Ogni pubblicazione nasce in un contesto specifico che dà alle riflessioni in questione il loro inconfondibile profilo. Anzi. Esse sono, in ultima analisi, i riflessi di questacornice qualificante. Nel caso de "La porta della fede. Sul mistero cristiano" di Bruno Forte (Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 2012, pagine 122, euro 11) bisogna evocare altri due titoli dello stesso autore per cogliere fino in fondo le particolarità delle sue considerazioni. L’arcivescovo di Chieti-Vasto è da sempre molto sensibile alle sfide contemporanee. Ben consapevole delle problematiche postmoderne, s’impegna a correggere e a superarele tendenze centrifughe correnti. Infatti, in occasione delle molteplici celebrazioni dell’anno 2000, si è posto la domanda "Dove va il Cristianesimo?" (Queriniana) e ha offerto alcune puntuali analisi critiche sulla polarità tra il nord e il sud del mondo, sull’ambigua dinamica della globalizzazione e sulle proposte dell’ortodossia orientale. In dialogo con le intuizioni del "Concilio Vaticano II" ha optato per un cristianesimo che presta attenzione alle varie questioni antropologiche e incarna la logica di un umanesimo dialogante. Soltanto una tale apertura coraggiosa permette e promuove la salvaguardia dell’identità cristiana. Una sana consapevolezza dei propri valori e delle verità innegoziabili non può mai guadagnare una fisionomia convincente se si articola in un monologo autosufficiente e chiuso. Questo dialogo non deve tuttavia limitarsi all’interesse per le varie posizioni presenti e attuali. Ha anche bisogno di un sensato arricchimento storico. Così sfugge al facile inganno di definizioni riduttive o banali. Ed è inquesta prospettiva che nel 2002 Forte ha pubblicato poi, come una sorta di virtuoso epilogo al Grande Giubileo, il suo saggio su "L’essenza del cristianesimo" (Mondadori), confrontandosi con un’accesa discussione filosofico-teologica, che era sorta verso la metà dell’Ottocento. Raccogliendole intuizioni di Feuerbach, von Harnack e Guardini, dispiega l’“Amore crocifisso” come epicentro del cristianesimo. Per evitare, al riguardo, il pericolo di una speculazione astratta, ossia di una fede staccata dalla vita, riprende ora la questione di un’iniziazione concreta. Bisogna “esercitarsi nel cristianesimo” (Kierkegaard); ci vuole una radicale e radicata “introduzione” (Ratzinger-BenedettoXVI). Altrimenti non si varca la soglia che porta all’autentica fede. Eccolo scenario complessivo in cui sicollocano i paragrafi de "La porta della fede". Già i singoli elementi deltitolo sono alquanto indicativi. Questo dato emerge ancora più visibilmentese si considera anche il sottotitolo dell’opera. Sul mistero cristiano evoca una corrente della teologia novecentesca che inizia con alcuni spunti mistagogici, elaborati dopo la Grande guerra, e raggiunge il suo apice negli anni Settanta, quando Jüngel descrive, in modo sistematico,il 'Deus semper maior'. La fede cristiana colloca il credente davanti a un Dio che ha certamente i lineamentidi una persona, ma non può comunque mai essere definito del tutto da un concetto umano. La sua vitalità fresca include l’eterna prospettiva di una sempre possibile sorpresa. In questo senso, credere significa convivere con l’Assoluto, che assolve dalla fissa del calcolabile e dalla trappola dell’unilaterale. La presenza dell’Onnipotente pone un limite a ogni atteggiamento prepotente dell’uomo, nel suo intendere, ragionare e volere. Bisogna imparare a incarnare nel proprio esistere e a pensare tali coordinate. Esse guariscono e redimono davvero ogni uomo. Per promuovere questa dinamica della fede cristiana, Forte ha scelto uno stile sapienziale e meditativo. Le sue considerazioni sono caratterizzate da una grande sensibilità pastorale. Infatti, con alcune proposte per una relativa utilizzazione, l’opera si presta bene come guida per un cammino di fede, individuale o comunitario. È un ottimo strumento per favorire e accompagnare un’autentica crescita integrale. Le quattro parti della pubblicazione,rendono evidente, nel loro susseguirsi, questa dinamica pedagogica. Forte definisce la logica intrinseca del Mistero con i seguenti attributi: “professato”, “celebrato”, “vissuto” e “pregato ”. Recitando econtemplando i singoli articoli del Simbolo apostolico, il credente viene, intellettualmente, dischiuso per accogliere il Mistero. Soltanto, però, con la dovuta attenzione alla Parola di Dio e alla rilevanza coinvolgente dei sacramenti, il Mistero prende il largo nell’esistenza dell’individuo. Per dare, poi, un profilo coerente al suo agire, il credente deve ispirarsi ai comandamenti e alle beatitudini. E infine può sentirsi consolato nei vari momenti di sconforto quando pronuncia le parole del Padre nostro, dell’Ave Maria e del Gloria al Padre. In quest’ottica pluridimensionale, Forte riesce a descriverela prospettiva ultima del Mistero con tutta la sua valenza pratica e concreta. Parlarne in questi termini apre innegabilmente una porta, la porta cioè di una fede matura ed equilibrata. Chi è in cerca di un valido compagno di viaggio per prepararsi all’Anno della fede indetto da Benedetto XVI dovrebbe cogliere l’occasione che Forte offre con le sue riflessioni sul Mistero cristiano, e approfondire la propria opzione fondamentale di credente, sulle orme dei suggerimenti mirati dell’opera.
Enrico Dal Covolo, L'Osservatore Romano