venerdì 29 giugno 2012

Benedetto XVI a Loreto il 4 ottobre, a 50 anni dalla storica visita di Giovanni XXIII. Affiderà alla Vergine il Sinodo dei vescovi e l'Anno della fede

Questa sera, nel corso della Celebrazione vespertina nel Santuario di Loreto, l'arcivescovo Giovanni Tonucci ha annunciato che giovedì 4 ottobre il Santo Padre, accogliendo il suo invito, si recherà nel Santuario Lauretano per affidare alla intercessione della Vergine i lavori del Sinodo dei vescovi e l’Anno della fede. La visita avverrà in occasione del 50° anniversario dello storico pellegrinaggio in treno di Giovanni XXIII ad Assisi e Loreto alla vigilia dell’apertura del Concilio Vaticano II. Questa volta però il Papa viaggerà non in treno, ma in elicottero.

Radio Vaticana

Superiore della Fraternità San Pio X: allo stato attuale con la Santa Sede siamo a un punto morto, al punto di partenza. Non possiamo firmare

Non aveva ancora detto nulla pubblicamente, dopo l’incontro in Vaticano con il card. William Levada, avvenuto lo scorso 13 giugno. Ma oggi il vescovo Bernard Fellay, superiore della Fraternità San Pio X, ha confermato che l’accordo con la Santa Sede per il momento si allontana. Fellay ha fatto alcuni accenni alle trattative con le autorità vaticane nel corso dell’omelia per le ordinazioni sacerdotali celebrate questa mattina ad Econe. "Giustamente mi chiedete: come vanno le cose con Roma?", ha detto il superiore lefebvriano, che ha aggiunto: "Allo stato attuale le cose sono a un punto morto". C’è stato un va e vieni, degli scambi, delle lettere, delle proposte – ha aggiunto mons. Fellay – ma siamo al punto di partenza". Il vescovo ha ricordato: "Abbiamo detto di non potere accettare, di non potere firmare; è tutto". Si conferma così il significato delle parole contenute nel comunicato diffuso dai lefebvriani dopo l’incontro in Vaticano, con l’accenno alla necessità di nuovi chiarimenti e discussioni. Come pure nell’omelia Fellay ha confermato il giudizio contenuto nella lettera del segretario generale della Fraternità San Pio X inviata il 25 giugno ai superiori dei distretti in vista del prossimo capitolo generale: l’ultima versione del preambolo dottrinale, discussa dai cardinali della Congregazione per la Dottrina della Fede e approvata dal Papa veniva definita "inaccettabile".

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Card. Woelki: nella Chiesa serve autopulizia. Irritazione per la corruzione che rimane un problema ma lavoriamo il più possibile al suo superamento

La parola chiave è 'Selbstreinigung', ovvero "autopulizia" o "autopurificazione". Il che, riferito alla Chiesa, è notevole, se a dirlo è il cardinale di Berlino Rainer Maria Woelki (nella foto con Benedetto XVI): il quale chiede "un processo di autopulizia" nella Chiesa Cattolica e parla di corruzione e riciclaggio in un'intervista a Die Zeit, in parte anticipata mercoledì dal sito dello stesso settimanale e di Der Spiegel. Woelki, 55 anni, creato cardinale a febbraio da Benedetto XVI, è il più giovane porporato del mondo, uno dei 44 nuovi arcivescovi che questa mattina ha ricevuto il Pallio nella Basilica Vaticana, e potrebbe essere tra gli interlocutori del Papa nelle sue "consultazioni" per il rinnovamento della Curia. Nell' attesa Woelki considera con "irritazione", spiega, "se nello spazio della Chiesa una banca agisce male, o c' è persino del riciclaggio e accadono irregolarità finanziarie. Questo non può succedere". Del resto, "la corruzione rimane un problema" ma "nella Chiesa lavoriamo il più possibile al suo superamento".

Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera

Echevarria: gratitudine al Papa per la firma al decreto che riconosce le virtù eroiche di mons. Alvaro del Portillo, primo successore di San Escrivà

"La dichiarazione circa le virtù eroiche di mons. Alvaro del Portillo (nella foto con l'allora card. Ratzinger) è motivo di gratitudine a Dio: gratitudine per questo pastore esemplare che amò il Signore e la sua Chiesa, e coloro con cui visse o che ebbe occasione di incontrare, oltre a pregare per tutti gli uomini. Cercò in ogni istante di compiere fedelmente la volontà di Dio". Il prelato dell'Opus Dei, mons. Javier Echevarria ha commentato così la firma apposta ieri da Benedetto XVI al decreto che riconosce l'eroicità delle virtù del primo successore di San Josè Maria Escrivà de Balaguer. "Don Alvaro - ha sottolineato il secondo successore di Escrivà - viene ricordato da tanti uomini e donne come una persona, un sacerdote di pace e leale al suo impegno di amore di Dio, molto unito alla Chiesa e al Romano Pontefice. Seppe servire con gioia e completa generosità San Josemaria e i suoi fratelli, poi figli, dell'Opus Dei, i parenti, gli amici e i colleghi. Con la sua predicazione aiutò a trovare la felicità, nella fedeltà a Cristo, centinaia di migliaia di persone nei vari Paesi che visitò nei suoi viaggi pastorali". "Mi risulta inoltre - ha rivelato infine l'attuale prelato dell'Opus Dei - che tanti ricorrono al suo aiuto, in tante parti del mondo, per le proprie necessità personali, famigliari, professionali e per i propri amici ed è voce unanime che irraggiava pace, gioia, semplicità, spirito cristiano e visione apostolica". Sono già 12mila le relazioni firmate da fedeli che sostengono di aver ottenuto grazie per intercessione dell'ex ingegnere spagnolo che nel 1975 fu primo successore di San Josè Maria Escrivà de Balaguer alla guida dell'Opus Dei, nel 1982 ne divenne il prelato, e che nel 1991 fu consacrato vescovo dal Beato Giovanni Paolo II. "Queste relazioni - rivela il postilatore della Causa di Beatificazione, mons. Flavio Capucci - ci sono arrivate pesso da paesi in cui l'Opus Dei non è nemmeno presente. Il notiziario sulla sua causa di Canonizzazione ha raggiunto i 5 milioni di copie, mentre le immaginette per la devozione privata hanno raggiunto il totale di 10 milioni". Tanta popolarità e fama di santità, eppure era l'umiltà la dote principale di don Alvaro, come sa bene chi ha avuto modo di conoscerlo e apprezzare la sua affabilità e gentilezza che ricordano molto il carattere di Joseph Ratzinger. "Non cercava mai - ha osservato in proposito Capucci - di imporre sè stesso o le proprie opinioni". "Quando fu chiamato a succedere a San Josè Maria Escrivà de Balaguer nella guida dell'Opus Dei, il suo programma di governo - infatti - ebbe una sola meta: la continuità con l'esempio del fondatore". Ed oggi, per un paradosso che richiama le beatitudini del Vangelo, "la sua fama di santità è un vero fenomeno ecclesiale". "Si può senz'altro dire - ammette Capucci - che mons. del Portillo è un dono della Chiesa e per la Chiesa. Alla sua morte, Giovanni Paolo II volle ricordare 'la zelante vita sacerdotale ed episcopale del prelato, l'esempio di fortezza e di fiducia nella Provvidenza divina da lui costantemente offerto, nonchè la sua fedeltà alla Sede di Pietro'". E, concldue il postulatore, "l'allora card. Ratzinger evocò il servizio reso per tanti anni da mons. del Portillo alla Congregazione per la Dottrina della Fede mettendo in risalto 'la sua modestia e la disponibilità in ogni circostanza, arricchendo in modo singolare questa Congregazione con la sua competenza e la sua esperienza'".

Agi

Benedetto XVI dichiara Venerabile Álvaro del Portillo

Lombardi: a Napolitano i complimenti del Papa per la vittoria della Nazionale, come Vescovo di Roma si sente partecipe dell'allegria dei fedeli

Una telefonata d'auguri e un "piacevole scambio di opinioni" su temi di stretta attualità. E' il dialogo avuto, dal cardinale Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, a nome di Benedetto XVI, con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per i suoi 87 anni. "Il simpatico colloquio augurale - ha spiegato il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi - ha toccato brevemente non solo i temi dell'attualità economica europea, ma anche di quella sportiva. Il Papa infatti ha desiderato manifestare i suoi complimenti per la vittoria della squadra italiana, dato che, come Vescovo di Roma si sente partecipe dell'allegria dei suoi fedeli".

LaPresse News

Benedetto XVI: grazie per l'affetto, conto sulle vostre preghiere per continuare a servire la Chiesa con la mitezza e la forza dello Spirito Santo

Il Papa ha salutato le centinaia di fedeli romani presenti in Piazza San Pietro, chiamati a raccolta dal cardinale vicario Agostino Vallini per mostrare solidarietà al Papa nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo, a conclusione della recita dell'Angelus: "Sono qui convenuti, per rinnovare sentimenti di profonda comunione e di spirituale vicinanza al Successore di Pietro, i fedeli della diocesi di Roma con il cardinale vicario Agostino Vallini, e i giovani cattolici riunitisi spontaneamente in gruppo attraverso i social network", ha ricordato Benedetto XVI. "Cari amici, vi ringrazio cordialmente per questo gesto di affetto e per le vostre iniziative a sostegno del mio ministero apostolico e per favorire in ogni ambiente una coraggiosa e attiva testimonianza cristiana. Conto anche sulle vostre preghiere per continuare a servire la Chiesa con la mitezza e la forza dello Spirito Santo".

