''Non una semplificazione delle procedure'' nè tantomeno una ''procedura che si applica automaticamente'': i nuovi poteri concessi da Papa Benedetto XVI alla Congregazione per il Clero, non ''rivoluzionano'' la disciplina ecclesiastica del clero. A chiarirlo, in un'intervista alla Radio Vaticana, è stato il segretario della Congregazione, mons. Mauro Piacenza. I nuovi poteri, chiarisce l'arcivescovo, sono stati concessi dal Pontefice alla Congregazione responsabile dei circa 400mila preti cattolici del mondo lo scorso 30 gennaio.In predecenza, facoltà simili erano state date anche ad altri dicasteri vaticani, come la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli. Le nuove norme servono per affrontare le ''situazioni anche di grave indisciplina da parte del clero, nelle quali i tentativi di superamento posti in atto non risultano efficaci e la situazione rischia di protrarsi eccessivamente, con grave scandalo dei fedeli e danno al bene comune''. La Congregazione per il Clero, quindi, ha adesso il potere di ''trattare i casi di dimissione dallo stato clericale 'in poenam', con relativa dispensa da tutti gli obblighi decorrenti dall'ordinazione, di chierici che abbiano attentato al matrimonio anche solo civilmente e che ammoniti non si ravvedano e continuino nella condotta di vita irregolare e scandalosa; e di chierici colpevoli di gravi peccati esterni contro il sesto Comandamento'', ovvero quello che, secondo la Chiesa, regola l'intera sfera della sessualità umana e delle sue distorsioni, compresa l'omosessualità. ''Inoltre - spiega ancora mons. Piacenza - la speciale facoltà di intervenire per infliggere una giusta pena o penitenza per una violazione esterna della legge divina o canonica; in casi veramente eccezionali ed urgenti, e di mancata volontà di ravvedimento da parte del reo, si potranno anche infliggere pene perpetue, non esclusa la dimissione dallo stato clericale, qualora le particolari circostanze lo richiedessero. Infine c'è la facoltà speciale di dichiarare la perdita dello stato clericale, dei chierici che abbiano abbandonato il ministero per un periodo superiore ai 5 anni consecutivi, e che persistano in tale assenza volontaria ed illecita dal ministero''. ''Naturalmente - precisa in conclusione l'arcivescovo - ogni eventuale caso dovrà essere istruito per mezzo di un legittimo procedimento amministrativo, salvo il diritto di difesa che deve essere sempre garantito''.
Asca