"In questi tempi, davanti a quanto accade al nostro movimento, mi viene spesso alla mente l’esperienza del popolo d’Israele. Mi auguro che non ci debba capitare ciò che è successo ad esso: rifiutandosi di ascoltare i richiami dei profeti, il popolo fu portato in esilio". Lo scrive in una lettera resa nota oggi don Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione.
Carrón ricorda quanto accaduto al popolo d’Israele rimasto sordo alla voce dei profeti e portato in esilio: "Solo allora, spogliato di tutto, capì dove la stava la sua vera consistenza. Israele si fece umile e divenne una presenza in grado di rendere testimonianza al suo Signore, libero da qualsiasi pretesa egemonica di identificare la propria sicurezza con un possesso e con una riuscita umana. Attraverso la durezza di quella circostanza – l’esilio – , Dio purificò il Suo popolo e lo fece risplendere in mezzo a tutti".
In un altro passaggio della lettera, Carrón, appena tornato dal Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione al quale ha partecipato come membro per volere di Benedetto XVI, scrive: "Sentendo la chiamata alla conversione che veniva dall’Aula sinodale, non ho potuto evitare di ricordare il richiamo che ci fece don Giussani tanti anni fa a Viterbo, invitandoci a 'recuperare la verità della nostra vocazione e del nostro impegno'. Perché anche noi, ci diceva, corriamo il rischio di 'ridurre il nostro impegno a una teorizzazione di metodo socio-pedagogico, all’attivismo conseguente e alla difesa politica di esso, invece che riaffermare e proporre all’uomo nostro fratello un fatto di vita'".
Don Giussani, continua il presidente di CL, "domandava: 'Ma un fatto di vita dove si appoggia? Dov’è la vita? La vita sei tu'. Eppure tante volte a noi questa posizione sembra troppo poco concreta, inincidente storicamente, una sorta di 'scelta religiosa'. Infatti, continuava don Giussani, 'per molti di noi che la salvezza sia Gesù Cristo e che la liberazione della vita e dell’uomo, qui e nell’aldilà, sia legata continuamente all’incontro con lui è diventato un richiamo ‘spirituale’. Il concreto sarebbe altro: è l’impegno sindacale, è far passare certi diritti, è la organizzazione'".
Carrón nella lettera cita molte espressioni di Benedetto XVI, a partire dall’introduzione fatta a braccio dal Papa il primo giorno del Sinodo, quando ha detto: "La Chiesa non comincia con il 'fare' nostro, ma con il “fare” e il 'parlare' di Dio. Così gli apostoli non hanno detto, dopo alcune assemblee: adesso vogliamo creare una Chiesa, e con la forma di una costituente avrebbero elaborato una costituzione. No, hanno pregato e in preghiera hanno aspettato, perché sapevano che solo Dio stesso può creare la sua Chiesa, che Dio è il primo agente: se Dio non agisce, le nostre cose sono solo le nostre e sono insufficienti; solo Dio può testimoniare che è Lui che parla e ha parlato".
Dunque, ha osservato il sacerdote spagnolo succeduto a don Giussani, "il nostro contributo si può inserire solo nel dinamismo messo in moto da Dio stesso attraverso il suo Spirito".
Andrea Tornielli, Vatican Insider