Tempo ordinario uguale tempo della santità. Altro che periodo vuoto, senza senso, piatto. I due discepoli che si mettono a seguire Gesù scoprono presto di aver incontrato, come diranno, “il Messia”, con tutto ciò che di straordinario questo significherà. Ma, rileva il Pontefice, l’inizio del loro rapporto con Gesù parte con una domanda, anch’essa piuttosto scontata: “Maestro, dove abiti?”. E Gesù: “Venite e vedrete”. Ebbene, pure in questa ordinarietà, dice il Papa, è nascosta un'indicazione importante: “La parola di Dio ci invita a riprendere, all’inizio di un nuovo anno, questo cammino di fede mai concluso. ‘Maestro, dove abiti?’, diciamo anche noi a Gesù ed Egli ci risponde: ‘Venite e vedrete’. Per il credente è sempre un’incessante ricerca e una nuova scoperta, perché Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre, ma noi, il mondo, la storia, non siamo mai gli stessi, ed Egli ci viene incontro per donarci la sua comunione e la pienezza della vita” (Angelus, 15 gennaio 2006).
Ecco il quotidiano trasformato, nel cuore di chi ha fede, in eccezione. E che un cristiano che sia tale non possa cadere vittima della noia della routine lo diceva chiaramente don Luigi Monza, uno dei preti Santi del primo Novecento beatificato nel 2006, quando affermava: “La santità non consiste nel fare cose straordinarie ma nel fare straordinariamente bene le cose ordinarie”. Certo, osservava proprio pochi giorni fa Benedetto XVI nel primo Angelus del 2011, non è sempre facile incontrare con Cristo ogni giorno. Ciò che può frapporsi sono quei problemi che, riconosceva, “non mancano, nella Chiesa e nel mondo, come pure nella vita quotidiana delle famiglie”. “Ma, grazie a Dio – affermava – la nostra speranza non fa conto su improbabili pronostici e nemmeno sulle previsioni economiche, pur importanti”.
“La nostra speranza è in Dio, non nel senso di una generica religiosità, o di un fatalismo ammantato di fede. Noi confidiamo nel Dio che in Gesù Cristo ha rivelato in modo compiuto e definitivo la sua volontà di stare con l’uomo, di condividere la sua storia, per guidarci tutti al suo Regno di amore e di vita. E questa grande speranza anima e talvolta corregge le nostre speranze umane” (Angelus, 3 gennaio 2010).
I discepoli che seguono Gesù il giorno dopo il grande evento del Giordano e diventano parte della sua vita straordinaria sono dunque l’immagine dello straordinario "giorno dopo" così come dovrebbe essere nella vita di un seguace di Cristo. Se, come i due discepoli del Vangelo, si mette a cercare Gesù e lo trova: “‘Cercare’, ‘trovare’. Possiamo estrarre dalla pagina evangelica odierna questi due verbi e ricavare un’indicazione fondamentale per il nuovo anno...Essere discepolo di Cristo: questo basta al cristiano. L’amicizia col Maestro assicura all’anima pace profonda e serenità anche nei momenti bui e nelle prove più ardue. Quando la fede si imbatte in notti oscure, nelle quali non si ‘sente’ e non si ‘vede’ più la presenza di Dio, l’amicizia di Gesù garantisce che in realtà nulla può mai separarci dal suo amore” (Angelus, 15 gennaio 2006).
Radio Vaticana