martedì 12 giugno 2012

Il Papa in Libano. Ombre sul viaggio: Santa Sede preoccupata per tensioni presenti nel paese. Diplomazia all’opera per verificare la piena sicurezza

Benedetto XVI vuole andare in Libano, nell’autunno prossimo; e la linea ufficiale di conseguenza da’ il viaggio come una certezza. Ma crescono nei Palazzi Apostolici i segnali di preoccupazione. Mancano tre mesi a quello che dovrebbe essere un momento storico nel rapporto fra il Paese dei cedri e la Santa Sede; ma ancora il viaggio non è stato annunciato. Potrà forse esserlo più avanti; ma la riluttanza a mettere dei contorni precisi a una trasferta di grandissima rilevanza per le comunità cristiane del Medio Oriente è rivelatrice se non altro del desiderio di muoversi con i piedi di piombo in una situazione regionale che si rivela sempre più volatile. Certo è che in Segreteria di Stato gli sviluppi della guerra civile siriana, alimentata da armi e armati jihadisti provenienti dall’esterno, Libano compreso, sono monitorati quotidianamente con grandissima attenzione. Diversi elementi sono all’esame dei diplomatici in talare. Il primo, e più evidente, è “l’esportazione” della guerra siriana nel nord del Libano. Ormai da settimane Tarablus, Tripoli, è teatro di scontri sanguinosi, anche con armi di medio calibro, fra fazioni islamiche di obbedienza diversa. “Questi incidenti sono un chiaro messaggio che il Libano può esplodere in qualunque momento”, ha dichiarato Ghassan al-Azzi, professore di scienze politiche all’Università Libanese. “Il Paese, diviso fra pro e anti siriani, è diventato ostaggio della crisi”. A Tarablus, dove la presenza alawita è forte, questa componente dell’islam, la stessa da cui proviene il gruppo dirigente di Damasco, si scontra con i sunniti che appoggiano i Fratelli musulmani, la principale forza di opposizione. Ed è da notare che l’esercito libanese si guarda bene dall’intervenire, alimentando così incertezza e timori. Ci sono anche altri elementi di preoccupazione, per i diplomatici vaticani. Nei giorni scorsi l’inviato dell’Onu in Libano, Bashar Jaafari ha accusato alcune aree del Paese dei Cedri di essere “terreno di incubazione” per elementi terroristi di al-Qaeda e dei Fratelli musulmani. E il traffico di armi fra i due Paesi è aumentato in maniera considerevole. E il carattere anti-cristiano e fondamentalista della guerra dell’opposizione in Siria è un altro elemento di preoccupazione. Sempre più spesso risuona lo slogan: “Gli alawiti nella bara, i cristiani a Beirut”. In Siria stanno convergendo, secondo le informazioni che giungono alle Logge vaticane, terroristi e combattenti islamici affiliati ad al-Qaeda e ad altri sottogruppi terroristici, che si autodefiniscono “Takfiri”. I Takfiri sono quanti nell’islam considerano musulmani moderati, cristiani e membri di altre religioni come infedeli (Kafir) e quindi bersagli legittimi. Il precedente viaggio di un Papa in Libano risale al 1997. La guerra civile era terminata, la situazione regionale stabile e bloccata dal puntello siriano da un lato, e da quello israeliano dall’altro. Benedetto XVI, che vorrebbe recarsi a Beirut per dare un messaggio di speranza, e incoraggiarli a non fuggire, ai cristiani della regione può trovare un terreno molto più infido, e un’atmosfera decisamente instabile. Sarà un caso, ma nei giorni scorsi l’esercito israeliano ha dato vita a esercitazioni che avevano come teatro la simulazione di un conflitto nel sud del Libano. Tutto questo spiega perché l’annuncio ufficiale del viaggio sarà oggetto di grande riflessione, e prudenza.

Marco Tosatti, Vatican Insider