Dio è onnipotente ma la sua è una onnipotenza dell'amore. Il Pontefice ha criticato quella teologia, anche cristiana, che per fare una ''povera apologia'' di Dio, per sottrarlo alla responsabilità del male del mondo, arriva a ridurne e metterne in discussione anche l'onnipotenza. L'uomo, per il Papa, tende istintivamente ad associare l'onnipotenza con la capacità di far male e di ''distruzione'' ma, ha obiettato, ''l'onnipotenza di Dio non è il mito dell'onnipotenza''. ''Se la sua potenza finisse dove inizia il potere del male - ha chiesto - come potremmo affidarci completamente al suo amore come invece facciamo'? Dio è amore e potere dell'amore''. Papa Ratzinger si è anche soffermato a lungo sull'idea che il cristianesimo ''non è un moralismo'', neppure uno ''eroico'': ''Non non siamo noi che dobbiamo fare quanto Dio si aspetta dal mondo, ma dobbiamo innanzitutto entrare in questo mistero ontologico: Dio dà se stesso, il suo essere, il suo amare precede il nostro agire e nel contesto del suo Corpo, nel contesto dello stare in Lui, identificati con Lui, nobilitati con il suo Sangue, possiamo anche noi agire con Cristo. Ma l’etica è conseguenza dell’essere…dobbiamo solo agire secondo la nostra nuova identità. Non è più un’obbedienza esteriore, ma una realizzazione del dono del nuovo essere”.
Il Papa, che ha parlato a braccio con davanti solo il testo del Vangelo, ha ricordato che ''la vera giustizia per il cristiano non consiste nell'obbedienza a alcune norme ma nell'amore creativo che trova da sè l'abbondanza del bene'', perchè ''non possiamo obbedire a una legge che sta contro di noi, ma dobbiamo agire secondo la nostra identità''. Abbondanza, spiega il Papa, è una delle parole chiave del Nuovo Testamento. Vivere la fede è vivere nell’entusiasmo di chi riceve da Dio la vita in abbondanza: “E chi è unito con Cristo, chi è tralcio della vite, vive da questa nuova legge, non chiede: ‘posso fare questo o no?’, ‘devo fare questo o no?’, ma vive in questo entusiasmo dell’amore che non domanda: ‘questo è necessario oppure proibito’, ma vuol semplicemente, nella creatività dell’amore, vivere con Cristo e per Cristo e dare tutto se stesso per Cristo e così entrare nella gioia del portare frutto”. Gesù poi dice: “Non vi chiamo più servi ma amici perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi”: “Non più servi che obbediscono a un ordine, ma amici che conoscono, che sono uniti nella stessa volontà, nello stesso amore. La novità quindi è che Dio si è fatto conoscere, che Dio si è mostrato, che Dio non è più il Dio ignoto, cercato, ma non trovato, ma solo intuito da lontano. Dio si è fatto vedere: nel volto di Cristo vediamo Dio, Dio si è fatto conoscere, è così ci ha resi suoi amici”. "Dio - sono state le sue parole - ha piantato una vigna in questo mondo, ha coltivato la sua vigna con l'intento di trovare frutti. Ed ha creato il suo popolo per trovare la risposta dell'amore: cerca l'amore della sua creatura, vuole entrare inuna relazione d'amore con il mondo tramite il popolo da lui eletto. Ma la storia concreta è di infedeltà: invece che l'uva arrivano piccole cose immangiabili. L'uomo si ritira, vuole avere il frutto per sè, la vigna viene devastata. Ma Dio non si arrende, trova un altro modo per arrivare, si fa uomo, diventa egli stesso la vite indistruttibile: non può essere distrutta, Dio stesso si è impiantato in questa vite. Ci chiama di essere in lui la nuova vite, a rimanere in lui. Il sangue di Cristo diventa nostro sangue, siamo ora imparentati col Figlio e così con l'amore eterno. Dobbiamo rimanere in questo nuovo dono del Signore, che ci ha fatto popolo in se stesso".
"Dio stesso - ha ripetuto il Papa - si fa uomo in noi ci chiede di entrare nella gioia del portare frutto: vi ho costituiti perchè andiate, è questo il dinamismo che vive nell'amore di Cristo". Riprendendo il passo del Vangelo di Giovanni con l'immagine della vite e dei tralci, metafora dell'unità tra Cristo e i suoi figli, ha sottolineato che "chi è unito con Cristo vive della sua legge, vive l'entusiamso dell'amore che non chiede 'questo è proibito?' o 'questo è necessario?'". Dunque, "la nuova legge è la grazia dello Spirito Santo, è un dono". Dio dà due indicazioni "rimanete e osservate i miei comandamenti. Il primo livello è stare con lui - ha concluso il Papa - quanto al secondo il cristianesimo non è moralismo, non siamo noi che dobbiamo fare quanto Dio si aspetta dal mondo, ma è lui che dà se stesso, cambia il nostro essere" e di conseguenza "il nostro agire". "Tante madri che pregano perche il figlio viva. Ma il Signore non le esaudisce". "Perche' questo accade?", si è chiesto il Papa. In proposito, Benedetto XVI ha citato il Vangelo di Luca che ci rassicura sulla Provvidenza: "se voi che siete cattivi date cose buone ai vostri figli, il Padre che è buono come potrà non ascolatarci?". "A Dio - però - non dobbiamo chiedere solo qualche piccola cosa, ma il dono divino: Dio stesso. Dobbiamo imparare a pregare la realtà divina". "E Lui risponde spesso alle preghiere, anche piccole, ma spesso anche le corregge". "Non posso pregare per cose che sono espressione del mio egoismo, non posso pregare per il male degli altri o per ciò che accresce il mio egoismo o la mia superbia". Il Papa ha aggiunto che la preghiera di chi si mette davanti a Dio, quasi occhi negli occhi, "diventa purificazione, liberazione da se stessi" e dal proprio egoismo, solo "così si apre il cammino della gioia".
Asca, Agi, Radio Vaticana
Visita al Seminario Romano Maggiore per la Festa della Madonna della Fiducia (12 febbraio 2010) - il testo integrale della 'lectio divina' del Papa