martedì 4 settembre 2012

Concluso il 'Ratzinger Schülerkreis'. Adoukonou: confessare i nostri peccati per lasciare che la verità di Dio continui la sua opera di redenzione

È la visione profetica dell’ecumenismo quella che più è rimasta impressa nella mente degli ex allievi di Benedetto XVI, riuniti nel cosiddetto "Ratzinger Schülerkreis", che ieri hanno concluso il tradizionale seminario estivo nelC entro Mariapoli di Castel Gandolfo, dopo aver partecipato domenica mattina alla Messa presieduta dal Pontefice. Lo spiega a L'Osservatore Romano il vescovo Barthélemy Adoukonou, segretario del Pontificio Consiglio della Cultura, facendo un primo bilancio delle giornate di studio e di riflessione alle quali ha preso parte. Il presule sottolinea innanzitutto che nell’omelia, pronunciata a braccio, Benedetto XVI è andato al fulcro principale di quanto discusso durante l’incontro e ha lanciato unas orta di grido di allarme. Le parole del Papa sono state chiare quando ha detto che non abbiamo più il coraggio di credere o parlare di verità. Agli occhi di molti, oggi, affermare di avere la verità equivale aessere intolleranti. In effetti il Pontefice ha sottolineato, precisa il vescovo africano, che nessuno può dire di possedere la verità, perché essa è un dono di Dio e pertanto siamo noi che apparteniamo a essa e non noi ad averla. D’altronde, sottolinea mons. Adoukonou, anche nelle discussioni è stato più volte notato che il nostro tempo è intollerante. Riallacciandosi a quello che è stato uno dei temi portanti dell’incontro, quel ritorno a Dio tanto necessario, il presule spiega come "l’unica soluzione davanti alle critiche dell’illuminismo è tornare al nome di Dio rivelato a Mosè: 'Io sono Colui che sono'. L’assoluto del suo essere ha in sé la sorgente di tutto. Nel suo rivelarsi c’è la radicalità di Dio, del suo essere per noi". Dal dibattito è emerso come nella rivelazione del nome di Dio compiuta da Cristo, "Egli è misericordia, tenerezza, perdono. La forza del suo amore vince sempre sulla collera". Quanto al tema dell’ecumenismo, a cui è stato dedicato quest’anno l’incontro degli ex allievi di Joseph Ratzinger, esso "implica una lettura del peccato e della rottura dell’unità: tutti siamo colpevoli - afferma il segretario del Pontificio Consiglio della Cultura riassumendo il senso della discussione - e pertanto dobbiamo tornare a confessare i nostri peccati per lasciare che la verità di Dio continui la sua opera di redenzione del mondo". Questa premessa, sottolinea il presule, "porta a concludere che fare teologia in ambito ecumenico non è un affare per pochi intellettuali, ma è un fatto che riguarda tutta la cristianità. Significa pentirsi insieme per ricominciare a credere in Dio. E il mondo crederà nella misura in cui sapremo riconoscere il nostro peccato davanti alla realtà di un Dio che in Cristo ha manifestato il suo amore". In questo ambito perciò, conclude mons. Adoukonou, "dobbiamo riconoscere che l’ecumeneè una grazia. Dio si rivela a noi per la nostra redenzione. A noi che con la rottura abbiamo peccato. Però, grazie al suo amore, possiamo insieme riconoscere il nostro peccato e celebrare la purificazione della memoria".

L'Osservatore Romano