giovedì 8 settembre 2011

Mons. Fellay: prima la fede, a ogni costo, persino davanti al riconoscimento della Chiesa. Sull'incontro con Levada non bisogna correre dietro a voci

Se il loro obiettivo rimane ancora quello di far accettare il Vaticano II, le discussioni sono stato abbastanza chiare per mostrare che non abbiamo l'intenzione di percorrere quella". É un Bernard Fellay deciso a non cedere a nessun compromesso con il Vaticano ma allo stesso tempo prudente, quello che lo scorso 15 agosto ha parlato a tutto campo dei colloqui tra i lefebvriani e la Santa Sede durante la “Universitá estiva” della Fraternitá Sacerdotale San Pio X fondata da mons. Marcel Lefebvre. La trascrizione dell'intervista pubblica al superiore dei lefebvriani, realizzata dall'addetto stampa della Fraternitá, l'abate Alain Lorans è stata diffusa pochi giorni fa, alla vigilia dell'incontro a Roma tra Fellay e il card. William Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, che dovrebbe tirare le somme di due anni di 'colloqui dottrinali' tra Roma e i tradizionalisti. Il giudizio del superiore lefebvriano sui colloqui é tutt'altro che tenero: "Non portano un gran bene nell'immediato, perché é l'incontro di mentalitá che si scontrano... In ogni caso, nessuno può dire che siamo d'accordo. Se siamo d'accordo su qualcosa, é sul fatto che non siamo d'accordo su nulla". Mons. Fellay predica "estrema prudenza" su tutto quello riguarda i rapporti con il Vaticano e in particolare sull'incontro della prossima settimana, per il quale sottolinea di non sapere cosa aspettarsi.
"Per un futuro riconoscimento della Fraternità San Pio X – precisò la Segreteria di Stato vaticana nel dicembre 2009 - è condizione indispensabile il pieno riconoscimento del Concilio e del Magistero di Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e dello stesso Benedetto XVI".
"Non bisogna correre dietro alle voci", dice ai suoi il superiore tradizionalista, come quelle che sostengono che il card, Levada farà una “proposta” alla Fraternità per permetterle di rientrare in comunione con la Santa Sede: "A quali condizioni?", si chiede Fellay, "dal mio punto di vista mi sembra impossibile che non ce ne siano". "C'é chi dice – prosegue - che loro finora hanno provato sempre a farci ingoiare il Concilio. Io non lo so. Tutto quello che dico, è: Andiamo avanti. Abbiamo i nostri principi, primo di tutti la fede... Senza la fede è impossibile piacere a Dio, quindi la nostra scelta è fatta. Prima la fede, a ogni costo, passa persino davanti a un riconoscimento da parte della Chiesa. Bisogna essere forti". Nel lungo colloquio, Fellay rivela anche numerosi retroscena dei rapporti non facili ma costanti tra il Vaticano e la Fraternitá in questi anni. In particolare emerge la figura del cardinale colombiano Dario Castrillon Hoyos, in passato presidente della Commissione Ecclesia Dei incaricata di curare i rapporti con i tradizionalisti: anche dopo il suo pensionamento, con il passaggio voluto da Benedetto XVI della Commissione sotto l'ala dell'ex-Sant'Uffizio, il porporato sembra aver continuato a tenere rapporti costanti con Lefebvre, informandolo di quello che accadeva nei corridoi vaticani. Fellay racconta anche come l'arrivo di Papa Ratzinger sul soglio di Pietro abbia "fatto scattare qualcosa" in Vaticano, cambiando l'atmosfera a favore dei tradizionalisti e aprendo la strada al loro possibile reintegro: "Comunque se ne pensi e se ne dica della persona in sé, c'è un nuovo clima. Persino in Vaticano il suo arrivo ha dato coraggio a coloro, chiamiamoli conservatori, che prima erano costretti a nascondersi". Tuttavia, nel 2009, con la revoca delle scomuniche e il caso Williamson, i rapporti sono "diventati molto più tesi": nel giugno di quell'anno Fellay racconta di aver cercato con insistenza un incontro con il segretario di Stato vaticano, card. Tarcisio Bertone, senza successo. Il superiore tradizionalista venne “dirottato” sul prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, card. Levada. Il successore di Lefebvre sottolinea più volte le divisioni presenti all'interno della Curia romana e avverte quindi di prendere con le molle le notizie che arrivano da Roma. Come esempio, Fellay racconta dell'episodio di un monaco agostiniano, scomunicato ed espulso dal suo Roma dopo essersi “convertito” allo “scisma di mons. Lefebvre”. Il superiore tradizionalista racconta di essersi recato a Roma con la lettera di scomunica del monaco, firmata dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita Apostolica, e di averla mostrata a mons. Guido Pozzo, attuale segretario di Ecclesia Dei e capo del team di 'negoziatori' vaticano nei dialoghi con la Fraternitá. "Ecco come bisogna trattare questa lettera", avrebbe detto Pozzo a Fellay prima di fare il gesto di strapparla davanti ai suoi occhi. "Dovete dire ai vostri preti e ai vostri fedeli – avrebbe aggiunto il segretario di Ecclesia Dei – che non tutto quello che arriva da Roma viene direttamente dal Papa". In un altro caso, Fellay racconta di un caso di “delazione ecumenica” di cui è stato protagonista: dopo che ad alcuni vescovi lefebvriani, ancora scomunicati, era stato impedito di celebrare l'Eucaristia nel Santuario di Lourdes, il superiore tradizionalista si mise in contatto con il card. Castrillon, ancora presidente di Ecclesia Dei, per “denunciare” che ad alcuni vescovi anglicani era stato invece permesso. "Non dico vescovi perché gli anglicani sono tutti dei laici, non sono veri preti, men che meno vescovi", aggiunge sprezzante Fellay.

Alessandro Speciale, Vatican Insider