animato da spirito di condanna o recrimina-zione; è mosso sempre dall’amore e dalla misericordia e sgorga da vera sollecitudine per il bene del fratello”. “Nel nostro mondo impregnato di individualismo – la tesi del Papa - è necessario riscoprire l’importanza della correzione fraterna, per camminare insieme verso la santità”. Il Papa parla di una “custodia” verso gli altri che “contrasta con una mentalità che, riducendo la vita alla sola dimensione terrena, non la considera in prospettiva escatologica e accetta qualsiasi scelta morale in nome della libertà individuale. Una società come quella attuale può diventare sorda sia alle sofferenze fisiche, sia alle esigenze spirituali e morali della vita. Non così deve essere nella comunità cristiana!”. “I discepoli del Signore - prosegue il Papa -, uniti a Cristo mediante l’Eucaristia, vivono in una comunione che li lega gli uni agli altri come membra di un solo corpo. Ciò significa che l'altro mi appartiene, la sua vita, la sua salvezza riguardano la mia vita e la mia salvezza. Tocchiamo qui un elemento molto profondo della comunione: la nostra esistenza è correlata con quella degli altri, sia nel bene che nel male; sia il peccato, sia le opere di amore hanno anche una dimensione sociale". Nella Chiesa "si verifica tale reciprocità: la comunità non cessa di fare penitenza e di invocare perdono per i peccati dei suoi figli, ma si rallegra anche di continuo e con giubilo per le testimonianze di virtù e di carità che in essa si dispiegano”. "Per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone": l’espressione della Lettera agli Ebrei “ci spinge a considerare la chiamata universale alla santità, il cammino costante nella vita spirituale, ad aspirare ai carismi più grandi e a una carità sempre più alta e più feconda. L'attenzione reciproca ha come scopo il mutuo spronarsi ad un amore effettivo sempre maggiore, 'come la luce dell'alba, che aumenta lo splendore fino al meriggio', in attesa di vivere il giorno senza tramonto in Dio”. “Di fronte ad un mondo che esige dai cristiani una testimonianza rinnovata di amore e di fedeltà al Signore, tutti sentano l’urgenza di adoperarsi per gareggiare nella carità, nel servizio e nelle opere buone” ha concluso il Pontefice.

AsiaNews, SIR

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA QUARESIMA 2012

Mons. Twal: Benedetto XVI ci consegnerà l'Esortazione Apostolica del Sinodo per il Medio Oriente a settembre in Libano. Lombardi: viaggio allo studio

“È previsto che Benedetto XVI consegnerà l’Esortazione Apostolica del Sinodo per il Medio Oriente (ottobre 2010) il prossimo settembre in Libano”. Lo ha affermato il Patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, che, in occasione della festa della Presentazione del Signore, ha celebrato una Messa per la comunità ebreofona di Gerusalemme, nella chiesa dedicata ai Santi Simeone ed Anna. Il Patriarca, parlando del tema della testimonianza, ha ricordato che “ci troviamo nel mezzo di due Sinodi dedicati alla testimonianza, a Roma nell’ottobre 2010 su ‘Comunione e testimonianza’ e il prossimo, ottobre 2012 sulla Nuova Evangelizzazione. È anche previsto che Benedetto XVI ci consegnerà l’Esortazione del Sinodo del 2010 in Libano a settembre”. Benedetto XVI era stato invitato in Libano dal presidente del Consiglio libanese, Najib Mikati, ricevuto in udienza il 28 novembre 2011, e prima di lui, a febbraio 2011, dal presidente della Repubblica Michael Suleiman. Il viaggio apostolico del Papa in Libano sarebbe il primo di Benedetto XVI in questo Paese, il terzo in Medio Oriente, dopo il viaggio del 2009 in Giordania, in Israele e nei Territori Occupati, e quello a Cipro nel 2010. “Il fatto che celebreremo prossimamente un secondo Sinodo – ha spiegato Twal – non significa che abbiamo esaurito la ricchezza e tutte le proposizioni del primo”. A testimonianza di ciò proprio ieri l’Assemblea degli ordinari cattolici si è riunita per studiare insieme l’unificazione della festa di Pasqua per cattolici ed ortodossi. Nella sua omelia Twal ha ricordato anche il mutato contesto nel quale le comunità cattoliche, anche di espressione ebraica, sono chiamate a lavorare: “parrocchie composte da migliaia di migranti e richiedenti asilo, movimenti apostolici che emergono, congregazioni religiose indebolite. Oltre alle persone va evangelizzato anche il mondo della politica e dell’economia”. Il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ha affermato che “è vero che un tale viaggio è allo studio e il Papa desidera farlo in connessione con la pubblicazione dell’Esortazione postsinodale del Sinodo Speciale per il Medio Oriente". Tuttavia, specifica padre Lombardi, "non vi è ancora alcuna comunicazione ufficiale in materia.”

