giovedì 14 gennaio 2010

Il rabbino Di Segni elogia Benedetto XVI ma non rinuncerà a parlare 'in qualche modo' di Pio XII durante la visita alla Sinanoga di Roma

Il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni (nella foto con Benedetto XVI) non rinuncerà ad affrontare "in qualche modo" il nodo di Pio XII e della sua beatificazione durante la prossima visita di Papa Ratzinger in Sinagoga, ma ritiene fermamente che l'incontro, specialmente in una città come Roma, sarà "esempio" di come si possa "convivere" nella diversità. Nel suo studio al secondo piano degli uffici della Comunità ebraica romana proprio nella Sinagoga che domenica prossima vedrà l'ingresso di Benedetto XVI, il rabbino capo pazientemente si sottopone in singoli incontri al fuoco di fila delle domande di molti giornalisti italiani e stranieri. Fuori, davanti al Tempio di Lungotevere, già stazionano i mezzi delle televisioni di tutto il mondo che riprenderanno l'avvenimento. Di Segni non si sottrae alla domanda su cosa dirà al Papa riguardo Pio XII: "Non è ancora deciso, ci stiamo ancora riflettendo, ma in qualche modo durante la visita - risponde - parlerò di Pio XII. C'é modo e modo, ma ne parlerò". "Bisognerà vedere anche - aggiunge - se ne parlerà lui e in che modo". Fatto sta che nel programma ufficiale della visita, toccherà per primo proprio a lui parlare. Più cauto invece sui contenuti dell'incontro privato che avrà per pochi minuti con Benedetto XVI: "Su quello che gli dirò a quattr'occhi - dice - è in corso una grande riflessione, un 'brain storming'. E poi devo tener conto anche di quello che mi dirà lui". Non è la prima volta che Di Segni incontra Joseph Ratzinger e per questo il rabbino ci tiene a dire che "nei precedenti colloqui" è rimasto "sorpreso dalla profonda cultura del Pontefice nei riguardi dell'ebraismo, ma soprattutto dalla sua visione allargata". Così come si affretta a sottolineare di aver gradito la risposta del Papa al suo telegramma di auguri natalizi: "E' stato - sottolinea - un segno di grande attenzione". Ma la visita, alla quale parteciperanno, oltre i vertici dell'ebraismo nazionale e romano, gli esponenti del governo italiano, quelli della regione, della provincia, del comune e i rappresentanti diplomatici di Israele e del rabbinato israeliano, per Di Segni ha un valore assoluto nel suo "essere di esempio" per come si possa "convivere nella diversita". "Il tema di questa visita è capire cosa ci stanno a fare al mondo due religioni che un tempo erano in conflitto. La visita di Giovanni Paolo II - spiega - ha aperto un'era ma si collocava in un mondo diviso in due sfere constrastanti di influenza. La visita di oggi avviene in un'epoca aperta dalle Torri Gemelle e in cui la violenza si esprime anche sotto forma di scontro di civiltà, di intolleranza e fanatismo religioso. Di fronte a questo scenario il problema è quale sia il ruolo delle due religioni". E poi aggiunge: "Dare un segnale in questa città: dire che si può essere anche di opinioni differenti, che si può discutere su certe cose del passato per le quali abbiamo anche opinioni radicalmente opposte, questo è il fine. Abbiamo delle responsabilità e questo è il valore dell'incontro". Di Segni non nasconde poi che ci siano voci di dissenso da parte ebraica sulla visita di Papa Ratzinger che all'arrivo nel ghetto sosterrà proprio davanti la lapide che ricorda la deportazione degli ebrei romani del 1943, sotto il pontificato di Pio XII. "Sarebbe - nota con un sorriso - non consono alla tradizione ebraica; mi meraviglierei se ci fosse l'unanimità. Il ghetto è molto più maturo di quanto si pensi. E se anche uno dei sopravvissuti non verrà, rispetto profondamente le opinioni dissenzienti". "Il fatto che dopo la visita storica di Giovanni Paolo II, un Papa torni in Sinagoga è un segno di continuità. Soprattutto - conclude - dopo tutte le discussioni avvenute. Alla simbologia mediatica va poi aggiunto ciò che avverrà, ciò che ci si dirà e si potrà fare in base al clima che questi eventi creano".

Massimo Lomonaco, Ansa