domenica 29 agosto 2010

Registrazioni del nipote di Vangheluwe, vittima degli abusi sessuali del vescovo, dimostrano la volontà del card. Dannells di far insabbiare il caso

Non si placa lo scandalo pedofilia nella Chiesa belga. Alcuni giornali hanno pubblicato la trascrizione delle registrazioni effettuate segretamente da una delle vittime nel corso di due incontri avuti ad aprile con l'ex primate belga, Godfried Danneels (foto). Le registrazioni testimonierebbero come il cardinale abbia fatto di tutto per tentare di nascondere gli abusi compiuti dal vescovo di Bruges, Roger Vangheluwe. Sulla base del materiale reso noto dalla stampa belga, Danneels, che finora ha sempre negato di aver voluto insabbiare le vicende legate a Vangheluwe, inviterebbe con insistenza la vittima a non rivelare, a distanza di tanti anni, il suo caso, o almeno a non farlo prima dell'andata in pensione del vescovo di Bruges: "Si ritirerà il prossimo anno, e per te sarebbe meglio aspettare", affermerebbe il settantasettenne ex primate belga rivolgendosi alla vittima, un uomo di 42 anni che all'insaputa dell'alto prelato stava incidendo l'intera conversazione su un nastro. "Non penso faresti un favore a lui e a te stesso gridando il tuo caso ai quattro venti e infangando il tuo nome", aggiungerebbe Danneels, chiedendo esplicitamente alla vittima di accettare le scuse e mettendolo in guardia da ogni eventuale proposito di ricatto. Lo stesso atteggiamento sarebbe stato tenuto da Danneels nel corso di un secondo incontro, alla presenza stavolta di un parente della vittima e dello stesso Vangheluwe: "La questione non può essere risolta - replicherebbe a un certo punto il parente al cardinale - perché avete fatto completamente a pezzi la nostra famiglia". La vittima ha quindi spiegato di aver voluto la pubblicazione delle registrazioni per evitare ogni accusa di voler ricattare i vertici della Chiesa belga.

Mons. Crepaldi: gli attacchi al Papa non sono vera laicità. Presenta il cristianesimo come la fede che aiuta la ragione a non limitarsi al misurabile

"Il cristianesimo pone alla ragione (al mondo) il problema della sua verità, la aiuta a chiarirsene l'idea e la rende quindi capace di capire la verità stessa del cristianesimo", afferma il vescovo di Trieste, mons. Giampaolo Crepaldi, che su L'Occidentale prende oggi le difese di "questo Papa che ritiene che il cristianesimo e solo il cristianesimo faccia sì che il mondo si riappropri di se stesso e si renda pienamente conto della propria verità". Il suo, spiega il presule, "non è integralismo, perchè non appiattisce i due livelli l'uno sull'altro, ma toglie definitivamente spazio ai sottili distinguo dei cattolici della carità senza verità". Così come gli attacchi mediatici di cui il Pontefice è stato oggetto rieptutamente, per l'arcivescovo Crepaldi, "non sono stati esempi di vera laicità". "Questa, infatti, consiste nell'adoperare la ragione e gli argomenti di realtà, non l'ideologia, per accogliere o meno quanto dice la Chiesa. La politica non deve assumere categorie confessionali, però non deve essere indifferente o, peggio, antireligiosa, in quanto assumerebbe le vesti di una nuova religione". Secondo il vescovo di Trieste, "anche la ragione - del resto - può essere integralista e questo capita quando rifiuta l'invito della fede ad allargarsi e ad avere fiducia in se stessa". E "Benedetto XVI presenta il cristianesimo come la fede che aiuta la ragione a non fermarsi mai e a non limitarsi all'ambito del misurabile. È per questo che la religione cristiana - conclude - sfida la ragione ad essere pienamente se stessa. La laicità della politica consiste nell'accogliere questa provocazione e sfuggire così al pericolo di un proprio integralismo. E ciò vale anche per Aids e preservativi".

Agi

Un nuovo paio di scarpe per il Papa dal calzolaio Stefanelli: sempre un'emozione incontrarlo e notare quelle indosso consumate, segno che sono comode

Un nuovo paio di scarpe rosse per il Papa. Glielo ha consegnato Adriano Stefanelli (nella foto con Benedetto XVI), il 'calzolaio dei grandi', che già gli aveva fornito il primo paio nel 2005. Comode ed eleganti calzature su misura che nel 2007 gli valsero il titolo di "Accesorizer of the Year", l'uomo meglio vestito dell'anno in virtù del suo accessorio. Fu la rivista americana Esquire a dedicare un ampio articolo al look del Santo Padre, che dal giorno del suo insediamento calza scarpe made in Novara. A distanza di oltre 5 anni dal primo paio, Benedetto XVI di strada ne ha fatta davvero tanta: in America, in Australia, in Africa. In altre parole, scarpe vissute, consumate, segno di reale apprezzamento. "Dall'inizio del pontificato - spiega Adriano Stefanelli, che in occasione della consegna delle nuove scarpe è stato ricevuto in udienza dal Papa a Castel Gandolfo - ne ho realizzate cinque paia, alle quali si aggiungono le pantofole da casa e le scarpe da montagna. Il primo ordine arrivò il 30 maggio del 2005, mentre le ultime scarpe le ho consegnate personalmente nei giorni scorsi". Un dono particolarmente gradito quello del ciabattino, che per la prima volta è stato ricevuto dal Pontefice direttamente nei suoi appartamenti, in udienza privata. "Un onore riservato a pochi eletti, tra cui capi di Stato e alti prelati - dice Stefanelli, che non nasconde di essersi commosso -, rivedere il Papa è sempre una grande emozione. Ho notato che le sue scarpe erano consumate, segno che sono comode, che vanno bene e questa per me è la soddisfazione più grande. Benedetto XVI - ricorda ancora Stefanelli - non ha mai smesso di indossare le mie scarpe, durante gli ultimi viaggi in America, in Australia e in Africa". Il modello consegnato mercoledi' è simile a quelli giaà realizzati in passato. "Ho chiesto al Papa se il lavoro andava bene, se vi erano esigenze particolari e se dovevo apportare eventuali modifiche - conclude il calzolaio novarese - ma, sa come si dice, scarpa che vince non si cambia...".

