giovedì 10 marzo 2011

'Gesù di Nazaret - Secondo volume'. Capitoli 6-9: il Getsèmani, il processo, la crocifissione e la deposizione, la risurrezione dalla morte

Capitolo 6. Nel Getsèmani Gesù “ha sperimentato l’ultima solitudine, tutta la tribolazione dell’essere uomo. Qui l’abisso del peccato e di tutto il male gli è penetrato nel più profondo dell’anima. Qui è stato toccato dallo sconvolgimento della morte imminente. Qui il traditore lo ha baciato. Qui tutti i discepoli lo hanno lasciato. Qui Egli ha lottato anche per me”. Al contrario di quanto accaduto nel giardino del Paradiso terrestre, in questo giardino degli ulivi “Gesù ha accettato fino in fondo la volontà del Padre, l’ha fatta sua e così ha capovolto la storia”. Il Pontefice ricorda che Pietro ''poichè è contrario alla croce, non può percepire la parola sulla resurrezione e vorrebbe il successo senza la croce. Egli confida nelle proprie forze''. ''Chi potrebbe negare - si chiede Papa Ratzinger - che il suo atteggiamento rispecchi la tentazione continua dei cristiani, anzi, anche della Chiesa: senza la croce arrivare al successo''. Nessuno, ricorda il Pontefice, ''da sè è abbastanza forte per percorrere la via della salvezza fino alla fine. Tutti hanno peccato, tutti hanno bisogno della misericordia del Signore, dell'amore del Crocifisso''. Gesù chiede ai discepoli di vegliare, ma invano. “La sonnolenza dei discepoli rimane lungo i secoli l’occasione favorevole per il potere del male. Questa sonnolenza è un intorpidimento dell’anima, che non si lascia scuotere dal potere del male nel mondo, da tutta l’ingiustizia e da tutta la sofferenza che devastano la terra...Ma questa insensibilità...conferisce al maligno un potere nel mondo”. Un’immane angoscia assale Gesù nella consapevolezza di prendere su di sé tutto il male del mondo perché “in Lui sia privato di potere e superato”. E’ un’angoscia radicale: “E' lo scontro stesso tra luce e tenebre, tra vita e morte – il vero dramma della scelta che caratterizza la storia umana”. Gesù eleva la sua supplica al Padre, a Colui che può salvarlo da morte e “per il suo pieno abbandono a lui venne esaudito”. Infatti “sulla croce, Gesù diventa fonte di vita per sé e per tutti. Sulla croce, la morte viene vinta”.
Capitolo 7. Parlando del processo a Gesù il Papa sottolinea che a volere la sua morte non è stato “il popolo” degli Ebrei come tale, anche perché Gesù e gli stessi discepoli erano ebrei. Ad accusarlo era l’aristocrazia del tempio, ma con eccezioni (vedi Nicodemo), e, nel contesto dell’amnistia proposta da Pilato, la massa dei sostenitori di Barabba. “Se secondo Matteo – scrive il Papa – ‘tutto il popolo’ avrebbe detto: ‘Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli’, il cristiano ricorderà che il sangue di Gesù...non chiede vendetta e punizione, ma è riconciliazione. Non viene versato contro qualcuno, ma è sangue versato per molti, per tutti...non è maledizione, ma redenzione, salvezza”. Durante il processo Pilato chiede: “Che cos’è la verità?”. “La non-redenzione del mondo consiste...nella non-riconoscibilità della verità, una situazione che poi conduce inevitabilmente al dominio del pragmatismo, e in questo modo fa sì che il potere dei più forti diventi il dio di questo mondo”. “Non è forse vero che le grandi dittature sono vissute in virtù della menzogna ideologica e che soltanto la verità potè portare la liberazione?”. Verità e menzogna “sono continuamente mescolate in modo quasi inestricabile. La verità in tutta la sua grandezza e purezza non appare”. E come Pilato, in molti oggi hanno accantonato la domanda sulla verità come “irrisolvibile”. “Anche oggi, nella disputa politica come nella discussione circa la formazione del diritto, per lo più si prova fastidio per essa. Ma senza la verità l’uomo non coglie il senso della vita, lascia...il campo ai più forti”. La verità “diventa riconoscibile in Gesù Cristo”. “La verità esternamente è impotente nel mondo; come Cristo, secondo i criteri del mondo, è senza potere...Viene crocifisso. Ma proprio così, nella totale mancanza di potere, egli è potente, e solo così la verità diviene sempre nuovamente una potenza”. Nella passione di Gesù, “nella sua miseria si rispecchia la disumanità del potere umano, che schiaccia l’impotente”. “ Da quando Gesù si è lasciato percuotere, proprio i feriti e i percossi sono immagine del Dio che ha voluto soffrire per noi. Così, nel mezzo della sua passione, Gesù è immagine di speranza: Dio sta dalla parte dei sofferenti”.
