sabato 28 gennaio 2012

Colloquio in Vaticano tra esponenti dei vescovi austriaci e dei dicasteri romani sulla ribellione dei parroci: apprensione per il pericolo di scisma

Nel pomeriggio di lunedì 23 gennaio in Vaticano si è tenuto un colloquio tra gli esponenti di punta della Conferenza Episcopale austriaca e i rappresentanti dei dicasteri romani sull’iniziativa capeggiata dal sacerdote Hellmut Schüller. Si tratta di un’assemblea di circa trecento chierici che non solo istiga a disobbedire alla Chiesa Cattolica romana facendosi interprete di tesi che rasentano l’eresia, ma che ora vuole pure costituirsi in rete internazionale, aperta ai sacerdoti di altre Nazioni e continenti. Per Papa Benedetto e la Curia romana è giunto il momento di non assistere più inerti a questo movimento che si vuole sganciare da Roma. Come ha asserito frattanto Schüller stesso nelle interviste che ha rilasciato, vi sono formazioni di sacerdoti in varie Nazioni come la Germania, la Francia o l’Australia, in attesa di aderire all’iniziativa. I vescovi austriaci in occasione del colloquio in Vaticano erano rappresentati da Christopher Schönborn (nella foto con Benedetto XVI), cardinale arcivescovo di Vienna, da Alois Kothgasser, arcivescovo di Salisburgo, nonché dai vescovi di Graz e St. Pölten, Egon Kapellari e Klaus Küng. Presenziavano parimenti prelati della Segreteria di Stato, della Congregazione della Dottrina della Fede nonché delle Congregazioni dei vescovi e del clero. L’obiettivo della parte vaticana era tra le altre cose quello di valutare attentamente, tramite quesiti mirati e approfonditi, l’entità dell’apostasia che si profila e che potrebbe sfociare in uno scisma dalla Chiesa. In ogni caso le proposte avanzate dalla “Pfarrer-Initiative” (Iniziativa dei parroci) di Schüller nel giugno 2011 hanno un “potenziale esplosivo”. L’“Appello alla disobbedienza” frattanto tradotto in dieci lingue recita testualmente: “Il rifiuto di Roma di intraprendere una riforma della Chiesa, necessaria da tempo, e l’inattività dei nostri vescovi non solo ci consentono, ma anzi ci obbligano a seguire la nostra coscienza e ad attivarci in maniera autonoma”. Facendo appello alle coscienze, come ormai si usa dire sempre più spesso all’interno della Chiesa, l’“Iniziativa dei Parroci” intende dimostrare non solo di avere posizioni di dissenso rispetto al Papa e ai vescovi, ma probabilmente fare leva su questo slogan ormai di moda e ancor più sulla sua natura di dichiarata dissidenza. Infatti nell’“Appello alla disobbedienza” si legge in merito ai sacerdoti sospesi o che vivono in concubinato: “Inoltre ci sentiamo solidali con quei colleghi che, a causa del loro matrimonio, non possono più esercitare il loro servizio, ma anche con quelli che, nonostante una relazione, continuano a fornire il loro servizio come preti. Entrambi i gruppi con la loro decisione seguono la loro coscienza, come facciamo noi con la nostra protesta”. Per alcune testate austriache Hellmut Schüller, già vicario generale del cardinale arcivescovo Schönborn e presidente della Caritas austriaca, è una star. Inoltre Schüller gode del plauso dei cattolici della Repubblica alpina ostili alla Curia di Roma, cui frattanto si aggiungono vari raggruppamenti di sacerdoti all’estero. L’arcivescovo di Vienna ha esitato a porre in atto misure di diritto canonico nei confronti dei preti in rivolta, temendo che, considerato il successo mediatico di Schüller, un chiarimento ufficiale e pertanto pubblico del conflitto possa degenerare in uno scisma palese e manifesto anziché latente come è stato finora. Questo è quanto ha rappresentato il porporato durante i colloqui al vertice in Vaticano. Tra i vari tentennamenti, la questione ora si profila in tutta la sua concretezza e si pone per il Vaticano. Nella Curia romana ormai si levano voci secondo le quali i prelati della Chiesa non devono continuare ad essere costretti ad accettare che sotto il tetto della Chiesa austriaca si insinui e mascheri sempre più su vasta scala uno scisma quiescente. Tenere il conflitto al di fuori della portata dei media e della pubblica opinione non aiuta la causa, soprattutto in considerazione del fatto che esso sussiste ormai da lungo tempo. I