giovedì 8 settembre 2011

XXV Congresso Eucaristico Nazionale. Quinta giornata dedicata alla tradizione della Chiesa: Sacramento fonte e culmine della vita consacrata

Quinta giornata di lavori, tra Ancona e le altre cinque diocesi della Metropolia, per il XXV Congresso Eucaristico italiano, sul tema ‘Signore da chi andremo – L’Eucaristia per la vita quotidiana’. La giornata è stata dedicata alla ‘tradizione’ della Chiesa: confraternite, comunità e sacerdoti nel giorno della Natività della Beata Vergine Maria, tanto caro a Paolo VI. Proseguono le celebrazioni, i momenti di preghiera e le catechesi dei vescovi, provenienti da tutta la penisola, mentre nel capoluogo marchigiano cresce l’attesa per la visita di Benedetto XVI che chiuderà il Congresso domenica. Nel Teatro delle Muse di Ancona, il teologo Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, ha invece tenuto un intervento sull’Eucaristia, come “fonte e culmine della vita consacrata”. "Vivere pienamente il memoriale eucaristico significa fare dell'incontro col Signore Gesù la sorgente della bellezza di tutta la vita, specialmente della vita consacrata"’ ha affermato il vescovo. "E’ l’Eucaristia l’evento di grazia dove essa continuamente si esprime e si rigenera nella forza del dono dall’alto". Mons. Forte ha ricordato poi il primato della dimensione contemplativa, il lasciarsi ‘agire’ da Dio, e della condizione di servizio, ricordata da Gesù nella ‘lavanda dei piedi’, che caratterizzano la celebrazione dell’Eucaristia. "La frazione del pane – ha aggiunto – è anche segno di una profonda solidarietà nella comunanza di sorte". "Gesù lega esplicitamente l’istituzione dell’Eucaristia al banchetto della fraternità". "Il banchetto della nuova Pasqua rimanda inoltre - ha ricordato il teologo – a un altro banchetto, quello definitivo del Regno, di cui è anticipazione e promessa". Per cui l’Eucaristia è "speranza, apertura al futuro della promessa di Dio". Nella sua relazione Marco Vergottini, docente di teologia alla Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale, è partito dalla confessione di Pietro: “La confessione che l’apostolo Pietro rivolge a Gesù a conclusione del discorso sulla Parola e il Pane di vita, “Signore, da chi andremo?” è l’icona biblica scelta dal Congresso eucaristico. La Chiesa italiana è invitata a porsi di fronte al mistero che la genera, riscoprendo e custodendo la centralità dell’eucaristia, 'culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, fonte da cui promana tutta la sua virtù', così da riprendere con rinnovato vigore e slancio la sua missione. L’ambito della tradizione invita in particolare a riflettere in qual modo l’eucaristia sostiene il dinamismo della vita cristiana, sia come sguardo sulla persona umana e le sue relazioni sia come testimonianza. Il Cristo che si dona per amore, presente nel pane eucaristico, è per il cristiano punto di riferimento imprescindibile per quella vita buona del Vangelo, nella quale ogni uomo ed ogni donna può trovare la più profonda realizzazione della sua umanità. Il testo giovanneo rivela che Gesù è pane disceso dal cielo per la vita, secondo una doppia modalità: come pane eucaristico, ma anche come pane della parola di Dio. Nella celebrazione eucaristica le due forme di presenza del Signore, Parola e pane, prendono la forma di un’unica mensa, s’intrecciano e si sostengono mutuamente”. Quindi Vergottini ha spiegato l’Eucarestia in senso antropologico, affinché si abbia la vita in abbondanza: “Nella relazione familiare c’è un aspetto strutturale, ci sono aspettative reciproche che derivano non da uno scambio economico, ma dal legame religioso tra i soggetti. Da un punto di vista etimologico, il concetto di religio rinvia al latino ‘religere’, che dice l’atto dell’aver cura, del portare riguardo, come pure al verbo ‘religare’, che indica l’atto di tenere unito, collegare il visibile con l’invisibile. Dalle due radici scaturisce il prendersi cura dell’altro, nonché l’intreccio fra il senso del vivere umano e quello della esistenza cristiana. Sotto questo profilo, ‘l’educazione è tutta religiosa, oppure non è’. Nella dinamica dei rapporti familiari c’è qualcosa che va oltre il mutuo scambio: l’uomo e la donna portano con sé qualcosa, sono latori di un patrimonio culturale che dice l’incontro fra due mondi o, meglio, fra due storie, da cui non si può prescindere. La generazione del figlio lascia emergere la dimensione di un terzo, sì frutto dell’amore vicendevole, ma ancor più dono gratuito e preveniente. Il figlio è generato dalla volontà dei genitori, ma essi chiamandolo alla vita non possono disporre della sua libertà”. Quindi, la Chiesa, attraverso la tradizione, educa i suoi fedeli ad abitare il mondo: “Per quanto i van­geli mantengano un forte riserbo sui momenti iniziali della vita del Signore, la coscienza credente coltiva una forte consapevolezza del segreto della casa di