SIR, Radio Vaticana

Giornata Mondiale della Gioventù 2013. Il Cristo Redentore di Rio illuminato con luci colorate rappresentanti le bandiere delle nazioni partecipanti

La simbolica statua di Rio de Janeiro, il Cristo Redentore, è stata illuminata la scorsa notte con luci colorate, per rappresentare le bandiere delle 150 nazioni che prenderanno parte alla XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù, che nel luglio 2013 si terrà nella cirrà carioca. E' stato Papa Benedetto XVI, lo scorso 21 agosto a Madrid, ad annunciare che sarà Rio de Janeiro ad ospitare l'edizione 2013 del grande raduno di giovani cattolici, nato per volontà di Papa Giovanni Paolo II. L’illuminazione speciale è stata realizzata nell’attesa del lancio del nuovo logo che avrà luogo oggi alle 23 circa ora italiana. Giovedì prossimo il logo della Giornata Mondiale della Gioventù sarà proietatto sulla statua e sarà illuminato in verde e giallo, i colori del Brasile.

Ansa

Card. Levada: 4mila casi di abusi giunti a Dottrina della Fede nell'ultimo decennio. Al Papa attacchi invece di ricevere la gratitudine di tutti

Vescovi e superiori religiosi di tutto il mondo si sono dati appuntamento a Roma per dare una risposta “globale”, concordata e incisiva al dramma degli abusi sessuali e sostenere l’impegno per la tutela dei bambini e degli adulti vulnerabili nella Chiesa. “Verso la guarigione e il rinnovamento” è il titolo del Simposio internazionale che si è aperto ieri, fino al 9 febbraio, all’Università Gregoriana di Roma al quale stanno partecipando delegati provenienti da 110 Conferenze episcopali e superiori di 30 ordini religiosi. Ad aprire i lavori ieri sera è stato il card. William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede con un intervento sulle priorità della Chiesa nell’eliminare e prevenire il flagello dell’abuso sessuale dei minori nell’intera società. Negli ultimi anni, l'ex Sant'Uffizio, anche “sotto la guida costante del card. Joseph Ratzinger”, ha visto “un drammatico aumento” del numero di casi di reato di abusi sessuali su minori da parte di chierici, anche a causa della copertura mediatica che questi scandali hanno avuto in tutto il mondo. Nel corso dell’ultimo decennio sono arrivati all’attenzione della Congregazione vaticana oltre 4.000 casi di abusi sessuali su minori e questi casi “hanno rivelato, da un lato, l’inadeguatezza di una risposta esclusivamente canonica (o di diritto canonico) a questa tragedia e, dall’altra, la necessità di una risposta più complessa”. Il card. Levada ha subito voluto fare un chiarimento: c’è il massimo impegno da parte del Papa, della Santa Sede e delle Conferenze episcopali per “trovare i modi migliori per aiutare le vittime, proteggere i minori e formare i sacerdoti di oggi e di domani affinché siano consapevoli di questa piaga e venga eliminata dal sacerdozio”. E il Simposio di Roma ne è una dimostrazione. Nella sua relazione, il prefetto ha subito ricordato quanto il Papa ha fatto su questo fronte, a partire dallo scandalo degli abusi sessuali scoppiato negli Usa negli anni 2001 e 2002. “Voglio esprimere – ha detto il card. Levada – la mia personale gratitudine a Papa Benedetto, che come allora prefetto, fu determinante” nell’implementare “nuove norme per il bene della Chiesa”. “Ma il Papa – ha subito aggiunto – ha dovuto subire attacchi da parte dei media in questi ultimi anni in varie parti del mondo, quando invece avrebbe dovuto ricevere la gratitudine di tutti noi, nella Chiesa e fuori”. Chiarito questo punto, il cardinale ha poi articolato il suo intervento affrontando varie tematiche: ha parlato del bisogno delle vittime di essere ascoltate e dell’obbligo per la Chiesa di ascoltare e comprendere “la gravità di quanto le vittime hanno sofferto”. Il Papa "ha dato l'esempio personale dell'importanza di ascoltare le vittime in molte sue visite pastorali, in Gran Bretagna, Malta, Germania, Australia e Stati Uniti. Penso sia quasi impossibile sovrastimare l'importanza di questo esempio per noi vescovi di questo importante momento nella loro guarigione e riconciliazione". Ha poi affrontato la questione della “protezione dei minori” nei vari ambiti della Chiesa nonché la formazione dei candidati al sacerdozio ribadendo quanto sia importante sottoporli ad “un maggiore scrutinio”. Al centro dell’interesse, l’impegno affinché “non si ripetano mai più in futuro casi di abuso”. Nella relazione, un intero paragrafo è riservato alla cooperazione della Chiesa con le autorità civili. A questo proposito, si afferma: “La collaborazione della Chiesa con le autorità civili in questi casi riconosce la verità fondamentale che l’abuso sessuale di minori non è solo un crimine in diritto canonico, ma è anche un crimine che viola le leggi penali nella maggior parte delle giurisdizioni civili”. Secondo il porporato, inoltre, esiste un "obbligo per la Chiesa di ascoltare e comprendere la gravità di quanto le vittime hanno sofferto". Al termine però della relazione, il cardinale ha voluto concludere con una osservazione: “Vale la pena ripeterlo – ha detto –. Coloro che hanno abusato sono una piccola minoranza dei fedeli e laici impegnati. Tuttavia, questa piccola minoranza ha provocato un gran danno alle vittime e alla missione della Chiesa”.

