domenica 15 marzo 2009

Il Papa in Camerun e Angola. Una finestra sulle emergenze umanitarie del continente africano sempre più dimenticate

Il viaggio del Papa in Camerun e Angola era stato annunciato nell'ottobre scorso al termine della Santa Messa conclusiva della XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Motivazione ufficiale del primo viaggio africano del pontificato di Benedetto XVI la consegna al Camerun dell'"Instrumentum Laboris", il documento preparatorio del Sinodo dei vescovi sull'Africa, previsto per l'ottobre 2009 in Vaticano e le celebrazioni dei 500 anni dell'evangelizzazione dell'Angola. Il viaggio di Papa Ratzinger rappresenta però anche il punto più alto di un percorso che vuole dare concreta rilevanza agli appelli lanciati dalla Santa Sede in favore della cancellazione del debito, di uno sviluppo equo e solidale, della pace in Congo, Kivu, Zimbabwe, Darfur, Somalia e Nigeria. Il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, aveva detto, in un consuntivo di fine 2008, che il 2009 sarebbe stato l'anno dell'Africa. L'anno del 'grande malato', di "un continente martoriato al quale tutti, prendendo esempio dal papa aveva concluso Lombardi - dovremo guardare''. Il viaggio apostolico di Benedetto XVI avrà il merito, a parte l'auspicato "rinnovamento nella Chiesa universale", di portare le tragedie del continente all'attenzione mondiale e, dunque, nell'agenda politica delle organizzazioni internazionali.
A pochi giorni dalla partenza di Benedetto XVI, 'Medici senza frontiere' ha presentato il Rapporto sulle crisi dimenticate, le emergenze umanitarie ignorate dai mezzi di informazione italiani nel 2008 o alle quali è stata data una scarsa copertura mediatica. L'osservatorio di Pavia, che ha collaborato con 'Medici senza frontiere' ha analizzato le edizioni dei telegiornali del giorno e della sera Rai e Mediaset, rilevando come solamente il 6% dei serizi totali sia stato dedicato alle emergenze umanitarie nel mondo. Anche le crisi più seguite tra quelle meno seguite, erano legate incidentalmente ad argomenti lontani dalla denuncia umanitaria. La crisi irachena è stata trattata, ad esempio, principalmente in funzione della campagna per le elezioni presidenziali americane o con riferimento alle operazioni italiane nel territorio; si è parlato di Pakistan, ma in relazione alle conseguenze politiche della morte di Benazir Bhutto e delle dimissioni di Musharraf; citata molte volte la Somalia, con riferimento al rapimento delle due suore italiane. Quasi senza nessuna copertura, da parte dei tg italiani, la crisi in Congo/Nord Kivu, le crisi transnazionali dovute alla malnutrizione infantile, che ogni anno è concausa della morte di circa 4 milioni di bambini e che ha occupato i tg nazionali soprattutto a luglio durante il vertice Fao di Roma. Agli ultimi posti, l'Etiopia e la condizione dei civili iracheni. Chissà se il viaggio di Benedetto XVI, "per manifestare la concreta vicinanza mia e della Chiesa ai cristiani e alle popolazioni di quel continente che mi è particolarmente caro'', riuscirà davvero a sensibilizzare l'opinione pubblica italiana. I dubbi in questo senso sono tanti. Tant'è che il viaggio nel continente africano è già stato mediaticamente sopraffatto da quello in Terra Santa del maggio prossimo.
I due Paesi africani non sono stati scelti a caso. Entrambi hanno un importante valore simbolico per la Santa Sede. Da una parte il Camerun e la sua popolazione di 250 etnie che parlano fancese e inglese, divise tra cattolici, musulmani, protestanti e animisti. La scelta del Camerun - ha spiegato il nunzio in Camerun Eliseo Antonio Ariotti, il 27 ottobre scorso - ''si può spiegare con il fatto che è un Paese che si trova al centro dell'Africa, dove si parla sia il francese sia l'inglese, ed è quindi sembrato una scelta logica per presentare il nuovo documento a tutti i Vescovi africani''. Il nunzio ha ricordato, inoltre, che "la visita di Papa Benedetto XVI si ricollega a quella effettuata nel 1995 dal suo predecessore, Giovanni Paolo II, per presentare l'esortazione apostolica post-sinodale "Ecclesia in Africa", a conclusione del primo Sinodo per l'Africa del 1994''. Anche la decisione di visitare l'Angola si riallaccia al viaggio di Papa Wojtyla dal 4 al 10 giugno 1992. In quell'occasione Giovanni Paolo II aveva lanciato un appello chiedendo a quanti potessero favorire una soluzione, operassero ''perché le risorse del Paese possano giovare a tutti i suoi abitanti e costituire un aiuto per l'Africa intera''. L'Angola è, infatti, una delle nazioni più ricche di risorse naturali (petrolio e diamanti) ma allo stesso tempo la più povera, dopo 27 anni di guerra civile terminata con il cessate il fuoco del 4 aprile 2002. ''Il mio pensiero - aveva detto Giovanni Paolo II - va alla cara popolazione angolana che, dopo le sofferenze di una lunga e sanguinosa guerra civile, si trova ad affrontare una drammatica crisi umanitaria per mancanza di cibo e delle più elementari cure mediche, e per il costante pericolo delle mine antiuomo, disseminate su tutto il territorio". La vendita del petrolio ha dato un notevole impulso all'economia del Paese, facendo registrare, nel 2007, una crescita del 24%. Ma problemi legati alla corruzione e alla mancanza di industrie alimentari e manifatturiere mettono a dura prova la distribuzione della ricchezza tra la popolazione (17 milioni di abitanti), che registra un tasso di disoccupazione intorno al 40%, un terzo della quale vive con meno di due dollari al giorno. Altra piaga che afflige l'Angola è il tasso di mortalità dei bambini al di sotto dei 5 anni. Uno studio realizzato da 'Medici senza frontiere' aveva rilevato che a Xa-Muteba, nella provincia di Lunda Norte(nord-est del Paese) il tasso di mortalità tocca 2,8 bambini su 10.000, "un tasso di circa tre volte più elevato rispetto ai livelli medi registrati nei Paesi in via di sviluppo", la cui causa principale resta la malaria.