mercoledì 9 febbraio 2011

Il Papa: chi predica sia testimone personale e strumento di Gesù, unito a Lui dalla fede nel Vangelo e nella Chiesa, da una vita moralmente coerente

Udienza generale questa mattina nell’Aula Paolo VI, dove Benedetto XVI ha incontrato gruppi di fedeli e pellegrini provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Nella catechesi il Papa ha incentrato la sua meditazione sulla figura di San Pietro Canisio, dottore della Chiesa. Pietro Kanijs, latinizzato in Canisius, nacque nel 1521 a Nimega in Olanda, suo padre era il borgomastro della città. Frequentò l’importante centro di spiritualità dei monaci certosini di santa Barbara. Nel 1543 a Magonza entrò tra i gesuiti. Ordinato sacerdote nel 1546 a Colonia, già l’anno seguente è presente al Concilio di Trento. Nel 1548 Sant’Ignazio di Loyola gli fece completare a Roma la formazione e poi lo inviò al collegio di Messina, dove svolse umili servizi domestici. Nel 1549 prese il dottorato in teologia e Sant’Ignazio lo inviò in Germania, nel ducato di Baviera. Come decano, rettore e vicecancelliere dell’università di Ingolstadt, “curò la vita accademica dell’Istituto e la riforma religiosa e morale del popolo”. A Vienna, dove per breve tempo fu amministratore della diocesi, “svolse il ministero pastorale negli ospedali e nelle carceri, sia nella città sia nelle campagne, e preparò la pubblicazione del suo catechismo”. Nel 1556 fondò il Collegio di Praga e, fino al 1569, fu il primo superiore della provincia gesuita della Germania superiore. In questo ufficio, stabilì nei Paesi germanici una fitta rete di comunità del suo Ordine, specialmente di collegi, che furono punti di partenza per la riforma cattolica. In quegli anni prese parte anche al colloquio di Worms con i dirigenti protestanti, fu nunzio in Polonia, partecipò alle due Diete di Augusta, intervenne alla sessione finale del Concilio di Trento dove parlò sulla questione della Comunione sotto le due specie e dell’Indice dei libri proibiti. Nel 1580 si ritirò a Friburgo in Svizzera, tutto dedito alla predicazione e alla composizione delle sue opere, e là morì il 21 dicembre 1597. San Pietro Canisio “trascorse buona parte della sua vita a contatto con le persone socialmente più importanti del suo tempo ed esercitò un influsso speciale con i suoi scritti”, i più diffusi dei quali furono i tre catechismi composti tra il 1555 e il 1558. “Il primo catechismo era destinato agli studenti in grado di comprendere nozioni elementari di teologia; il secondo ai ragazzi del popolo per una prima istruzione religiosa; il terzo ai ragazzi con una formazione scolastica a livello di scuole medie e superiori. La dottrina cattolica era esposta con domande e risposte, brevemente, in termini biblici, con molta chiarezza e senza accenni polemici”. “Questo catechismo ha formato le persone per secoli e ancora ai tempi di mio padre – ha aggiunto il Papa – il catechismo era chiamato il Canisio”. “È, questa, una caratteristica di San Pietro Canisio: saper comporre armoniosamente la fedeltà ai principi dogmatici con il rispetto dovuto ad ogni persona”. Così “ha distinto l’apostasia consapevole e colpevole dalla perdita di fede incolpevole”, ed ebbe a dichiarare che “la maggior parte dei tedeschi” che passarono al protestantesimo “erano senza colpe”. “In un momento storico di forti contrasti confessionali, evitava – questa era una cosa straordinaria - l’asprezza e la retorica dell’ira, cosa rara a quei tempi nelle discussioni tra cristiani, dall’una e dall’altra parte, e mirava soltanto alla presentazione delle radici spirituali e alla rivitalizzazione della fede e della Chiesa”, aiutato in questo dalla “conoscenza vasta e penetrante” della Sacra Scrittura e dalla “personale relazione con Dio e l’austera spiritualità”. “E’ caratteristica della spiritualità di San Canisio una profonda amicizia personale con Gesù”. Il Santo operò per il rinnovamento della fede cattolica attraverso tre dimensioni: la pace, l’amore e la perseveranza. Ebbe la “chiara consapevolezza di essere nella Chiesa un continuatore della missione degli Apostoli. E questo ci ricorda che ogni autentico evangelizzatore è sempre uno strumento unito, e perciò stesso fecondo, con Gesù e con la sua Chiesa”. Ha così rammentato come per il Santo solo con la preghiera costante si può vivere un’intima amicizia con Gesù: “Perciò, negli scritti destinati all’educazione spirituale del popolo, il nostro Santo insiste sull’importanza della Liturgia con i suoi commenti ai Vangeli, alle feste, al rito della Santa Messa e degli altri Sacramenti, ma, nello stesso tempo, ha cura di mostrare ai fedeli la necessità e la bellezza che la preghiera personale quotidiana affianchi e permei la partecipazione al culto pubblico della Chiesa”. La sua esortazione a mettere la preghiera al centro della vita di fede, ha quindi soggiunto, è stata riproposta autorevolmente dal Concilio Vaticano II, in particolare nella Costituzione “Sacrosanctum Concilium”: “La vita cristiana non cresce se non è alimentata dalla partecipazione alla Liturgia, in modo particolare alla Santa Messa domenicale, e dalla preghiera personale quotidiana. In mezzo alle mille attività e ai molteplici stimoli che ci circondano, è necessario trovare ogni giorno dei momenti di raccoglimento davanti al Signore per ascoltarlo e parlare con Lui”. Quindi, il Papa ha concluso la catechesi sottolineando quanto sia attuale l’esempio che San Pietro Canisio ci ha lasciato con la sua vita: “Egli insegna con chiarezza che il ministero apostolico è incisivo e produce frutti di salvezza nei cuori solo se il predicatore è testimone di Gesù e sa essere strumento a sua disposizione, a Lui strettamente unito dalla fede nel suo Vangelo e nella sua Chiesa, da una vita moralmente coerente e da un’orazione incessante come l’amore. E questo vale per ogni cristiano che voglia vivere con impegno e fedeltà la sua adesione a Cristo”.

AsiaNews, Radio Vaticana

L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa