giovedì 8 settembre 2011

XXV Congresso Eucaristico Nazionale. Quinta giornata dedicata alla tradizione della Chiesa: Sacramento fonte e culmine della vita consacrata

Quinta giornata di lavori, tra Ancona e le altre cinque diocesi della Metropolia, per il XXV Congresso Eucaristico italiano, sul tema ‘Signore da chi andremo – L’Eucaristia per la vita quotidiana’. La giornata è stata dedicata alla ‘tradizione’ della Chiesa: confraternite, comunità e sacerdoti nel giorno della Natività della Beata Vergine Maria, tanto caro a Paolo VI. Proseguono le celebrazioni, i momenti di preghiera e le catechesi dei vescovi, provenienti da tutta la penisola, mentre nel capoluogo marchigiano cresce l’attesa per la visita di Benedetto XVI che chiuderà il Congresso domenica. Nel Teatro delle Muse di Ancona, il teologo Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, ha invece tenuto un intervento sull’Eucaristia, come “fonte e culmine della vita consacrata”. "Vivere pienamente il memoriale eucaristico significa fare dell'incontro col Signore Gesù la sorgente della bellezza di tutta la vita, specialmente della vita consacrata"’ ha affermato il vescovo. "E’ l’Eucaristia l’evento di grazia dove essa continuamente si esprime e si rigenera nella forza del dono dall’alto". Mons. Forte ha ricordato poi il primato della dimensione contemplativa, il lasciarsi ‘agire’ da Dio, e della condizione di servizio, ricordata da Gesù nella ‘lavanda dei piedi’, che caratterizzano la celebrazione dell’Eucaristia. "La frazione del pane – ha aggiunto – è anche segno di una profonda solidarietà nella comunanza di sorte". "Gesù lega esplicitamente l’istituzione dell’Eucaristia al banchetto della fraternità". "Il banchetto della nuova Pasqua rimanda inoltre - ha ricordato il teologo – a un altro banchetto, quello definitivo del Regno, di cui è anticipazione e promessa". Per cui l’Eucaristia è "speranza, apertura al futuro della promessa di Dio". Nella sua relazione Marco Vergottini, docente di teologia alla Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale, è partito dalla confessione di Pietro: “La confessione che l’apostolo Pietro rivolge a Gesù a conclusione del discorso sulla Parola e il Pane di vita, “Signore, da chi andremo?” è l’icona biblica scelta dal Congresso eucaristico. La Chiesa italiana è invitata a porsi di fronte al mistero che la genera, riscoprendo e custodendo la centralità dell’eucaristia, 'culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, fonte da cui promana tutta la sua virtù', così da riprendere con rinnovato vigore e slancio la sua missione. L’ambito della tradizione invita in particolare a riflettere in qual modo l’eucaristia sostiene il dinamismo della vita cristiana, sia come sguardo sulla persona umana e le sue relazioni sia come testimonianza. Il Cristo che si dona per amore, presente nel pane eucaristico, è per il cristiano punto di riferimento imprescindibile per quella vita buona del Vangelo, nella quale ogni uomo ed ogni donna può trovare la più profonda realizzazione della sua umanità. Il testo giovanneo rivela che Gesù è pane disceso dal cielo per la vita, secondo una doppia modalità: come pane eucaristico, ma anche come pane della parola di Dio. Nella celebrazione eucaristica le due forme di presenza del Signore, Parola e pane, prendono la forma di un’unica mensa, s’intrecciano e si sostengono mutuamente”. Quindi Vergottini ha spiegato l’Eucarestia in senso antropologico, affinché si abbia la vita in abbondanza: “Nella relazione familiare c’è un aspetto strutturale, ci sono aspettative reciproche che derivano non da uno scambio economico, ma dal legame religioso tra i soggetti. Da un punto di vista etimologico, il concetto di religio rinvia al latino ‘religere’, che dice l’atto dell’aver cura, del portare riguardo, come pure al verbo ‘religare’, che indica l’atto di tenere unito, collegare il visibile con l’invisibile. Dalle due radici scaturisce il prendersi cura dell’altro, nonché l’intreccio fra il senso del vivere umano e quello della esistenza cristiana. Sotto questo profilo, ‘l’educazione è tutta religiosa, oppure non è’. Nella dinamica dei rapporti familiari c’è qualcosa che va oltre il mutuo scambio: l’uomo e la donna portano con sé qualcosa, sono latori di un patrimonio culturale che dice l’incontro fra due mondi o, meglio, fra due storie, da cui non si può prescindere. La generazione del figlio lascia emergere la dimensione di un terzo, sì frutto dell’amore vicendevole, ma ancor più dono gratuito e preveniente. Il figlio è generato dalla volontà dei genitori, ma essi chiamandolo alla vita non possono disporre della sua libertà”. Quindi, la Chiesa, attraverso la tradizione, educa i suoi fedeli ad abitare il mondo: “Per quanto i van­geli mantengano un forte riserbo sui momenti iniziali della vita del Signore, la coscienza credente coltiva una forte consapevolezza del segreto della casa di Nazaret, così da meditare