lunedì 6 dicembre 2010

Avvento 2010. La dimensione dell’attesa del Dio in 'Luce del mondo'. Il Papa: costruire un mondo migliore nell’attesa del mondo realmente migliore

Il Papa, in questo Tempo forte dell’Avvento, ha invitato i fedeli a “vivere i gesti quotidiani con uno spirito nuovo, con il sentimento di un’attesa profonda, che solo la venuta di Dio può colmare”. La dimensione dell’attesa del Dio che viene è molto presente nelle risposte del Papa nel recente libro-intervista di Peter Seewald “Luce del mondo. Il Papa, la Chiesa e i segni dei tempi”. Il Papa invita a costruire “un mondo migliore” nell’attesa che venga “il mondo realmente migliore”: un impegno nell’oggi che passa, dunque, con lo sguardo rivolto al domani che sarà per sempre. Ma “il nostro problema – afferma - consiste nel fatto che, per i troppi alberi, non riusciamo più a vedere la foresta intera”, cioè a causa di tutto il nostro “sapere non troviamo più la sapienza”, non riusciamo più a vedere ciò che è essenziale, ciò che resta. E osserva che oggi la predicazione sulla vita eterna è spesso oscurata dall’attenzione “unilaterale” alle vicende quotidiane: occorre invece “sfondare quest’orizzonte, ampliarlo” per invitare a guardare anche “alle cose ultime” che “sono come pane duro per gli uomini di oggi. Gli appaiono irreali”. Si vogliono “risposte concrete per l’oggi...ma sono risposte che restano a metà se non permettono anche di...riconoscere che io mi estendo oltre questa vita materiale, che c’è il giudizio...e l’eternità”. Gesù, infatti, lo dice con certezza: “io tornerò” e avrà luogo un “giudizio vero e proprio” che non possiamo non prendere sul serio. E’ necessaria una preparazione: siamo chiamati ad andare incontro alla venuta definitiva del Signore, sottolinea il Papa, andando “incontro alla sua misericordia, lasciandoci...modellare dalla misericordia di Dio come antidoto alla spietatezza del mondo; è questa...la preparazione perché Egli stesso venga con la sua misericordia”. In questa situazione, la missione della Chiesa è quella di salvare l’uomo dall’amore di sé “portato sino alla distruzione del mondo”. Il Papa spiega che “la Chiesa non grava gli uomini di un qualcosa, non propone un qualche sistema morale”. “Non siamo moralisti – dice con forza - ma a partire dal fondamento della fede, siamo portatori di un messaggio etico che dà orientamento agli uomini”. “Veramente decisivo è il fatto che essa dona Lui”, Cristo, aprendo “le porte che conducono a Dio” e offrendo agli uomini “quello che maggiormente attendono, quello di cui hanno più bisogno”, anche se non lo sanno. Donare Cristo soprattutto “per mezzo del grande miracolo dell’amore” grazie a uomini di Dio che “senza ricavarne alcun profitto...motivati da Cristo, assistono gli altri, li aiutano. Questo carattere terapeutico del Cristianesimo, che guarisce e dà gratuitamente - afferma il Papa - dovrebbe...emergere molto più chiaramente” nella vita dei cristiani. Guardando al progresso odierno Benedetto XVI invita, inoltre, a porsi una domanda: “Cosa è bene?”. Infatti “il bene viene prima dei beni”. Nell’attuale società del consumismo c’è una fame d’infinito che s’illude di saziarsi, ora e subito, con le cose materiali. Si vive spesso “per l’apparenza, - afferma il Papa - e trattiamo i grandi debiti come fossero qualcosa che fa parte di noi”. C’è bisogno invece di “una nuova e più profonda coscienza morale, una concreta disponibilità alla rinuncia”, alla sobrietà, ad una rinnovata disciplina assumendo come stile di vita “l’amore per il prossimo, portato sino alla rinuncia di sé”. La prospettiva cristiana supera sempre il godimento immediato per guardare oltre e avanti: “Essere uomini – rileva il Pontefice - è come una scalata in montagna, con ripide salite; ma è attraverso di esse che raggiungiamo le cime e possiamo sperimentare la bellezza dell’essere”. Come entrare in questo nuovo modo di essere? Il Papa cita il monito di San Bernardo: “Non perderti nell’attivismo”. “La sapienza dello scriba – dice il Siracide – si deve alle sue ore di quiete”: occorre avere il coraggio di fare silenzio per ascoltare Dio che “è voluto entrare nel mondo” e continua a venire e verrà definitivamente. E di fronte all’”arroganza dell’intelletto” che non comprende come Dio possa essersi fatto uomo in una Vergine, l’Onnipotente “non s’impone”, lascia all’uomo la libertà di dire sì perché "la fede è sempre un accadere nella libertà”. La Chiesa, conclude il Papa, vuole annunciare questo: l’incontro con Cristo “apre veramente in noi nuove possibilità, dilatando il nostro cuore e il nostro spirito: la fede veramente conferisce alla nostra vita una ulteriore dimensione”, “dà gioia, allarga gli orizzonti” introducendo “in una realtà più grande...al di là di questa quotidianità”.

Radio Vaticana