giovedì 8 novembre 2012

A pochi giorni dall’incontro dei teologi della Liberazione, Convegno internazionale organizzato dalla Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI a Rio de Janeiro per riflettere sul pensiero del Papa

Il Brasile è stato, per molti anni, uno dei centri nevralgici della Teologia della Liberazione latinoamericana. Culla di personaggi come Leonardo Boff, ex religioso francescano contestatore, ecologista, ideologo di questa corrente di pensiero d’ispirazione marxista. Ma il cattolicesimo brasiliano è molto di più dei “liberazionisti” e delle “comunità ecclesiali di base”: è anche la culla di movimenti profondamente fedeli al Papa. Uno di questi, gli Araldi del Vangelo, porterà nel proprio paese nient’altro che la teologia di Joseph Ratzinger. "Cos’è che fa dell’uomo un uomo". Questo è il titolo del secondo convegno internazionale organizzato dalla Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI. Il primo è stato a Bydgoszcz, Polonia, alla fine del 2011. L’Università Cattolica di Río de Janeiro sarà il luogo, oggi e domani, nel quale diversi rappresentanti di più di 90 atenei discuteranno sul pensiero dell’attuale Papa. L’incontro mette sul tavolo una questione sospesa per l’America Latina. Dove sono i grandi pensatori cattolici di questa regione? C’è una teologia autoctona, oltre i “liberazionisti” che promuovono una Chiesa “popolare”, di base, critica e, in genere, in rotta di collisione con la Santa Sede? Tutte questioni più attuali che mai, perché i teologi della liberazione hanno appena concluso il loro convegno continentale (tenutosi dal 7 all’11 ottobre a Sao Leopoldo, Brasile).  "La teologia della liberazione sembrava una grande teologia, ma poi è rimasto chiaro che non offriva nessuna prospettiva, non portava la gioia. Nella riflessione sul come andare avanti c’è il rischio di ritornare al passato, o la tentazione di non voler fare più teologia", ha detto a Vatican Insider mons. Giuseppe Scotti, presidente della Fondazione Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, parlando dei percorsi teologici latinoamericani. E anche se riconoscesse che non è ancora stato individuato un intellettuale di questa regione meritevole del Premio Ratzinger (chiamato anche “Nobel di teologia”), Scotti è convinto che "l’America Latina ha molte più possibilità di quelle che si possano immaginare". "Noi, ad oggi, non abbiamo individuato delle persone specifiche per il premio. Ma abbiamo notato alcuni professori molto attivi e culturalmente preparati, capaci di non perdere il legame con Roma, nel senso bello e buono della fede, ma con una declinazione locale", ha spiegato. E poi ha aggiunto: "La teologia non può essere eurocentrica. L’uomo impara a parlare di Dio non solo nella sua lingua, ma anche nel suo contesto culturale, umano, sociale, con tutte le gioie e tutti i dolori". Adesso, dunque, il pensiero diJoseph Ratzinger sbarcherà nella terra di Boff. Non il pensiero del Papa, ma quello del teologo, colui che 50 anni fa (durante il Concilio Vaticano II) era considerato progressista e oggi è profondamente “aperturista”. Almeno secondo mons. Scotti: "Il mondo moderno percepisce quest’uomo come un 'provocatore' dal punto di vista culturale".

Andrés Beltramo Álvarez, Vatican Insider