in qual modo Maria e Giuseppe si siano prodigati per rendere favorevole il mondo al bambino Gesù, insegnandogli a muovere i primi passi, abituandolo a fidarsi dell’ambiente domestico, propiziando nel figlio un’immagine di casa e di mondo come ambienti amichevoli, affidabili, attendibili… Emerge l’esigenza di una nuova capacità di annuncio per presentare in modo positivo ed esistenzialmente ricco la vita cristiana, in una società non più segnata da un cristianesimo civile, che dunque sollecita nei credenti una adesione convinta e personale al mistero della fede. Non può allora essere tralasciato il valore dell’impegno culturale in senso cristiano come ambito in cui la comunità dialoga con il mondo e fa emergere l’apporto proprio ed arricchente della fede alla concezione della persona e alla scienza. La buona novella dell’incontro del Regno, unitamente al dono di nutrirsi dell’eucaristia 'pane del cammino', donano una grande letizia, riorientano la vita, consentendo di affidarsi incondizionatamente alla logica di Dio e di colui che ce ne ha svelato il vero volto”. Il salesiano don Giuseppe Ruta ha lanciato uno sguardo sulla validità e vitalità delle Confraternite come luogo ‘eucaristico: “Le aggregazioni e le confraternite, in quanto espressioni ecclesiali, sono “luogo” in quanto spazio interpersonale, tessuto di rapporti, intreccio di comunione, missione e servizio; in esse vige un’originale vitalità della fede cristiana con delle costanti che le accomunano e delle variabili che le distinguono l’una dall’altra, caratterizzandole ‘originalmente’. Quando si dice ‘luogo vitale’ non si intende primariamente mettere in evidenza il fattore quantitativo o di sopravvivenza numerica, ma soprattutto la qualità della vita, la possibilità concreta della salvezza che ivi si realizza, il benessere che vige nelle relazioni e nelle azioni, la capacità di generare e di trasmettere vitalmente agli altri, specialmente alle nuove generazioni, l’esperienza di fede ecclesiale che caratterizza tutte e ciascuna… Tutte le Confraternite, e non solo quelle esplicitamente intitolate all’Eucaristia o al Santissimo Sacramento, hanno un legame con il Mistero Eucaristico o sono chiamate a riscoprirlo sempre di più. Esse sono ‘luogo vivo di una tradizione o meglio della tradizione eucaristica”. Il card. Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, ha ribadito il valore dell’Eucarestia: “L’Eucaristia ci deifica e rende la nostra vita offerta gradita a Dio. Per questo, essa è innanzitutto un rendimento di grazie per il dono ricevuto e donato. Come ministri del rendimento di grazie, noi sacerdoti dobbiamo sentire la gioia, mentre spezziamo il pane, di distribuire anche il grazie a tutti i nostri fratelli e sorelle, soprattutto in questo tempo fatto di pretese e di illusioni, che produce solo pessimismo e ha perso il sorriso e la gioia. E’ l’Eucaristia che si fa opera di carità e nutre soprattutto quanti hanno fame e sete di amore e di solidarietà. E’ l’Eucaristia che diventa vita quotidiana per il ministero e la vita dei sacerdoti”. Nella celebrazione eucaristica pomeridiana, mons. Piero Marini, presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionale, ha ricordato questa festività tanto importante, quanto abbastanza trascurata dai cristiani: “Nel vangelo abbiamo ascoltato la genealogia e l’annuncio dell’angelo: ‘Maria darà alla luce un figlio, che sarà chiamato Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati’. Con gli occhi del cuore illuminati dalla fede siamo oggi chiamati a comprendere che il corpo che ha preso carne in Maria è il corpo che Gesù stesso ha donato per la salvezza dell’intera umanità. La vita di Gesù Cristo, vita che compie in sé la storia di Israele e di tutta l’umanità, è la vita che egli ha donato puntualmente sulla croce; è la vita riassunta nei santi segni del pane e del vino… Non dimentichiamo però che il Corpo di Cristo che accompagniamo in processione è il Corpo di Cristo che riceviamo nella comunione, che è dentro di noi. Ricordiamo che Maria nell’Annunciazione con il suo ‘Fiat’ ha dato un corpo al Figlio di Dio. Ricordiamo che anche noi rispondiamo ‘Amen’, ‘Fiat’, al momento della comunione e ci impegniamo a diventare noi stessi Corpo di Cristo”. E nel convegno di "Retinopera", ospitato all'interno del Congresso Eucaristico, c’è stata la testimonianza del custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa: “'La grande novità in tutti i Paesi del Medio Oriente è rappresentata da un fermento civile e sociale che fa da contraltare a una debolezza delle leadership non solo politica ma anche religiosa. In Terra Santa sta emergendo una capacità dei palestinesi di passare, ad eccezione di cellule violente fuori controllo, a una forma di lotta non violenta sempre più presente… Il futuro è tutto da costruire, questa è una fase di grande incertezza ma anche di fascino”.

Simone Baroncia, Korazym.org - Radio Vaticana