TMNews


Parrocchie e movimenti in Piazza San Pietro per esprimere solidarietà e vicinanza al Papa

Il Papa: Pietro e Paolo brillano nel cuore di tutti i credenti che, illuminati dal loro esempio, camminano sulla via della fede, speranza e carità

Al termine della Santa Messa della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, concelebrata nella Basilica Vaticana con i 43 arcivescovi metropoliti che hanno ricevuto il Pallio e alla quale ha partecipato una delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, il Papa si è affacciato alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano e guida la recita dell’Angelus con i fedeli e i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro. Pietro e Paolo “sono chiamati colonne della Chiesa nascente. Testimoni insigni della fede, hanno dilatato il Regno di Dio con i loro diversi doni e, sull’esempio del divino Maestro, hanno sigillato col sangue la loro predicazione evangelica. Il loro martirio è segno di unità della Chiesa”. "Roma porta inscritti nella sua storia i segni della vita e della morte gloriosa dell’umile Pescatore di Galilea e dell’Apostolo delle genti, che giustamente si è scelti come Protettori. Facendo memoria della loro luminosa testimonianza, noi ricordiamo gli inizi venerandi della Chiesa che in Roma crede, prega ed annuncia Cristo Redentore". I due Santi “brillano non solo nel cielo di Roma, ma nel cuore di tutti i credenti che, illuminati dal loro insegnamento e dal loro esempio, in ogni parte del mondo camminano sulla via della fede, della speranza e della carità”. "In questo cammino di salvezza, la comunità cristiana, sostenuta dalla presenza dello Spirito del Dio vivo, si sente incoraggiata a proseguire forte e serena sulla strada della fedeltà a Cristo e dell'annuncio del suo Vangelo agli uomini di ogni tempo", ha detto il Papa. "In questo fecondo itinerario spirituale e missionario si colloca anche la consegna del Pallio agli arcivescovi metropoliti, che ho compiuto stamani in Basilica. Un rito sempre eloquente, che pone in risalto l'intima comunione dei Pastori con il Successore di Pietro e il profondo vincolo che ci lega alla tradizione apostolica. Si tratta di un duplice tesoro di santità, in cui si fondono insieme l'unità e la cattolicità della Chiesa: un tesoro prezioso da riscoprire e da vivere con rinnovato entusiasmo e costante impegno. Cari pellegrini, qui giunti da ogni parte del mondo! In questo giorno di festa - ha proseguito Benedetto XVI - preghiamo con le espressioni della Liturgia orientale: 'Sia lode a Pietro e a Paolo, queste due grandi luci della Chiesa; essi brillano nel firmamento della fede'. In questo clima, desidero rivolgere un particolare pensiero alla delegazione del Patriarcato di Costantinopoli che, come ogni anno, è venuta per prender parte a queste nostre tradizionali celebrazioni. La Vergine Santa conduca tutti i credenti in Cristo al traguardo della piena unità!".

SIR, TMNews

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS

Il Papa: papato fondamento della Chiesa grazie a luce e forza dall'alto, solo l’apertura all’azione di Dio può trasformare la debolezza degli uomini

