giovedì 6 agosto 2009

Anno Sacerdotale. ll card. Hummes: Benedetto XVI auspica che si viva in spirito di santificazione. I preti devono farsi sentire vicini alla gente

"Lo spirito nel quale il Papa auspica che noi si viva quest’Anno Sacerdotale è la santificazione dei sacerdoti...L’efficacia del ministero sacerdotale dipende prima di tutto dalla loro perfezione spirituale". È partito da qui il card. Claudio Hummes, prefetto della Congregazione per il clero, nell’omelia pronunciata martedì ad Ars nella memoria liturgica a 150 anni dalla morte di San Giovanni Maria Vianney (foto) che Pio XI, nel 1929, proclamò "santo patrono di tutti i parroci del mondo" e che Benedetto XVI ha scelto come modello dell’Anno Sacerdotale. Un appuntamento atteso quello di ieri nella Basilica francese intitolata al Curato d’Ars. Servito a indicare l’attualità dell’opera del santo in un momento in cui "il relativismo della nostra cultura postmoderna occidentale ha oscurato gli orientamenti che ci indicano la nostra coscienza e la luce della fede. Tante persone – ha rilevato Hummes – oggi errano come pecore senza pastore e rimangono in attesa, coscientemente o meno, della parola salvatrice del Vangelo". Ecco perché l’esistenza di Giovanni Maria Vianney diventa un esempio: "La sua vita è ricca di insegnamenti – ha detto ieri il porporato –. Egli appare come modello sacerdotale per la sua vita di fede e di preghiera costante, per la sua spiritualità profonda e solida, la sua penitenza, la sua umiltà e la sua povertà, il suo modo di porre la celebrazione della Messa al centro della vita parrocchiale, il suo infaticabile e meraviglioso ministero del sacramento della confessione, il suo ministero della Parola di Dio per la predicazione e la catechesi, il suo amore per i poveri, la sua carità pastorale che lo portava ad andare incontro a ogni singolo abitante della sua parrocchia per convertirlo e salvarlo. Non ne voleva perdere alcuno, senza eccezione". Perché per il Curato d’Ars "fintanto che una persona della parrocchia rimanga non toccata dal Vangelo, la sua responsabilità di curato rimane impegnata. Noi sappiamo – ha spiegato il card. Hummes – che questa era la sua grande sofferenza, persino la sua angoscia, e su questo ci invita a interrogarci. Siamo tormentati anche noi dal pensiero delle persone che attendono ancora la luce del Vangelo?". Il confronto si gioca sulle strade, spesso sdrucciolevoli e tortuose, calcate dall’uomo di oggi: "Il sacerdote – ha evidenziato il prefetto della Congregazione per il clero – non può limitarsi a gettare il seme della Parola solo dalla finestra del suo presbiterio. Deve andare nel terreno scoperto, là dove vivono gli uomini. Benedetto XVI ha detto che la gente, soprattutto i poveri, deve sentire di nuovo la vicinanza della Chiesa. È questa la carità pastorale!". Indicando il continuo sacrificio del Curato d’Ars alla grata del confessionale per accogliere le folle che volevano riconciliarsi, Hummes ha sottolineato che "ancora oggi i nostri contemporanei cercano il perdono, la pace interiore, la riconciliazione con Dio e con il prossimo, ma spesso non trovano la persona che possa loro indicare il cammino o chi li comprenda nella confessione. È uno dei ministeri essenziali di ogni sacerdote. Deve essere compiuto con fede, spirito di sacrificio, amore pastorale". Poi l’invito a guardare alla famiglia Vianney, "di fede semplice e profonda", per "fare delle vostre famiglie delle chiese domestiche, dei focolari ardenti di fede e di amore, dove si preghi insieme" e dove si osi "chiedere al Signore la grazia di una vocazione sacerdotale".

Vito Salinaro, Avvenire