Nazaret, così da meditare in qual modo Maria e Giuseppe si siano prodigati per rendere favorevole il mondo al bambino Gesù, insegnandogli a muovere i primi passi, abituandolo a fidarsi dell’ambiente domestico, propiziando nel figlio un’immagine di casa e di mondo come ambienti amichevoli, affidabili, attendibili… Emerge l’esigenza di una nuova capacità di annuncio per presentare in modo positivo ed esistenzialmente ricco la vita cristiana, in una società non più segnata da un cristianesimo civile, che dunque sollecita nei credenti una adesione convinta e personale al mistero della fede. Non può allora essere tralasciato il valore dell’impegno culturale in senso cristiano come ambito in cui la comunità dialoga con il mondo e fa emergere l’apporto proprio ed arricchente della fede alla concezione della persona e alla scienza. La buona novella dell’incontro del Regno, unitamente al dono di nutrirsi dell’eucaristia 'pane del cammino', donano una grande letizia, riorientano la vita, consentendo di affidarsi incondizionatamente alla logica di Dio e di colui che ce ne ha svelato il vero volto”. Il salesiano don Giuseppe Ruta ha lanciato uno sguardo sulla validità e vitalità delle Confraternite come luogo ‘eucaristico: “Le aggregazioni e le confraternite, in quanto espressioni ecclesiali, sono “luogo” in quanto spazio interpersonale, tessuto di rapporti, intreccio di comunione, missione e servizio; in esse vige un’originale vitalità della fede cristiana con delle costanti che le accomunano e delle variabili che le distinguono l’una dall’altra, caratterizzandole ‘originalmente’. Quando si dice ‘luogo vitale’ non si intende primariamente mettere in evidenza il fattore quantitativo o di sopravvivenza numerica, ma soprattutto la qualità della vita, la possibilità concreta della salvezza che ivi si realizza, il benessere che vige nelle relazioni e nelle azioni, la capacità di generare e di trasmettere vitalmente agli altri, specialmente alle nuove generazioni, l’esperienza di fede ecclesiale che caratterizza tutte e ciascuna… Tutte le Confraternite, e non solo quelle esplicitamente intitolate all’Eucaristia o al Santissimo Sacramento, hanno un legame con il Mistero Eucaristico o sono chiamate a riscoprirlo sempre di più. Esse sono ‘luogo vivo di una tradizione o meglio della tradizione eucaristica”. Il card. Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, ha ribadito il valore dell’Eucarestia: “L’Eucaristia ci deifica e rende la nostra vita offerta gradita a Dio. Per questo, essa è innanzitutto un rendimento di grazie per il dono ricevuto e donato. Come ministri del rendimento di grazie, noi sacerdoti dobbiamo sentire la gioia, mentre spezziamo il pane, di distribuire anche il grazie a tutti i nostri fratelli e sorelle, soprattutto in questo tempo fatto di pretese e di illusioni, che produce solo pessimismo e ha perso il sorriso e la gioia. E’ l’Eucaristia che si fa opera di carità e nutre soprattutto quanti hanno fame e sete di amore e di solidarietà. E’ l’Eucaristia che diventa vita quotidiana per il ministero e la vita dei sacerdoti”. Nella celebrazione eucaristica pomeridiana, mons. Piero Marini, presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionale, ha ricordato questa festività tanto importante, quanto abbastanza trascurata dai cristiani: “Nel vangelo abbiamo ascoltato la genealogia e l’annuncio dell’angelo: ‘Maria darà alla luce un figlio, che sarà chiamato Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati’. Con gli occhi del cuore illuminati dalla fede siamo oggi chiamati a comprendere che il corpo che ha preso carne in Maria è il corpo che Gesù stesso ha donato per la salvezza dell’intera umanità. La vita di Gesù Cristo, vita che compie in sé la storia di Israele e di tutta l’umanità, è la vita che egli ha donato puntualmente sulla croce; è la vita riassunta nei santi segni del pane e del vino… Non dimentichiamo però che il Corpo di Cristo che accompagniamo in processione è il Corpo di Cristo che riceviamo nella comunione, che è dentro di noi. Ricordiamo che Maria nell’Annunciazione con il suo ‘Fiat’ ha dato un corpo al Figlio di Dio. Ricordiamo che anche noi rispondiamo ‘Amen’, ‘Fiat’, al momento della comunione e ci impegniamo a diventare noi stessi Corpo di Cristo”. E nel convegno di "Retinopera", ospitato all'interno del Congresso Eucaristico, c’è stata la testimonianza del custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa: “'La grande novità in tutti i Paesi del Medio Oriente è rappresentata da un fermento civile e sociale che fa da contraltare a una debolezza delle leadership non solo politica ma anche religiosa. In Terra Santa sta emergendo una capacità dei palestinesi di passare, ad eccezione di cellule violente fuori controllo, a una forma di lotta non violenta sempre più presente… Il futuro è tutto da costruire, questa è una fase di grande incertezza ma anche di fascino”.