Questa mattina, Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, nella Basilica Vaticana, il Santo Padre Benedetto XVI ha imposto il sacro Pallio, preso dalla Confessione dell’Apostolo Pietro, a 43 nuovi arcivescovi metropoliti, nominati nel corso degli ultimi 12 mesi. Ad altri tre presuli il sacro Pallio verrà consegnato nelle loro sedi metropolitane. Di seguito il Papa presiede la Concelebrazione Eucaristica con i nuovi arcivescovi metropoliti. E' la prima volta che il rito di consegna di queste stole di lana che rappresentano il compito del 'pastore' avviene prima della Messa, una modifica introdotta per abbreviare la cerimonia e per sottolineare il fatto che imposizione dei palli non ha carattere sacramentale. Come da tradizione, in San Pietro è presente anche una delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. Oggi inoltre la liturgia è animata, oltre che dalla Cappella Sistina, anche dal Coro della abbazia di Westminster. Tra i nuovi arcivescovi che ricevono il Pallio tre italiani, il patriarca di Venezia Francesco Moraglia, l'arcivescovo di Taranto Filippo Santoro e l'arcivescovo di Cagliari Arrigo Miglio.
“La tradizione cristiana da sempre considera San Pietro e San Paolo inseparabili: in effetti, insieme, essi rappresentano tutto il Vangelo di Cristo” ha detto esordito nell'omelia il Papa. A Roma, ha precisato, “il loro legame come fratelli nella fede ha acquistato un significato particolare”. Infatti, “la comunità cristiana di questa Città li considerò come una specie di contraltare dei mitici Romolo e Remo, la coppia di fratelli a cui si faceva risalire la fondazione di Roma”. Si potrebbe pensare anche “a un altro parallelismo oppositivo, sempre sul tema della fratellanza: mentre, cioè, la prima coppia biblica di fratelli ci mostra l’effetto del peccato, per cui Caino uccide Abele, Pietro e Paolo, benché assai differenti umanamente l’uno dall’altro e malgrado nel loro rapporto non siano mancati conflitti, hanno realizzato un modo nuovo di essere fratelli, vissuto secondo il Vangelo, un modo autentico reso possibile proprio dalla grazia del Vangelo di Cristo operante in loro”. In effetti, “solo la sequela di Gesù conduce alla nuova fraternità: ecco il primo fondamentale messaggio che la solennità odierna consegna a ciascuno di noi, e la cui importanza si riflette anche sulla ricerca di quella piena comunione, cui anelano il patriarca ecumenico e il vescovo di Roma, come pure tutti i cristiani”. Soffermandosi poi sul Vangelo di oggi, Benedetto XVI si è domandato: "In che modo Pietro è la roccia? Come egli deve attuare questa prerogativa, che naturalmente non ha ricevuto per se stesso?". Pietro "riconosce l'identità di Gesù", non "'dalla carne e dal sangue', cioè dalle sue capacità umane, ma da una particolare rivelazione di Dio Padre". Allo stesso tempo, "subito dopo, quando Gesù preannuncia la sua passione, morte e risurrezione, Simon Pietro reagisce proprio a partire da 'carne e sangue': egli 'si mise a rimproverare il Signore:...questo non ti accadrà mai'. E Gesù a sua volta replicò: 'Va' dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo...'". “Appare qui evidente la tensione che esiste tra il dono che proviene dal Signore e le capacità umane; e in questa scena tra Gesù e Simon Pietro vediamo in qualche modo anticipato il dramma della storia dello stesso papato, caratterizzata proprio dalla compresenza di questi due elementi: da una parte, grazie alla luce e alla forza che vengono dall'alto, il papato costituisce il fondamento della Chiesa pellegrina nel tempo; dall'altra, lungo i secoli emerge anche la debolezza degli uomini, che solo l'apertura all'azione di Dio può trasformare". "E nel Vangelo di oggi - ha proseguito Benedetto XVI - emerge con forza la chiara promessa di Gesù: 'le porte degli inferi', cioè le forze del male, non potranno avere il sopravvento, 'non prevalebunt'". Ha così richiamato “la chiara promessa” di Gesù: “le porte degli inferi, cioè le forze del male non potranno avere il sopravvento”. Quella di Gesù, ha spiegato il Papa, è una promessa più grande di quelle fatte agli antichi profeti: “Questi, infatti, erano minacciati solo dai nemici umani, mentre Pietro” dovrà essere difeso “dal potere distruttivo del male”. “Pietro viene rassicurato riguardo al futuro della Chiesa, della nuova comunità fondata da Gesù Cristo e che si estende a tutti i tempi, al di là dell’esistenza personale di Pietro stesso”. E' venuta poi la spiegazione del "potere delle chiavi", di "legare e sciogliere": "Le due immagini - quella delle chiavi e quella del legare e sciogliere - esprimono pertanto significati simili e si rafforzano a vicenda. L'espressione 'legare e sciogliere' fa parte del linguaggio rabbinico e allude da un lato alle decisioni dottrinali, dall'altro al potere disciplinare, cioè alla facoltà di infliggere e di togliere la scomunica. Il parallelismo 'sulla terra... nei cieli' garantisce che le decisioni di Pietro nell'esercizio di questa sua funzione ecclesiale hanno valore anche davanti a Dio". "Alla luce di questi parallelismi - ha proseguito -, appare chiaramente che l'autorità di sciogliere e di legare consiste nel potere di rimettere i peccati. E questa grazia, che toglie energia alle forze del caos e del male, è nel cuore del ministero della Chiesa. La Chiesa non è una comunità di perfetti, ma di peccatori che si debbono riconoscere bisognosi dell'amore di Dio, bisognosi di essere purificati attraverso la Croce di Gesù Cristo. "I detti di Gesù sull'autorità di Pietro e degli Apostoli lasciano trasparire proprio che il potere di Dio è l'amore, l'amore che irradia la sua luce dal Calvario. Così possiamo anche comprendere perché, nel racconto evangelico, alla confessione di fede di Pietro fa seguito immediatamente il primo annuncio della passione: in effetti, Gesù con la sua morte ha vinto le potenze degli inferi, nel suo sangue ha riversato sul mondo un fiume immenso di misericordia, che irriga con le sue acque risanatrici l'umanità intera". Volgendosi poi alla figura dell'Apostolo Paolo, Benedetto XVI ha ricordato che "la tradizione iconografica raffigura san Paolo con la spada, e noi sappiamo che questa rappresenta lo strumento con cui egli fu ucciso. Leggendo, però, gli scritti dell'Apostolo delle genti, scopriamo che l'immagine della spada si riferisce a tutta la sua missione di evangelizzatore". "Sentendo avvicinarsi la morte, scrive a Timoteo: 'Ho combattuto la buona battaglia'. Non certo la battaglia di un condottiero, ma quella di un annunciatore della Parola di Dio, fedele a Cristo e alla sua Chiesa, a cui ha dato tutto se stesso. E proprio per questo il Signore gli ha donato la corona di gloria e lo ha posto, insieme con Pietro, quale colonna nell'edificio spirituale della Chiesa". Il Papa ha concluso la sua omelia con un appello alla comunione: "Cari metropoliti: il Pallio che vi ho conferito vi ricorderà sempre che siete stati costituiti nel e per il grande mistero di comunione che è la Chiesa, edificio spirituale costruito su Cristo pietra angolare e, nella sua dimensione terrena e storica, sulla roccia di Pietro. Animati da questa certezza, sentiamoci tutti insieme cooperatori della verità, la quale – sappiamo – è una e 'sinfonica' e richiede da ciascuno di noi e dalle nostre comunità l’impegno costante della conversione all’unico Signore nella grazia dell’unico Spirito”, ha concluso Benedetto XVI.


