Anche i vescovi svizzeri scendono in campo: in una nota ufficiale a firma del loro presidente, mons. Kurt Koch, la Conferenza Episcopale Elvetica definisce "intollerabile" la negazione della Shoah e chiede ai lefebvriani di riconoscere esplicitamente il Concilio Vaticano II e la dichiarazione conciliare "Nostra aetate" sui rapporti con l'ebraismo. I vescovi svizzeri sono particolarmente sensibili alla 'questione lefebvriana' anche perché il 'quartier generale' dei seguaci di mons. Lefebvre si trova proprio in Svizzera, ad Econe. "Con un decreto firmato dal Prefetto per la Congregazione per i vescovi, il card. Giovanni Battista Re, il Papa Benedetto XVI ha revocato il 21 gennaio la pena della scomunica contro i quattro vescovi della Fraternità sacerdotale San Pio X. Questo decreto è l'espressione della volontà del Papa di riassorbire lo scisma con una comunità che conta nel mondo alcune centinaia di migliaia di fedeli e 493 preti. Si è tuttavia prestata poca attenzione - sottolinea il presidente dei vescovi svizzeri - al fatto che questi quattro vescovi rimangono 'sospesi a divinis'. Non è loro permesso, pertanto, di esercitare il loro ministero episcopale". "Diverse reazioni - prosegue Koch - hanno manifestato una grande preoccupazione di fronte a questa decisione del Papa che tende la mano per la riconciliazione. Qui bisogna evitare equivoci: secondo il diritto della Chiesa, la revoca della scomunica non è la riconciliazione o la riabilitazione, ma l'apertura della strada verso la riconciliazione. Questo atto non è, dunque, la fine, ma il punto di partenza per un dialogo necessario sulle questioni controverse. Di fronte a queste profonde divergenze, questo cammino potrà essere lungo".
"L'intervista concessa da uno di questi vescovi alla televisione svedese poco prima della pubblicazione della revoca della scomunica - prosegue il presidente dei vescovi svizzeri - ha aggravato le preoccupazioni. Mons. Richard Williamson vi affermava che non 'è evidenza storica dell'esistenza delle camere a gas e che solo due-trecentomila ebrei sono stati uccisi dai nazisti e non sei milioni. La Chiesa cattolica - sottolinea il presule - non può in alcun modo accettare questa negazione dell'Olocausto. Il portavoce vaticano ha preso posizione al momento della pubblicazione del decreto su queste affermazioni assurde e le ha definite 'totalmente inaccetabili'. Noi, vescovi svizzeri, facciamo nostra questa condanna e preghiamo i membri delle comunità ebraiche svizzere di scusare le irritazioni di questi ultimi giorni. Coloro che conoscono Benedetto XVI e il suo atteggiamento positivo nei confronti dell'ebraismo sanno che non può tollerare gli sbandamenti indifendibili di mons. Williamson". "I vescovi svizzeri - conclude Koch - hanno inoltre appreso che mons. Bernard Fellay, superiore generale della Fraternità San Pio X, ha preso le distanze dalle dichiarazioni di mons. Williamson. Nel passato, tuttavia, i quattro vescovi hanno più volte dichiarato che, insieme alla Fraternità, non accettavano la dichiarazione del Concilio Vaticano II "Nostra aetate" sulle relazioni con l'ebraismo e le religioni non cristiane. Noi, vescovi svizzeri, attendiamo che nel corso delle discussioni condizionali al ristabilimento della comunione e alla revoca della sospensione, i quattro vescovi della Fraternità dichiarino in modo credibile che accettano il Concilio Vaticano II e, in particolare, la dichiarazione "Nostra aetate" e che adottino un atteggiamento positivo verso l'ebraismo".
"L'intervista concessa da uno di questi vescovi alla televisione svedese poco prima della pubblicazione della revoca della scomunica - prosegue il presidente dei vescovi svizzeri - ha aggravato le preoccupazioni. Mons. Richard Williamson vi affermava che non 'è evidenza storica dell'esistenza delle camere a gas e che solo due-trecentomila ebrei sono stati uccisi dai nazisti e non sei milioni. La Chiesa cattolica - sottolinea il presule - non può in alcun modo accettare questa negazione dell'Olocausto. Il portavoce vaticano ha preso posizione al momento della pubblicazione del decreto su queste affermazioni assurde e le ha definite 'totalmente inaccetabili'. Noi, vescovi svizzeri, facciamo nostra questa condanna e preghiamo i membri delle comunità ebraiche svizzere di scusare le irritazioni di questi ultimi giorni. Coloro che conoscono Benedetto XVI e il suo atteggiamento positivo nei confronti dell'ebraismo sanno che non può tollerare gli sbandamenti indifendibili di mons. Williamson". "I vescovi svizzeri - conclude Koch - hanno inoltre appreso che mons. Bernard Fellay, superiore generale della Fraternità San Pio X, ha preso le distanze dalle dichiarazioni di mons. Williamson. Nel passato, tuttavia, i quattro vescovi hanno più volte dichiarato che, insieme alla Fraternità, non accettavano la dichiarazione del Concilio Vaticano II "Nostra aetate" sulle relazioni con l'ebraismo e le religioni non cristiane. Noi, vescovi svizzeri, attendiamo che nel corso delle discussioni condizionali al ristabilimento della comunione e alla revoca della sospensione, i quattro vescovi della Fraternità dichiarino in modo credibile che accettano il Concilio Vaticano II e, in particolare, la dichiarazione "Nostra aetate" e che adottino un atteggiamento positivo verso l'ebraismo".