Simone Baroncia, Korazym.org - Radio Vaticana

Incontro tra il Papa e il card. Angelo Scola, che domani a Milano prende possesso della diocesi. Forse mons. Miraglia il nuovo Patriarca di Venezia

Tempi brevi, forse brevissimi, per la nomina del nuovo Patriarca di Venezia, una sede cardinalizia assai ambita e di grande prestigio che il Papa non ha intenzione di lasciare scoperta a lungo. Per la nomina del successore di Angelo Scola (nella foto con Benedetto XVI) non si dovrebbe attendere troppo, mentre al di là del Tevere cresce l’attesa di sapere chi sarà colui che prenderà possesso della diocesi che fu di Papa Luciani e di Giovanni XXIII, entrambi Patriarchi prima di essere eletti in conclave. Nei corridoi d’Oltretevere si fanno con insistenza alcuni nomi di prelati di ’peso’, come il teologo arcivescovo di Chieti, mons. Bruno Forte, il giurista, mons. Francesco Coccopalmerio ma anche l’arciprete di San Pietro, il card. Angelo Comastri. Nei mesi passati si era parlato anche dell’attuale nunzio in Venezuela, l’arcivescovo veneto Pietro Parolin e del vescovo di San Marino, mons. Luigi Negri. Tuttavia c’è il nome di un outsider che sta lentamente prendendo corpo, l’attuale vescovo di La Spezia, Francesco Moraglia, classe 1953, prelato apprezzato dall’attuale Segretario di Stato, col quale ha collaborato in passato quando il card. Tarcisio Bertone era ancora arcivescovo di Genova. Stamattina Papa Ratzinger ha ricevuto in udienza il Patriarca uscente, Angelo Scola, suo amico e collaboratore dai tempi della Congregazione per la Dottrina della Fede, di passaggio a Roma. Il tempo per un saluto affettuoso e uno scambio di vedute. Da domani il cardinale si trasferirà definitivamente dal Patriarcato veneziano alla Cattedra di Ambrogio, a Milano, prendendo il posto del card. Dionigi Tettamanzi che lascia la guida della diocesi più grande del mondo per ragioni legate all’età, anche se continuerà a seguire l’attività di diverse associazioni lombarde dedite alla beneficenza. Alle 12.00 di domani, nel Duomo di Milano l'arcivescovo eletto, per mezzo di un procuratore, prenderà possesso canonico dell'arcidiocesi di Milano. La presa di possesso canonico dell'arcidiocesi, sottolinea in una nota la diocesi meneghina, sarà effettuata per procura da parte del Vicario generale mons. Carlo Redaelli, delegato per questo dal card. Scola, che pertanto non sarà presente. La presa di possesso della propria diocesi da parte del Vescovo è l'atto giuridico con il quale chi è stato nominato Vescovo diventa a tutti gli effetti e formalmente pastore della diocesi che gli è stata affidata. Da quel momento Angelo Scola è quindi arcivescovo di Milano e il card. Dionigi Tettamanzi arcivescovo emerito. Il rito si svolgerà alla presenza dei vescovi ausiliari, del Capitolo Metropolitano, del Collegio dei Consultori, del Consiglio Episcopale Milanese, oltre che dei capi-ufficio e del personale della Curia arcivescovile e dei fedeli. Da Venezia due ecclesiastici, inviati dall'arcivescovo, porteranno i documenti ufficiali. Dopo questo rito, in ogni Messa celebrata in diocesi, nella preghiera eucaristica, dopo il ricordo di Papa Benedetto XVI, si ricorderà il nome del vescovo diocesano, in questo caso del ''vescovo Angelo''. Al termine della celebrazione in Duomo, il procuratore, passando per il camminamento sotterraneo si recherà al Palazzo Arcivescovile, quindi raggiungerà l'appartamento arcivescovile e concluderà la presa di possesso nella Cappella privata dell'arcivescovo. Ieri Scola si è congedato da Venezia, dove era approdato nel 2002, affrontando un iniziale scetticismo tra il clero. Nell’arco di pochi anni è riuscito a guadagnarsi la stima e l’affetto dei sacerdoti veneziani per la sua attitudine al dialogo e all’apertura. Benedetto XVI ha molto apprezzato il passaggio di testimone tra Tettamanzi e Scola che c’è stato a Madrid, durante la Giornata Mondiale della Gioventù, davanti a diverse migliaia di giovani, così come l’atteggiamento positivo e di collaborazione che i due cardinali stanno sfoggiando. Un po’ per dare per primi l’esempio di cosa vuol dire essere cristiani, un po’ non dare spazio al malumore che stava crescendo all’interno del clero milanese, per l’arrivo di un cardinale ciellino (Scola è stato il delfino di don Giussani e ha fondato con lui il primo nucleo del movimento che oggi è presente in una quarantina di Paesi nel mondo). Alla Radio Vaticana, subito dopo l’udienza papale, Scola si è soffermato sulla situazione generale del Paese. "In Italia - ha detto - bisogna ritornare all’uomo e alle relazioni originarie e costitutive che ogni uomo vive, a partire da quelle fondamentali legate alla famiglia". Aggiungendo poi che "bisogna far riferimento a una società civile, come la nostra - anche se molti criticano questa idea - che è la più ricca d’Europa, piena di risorse". Quanto alla politica ha ricordato che "le istituzioni debbono servire a governare questa ricchezza senza pretendere di gestirla direttamente: tutta la politica deve assumersi fino in fondo le proprie responsabilità". Infine, citando Platone, ha ripetuto che l’Italia ha bisogno di "uomini che come dei bravi tessitori usino un ordito solido e una trama morbida per fare rete".