SIR, Radio Vaticana, TMNews

Prolusione del card. William J. Levada

Due giorni dopo la pubblicazione del comunicato che 'sconfessava' mons. Viganò, 'L'Osservatore Romano' descrive l'inizio della missione come nunzio

Sabato, sulle pagine de L’Osservatore Romano, veniva riprodotto il comunicato a firma di due cardinali e di due vescovi, la vecchia e la nuova gestione del Governatorato vaticano, nel quale si smentivano le accuse contenute nelle lettere inviate dall’arcivescovo Carlo Maria Viganò al Papa e al Segretario di Stato Bertone oggetto della trasmissione televisiva "Gli Intoccabili" su La7. Due giorni dopo, alla prima uscita possibile (il quotidiano della Santa Sede esce il sabato pomeriggio con la data di domenica, quindi esce nuovamente il lunedì pomeriggio), ecco un articolo che potrebbe essere letto come la volontà di affermare, anche senza dirlo esplicitamente, che quel comunicato non ha cambiato nulla e che il nunzio apostolico negli Usa gode della fiducia dei suoi superiori. Si tratta del breve e tradizionale resoconto relativo all’inizio della missione del nuovo rappresentante papale negli Stati Uniti. Testi come questo solitamente vengono trasmessi al quotidiano vaticano dalla Segreteria di Stato, che li redige, e sono pubblicati anche diversi giorni dopo la presentazione delle credenziali. Viganò, l’ex segretario generale del Governatorato, era arrivato come rappresentante del Papa presso i vescovi e il governo americano il 16 novembre 2011. Nell’articolo si ricorda che il giorno successivo di apriva a Baltimora la riunione plenaria dell’episcopato, e in quella occasione Viganò "ha voluto consegnare la lettera commendatizia del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone a mons. Timothy Dolan, arcivescovo di New York e presidente della Conferenza Episcopale americana". Il 18 gennaio scorso, il nuovo nunzio è stato ricevuto nello "studio ovale" della Casa Bianca dal presidente Barack Obama (nella foto con Benedetto XVI) che "lo ha ricevuto molto amabilmente, pregandolo subito di trasmettere i suoi saluti a Sua Santità insieme ai migliori auguri per la sua alta missione". Il presidente, si legge ancora nell’articolo su L’Osservatore Romano, ha poi "sottolineato la sua stima per l’opera della Chiesa Cattolica, non solo negli Stati Uniti d’America, ma nel mondo intero. In particolare, ha rilevato come la voce del Santo Padre e l’attenzione della Chiesa cattolica per quanti sono afflitti dalla povertà, dalla fame e dalle guerre, rendano la Santa Sede un importante partner degli Stati Uniti". Dunque Viganò è entrato nel pieno delle sue funzioni della sua missione diplomatica alla vigilia della trasmissione televisiva che ha reso pubbliche le sue dure lettere con le denunce di episodi di "corruzione" in Vaticano, messa in onda il 25 gennaio. L’articolo de L’Osservatore Romano è stato pubblicato a pagina 7, in basso, ed è sensibilmente più corto di quello che lo affianca, dedicato all’inizio della missione del nuovo nunzio in Uzbekistan. Nella parte finale della comunicazione probabilmente è saltata qualche riga, perché si legge: "Da parte sua, mons. Viganò, dopo aver ricordato la visita del Santo Padre in terra statunitense nel 2009 e la calorosa accoglienza riservatagli allora dalla First Lady Michelle Obama...». In realtà Benedetto XVI si è recato gli Stati Uniti, intervenendo anche alle Nazioni Unite, l’anno precedente, dal 15 al 21 aprile 2008, ed era stato accolto calorosamente alla Casa Bianca dalla first lady Laura Bush.

Andrea Tornielli, Vatican Insider

L'Osservatore Romano: inizio della missione del nunzio apostolico negli Stati Uniti d’America

Rinviato il viaggio del Papa nel Principato di Monaco, previsto per quest'anno. Non è escluso che si possa recare già nel 2013

Previsto nel 2012, il viaggio apostolico di Papa Benedetto XVI nel Principato di Monaco è stata rinviato per il fitto calendario di appuntamenti che attende il Pontefice nei prossimi mesi. La Santa Sede ha comunicato l'impossibilità di organizzare il viaggio ma non è escluso che Benedetto XVI possa raggiungere il Principato già nel 2013. L'ultimo Pontefice a recarsi a Monaco fu Clemente VII nel remoto 1532.

Montecarlo News