"Il Signore ha revocato la tua condanna". Questo versetto del profeta Sofonia che fa parte della
liturgia delle letture di dopodomani, terza domenica di Avvento, la cosiddetta Dominica "Gaudete"
("Rallegratevi"), accompagnerà, forse, la prima giornata di libertà di Paolo Gabriele, (foto) l'ex
maggiordomo di Benedetto XVI protagonista di Vatileaks. Salvo colpi di scena, sempre possibili in
casi complessi come quello del Corvo, è attesa per domani la grazia papale, che nell'approssimarsi
del Natale assumerà una forte connotazione religiosa, senza andarsi a sovrapporre alla preparazione
della celebrazione vera e propria di una delle principali feste della cristianità.
La grazia sopravanzerà la giustizia di una condanna a diciotto mesi, pur mite per il solo reato di
furto aggravato. Il futuro preparato per Gabriele sarà un lavoro ed una casa per lui e per la sua
famiglia fuori le Mura vaticane. Ma "grazia", ha voluto ricordare un comunicato della Segreteria
di Stato a fine ottobre, quando Gabriele al passaggio in giudicato della sentenza dovette lasciare gli
arresti domiciliari e fu riaccompagnato in cella, non vuol dire buonismo, non vuol dire un atto
scontato, persino, in qualche modo dovuto. Il comunicato fu messo nero su bianco per correggere
certe interpretazioni e richiamare la gravità di quanto accaduto e di quanto Gabriele ha fatto.
Tanto che a fine novembre Gabriele aveva chiesto: "Come faccio ad espiare?". Una domanda che
l'ex aiutante di camera di Benedetto XVI aveva rivolto a un prelato che era andato a trovarlo in
carcere. Per evitare ogni indebita pressione si sono fermati nei giorni scorsi i preparativi di una
possibile fiaccolata che "Amici di Gabriele" avrebbero voluto organizzare intorno a San Pietro.
All'interno della piccola Città-stato qualcuno si è spinto, nelle settimane scorse, fino a chiedere
un gesto di perdono in qualche modo pubblico di Bendetto XVI, sulle orme della storica visita di
Giovanni Paolo II a Rebibbia al suo attentatore Alì Agca, nel 1983: una visita nella cella della
Gendarmeria. Ma il perdono, neppure per Agca, volle dire subito scarcerazione, che arrivò per
intervento del Presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi, solo nel 2000, anno del Grande
Giubileo.
Nella ricordata nota della Segreteria di Stato si sottolineava che la grazia "è un atto sovrano del
Santo Padre", e in quanto tale non è detto debba essere legato a pre-condizioni, ma subito dopo
si precisava che "essa tuttavia presuppone ragionevolmente il ravvedimento del reo e la sincera
richiesta di perdono al Sommo Pontefice e a quanti sono stati ingiustamente offesi", tra i quali c'è
anche il cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone, vero bersaglio dei Vatileaks.
Maria Antonietta Calabrò, Corriere della Sera
Maria Antonietta Calabrò, Corriere della Sera