Asca, SIR, AsiaNews

CAPPELLA PAPALE NELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO - il testo integrale dell'omelia del Papa

61° ANNIVERSARIO DI ORDINAZIONE SACERDOTALE DI BENEDETTO XVI. 'SIGNORE, AIUTAMI A DIVENTARE SEMPRE DI PIU' TUO AMICO!'

"'Non più servi ma amici': in questa parola è racchiuso l’intero programma di una vita sacerdotale. Che cosa è veramente l’amicizia? Idem velle, idem nolle – volere le stesse cose e non volere le stesse cose, dicevano gli antichi. L’amicizia è una comunione del pensare e del volere. Il Signore ci dice la stessa cosa con grande insistenza: 'Conosco i miei e i miei conoscono me' (cfr Gv 10,14). Il Pastore chiama i suoi per nome (cfr Gv 10,3). Egli mi conosce per nome. Non sono un qualsiasi essere anonimo nell’infinità dell’universo. Mi conosce in modo del tutto personale. Ed io, conosco Lui? L’amicizia che Egli mi dona può solo significare che anch’io cerchi di conoscere sempre meglio Lui; che io, nella Scrittura, nei Sacramenti, nell’incontro della preghiera, nella comunione dei Santi, nelle persone che si avvicinano a me e che Egli mi manda, cerchi di conoscere sempre di più Lui stesso. L’amicizia non è soltanto conoscenza, è soprattutto comunione del volere. Significa che la mia volontà cresce verso il 'sì' dell’adesione alla sua. La sua volontà, infatti, non è per me una volontà esterna ed estranea, alla quale mi piego più o meno volentieri oppure non mi piego. No, nell’amicizia la mia volontà crescendo si unisce alla sua, la sua volontà diventa la mia, e proprio così divento veramente me stesso. Oltre alla comunione di pensiero e di volontà, il Signore menziona un terzo, nuovo elemento: Egli dà la sua vita per noi (cfr Gv 15,13; 10,15). Signore, aiutami a conoscerti sempre meglio! Aiutami ad essere sempre più una cosa sola con la tua volontà! Aiutami a vivere la mia vita non per me stesso, ma a viverla insieme con Te per gli altri! Aiutami a diventare sempre di più Tuo amico!".
(Benedetto XVI, 29 giugno 2011)