SIR - Paolo Rodari, Il Foglio - Andrea Tornielli, Il Giornale
mercoledì 9 febbraio 2011
Lombardi: in arrivo Motu Proprio per alcune competenze del dicastero per il Culto divino ma nessun controllo restrittivo sul rinnovamento liturgico
“È vero che è da tempo allo studio un Motu Proprio per disporre il trasferimento di una competenza tecnico-giuridica, come ad esempio quello di dispensa per il matrimonio ‘rato e non consumato’ dalla Congregazione per il Culto Divino al Tribunale della Sacra Rota. Ma non vi è alcun fondamento né motivo per vedere in ciò un’intenzione di promuovere un controllo di tipo ‘restrittivo’ da parte della Congregazione nella promozione del rinnovamento liturgico voluto dal Concilio Vaticano II”. Lo ha affermato questa mattina il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, commentando la notizia della pubblicazione nelle prossime settimane di documento di Benedetto XVI con cui si intendono riorganizzare le competenze della Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei Sacramenti. Il Motu Proprio è frutto di una lunga gestazione, lo hanno rivisto dal Pontificio Consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi e gli uffici della Segreteria di Stato, ed è motivato principalmente dal trasferimento della competenza sulle cause matrimoniali alla Rota Romana. Si tratta delle cause cosiddette del "rato ma non consumato", cioè riguardanti il matrimonio avvenuto in Chiesa ma non compiutosi per la mancata unione carnale dei due sposi. Sono circa cinquecento casi all’anno, e interessano soprattutto alcuni Paesi asiatici dove ancora esistono i matrimoni combinati con ragazzine in età molto giovane, ma anche i Paesi occidentali per quei casi di impotenza psicologica a compiere l'atto sessuale. Perdendo questa sezione, che passerà alla Rota, la Congregazione per il Culto divino di fatto non si occuperà più dei sacramenti e manterrà soltanto la competenza in materia liturgica. Secondo alcune autorevoli indiscrezioni un passaggio del Motu Proprio di Benedetto XVI potrebbe citare esplicitamente quel "nuovo movimento liturgico" del quale ha parlato in tempi recenti il card. Antonio Cañizares Llovera, intervenendo durante il Concistoro dello scorso novembre. La Congregazione per il Culto divino, che qualcuno vorrebbe anche ribattezzare della Sacra Liturgia o della Divina Liturgia, si dovrà quindi occupare di questo nuovo movimento liturgico, anche con l’inaugurazione di una nuova sezione del dicastero dedicata all'arte e alla musica sacra. Dalla fine del Concilio Vaticano II a oggi la Liturgia della Chiesa Cattolica ha subìto abusi che sovente l’hanno trasformata, a tratti anche sventrata, nel suo nocciolo più profondo. Benedetto XVI ha denunziato più volte questi abusi, queste cattive interpretazioni di quanto i testi del Vaticano II avevano sancito, su tutti la “Sacrosanctum Concilium”, il primo documento conciliare, spiegando che se la fede della Chiesa la si scopre in come prega (“lex orandi, lex credendi”) occorre tornare a una Liturgia fedele alle regole, nuova come il Vaticano II ha sancito, senza però che sia sganciata da certe peculiarità del passato. Come ha detto recentemente anche il card. Cañizares in un’intervista a Il Giornale, “ciò che occorre è un nuovo movimento liturgico, che riporti più sacralità e silenzio nella Messa, e più attenzione alla bellezza nel canto, nella musica e nell’arte sacra”. Il Papa questo nuovo movimento liturgico l’ha sponsorizzato dall’inizio del suo Pontificato con l’esempio: le sue Liturgie hanno perso molto di quella teatralità che era diventata un imprinting delle celebrazioni papali ai tempi di Wojtyla, e hanno guadagnato parecchio in silenzio, senso dell’orientamento, attenzione per i particolari. E adesso, dopo quasi sei anni di Pontificato, tutto il suo sforzo si convoglia in questo Motu Proprio di imminente uscita. L’idea di impiantare nella Chiesa una sorta di “riforma della riforma” liturgica (nel post Concilio avvenne quella riforma che in parte tradì il volere dei padre conciliari) è un chiodo fisso del Papa. Egli, non a caso, ha voluto che la pubblicazione della propria “Opera omnia” iniziasse partendo dal volume undicesimo, quello dedicato alla Liturgia, perché, scrive, è “nel rapporto con la Liturgia che si decide il destino della fede e della chiesa. Cristo è presente nella chiesa attraverso i sacramenti. Dio è il soggetto della Liturgia, non noi. La Liturgia non è un’azione dell’uomo, ma è azione di Dio”. Troppo spesso non è stato così. Troppo spesso la Liturgia è stata ferita da deformazioni arbitrarie. In tante celebrazioni non si è più posto al centro Dio, ma l’uomo e il suo protagonismo, la sua azione creativa, il ruolo principale dato all’assemblea. Il rinnovamento conciliare è stato inteso come una rottura e non come uno sviluppo organico della tradizione. Per questo motivo Papa Ratzinger ha riproposto l’orientamento dell’azione liturgica, la croce al centro dell’altare, la comunione in ginocchio, il canto gregoriano, lo spazio per il silenzio, una certa cura dell’arte sacra. Per questo motivo esce con un Motu Proprio, una disposizione importante che va a sanare una lacuna divenuta oramai atavica. Già da cardinale Joseph Ratzinger disse parole chiare in merito. Il 28 dicembre del 2001 intervenne sul quotidiano francese La Croix: “Alcuni addetti ai lavori vorrebbero far credere che tutte le idee non perfettamente conformi ai loro schemi sono un ritorno nostalgico al passato. Lo dicono solo per partito preso. Bisogna riflettere seriamente sulle cose e non accusare gli altri di essere partigiani di San Pio V. Ogni generazione ha il compito di migliorare e rendere più conforme allo spirito delle origini la liturgia. E penso che effettivamente oggi c’è motivo di lavorare molto in questo senso, e riformare la riforma. Senza rivoluzioni (sono un riformista, non un rivoluzionario), ma un cambiamento ci deve essere. Dichiarare impossibile a priori ogni miglioramento mi sembra un dogmatismo assurdo”.
SIR - Paolo Rodari, Il Foglio - Andrea Tornielli, Il Giornale
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