fedeli hanno bisogno di un orientamento preciso, anche per il caso in cui fornire indicazioni ben definite possa comportare la defezione di molti credenti. Papa Benedetto è preoccupato per la ribellione dei parroci in Austria. Il colloquio di lunedì scorso si è svolto in un ambiente circondato dalla massima riservatezza. Né i giornali, né gli uffici stampa del Vaticano hanno riportato la notizia. Si vorrebbe evitare di dare l’impressione che sono sempre Roma e il Vaticano a prendere provvedimenti contro i caporioni. Si auspicherebbe che i Vesvovi competenti ossia i presuli operanti nella Repubblica alpina, provvedessero a definire e chiarire le circostanze con i loro sacerdoti. Ciononostante il card. Schönborn tornando a Vienna si è sentito in qualche modo sollevato. Se l’“Iniziativa dei Parroci” frattanto ha annunciato di volersi internazionalizzare e instaurare collegamenti oltre i confini austriaci, la questione non riguarda più solo l’Austria, a questo punto la palla passa al Vaticano. L’arcivescovo di Vienna finora ha preso chiaramente le distanze dall’appello dell’“Iniziativa dei Parroci” di cui ha criticato tanto la forma quanto il contenuto, difendendo il celibato e ribadendo l’obbedienza dei sacerdoti. Ma non ha posto in essere e neppure annunciato provvedimenti di diritto canonico. In realtà non si tratta solo dell’obbedienza nei confronti del Papa e dei vescovi, bensì di questioni ben sostanziali quali la comprensione dell’Eucaristia, dell’ordinazione sacerdotale e della Chiesa stessa che, a seguito del successo mediatico di Helmut Schüller, attanagliano e confondono i fedeli ormai quasi incessantemente. La ragione dell’allontanamento è costituita dalla “percezione” che i sacerdoti hanno della propria missione e dei principi cardine della Chiesa. Gli autori dell’“Appello alla disobbedienza” non hanno mai negato di volere un’altra Chiesa: “In linea di principio non rifiuteremo la Comunione alle persone di buona volontà, in particolare i divorziati risposati, ai membri di altre Chiese Cristiane e, in alcuni casi, neanche ai cattolici che hanno abbandonato la Chiesa”, recita il testo. Quindi rincarano la dose: “Eviteremo quanto più possibile di celebrare di domenica o nei festivi più di una Messa o di ricorrere all’aiuto di sacerdoti itineranti o di altre parrocchie. Meglio un servizio della parola organizzato da noi, che la performance di ospiti per la liturgia”. La motivazione è a dir poco rocambolesca: “Per il futuro prenderemo in considerazione un servizio della parola in cui viene distribuita la Comunione intesa come 'Eucaristia senza prete' e la chiameremo proprio così. In tal modo assolviamo al nostro obbligo domenicale”. Se non altro questa elucubrazione avrebbe dovuto far accendere l’allarme rosso presso i presuli e in particolare presso un dogmatico profondo quale è Schönborn. Se una Messa con “Eucaristia senza prete” in termini profani è un paradosso, in termini teologici è un’eresia. Da tempo ormai non si tratta più solo dell’“Appello alla disobbedienza”, fattispecie contemplata nel Can. 1373 del Codice di diritto canonico, bensì dello scisma definito ai sensi del Can. 751 come “rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice”. Se le cose stanno così, sarebbe, eccome, preciso obbligo dei vescovi conferire con i membri dell’“Iniziativa dei Parroci” e metterli di fronte alla scelta di optare per le risoluzioni varate o per la dottrina e l’ordinamento della Chiesa. Ma i vescovi austriaci preferiscono astenersi da un tale “showdown” davanti ai riflettori, come lo ha definito una volta il portavoce di Schönborn, da un canto perché, come si dice a Piazza Santo Stefano a Vienna, una battaglia mediatica contro Helmut Schüller non ricondurrebbe all’ovile l’artefice, né i simpatizzanti dell’“Iniziativa dei Parroci”, dall’altra perché la secolarizzazione dell’Austria, un tempo cattolica, è ormai ad uno stadio avanzato, talmente avanzato che un procedimento disciplinare dei vescovi nei confronti di un prete scismatico o eretico, che dir si voglia, non verrebbe compreso dalla maggior parte dei cattolici. In questo scenario lo scisma forse è solo una questione di pretesti o di inezie.

Guido Horst, Vatican Insider