mercoledì 26 ottobre 2011

Il Papa: la Croce il nuovo arco di pace, segno e strumento di riconciliazione, di perdono, di comprensione, segno che l’amore è più forte della morte

All'inizio dell'omelia della Liturgia della Parola, richiamando il titolo della Giornata di domani ad Assisi, "Pellegrini della verità, pellegrini della pace", Benedetto XVI ha spiegato che esso sta a significare "l'impegno che vogliamo rinnovare con persone di altre religioni e anche con i non crdenti per la promozione del vero bene dell'umanità e la costruzione della pace. Come ho già avuto modo di ricordare, chi è in cammino verso Dio non può non tramettere la pace, chi costruisce la pace non può non avvicinarsi a Dio". “Come cristiani, siamo convinti che il contributo più prezioso che possiamo dare alla causa della pace è quello della preghiera”, ha spiegato Benedetto XVI sottolineando l’importanza di “invocare con fede il dono della pace”: solo così, infatti, “il Signore può illuminare la nostra mente e i nostri cuori e guidarci ad essere costruttori di giustizia e di riconciliazione nelle nostre realtà quotidiane e nel mondo”. Riferendosi poi alle letture, il Papa ha fatto notare che “quello che viene annunciato non è un re che si presenta con la potenza umana, la forza delle armi; non è un re che domina con il potere politico e militare; è un re mansueto, che regna con l’umiltà e la mitezza di fronte a Dio e agli uomini, un re diverso rispetto ai grandi sovrani del mondo”, venuto per annunciare “la pace alle nazioni”. La nascita di Gesù, in particolare, “porta un annuncio di pace per tutto il mondo”: quando fa il suo ingresso nella Città Santa, inoltre, “non è su di una ricca carrozza, non è a cavallo come i grandi. Non entra in Gerusalemme accompagnato da un potente esercito di carri e di cavalieri. Egli è un re povero, il re di coloro che sono i poveri di Dio. “Gesù – ha proseguito il Santo Padre - è il re di coloro che hanno il cuore libero dalla brama di potere e di ricchezza materiale, dalla volontà e dalla ricerca di dominio sull’altro. Gesù è il re di quanti hanno quella libertà interiore che rende capaci di superare l’avidità, l’egoismo che c’è nel mondo, e sanno che Dio solo è la loro ricchezza. Gesù è re povero tra i poveri, mite tra coloro che vogliono essere miti”. In questo modo, Gesù “è re di pace, grazie alla potenza di Dio, che è la potenza del bene, la potenza dell’amore. E’ un re che farà sparire i carri e i cavalli da battaglia, che spezzerà gli archi da guerra; un re che realizza la pace sulla Croce, congiungendo la terra e il cielo e gettando un ponte fraterno tra tutti gli uomini”. “La Croce – ha affermato il Papa - è il nuovo arco di pace, segno e strumento di riconciliazione, di perdono, di comprensione, segno che l’amore è più forte di ogni violenza e di ogni oppressione, più forte della morte: il male si vince con il bene, con l’amore”. “Il regno che Cristo inaugura ha dimensioni universali”, ha ricordato il Papa: “L’orizzonte di questo re povero, mite non è quello di un territorio, di uno Stato, ma sono i confini del mondo; al di là di ogni barriera di razza, di lingua, di cultura, egli crea comunione, crea unità”.
Un annuncio, questo, che oggi si realizza “nella grande rete delle comunità eucaristiche che si estende su tutta la terra”. “E’ il grande mosaico – ha esclamato il Papa - che costituisce il regno di pace di Gesù da mare a mare fino ai confini del mondo; è una moltitudine di isole della pace, che irradiano pace. Dappertutto, in ogni realtà, in ogni cultura, dalle grandi città con i loro palazzi, fino ai piccoli villaggi con le umili dimore, dalle possenti cattedrali alle piccole cappelle, Egli viene, si rende presente; e nell’entrare in comunione con Lui anche gli uomini sono uniti tra di loro in un unico corpo, superando divisioni, rivalità, rancori. Il Signore viene nell’Eucaristia per toglierci dal nostro individualismo, dai nostri particolarismi che escludono gli altri, per formare di noi un solo corpo, un solo regno di pace in un mondo diviso”. Ecco allora che chi vuole essere “discepolo del Signore”, deve essere pronto “anche alla passione e al martirio, a perdere la propria vita per Lui, perché nel mondo trionfino il bene, l’amore, la pace”: “I cristiani non devono mai cedere alla tentazione di diventare lupi tra i lupi; non è con il potere, con la forza, con la violenza che il regno di pace di Cristo si estende, ma con il dono di sé, con l’amore portato all’estremo, anche verso i nemici. Gesù non vince il mondo con la forza delle armi, ma con la forza della Croce, che è la vera garanzia della vittoria”."Davanti alla Basilica di San Pietro - ha detto il Papa - ci sono due statue, quella di San Pietro e quella di San Paolo. San Pietro ha in mano delle chiavi, San Paolo una spada. Per chi non conosce la storia di quest'ultimo - ha sottolineato Benedetto XVI - potrebbe pensare che sia un grande condottiero che ha sottomesso popoli e nazioni procurandosi fama e ricchezza con il sangue altrui".
"Invece è esattamente il contrario. La spada - ha notato Papa Ratzinger - è lo strumento con cui venne messo a morte, subì il martirio e sparse il suo proprio sangue. La sua battalgia non è quella della violenza, ma quella del martirio per Cristo, l'annuncio di Cristo crocifisso". L'Apostolo delle genti "non ha cercato una vita tranquilla, comoda, lontana dalle contrarietà, ma si è consumato per il Vangelo, ha dato tutto se steso senza riserve e così è stato un grande messaggero della pace e della riconciliazione in Cristo. La spada inoltre - ha aggiunto il Papa - richiama la potenza della verità, che spesso può ferire, far male. L'Apostolo fu fedele fino in fondo a questa verità". "Questa stessa logica - ha detto il Papa - vale anche per noi, perché se vogliamo essere anunciatori di pace dobbiamo essere disposti a pagare di persona e soffrire in prima persona le incomprensioni, il rifiuto e la persecuzione. Non con la spada del conquistatore ma la spada del sofferente, di chi sa donare la propria vita". "Come cristiani vogliamo invocare da Dio il dono della pace, gli chiediamo che ci renda strumenti della sua pace. In un mondo ancora lacerato da odio, divisioni e guerre vogliamo chiedere che l'incontro di domani favorisca il dialogo tra persone di diverse fedi e porti un raggio di luce capace di illuminare il cuore di tutti gli uomini perché il rancore ceda il posto al perdono, la divisione alla riconciliazione, l'odio all'amore, la violenza alla mitezza e nel mondo regni la pace".

SIR, Radio Vaticana, TMNews

UDIENZA GENERALE: PREGHIERA IN PREPARAZIONE ALL’INCONTRO DI ASSISI - il testo integrale dell'omelia del Papa