lunedì 12 ottobre 2009

I colloqui dottrinali con la Santa Sede, il governo della Chiesa, l'autorità del Papa e la Messa in latino: mons. Bernard Fellay a tutto campo

Le diverse decisioni prese da Papa Benedetto XVI con dei ''Motu proprio'' (''di propria iniziativa'') sono dei ''buoni segni'' della sua ''volontà di governare personalmente e non collegialmente la Chiesa'': lo afferma, in un'ampia intervista alla rivista Tradition, il superiore della lefebvriana Fraternità Sacerdotale San Pio X, mons. Bernard Fellay. Il Pontefice, con il Motu proprio Summorum Pontificum del 2007 ha liberalizzato l'uso della Messa in latino preconciliare. In totale, Papa Ratzinger ha emesso cinque Motu Proprio in 4 anni di Pontificato. Per Fellay, l'uso del Motu Proprio mostra che ''in effetti quelle decisioni sono veramente le sue''. Quanto alla questione della ''collegialità'' nella Chiesa, il superiore dei lefebvriani spiega che ''c'è una maniera vera di comprenderla'': ''Paolo VI ha aggiunto una 'Nota previa' al documento sulla Chiesa, Lumen Gentium, affinchè la collegialità fosse compresa correttamente. Il problema è che questa nota è stata come dimenticata. L'idea generale che si è diffusa e che pretende di limitare considerevolmente i poteri del sovrano Pontefice è un vero pericolo per la Chiesa, e renderebbe il governo impossibile''. ''L'autorità del Papa - aggiunge - è stata veramente scossa dai tumulti dell'inizio dell'anno. Non la si può considerare come una buona cosa se non a causa dell'effetto opposto che ha provocato a Roma, e che permette di capire chi ama la Chiesa e lavora alla sua costrusione, e chi no''. Mons. Fellay, nell'intervista ammette anche che il numero dei preti che celebrano la Messa secondo il rito antico rimane ''modesto'' anche a causa, aggiunge, delle ''forti pressioni che arrivano dalla gerarchia per impedirne il ritorno. Molti preti devono celebrarla in segreto per questa paura''. Il superiore dei lefebvriani consiglia comunque ai fedeli di rivolgersi alla sua Fraternità prima di seguire la Messa di un prete che celebra sia con il vecchio che con il nuovo rito, come permesso dal Motu Proprio: ''I fedeli - avverte - devono rimanere molto prudenti e non mettersi in situazioni troppo imbarazzanti''. Mons. Fellay non ha la ''minima idea'' di quanto dureranno le discussioni dottrinali tra i lefebvriani e la Santa Sede, il cui inizio è previsto in questi giorni, ma, più in generale, si dice convinto che per uscire dalla ''crisi che colpisce la Chiesa'' e per una sua vera ''restaurazione'' ci vorrà ''più di una generazione di sforzi costanti nella giusta direzione. Forse un secolo''. Il superiore dei lefebvriani riafferma le ''gravi obiezioni'' dei tradizionalisti al Concilio Vaticano II: ''Gli argomenti - spiega - sono tanti. Le nostre principali obiezioni sul Concilio, come la libertà religiosa, l'ecumenismo, la collegialità sono ben note. Ma si potrebbero fare altre obiezioni, come l'influenza della filosofia moderna, le novità liturgiche, lo spirito del mondo e la sua influenza sul pensiero moderno dominante nella Chiesa''. ''Dobbiamo aspettarci dell'opposizione - aggiunge - ma speriamo che il peggio sia passato e che i segni di guarigione che oggi si notano siano i germi della realtà e non solo di un sogno''. Quanto a Benedetto XVI, per Fellay, di fronte al Concilio Vaticano II insiste sulla ''importanza di non tagliare con il passato'', con la sua ''ermeneutica della continuità'', ma ''vuole mantenere le novità del Concilio, non considerandolo una rottura con il passato''. Inoltre, aggiunge, ''penso che il Papa non consideri l'ecumenismo come una cosa cattiva. Approva il fatto che la Chiesa continui in questa direzione e ha persino detto che è irreversibile...ma sembra voler distinguere bene tra le diverse confessioni e favorire quelle che sono più vicine come gli ortodossi, piuttosto che i protestanti''.

Asca