Franca Giansoldati, Il Messaggero.it - Asca

Il card. Scola incontra il Papa: per superare la crisi, l'Italia deve ripartire dalla società civile

A Roma un corso per i nuovi vescovi sulle tecniche di governo con personalità di rilievo del Vaticano. Il 15 settembre l'udienza di Benedetto XVI

Da ieri più di 100 vescovi “novelli” seguiranno una serie di sessioni di aggiornamento con alti esponenti del Vaticano. Si tratta di un incontro annuale organizzato dalla Congregazione per i vescovi della Sede Apostolica e che celebra la sua undecima edizione quest’anno. Finora, 96 prelati da diversi paesi del mondo, che sono stati designati nei loro posti durante gli ultimi 12 mesi, hanno confermato la loro presenza, ma la lista dei possibili partecipanti prevede almeno 130. Come succede dal 2001, la Congregazione di origine messicana dei Legionari di Cristo si occupa della coordinazione logistica dell’evento. Questa tradizione è stata mantenuta nonostante la crisi che ha colpito l’istituto religioso per gli scandali pubblici del suo fondatore, Marcial Maciel Degollado. Il prefetto, il cardinale canadese Marc Ouellet, ha confermato la collaborazione con i Legionari come succede dai tempi del suo predecessore, Giovanni Battista Re. I partecipanti saranno ospitati, seguiranno delle conferenze, riunioni e celebrazioni liturgiche nel Centro di Studi Superiore della Legione a Roma. Il corso finirà il venerdì 16 settembre. Durante i prossimi giorni, i vescovi ascolteranno diverse conferenze pronunciate da diverse personalità di rilievo della Curia romana, tra i quali ci sono cardinali prefetti di Congregazioni, presidenti di Pontifici Consigli o, in certi casi, i loro rispettivi segretari. Tra i temi che si tratteranno: la funzione del governo del vescovo, i media, i problemi della bioetica, la scarsità dei sacerdoti, la cultura e il dialogo ecumenico. Inoltre ci saranno riunioni tematiche per ogni continente. Uno dei ponenti di queste sarà il cardinale messicano Juan Sandoval Íñiguez, arcivescovo di Guadalajara, chi parlerà sul tema della promozione delle vocazioni al sacerdozio e la cura dei seminari. Durante l’edizione precedente, a settembre del 2010, una nuova conferenza intitolata “Il vescovo e i preti con dei problemi” è stata aggiunta al programma, la quale si concentrava, tra altre cose, sul trattamento che devono offrire i pastori della Chiesa ai preti che hanno commesso degli abusi sessuali contro minorenni. Un tema che ha preoccupato particolarmente alle autorità vaticane, specie dopo la negligenza dei vescovi nella gestione dei casi di pedofilia clericale, ad esempio, in Irlanda. Il responsabile di questa conferenza è stato mons. Charles Scicluna, il “promotore della giustizia” della Congregazione per la Dottrina della Fede, “ giudice vaticano per i delitti gravi” dei preti. Uno dei momenti chiave di questo training episcopale avrà luogo giovedì 15 settembre, quando tutti i partecipanti saranno ricevuti in un’udienza da Benedetto XVI a Castel Gandolfo.

Andrés Beltrami Álvarez, Vatican Insider

Il Papa: la verità salvifica, cuore del deposito della fede e fondamento dell’impegno della Chiesa, va proposta con rispetto ma senza compromessi