Capitolo 8. La crocifissione e la deposizione di Gesù nel sepolcro. “Nessuno...si era aspettato una fine in croce del Messia”. “I fatti in un primo tempo incomprensibili hanno condotto ad una nuova comprensione della Scrittura”. La prima parola di Gesù sulla croce è la richiesta di perdono per i crocifissori, perché “non sanno quello che fanno”. Il Papa sottolinea che questa richiesta del Signore “rimane una consolazione per tutti i tempi e per tutti gli uomini”, anche se l’ignoranza rivela un’ottusità del cuore. Nota poi che la combinazione di erudizione e ignoranza, conoscenza materiale e profonda incomprensione, esiste in tutti i tempi. Si sofferma sul buon ladrone che “proprio sulla croce ha capito che quest’uomo privo di potere è il vero re”. “Il buon ladrone è diventato l’immagine della speranza – la certezza consolante che la misericordia di Dio può raggiungerci anche nell’ultimo istante; la certezza, anzi, che dopo una vita sbagliata, la preghiera che implora la sua bontà non è vana”. Dal costato trafitto di Gesù escono sangue e acqua. Il Papa cita la Prima Lettera di Giovanni: Gesù è colui che è venuto con acqua e sangue, non con l’acqua soltanto. Un riferimento a quanti considerano “importante solo la parola, la dottrina, il messaggio di Gesù, ma non la ‘carne’, il corpo vivente di Cristo, dissanguato sulla croce”, ovvero “un cristianesimo del pensiero e delle idee” dal quale si toglie via “la realtà della carne: il sacrificio e il Sacramento”. “Nella passione di Gesù, tutto lo sporco del mondo viene a contatto con l’immensamente Puro...Se di solito la cosa impura mediante il contatto contagia ed inquina la cosa pura, qui abbiamo il contrario...lo sporco del mondo viene realmente assorbito, annullato, trasformato mediante il dolore dell’amore infinito”. Così il Papa può affermare che “ il bene è sempre infinitamente più grande di tutta la massa del male, per quanto essa sia terribile”. “Per questo, al centro del ministero apostolico e dell’annuncio del Vangelo...deve stare l’ingresso nel mistero della croce”. “Nella croce l’oscurità e l’illogicità del peccato s’incontrano con la santità di Dio nella sua luminosità abbagliante per i nostri occhi e questo va al di là della nostra logica. E tuttavia, nel messaggio del Nuovo Testamento e nel suo verificarsi nella vita dei Santi, il grande mistero è diventato del tutto luminoso. Il mistero dell’espiazione non deve essere sacrificato a nessun razionalismo saccente”.
Capitolo 9. La risurrezione di Gesù dalla morte. Senza fede nella risurrezione, afferma il Papa, “la fede cristiana è morta”. “Solo se Gesù è risorto è avvenuto qualcosa di veramente nuovo che cambia il mondo e la situazione dell’uomo”. Non è stato il miracolo di un cadavere rianimato. “La risurrezione di Gesù è stata l’evasione verso un genere di vita totalmente nuovo, verso una vita non più soggetta alla legge del morire e del divenire, ma posta al di là di ciò – una vita che ha inaugurato una nuova dimensione dell’essere uomini”. “La risurrezione di Gesù...è una sorta di ‘mutazione decisiva’...un salto di qualità. Nella risurrezione di Gesù è stata raggiunta una nuova possibilità di essere uomo, una possibilità che interessa tutti e apre un futuro, un nuovo genere di futuro per gli uomini”. I discepoli, testimoni della risurrezione, furono sopraffatti da una realtà che fino ad allora semplicemente non contemplavano. E “con un coraggio assolutamente nuovo si presentarono davanti al mondo per testimoniare: Cristo è veramente risorto”. Un’audacia impensabile per dei seguaci impauriti di un Maestro crocifisso, senza un contatto reale con Gesù veramente risorto. Nella risurrezione, scrive il Papa, “non può esserci alcun contrasto con ciò che costituisce un chiaro dato scientifico. Nelle testimonianze sulla risurrezione, certo, si parla di qualcosa che non rientra nel mondo della nostra esperienza. Si parla di qualcosa di nuovo...Non si contesta la realtà esistente. Ci viene detto piuttosto: esiste un’ulteriore dimensione rispetto a quelle che finora conosciamo. Ciò sta forse in contrasto con la scienza?”. “Nell’intera storia di ciò che vive – afferma il Papa – gli inizi delle novità sono piccoli, quasi invisibili – possono essere ignorati. Il Signore stesso ha detto che il ‘regno dei cieli’, in questo mondo, è come un granello di senape, il più piccolo di tutti i semi. Ma reca in sé le potenzialità infinite di Dio. La risurrezione di Gesù, dal punto di vista della storia del mondo, è poco appariscente, è il seme più piccolo della storia. Questo capovolgimento delle proporzioni fa parte dei misteri di Dio. In fin dei conti, ciò che è grande, potente, è la cosa piccola. E il seme piccolo è la cosa veramente grande”. La risurrezione “è un evento dentro la storia che, tuttavia, infrange l’ambito della storia e va al di là di essa”. Con Giuda Taddeo il Papa si chiede perché Gesù si sia manifestato solo a pochi e non si sia opposto con tutta la sua potenza ai nemici che lo hanno crocifisso. “E’ proprio del mistero di Dio agire in modo sommesso. Solo pian piano Egli costruisce nella grande storia dell’umanità la sua storia...Di continuo Egli bussa sommessamente alle porte dei nostri cuori e, se gli apriamo, lentamente ci rende capaci di ‘vedere’. E tuttavia – non è forse proprio questo lo stile divino? Non sopraffare con la potenza esteriore, ma dare libertà, donare e suscitare amore”.

Radio Vaticana, Asca