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lunedì 6 luglio 2009
Il Papa incontra Barack Obama. Primo faccia a faccia tra Benedetto XVI e il presidente degli Stati Uniti alla ricerca di un terreno comune
Non sarà come per Bush, quando Benedetto XVI nel giugno 2008 ricevette il presidente uscente degli Stati Uniti non già nella sua biblioteca ma nei giardini vaticani, con uno strappo al protocollo che lasciò perplessi molti monsignori di Curia e sigillò un'intesa politica e personale tra i due uomini, ma anche per Barack Obama (foto), che incontrerà per la prima volta il 10 luglio, Papa Ratzinger farà un'eccezione alla regola. In Italia per partecipare al G8 de L'Aquila, il presidente Usa verrà infatti ricevuto dal Pontefice non, come è abitudine, di mattina, ma nel pomeriggio. Caso più unico che raro che testimonia - nel linguaggio dell'etichetta diplomatica - l'eccezionalità dell'ospite e l'importanza che si attribuisce all'evento nei Sacri Palazzi. I motivi di interesse reciproco non mancano. La Casa Bianca è consapevole della leadership del Papa sui cattolici di tutto il mondo e, più specificamente, su quelli degli Stati Uniti, che rappresentano il 22 per cento della popolazione statunitense (68,1 milioni) e occupano, ormai, posti di grande influenza nell'establishment d'Oltreatlantico: sono cattolici, ad esempio, sei giudici su nove della Corte suprema. Il Palazzo Apostolico, da parte sua, sa di avere, nel mondo, una forza morale che non può fare a meno di confrontarsi con la maggiore potenza economica e militare del globo. Lo si è visto con lo scontro sulla guerra in Iraq, quando le denunce di Giovanni Paolo II ne fecero il capofila dell'opposizione internazionale all'intervento americano ma non spostarono di un centimetro i piani di George W. Bush. Benedetto XVI ha lasciato quegli screzi alle spalle, continuando ad intervenire presso il presidente Usa per caldeggiare la protezione dei cristiani iracheni, ma trovando nel 'new born in Christ' (rinato grazie alla fede cristiana) Bush un alleato sicuro per le battaglie a lui care sull'aborto, l'eutanasia, la ricerca sulle cellule staminali embrionali, la difesa della famiglia tradizionale fondata sul matrimonio. Tutti temi sui quali Obama ha idee ben diverse dal suo predecessore. I vescovi cattolici degli Stati Uniti, e, ancor di più, gli ambienti 'pro life' americani non hanno mancato di sottolinearlo. L'ok alla ricerca statale sulle staminali embrionali (ma non alla creazione di nuovi embrioni), la posizione 'pro choiche' sull'aborto (non disgiunta, in realtà, dal sostegno alla maternità), hanno rappresentato altrettanti motivi di allarme per l'episcopato Usa. Il quale, pure, ha dovuto fare i conti con le statistiche, che hanno mostrato che una maggioranza di elettori cattolici ha scelto Obama, a differenza di quanto accadde con Bush. Il malumore cattolico si è coagulato al momento in cui la cattolicissima università di Notre-Dame nell'Indiana ha insignito il presidente con una laurea 'honoris causa'. Potente il 'battage' dei 'pro life' per boicottare l'evento, che si è però concluso, salvo qualche diserzione e un po' di fischi, con applausi e apprezzamenti diffusi per il discorso di Obama. Sull'immigrazione e sulla sanità pubblica, sulla politica estera e sulla crisi economica, ad ogni modo, l'inquilino afro-americano della Casa Bianca ha suscitato a più riprese l'apprezzamento di vescovi, preti, religiosi, fedeli e associazioni di volontariato. Una valutazione positiva che è stata condivisa, al di qua dell'oceano, da L'Osservatore Romano. Il giornale del Papa ha espresso più volte apprezzamento per Obama sulle varie politiche intraprese, dedicando poca attenzione alla polemica che montava attorno alla visita a Notre-Dame. Anche sulle questioni etiche ha rilevato che "Obama non sembra avere confermato le radicali novità che aveva ventilato". Quanto all'aborto, più specificamente, "la strada scelta dal presidente degli Stati Uniti", secondo il foglio vaticano, è "la ricerca di un terreno comune". Una buona disposizione nei confronti di Obama che ha irritato guru 'teocon' come Michael Novak, George Weigel, Deal Hudson. E che ha indotto lo stesso quotidiano vaticano a puntualizzare, nella edizione del 5 giugno, che "la Santa Sede e L'Osservatore Romano sono stati, sono e saranno pienamente a fianco dei vescovi statunitensi nel loro impegno a favore dell'inviolabilità della vita umana in qualsiasi stadio della sua esistenza. Altre interpretazioni non hanno fondamento, tanto meno quelle che hanno voluto strumentalizzare gli articoli del giornale per fare apparire l'insegnamento dell'episcopato degli Stati Uniti sul male insito nell'aborto come un esercizio di politica settaria, che sarebbe in contrasto con una diversa strategia della Santa Sede. Il presidente Obama - precisava il giornale vaticano - si è mostrato disponibile al dialogo e i vescovi statunitensi hanno accolto positivamente questa possibilità. Ma nel fare ciò hanno ribadito, e con piena ragione, che nel dialogo nessun compromesso è mai possibile sulla fondamentale questione del diritto alla vita". Di certo, comunque, le parole di elogio del giornale del Papa non nascono dal nulla. Oltre il Portone di bronzo si attende di vedere Obama alla prova dei fatti sulle questioni di bioetica, ma viene accuratamente registrato ogni segnale dialogante. Come il discorso del presidente Usa al mondo musulmano, secondo cui "il realismo umile di Obama apre nuovi scenari anche a livello geopolitico", ha commentato il card. George Cottier, teologo pontificio emerito, la nomina di un teologo di origine cubana come ambasciatore presso la Santa Sede, Miguel H. Diaz. O l'intervista rilasciata da Obama ad un gruppo di testate cattoliche e religiose. Per l'Italia, era presente Avvenire. Su pace, immigrazione, lotta alla povertà e cambiamenti climatici Benedetto XVI "ha assunto una leadership straordinaria", ha spiegato Obama al quotidiano della CEI. L'aborto? "So che ci sono punti in cui il conflitto non è conciliabile", ha detto il presidente Usa, "la cosa migliore che possiamo fare è ribadire che esistono persone di buona volontà su entrambi i fronti e che si possono trovare elementi sui quali lavorare insieme". Alla ricerca di un terreno comune che interessa pure al Vaticano.