Questa mattina, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, Benedetto XVI ha incontrato il 5° gruppo dei vescovi della Conferenza Episcopale indiana di rito Latino, comprendente le provincie di Bombay, Nagpur, Goa e Damão, Gandhinagar e Bangalore, ricevuti in questi giorni, in separate udienze, in occasione della Visita "ad Limina Apostolorum".
Nel suo discorso, ricordando che la Chiesa in India ha una moltitudine di istituzioni “che vogliono essere espressione dell’amore di Dio per l’umanità attraverso la carità e l’esempio di sacerdoti, religiosi e fedeli laici che lavorano con loro”, il Papa ha sottolineato in particolare che “gli sforzi compiuti dall’intera comunità cristiana er preparare i giovani cittadini del vostro nobile Paese a costruire una società giusta e più prospera sono da lungo temppo una caratteristica della Chiesa nelle vostre diocesi e in tutta l'India”. Di qui l’auspicio che le scuole cattoliche continuino a sviluppare nei giovani “la capacità di un sano giudizio” e facciano loro conoscere “il patrimonio lasciato in eredità dalle precedenti generazioni, favorendo così il senso dei valori e preparando i propri allievi ad una vita felice e produttiva”. “Vi incoraggio - ha aggiunto - a continuare a porre attenzione alla qualità dell’istruzione delle vostre scuole” per “assicurare che siano veramente cattoliche e quindi capaci di fornire quelle verità e quei valori che sono necessari per la salvezza delle anime e per una elevazione della società”. “La verità salvifica” che “ci rende liberi” ed è “al cuore del deposito della fede, deve restare il fondamento dell’impegno della Chiesa, e va proposta agli altri sempre con rispetto ma anche senza compromessi”, ha quindi detto Benedetto XVI, secondo il quale “la capacità di presentare la verità con delicatezza, ma con fermezza è un compito che va fatto crescere specialmente tra coloro che insegnano negli istituti cattolici di grado più elevato e coloro che sono incaricati del compito ecclesiale di educare i seminaristi, i religiosi o i fedeli laici sia in teologia che in catechetica o spiritualità cristiana. Coloro che insegnano in nome della Chiesa – ha concluso il Papa - hanno un dovere particolare a trasmettere fedelmente le ricchezze della tradizione, in accordo con il magistero e in modo rispondente alle necessità di oggi, mentre gli studenti hanno il diritto di ricevere la pienezza dell’eredità culturale e spirituale della Chiesa”. ”Incoraggiate tutti coloro che si occupano di educazione” ad approfondire la propria fede in Cristo” e “consentite loro di raggiungere i loro vicini” per proclamare con la parola e l’esempio “Cristo come la Via, la Verità e la Vita”, è stata l’esortazione del Pontefice, che ha inoltre sottolineato il “ruolo significativo di testimonianza a Gesù Cristo” svolto in India “da religiosi e religiose, che sono spesso gli eroi non celebrati della vitalità della Chiesa locale”. Nonostante “i numerosi fattori che inibiscono la crescita spirituale e vocazionale, in particolare tra i giovani”, il Papa invita i vescovi a “continuare a parlare ai giovani e ad incoraggiarli a considerare seriamente la vita consacrata o sacerdotale, a parlare con i genitori sul loro indispensabile ruolo” di sostegno a tali vocazioni e a pregare per le stesse.

AsiaNews, SIR

Ai vescovi della Conferenza Episcopale dell'India in Visita "ad Limina Apostolorum" - il testo integrale del discorso del Papa

Benedetto XVI incontra il vice cancelliere dell'Austria. Nel colloquio la primavera araba, i cristiani perseguitati e il caso dei preti dissidenti

Il Papa ha discusso della iniziativa di oltre trecento sacerdoti austriaci che chiedono al Vaticano riforme come l'ordinazione delle donne e la comunione ai divorziati risposati e ai non cattolici, in un'udienza concessa ieri, al termine dell'Udienza generale, al ministro degli Esteri austriaco. "Ovviamente abbiamo parlato anche di questa iniziativa, ma chiedo comprensione sul fatto che si è trattato di un colloquio riservato. Io ho espresso il mio punto di vista di cattolico austriaco ed egli quello del capo della Chiesa Cattolica", ha spiegato Michael Spinderegger (foto), anche vice Cancelliere del Governo Federale Austriaco. Nel colloquio odierno, il ministro degli Esteri austriaco ha parlato con il Papa anche delle rivolte del mondo arabo. "Le conseguenze della primavera araba - ha detto Spinderegger ai microfoni della sezione tedesca della Radio Vaticana - ci riguardano tutti. Ci sarà un inasprimento dal punto di vista religioso per quanto riguarda l'islam? O ci sarà uno sviluppo verso un rafforzamento del dialogo e dei diritti democratici dei cittadini? Ho i miei dubbi che si possa parlare solo di segni positivi, e il Santo Padre - ha detto il ministro austriaco - mi ha detto che da parte della Chiesa Cattolica ci sono forti preoccupazioni che la conseguenza possa essere una radicalizzazione". Il capo della diplomazia austriaca ha poi caldeggiato un più stretto collegamento tra l'Unione europea e il Vaticano relativamente alle persecuzioni dei cristiani in giro per il mondo: "Noi non abbiamo le informazioni dettagliate che il Vaticano ha al proposito". Spinderegger si è poi detto d'accordo con il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini circa la necessità di un rapporto annuale dell'Unione europea sulle persecuzioni dei cristiani nel mondo.

TMNews

Mons. Fellay: prima la fede, a ogni costo, persino davanti al riconoscimento della Chiesa. Sull'incontro con Levada non bisogna correre dietro a voci

