Paolo Rodari, Il Foglio
giovedì 13 gennaio 2011
I firmatari dell’appello al Papa su Assisi rispondono a Melloni: abbiamo solo posto una domanda su un evento non dottrinale, nessuna accusa
Il primo gennaio Benedetto XVI ha annunciato che il prossimo ottobre sarà ad Assisi. Replicherà il raduno interreligioso voluto nel 1986 nella città umbra da Karol Wojtyla. L’annuncio ha suscitato polemiche. Su Il Foglio mercoledì alcuni intellettuali cattolici hanno chiesto al Papa di “rifuggire lo spirito di Assisi”, ovvero di non cadere in quell’indifferentismo e relativismo religioso che secondo molti il raduno wojtyliano aveva in sé. All’appello apparso su Il Foglio ha reagito ieri sul Corriere della Sera lo storico di scuola dossettiana Alberto Melloni. Secondo Melloni i firmatari dell’appello sono cattolici “zelanti e irrispettosi” che “cercano d’influenzare il Papa”. A suo dire l’obiettivo di questa “intimidazione” è di “rendere minimale in termini quantitativi e qualitativi la presenza di Benedetto XVI ad Assisi”. “Mossa audace e sbagliata”, scrive, anche perché “nessun conformismo ha mai legato le mani del Papa”. Tra i firmatari dell’appello c’è Francesco Agnoli. Dice: “E’ strano che Melloni, paladino d’un cattolicesimo non propriamente ‘istituzionale’, critichi coloro che, con rispetto, pongono domande. Che ricorra a una presunta disobbedienza, rispetto a temi che non c’entrano nulla con essa. E lo fa condendo il tutto non con argomenti, che mancano, quanto con aggettivi pesanti, veramente poco caritatevoli, con un odio malcelato tipico dei tolleranti di professione. Pronti a sbranare il fratello cristiano mentre predicano l’ecumenismo con i lontani. Noi abbiamo solo posto una domanda: non è che andando ad Assisi si corre il rischio di interpretazioni sincretiste? La domanda mi sembra legittima”. Assisi, in effetti, qualche domanda l’ha suscitata. Dice Agnoli: “Già Pio XII si rifiutò di dare il consenso a un raduno interreligioso, proprio in quella città. Nel 1986 Ratzinger non andò ad Assisi. Ci andò dopo aver scritto la ‘Dominus Iesus’, e in una circostanza diversa. Il card. Giacomo Biffi, da arcivescovo di Bologna, sollevò diverse riserve in merito. Insomma, argomenti che suscitano domande ce ne sono. Per questo non capisco Melloni. E non capisco certe critiche provenienti dalla ‘destra’ cattolica. Già, perché mi sembra che ci sia anche un mondo cosiddetto conservatore che non ha idea di cosa sia la libertas del cristiano. La Chiesa non è una prigione: i paletti sono il dogma, la verità, e, molto dopo, il rispetto. Siamo liberi di porre domande intorno all’opinabile, non alla Rivelazione. La storia della Chiesa degli ultimi due secoli è piena di scivoloni mediatici, compiuti dai Papi, o dalle loro Curie (che non di rado hanno spinto dei Pontefici dove costoro non volevano andare). Oggi Assisi significa, per la gente, una cosa: il Papa che prega assieme ai rappresentanti di altre religioni un presunto ‘unico Dio’. E’ un’immagine che mina l’idea della dottrina che il Cristo sia il Salvatore. L’incontro di Assisi dell’86 mi impressionò. Il messaggio che passava era che ci si poteva salvare anche grazie alle altre religioni. Mentre la Chiesa dice che tutti si possono salvare, ma non in quanto panteisti, animisti, musulmani ecc., ma in quanto fedeli alle leggi poste nel cuore dell’uomo dal Creatore. Io credo che dopo la ‘lectio’ di Ratisbona sia successo qualcosa. Credo che nella Curia romana ci sia chi spinge il Papa in certe direzioni...altrimenti non si capirebbe un certo cambio di passo. Oggi che il fondamentalismo islamico stermina i cristiani, non è più chiaro che il Dio dei cristiani è diverso da quello della ‘guerra santa’? Oggi che gli induisti bruciano i cristiani perché non credono alle caste e professano l’uguaglianza tra gli uomini, non è evidente la differenza tra Cristo e le divinità indù? Sono presuntuoso, come dice qualcuno? Beato medioevo, quando tra cattolici si poteva discutere, nella fedeltà a Cristo e alla Chiesa”. Discutere è ciò che vuole fare un altro firmatario dell’appello, Roberto de Mattei. “L’appello è una domanda aperta. Non è un’accusa nei confronti di nessuno. Assisi, tra l’altro, non è un evento dottrinale ma è un esercizio di governo. Nel 1986 ero ad Assisi. Ricordo le chiese cattoliche divenute sede di riti animisti. L’evento fu talmente catastrofico che poi Ratzinger cercò di riparare. Non a caso la sua posizione ecumenica fu fortemente diversa da quella del card. Walter Kasper. E’ questa diversità che speriamo il Papa metta in campo ad Assisi. Perché la prima Assisi, quella del 1986, con tutto l’impatto mediatico che ebbe, fu un disastro”.