giovedì 6 agosto 2009

31° anniversario della morte di Paolo VI. Il Papa: pastore tutto preso da una tensione missionaria e da sincero desiderio di dialogo con l'umanità

Trentuno anni fa, la morte di Papa Paolo VI (nella foto con l'allora card. Ratzinger): era la sera del 6 agosto 1978, Festa della Trasfigurazione. Umile testimone del Vangelo, Paolo VI portò a compimento il Concilio Vaticano II e guidò la Chiesa con saggezza e lungimiranza assumendo, per amore della Verità, decisioni anche impopolari. Un Pastore mite e fermo che guidò la Barca di Pietro in anni burrascosi, tenendo lo sguardo fisso su Cristo. Per Benedetto XVI, Paolo VI è un Pontefice “indimenticabile”. A Papa Montini, Joseph Ratzinger è legato da un affetto particolare: fu proprio Paolo VI a nominarlo arcivescovo di Monaco di Baviera e a crearlo cardinale. Ma qual è stato il “segreto dell’azione pastorale di Paolo VI” a cui attinse lungo tutto il suo Pontificato? “L’amore per Cristo”, risponde Benedetto XVI.
“In effetti, il segreto dell'azione pastorale che Paolo VI svolse con instancabile dedizione, adottando talora decisioni difficili e impopolari, sta proprio nel suo amore per Cristo: amore che vibra con espressioni toccanti in tutti i suoi insegnamenti. Il suo animo di Pastore era tutto preso da una tensione missionaria alimentata da sincero desiderio di dialogo con l’umanità. Il suo invito profetico, più volte riproposto, a rinnovare il mondo travagliato da inquietudini e violenze mediante 'la civiltà dell’amore', nasceva da un totale suo affidamento a Gesù, Redentore dell’uomo” [Ai membri dell'Istituto Paolo VI di Brescia (3 marzo 2007)] .
Uomo di pace, impegnato coraggiosamente nel dialogo ecumenico, Paolo VI dà inizio ai viaggi apostolici internazionali. Ma è soprattutto ricordato come il Papa che ha portato a compimento il Concilio Vaticano II e che ha guidato la Chiesa negli anni difficili del post Concilio. Un merito “quasi sovrumano”, afferma Benedetto XVI, che si apprezza sempre più man mano che il nostro sguardo sul passato “si fa più largo e consapevole”.
“Se infatti fu Giovanni XXIII a indirlo e a iniziarlo, toccò a lui, suo successore, portarlo a compimento con mano esperta, delicata e ferma. Non meno arduo fu per Papa Montini reggere la Chiesa nel periodo post-conciliare. Non si lasciò condizionare da incomprensioni e critiche, anche se dovette sopportare sofferenze e attacchi talora violenti, ma restò in ogni circostanza fermo e prudente timoniere della barca di Pietro”.
Del Magistero di Paolo VI ricordiamo alcune pietre miliari come le Encicliche "Humanae vitae" e "Populorum progressio". La prima ribadisce che la libertà va coniugata alla verità di fronte al dono inestimabile della vita umana. Nel 40° anniversario della pubblicazione, nel 2008, Benedetto XVI ricorda il contesto difficile in cui maturò la decisione di Papa Montini di dedicare un’Enciclica all’amore coniugale responsabile: "Quel documento divenne ben presto segno di contraddizione. Elaborato alla luce di una decisione sofferta, esso costituisce un significativo gesto di coraggio nel ribadire la continuità della dottrina e della tradizione della Chiesa. Quel testo, spesso frainteso ed equivocato, fece molto discutere anche perché si poneva agli albori di una profonda contestazione che segnò la vita di intere generazioni” [Ai partecipanti al Congresso internazionale promosso dalla Pontificia Università Lateranense, nel 40° Anniversario dell’Enciclica "Humanae vitae" (10 maggio 2008)].
Profetica anche la "Populorum progressio" del 1967 in cui Paolo VI sottolinea che lo sviluppo è il “nuovo nome della pace”. Ma uno sviluppo senza Dio, avverte Papa Montini, è uno sviluppo disumanizzato.
“In questo testo più volte citato nei documenti successivi, quel grande Pontefice già asseriva con forza che lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Infatti, esso "per essere sviluppo autentico, deve essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo".
Proprio questa Enciclica, spiega Benedetto XVI, è la bussola della “Caritas in veritate”. Come 40 anni fa, è l’esortazione che accomuna i due Pontefici, c’è bisogno di uno sviluppo che rispetti la dignità dell’uomo.

Radio Vaticana