Se il loro obiettivo rimane ancora quello di far accettare il Vaticano II, le discussioni sono stato abbastanza chiare per mostrare che non abbiamo l'intenzione di percorrere quella". É un Bernard Fellay deciso a non cedere a nessun compromesso con il Vaticano ma allo stesso tempo prudente, quello che lo scorso 15 agosto ha parlato a tutto campo dei colloqui tra i lefebvriani e la Santa Sede durante la “Universitá estiva” della Fraternitá Sacerdotale San Pio X fondata da mons. Marcel Lefebvre. La trascrizione dell'intervista pubblica al superiore dei lefebvriani, realizzata dall'addetto stampa della Fraternitá, l'abate Alain Lorans è stata diffusa pochi giorni fa, alla vigilia dell'incontro a Roma tra Fellay e il card. William Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, che dovrebbe tirare le somme di due anni di 'colloqui dottrinali' tra Roma e i tradizionalisti. Il giudizio del superiore lefebvriano sui colloqui é tutt'altro che tenero: "Non portano un gran bene nell'immediato, perché é l'incontro di mentalitá che si scontrano... In ogni caso, nessuno può dire che siamo d'accordo. Se siamo d'accordo su qualcosa, é sul fatto che non siamo d'accordo su nulla". Mons. Fellay predica "estrema prudenza" su tutto quello riguarda i rapporti con il Vaticano e in particolare sull'incontro della prossima settimana, per il quale sottolinea di non sapere cosa aspettarsi.
"Per un futuro riconoscimento della Fraternità San Pio X – precisò la Segreteria di Stato vaticana nel dicembre 2009 - è condizione indispensabile il pieno riconoscimento del Concilio e del Magistero di Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e dello stesso Benedetto XVI".
"Non bisogna correre dietro alle voci", dice ai suoi il superiore tradizionalista, come quelle che sostengono che il card, Levada farà una “proposta” alla Fraternità per permetterle di rientrare in comunione con la Santa Sede: "A quali condizioni?", si chiede Fellay, "dal mio punto di vista mi sembra impossibile che non ce ne siano". "C'é chi dice – prosegue - che loro finora hanno provato sempre a farci ingoiare il Concilio. Io non lo so. Tutto quello che dico, è: Andiamo avanti. Abbiamo i nostri principi, primo di tutti la fede... Senza la fede è impossibile piacere a Dio, quindi la nostra scelta è fatta. Prima la fede, a ogni costo, passa persino davanti a un riconoscimento da parte della Chiesa. Bisogna essere forti". Nel lungo colloquio, Fellay rivela anche numerosi retroscena dei rapporti non facili ma costanti tra il Vaticano e la Fraternitá in questi anni. In particolare emerge la figura del cardinale colombiano Dario Castrillon Hoyos, in passato presidente della Commissione Ecclesia Dei incaricata di curare i rapporti con i tradizionalisti: anche dopo il suo pensionamento, con il passaggio voluto da Benedetto XVI della Commissione sotto l'ala dell'ex-Sant'Uffizio, il porporato sembra aver continuato a tenere rapporti costanti con Lefebvre, informandolo di quello che accadeva nei corridoi vaticani. Fellay racconta anche come l'arrivo di Papa Ratzinger sul soglio di Pietro abbia "fatto scattare qualcosa" in Vaticano, cambiando l'atmosfera a favore dei tradizionalisti e aprendo la strada al loro possibile reintegro: "Comunque se ne pensi e se ne dica della persona in sé, c'è un nuovo clima. Persino in Vaticano il suo arrivo ha dato coraggio a coloro, chiamiamoli conservatori, che prima erano costretti a nascondersi". Tuttavia, nel 2009, con la revoca delle scomuniche e il caso Williamson, i rapporti sono "diventati molto più tesi": nel giugno di quell'anno Fellay racconta di aver cercato con insistenza un incontro con il segretario di Stato vaticano, card. Tarcisio Bertone, senza successo. Il superiore tradizionalista venne “dirottato” sul prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, card. Levada. Il successore di Lefebvre sottolinea più volte le divisioni presenti all'interno della Curia romana e avverte quindi di prendere con le molle le notizie che arrivano da Roma. Come esempio, Fellay racconta dell'episodio di un monaco agostiniano, scomunicato ed espulso dal suo Roma dopo essersi “convertito” allo “scisma di mons. Lefebvre”. Il superiore tradizionalista racconta di essersi recato a Roma con la lettera di scomunica del monaco, firmata dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita Apostolica, e di averla mostrata a mons. Guido Pozzo, attuale segretario di Ecclesia Dei e capo del team di 'negoziatori' vaticano nei dialoghi con la Fraternitá. "Ecco come bisogna trattare questa lettera", avrebbe detto Pozzo a Fellay prima di fare il gesto di strapparla davanti ai suoi occhi. "Dovete dire ai vostri preti e ai vostri fedeli – avrebbe aggiunto il segretario di Ecclesia Dei – che non tutto quello che arriva da Roma viene direttamente dal Papa". In un altro caso, Fellay racconta di un caso di “delazione ecumenica” di cui è stato protagonista: dopo che ad alcuni vescovi lefebvriani, ancora scomunicati, era stato impedito di celebrare l'Eucaristia nel Santuario di Lourdes, il superiore tradizionalista si mise in contatto con il card. Castrillon, ancora presidente di Ecclesia Dei, per “denunciare” che ad alcuni vescovi anglicani era stato invece permesso. "Non dico vescovi perché gli anglicani sono tutti dei laici, non sono veri preti, men che meno vescovi", aggiunge sprezzante Fellay.

