giovedì 2 luglio 2009

Il card. Montezemolo: la tomba di San Paolo fra storia e fede. Ecco come abbiamo studiato i resti dell'Apostolo in accordo con il Papa

''Lo ripeto e lo confermo: la tomba di San Paolo non è stata mai aperta''. A spiegarlo, in un'intervista a L'Osservatore Romano, è il card. Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, arciprete della Basilica di San Paolo fuori le Mura (foto), all'indomani dell'annuncio di Benedetto XVI che che i resti umani custoditi nel sarcofago sotto l'altare della Confessione della Basilica sono compatibili con l'epoca in cui visse l'Apostolo delle Genti. In primo luogo, il cardinale spiega i motivi di tanti silenzi e di tanti segreti: ''Anzitutto si tratta di annunci che spettano al Papa. Poi non volevamo ripetere gli errori commessi in passato in occasione del ritrovamento della tomba di San Pietro e delle sue ossa. Si venne a sapere delle indagini e subito si innescò una polemica che divise gli archeologi''. ''Quando circa due anni fa proposi al Papa la celebrazione di un anno da dedicare a San Paolo nella ricorrenza del bimillenario della morte - prosegue il porporato - avanzai anche l'idea di una ricognizione del sarcofago. Da quasi due millenni è qui, e non è mai stato aperto per una verifica. C'è una concordanza incontrastata sul fatto che qui si conservano i resti di San Paolo. Ma non era stato mai controllato cosa vi fosse realmente. Il Papa accettò immediatamente e di buon grado anche questa proposta. Solo che si decise di rinviare l'operazione dopo la chiusura dell'Anno Paolino per evitare di costringere i fedeli a pregare in un cantiere piuttosto che nella Basilica. Per aprire il sarcofago sarà infatti necessario spostare non solo l'altare della Confessione, ma probabilmente anche il prezioso baldacchino, opera di Arnolfo di Cambio''. Il card. Montezemolo non manca di spiegare nel dettaglio come sono andate le analisi che hanno permesso l'annuncio del pontefice, provando a mettere fine a dubbi e scetticismi. ''Dopo essermi consultato con gli esperti dei Musei Vaticani - racconta - ho formulato una proposta al Papa: praticare un forellino sulla lastra che copre il sarcofago per esaminarne il contenuto. Non ricordo bene quale giorno fosse, ma sicuramente era nell'inverno tra la fine del 2007 e l'inizio del 2008, quando Ulderico Santamaria, un chimico docente di Scienza e tecnologia dei materiali presso l'università della Tuscia, direttore del Laboratorio di diagnostica per la conservazione e il restauro dei Musei Vaticani, eseguì, dopo un giuramento solenne di segretezza e sotto la diretta responsabilità degli esperti dei Musei Vaticani, il forellino sulla lastra, usando un piccolo trapano, simile a quello di un dentista. Introdusse una microsonda grazie alla quale fu possibile vedere, anche se per un piccolo raggio, cosa vi fosse. Con una micropinza, del tipo di quelle usate per le artroscopie e la microchirurgia, prelevo' alcuni reperti. Li facemmo analizzare, in tutta segretezza per i motivi che ho prima accennato, presso un laboratorio specializzato in questo tipo di esami. Neppure al laboratorio rivelammo fonte e committente, sempre allo scopo di non influenzare minimamente l'esame, affinchè fosse il più possibile obiettivo e scientificamente sicuro''. ''Tutto il lavoro è stato eseguito nel più assoluto riserbo. Pochissime le persone che ne erano a conoscenza'', precisa in un altro articolo L'Osservatore Romano, che raccoglie anche la confidenza di un impiegato della Basilica: ''Devono averlo fatto di notte o comunque in un momento in cui la Basilica e gli annessi uffici erano deserti. Nessuno di noi si è accorto o ha saputo nulla, sino a quando il Papa lo ha rivelato il 28 giugno scorso''. Il cardinale, nell'intervista, ribadisce di aver ''agito sempre in accordo con Benedetto XVI, anche quando non ho dato nessuna informazione a chi aveva cominciato a fiutare qualcosa''. L'annuncio ''mi ha come liberato di un peso enorme - aggiunge - che mi portavo dentro da oltre un anno. Del resto tutti noi, custodi del segreto, eravamo coscienti che dovesse essere proprio il Papa a darne conferma e a dire che quei resti erano attribuibili all'Apostolo''. Ora l'attesa si sposta sui tempi di approfondimento dello studio, già realizzato, per procedere all'apertura del sarcofago. ''Non prevedo tempi brevi - dice il porporato - perchè il lavoro da fare non è poca cosa e la delicatezza del sito richiede tanta, tantissima prudenza''.

Asca