Agi

Benedetto XVI: non c'è pace senza rispetto dell’ambiente. L'affettuoso ricordo dei minatori cileni intrappolati affinchè mantengano la speranza

Il rispetto dell'ambiente è fondamentale per il mantenimento della pace. Lo ha detto questa mattina Papa Benedetto XVI al termine dell'Angelus, ricordando che "il prossimo 1° settembre si celebra in Italia la Giornata per la salvaguardia del creato, promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana". Si tratta, ha detto il Pontefice, di "un appuntamento ormai abituale, importante anche sul piano ecumenico. Quest'anno ci ricorda che non ci può essere pace senza rispetto dell'ambiente. Abbiamo infatti il dovere di consegnare la terra alle nuove generazioni in uno stato tale che anchesse possano degnamente abitarla e ulteriormente conservarla. Il Signore ci aiuti in questo compito!".
Il Papa ha poi pregato per i minatori intrappolati nelle viscere della terra nel Nord cileno. Benedetto XVI ha salutato i pellegrini di lingua spagnola e ha rivolto un pensiero ai minatori bloccati nella miniera di San José: "Desidero ricordare con particolare affetto i minatori intrappolati nel giacimento di San Josè, nella regione cilena di Atacama - ha detto il Pontefice - raccomando loro e i loro familiari all'intercessione di San Lorenzo, assicurando loro la mia vicinanza spirituale e le mie continue preghiere affinché mantengano la serenità e la speranza in una felice conclusione dei lavori che si stanno svolgendo per salvarli".

Apcom

Il Papa: guardiamo a Cristo come modello di umiltà e di gratuità. Solo la sua incarnazione può risollevare l’umanità degradata dal peccato

Cristo è un “modello di umiltà e gratuità” per l’umanità “degradata dal peccato”. Papa Benedetto XVI, prima della recita dell’Angelus dal Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, ha illustrato il vangelo domenicale, che oggi ricorda la parabola raccontata da Gesù, invitato a casa di un capo dei farisei, in cui si invita a non lottare per ottenere i primi posti: “Nel Vangelo di questa domenica, incontriamo Gesù commensale nella casa di un capo dei farisei. Notando che gli invitati sceglievano i primi posti a tavola, Egli raccontò una parabola, ambientata in un banchetto nuziale. ‘Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cèdigli il posto!...Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto’”. “Il Signore – ha spiegato il Papa – non intende dare una lezione sul galateo, né sulla gerarchia tra le diverse autorità. Egli insiste piuttosto su un punto decisivo, che è quello dell’umiltà: ‘chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato’. Questa parabola, in un significato più profondo, fa anche pensare alla posizione dell’uomo in rapporto a Dio. L”ultimo posto’ può infatti rappresentare la condizione dell’umanità degradata dal peccato, condizione dalla quale solo l’incarnazione del Figlio Unigenito può risollevarla. Per questo Cristo stesso ‘ha preso l’ultimo posto nel mondo – la croce – e proprio con questa umiltà radicale ci ha redenti e costantemente ci aiuta’". Inoltre, ha proseguito Benedetto XVI, “al termine della parabola, Gesù suggerisce al capo dei farisei di invitare alla sua mensa non gli amici, i parenti o i ricchi vicini, ma le persone più povere ed emarginate, che non hanno modo di ricambiare, perché il dono sia gratuito. La vera ricompensa, infatti, alla fine, la darà Dio, ‘che governa il mondo...Noi gli prestiamo il nostro servizio solo per quello che possiamo e finché Egli ce ne dà la forza’”. “Ancora una volta, dunque, guardiamo a Cristo come modello di umiltà e di gratuità: da Lui apprendiamo la pazienza nelle tentazioni, la mitezza nelle offese, l’obbedienza a Dio nel dolore, in attesa che Colui che ci ha invitato ci dica: ‘Amico, vieni più avanti!’; il vero bene, infatti, è stare vicino a Lui”. Il Papa ha concluso la riflessione con due esempi. Il primo, quello di San Luigi IX, re di Francia, ricordato in settimana dalla liturgia, che invitò nel suo “Testamento spirituale al figlio” a ringraziare umilmente il Signore per la prosperità e a “non diventare peggiore per vanagloria”. Il secondo esempio, suggerito dalla liturgia odierna che ne ricorda il martirio, è quello di San Giovanni Battista: il “più grande tra i profeti di Cristo, che ha saputo – ha affermato Benedetto XVI – rinnegare se stesso per fare spazio al Salvatore, e ha sofferto ed è morto per la verità”.