Alessandro Speciale, Vatican Insider

Dagli appelli per l'Africa alla dottrina sociale della Chiesa, al Concilio Vaticano II: il Papa parla, la Pontificia Università Lateranense studia

Benedetto XVI sarà in Benin dal 18 al 20 novembre prossimi. È il suo secondo viaggio in Africa da quando è Pontefice. E non si può dire che per l’Africa non abbia avuto un’attenzione particolare. Muovendo anche, a partire dalle sue parole, la diplomazia internazionale. Quando il Papa parla, il mondo dà un cenno visibile della sua presenza. Così, solo dopo le parole del Papa sul dramma della carestia in Somalia le iniziative internazionali hanno cominciato a farsi vedere; solo dopo l’appello del Papa per una soluzione della questione libica, c’è stato uno spiraglio per un accordo, poi vanificato dal continuare della guerra. E nel viaggio in Camerun e Angola nel 2009, e poi nel successivo Sinodo dei vescovi per l’Africa, Benedetto XVI ha sempre rivolto al continente un’attenzione speciale. La Pontificia Università Lateranense ha voluto seguire questo appello del Papa. Non per niente è l’università del Papa. Che inaugura quest’anno una nuova area di Ricerche, intitolata “Studi e ricerche per lo sviluppo dell’Africa”, che si divide in due dipartimenti: quello delle Scienze Umane e Sociali e quello delle Scienze Giuridiche. “L'obiettivo generale che ci si propone – spiega mons. Enrico dal Covolo - è quello di favorire e di sostenere le Chiese d'Africa, preparando personale qualificato e responsabile, soprattutto a livello laicale. Si tratta di formare umanamente e cristianamente docenti e accademici, politici e professionisti, in tutti i campi operativi e applicativi. A tale scopo, la nuova area di ricerca stabilirà una feconda sinergia con un'altra area recentemente istituita nell'università, l'area di dottrina sociale della Chiesa 'Caritas in veritate'”. Quest’ultima area di ricerca ha per finalità lo svolgimento di attività di ricerca e di approfondimento, nonché quella di attivare percorsi formativi che, facendo perno sulla visione antropologica espressa dalla Dottrina sociale della Chiesa, siano incentrati sui temi delle scienze economiche, giuridiche e, più in generale, delle scienze sociali, con un taglio sia pratico che teorico. Tra l’altro, anche il nome peculiare dell’area di ricerca richiama a un problema che si è riscontrato nel dibattito generale sulla "Caritas in veritate". Il nome "Caritas in veritate" è stato attribuito anche alla commissione della Conferenza Episcopale europea che prima era chiamata Giustizia e Pace, e stessa operazione era stata fatta precedentemente nei riguardi della Commissione della Conferenza Episcopale ungherese. In alcuni ambiti vaticani, ci si chiede se ridurre la Dottrina Sociale della Chiesa alla sola "Caritas in veritate" non porti ad una mistificazione di fondo che in qualche modo alleggerisca l’impatto sociale della dottrina della Chiesa. Come apertissimo è il dibattito sul Concilio Vaticano II. Benedetto XVI, nel 2008, durante il Sinodo dei vescovi, e più volte anche in precedenza, ha difeso la linea della continuità del Concilio, in opposto all’idea della rottura portata avanti da molti ermeneuti dell’assise conciliare. Cosa è stato realmente il Concilio? L'Università Lateranense ha da tempo un Centro Studi sul Concilio, che ha ora ripreso le attività con lo scopo di mettere a disposizione dei ricercatori nuovi documenti di archivio e altri strumenti (inventari, bibliografie, cataloghi) relativi alla storia del Concilio, raccogliere, catalogare e valorizzare i fondi di archivio dei professori e degli ex-alunni (Papi, Padri, Teologi e Periti) dell’Università che hanno svolto un ruolo durante il Concilio, individuare ed inventariare altri fondi di archivio privati, o raccolte di documenti relativi alla storia del Concilio medesimo, mettere a disposizione una raccolta bibliotecaria di testi specializzati sulla storia e sui dibattiti relativi al Concilio Vaticano II.

Andrea Gagliarducci, Korazym.org

11 settembre 2001. Card. Ratzinger: il volto di Cristo la risposta più adeguata all’abuso del nome di Dio come strumento del nostro potere

La Radio Vaticana il 12 novembre 2011 intervistò l'allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il card. Joseph Ratzinger, per parlare sul libro-intervista “Dio e il mondo. Essere cristiani nel nuovo millennio” curato dal giornalista tedesco Peter Seewald. Una parte importante dell'intervista prende spunto dai fatti dell'11 settembre 2011 anche perché, come ricorda la giornalista, il libro uscì nelle librerie italiane due giorni dopo la tragedia che cambiò il volto del mondo e della quale, in questi giorni, si ricorda il decennale.

Il suo libro è uscito nelle librerie in Italia due giorni dopo gli attentati in USA. Se fosse comparso un po’ più tardi cosa avrebbe voluto inserirvi alla luce di quegli eventi?
Direi forse questo problema dell’abuso del nome di Dio sarebbe stato un problema, perché questi attentati si realizzano anche in nome di Dio, in nome quindi una religione abusata per i propri scopi, una religione politicizzata e così sottomessa al potere, che diventa un fattore del potere. D’altra parte forse avrei più parlato della necessità di conoscere il Dio con la sua faccia e il suo viso umano. Se vediamo Cristo, il volto di Cristo, di un Dio che soffre per noi e non usa la onnipotenza per regolare con un colpo di potere le realtà del mondo ma và al nostro cuore e a un amore che anche si fa uccidere per noi, abbiamo una visione di un Dio che esclude ogni tipo di violenza; e così il volto di Cristo mi sembra la risposta più adeguata all’abuso di un Dio che sarebbe strumento del nostro potere.
“Oserei dire che nessuno può uccidere un altro uomo senza sapere che questo è male”: così lei si esprime nel libro rispondendo alla domanda: “Ci sono persone senza coscienza?” Ora mi chiedo: i fondamentalismi, di qualunque natura, si esprimono in nome del bene, invocando il nome di Dio. E allora? Come la mettiamo?
Si, naturalmente i fondamentalismi sono molto diversi tra di loro. Direi che per esempio, tra gli evangelici negli Stati Uniti ci sono delle persone che si identificano fino in fondo con la parole della Sacra Scrittura, e possono così, se sono realmente fedeli alla parola della Scrittura, oltrepassare il pericolo del fanatismo e di una religione che diventa violenza. Ma in ogni caso è importante che la religione non vada definita da noi stessi, ma è un dono che ci viene dal Signore e che sia vissuto in una realtà viva come la Chiesa che esclude la manipolazione da parte mia e che dall’altra parte è legata, vincolata alla parola di Dio; in questo modo direi che abbiamo questo equilibrio tra una realtà non manipolabile, la Parola di Dio, e la libertà che vive questa parola e che la interpreta nella vita.
Ma secondo lei esiste una guerra giusta?
Questo è un grande problema; nella preparazione del Catechismo c’erano due problemi: la pena di morte e la guerra giusta erano i temi più discussi. E’ un discorso che ora diventa concreto nel caso delle risposte degli americani. Oppure possiamo far riferimento ad un altro esempio, quello della Polonia che si è difesa contro Hitler. Direi, non si può escludere secondo tutta la grande tradizione cristiana, in un mondo marcato dal peccato, che c’è un’aggressione del male che minaccia a distruggere non solo tanti valori, tante persone, ma l’immagine dell’uomo come tale. In quel caso, difendersi, difendersi anche per difendersi l’altro può essere un dovere. Diciamo, per esempio, che un padre di famiglia che vede aggrediti i suoi ha il dovere di fare il possibile per difendere la famiglia, la vita delle persone a lui affidate, anche eventualmente con una violenza proporzionata. Quindi il problema della guerra giusta si definisce in base a questi parametri: 1. Se si tratta realmente dell’unica possibilità di difendere vite umane, difendere valori umani. Il tutto ponderato realmente nella coscienza e ponderando tutte le altre alternative; 2. Che si applichino solo i mezzi immediati atti a questa difesa e che si rispetti sempre il diritto; in una tale guerra il nemico deve essere rispettato da uomo e tutti i diritti fondamentali devono essere rispettati. Io penso che la tradizione cristiana su questo punto ha elaborato delle risposte che devono essere aggiornate sulla base delle nuove possibilità di distruzione, dei nuovi pericoli. Provocare per esempio con una bomba atomica la distruzione dell’umanità può forse anche escludere ogni difesa. Quindi sono da aggiornare, ma direi che non si può escludere totalmente a priori ogni necessità, anche morale, di una difesa di persone e valori con i mezzi adeguati, contro aggressori ingiusti.
Parlava del rispetto della dignità della persona. Mi viene da pensare anche alla necessità e alla difficoltà del perdono. A lei riesce sempre così facile perdonare?
Naturalmente se uno è ferito intimamente deve superare anche questa amarezza data dalla ferita e non può essere una cosa facile perché l’uomo è attaccato nell’intimo del suo essere, deve purificarsi, deve superare le aggressioni innate, e solo in un cammino di purificazione interiore, che può essere anche difficile, si arriva al vero perdono; ma in questo senso la necessità del perdono è anche una grazia per l’uomo perché così egli stesso viene purificato e rinnovato e diventa più vero uomo nel processo di purificazione e di perdono.
Cosa è la punizione nella logica di Dio?
Dio non ci mette il male, ciò sarebbe contro l’essenza di Dio che non vuole il male. Ma la conseguenza interiore del peccato è che sentirò un giorno le conseguenze inerenti al male stesso. Non è Dio che ci impone qualcosa di male per curarci ma Dio mi lascia, per così dire, alla logica del mio agire e, lasciato a questa logica del mio agire, sono già punito dall’essenza del mio male. Nel mio male è implicata anche la punizione stessa; non viene dal cuore, viene dalla logica del mio agire e così posso capire che sono stato in contrasto con la mia verità, ed essendo in contrasto con la mia verità sono in contrasto con Dio e devo vedere che il contrasto con Dio è sempre autodistruttivo, non perché Dio distrugge, ma perché il peccato distrugge.


Il Sismografo