domenica 5 luglio 2009

'Caritas in veritate'. Nell'Enciclica di Benedetto XVI anche il diritto dei Paesi poveri a fare figli e l'importanza di una sessualità responsabile

"Investire sull’uomo", dice Benedetto XVI. E qualcuno potrebbe rimanere sorpreso dal fatto che l’attesissima Enciclica sociale di Benedetto XVI, ripresa e rimandata per la crisi economica, parli pure di diritto alla vita e di apertura moralmente responsabile ad essa, e non per accenni. Eppure la "Caritas in veritate", se prende le mosse dalla "Populorum progressio" di Paolo VI, recepisce anche la "Humanae vitae" di Papa Montini. Con un’insistenza importante: gli organismi internazionali, per Benedetto XVI, non favoriscono certo lo sviluppo quando promuovono la negazione della vita attraverso l’aborto o imponendo, magari con la forza, delle politiche di contenimento demografico. Il Papa difende con forza il diritto dei Paesi poveri ad aprirsi alla vita: un diritto umano inalienabile, dice. Contesta l’idea che la crescita demografica impedisca lo sviluppo: al contrario, i Paesi in crescita sono quelli che hanno continuato a fare figli, e con la crisi l’Occidente è rimasto vittima della crescita zero, del suo egoismo, che gli ha pure fatto ignorare il Terzo Mondo. La diminuzione delle nascite porta i Paesi al declino. Crescete e moltiplicatevi, dunque? Non proprio. La posizione di Benedetto XVI sta nel mezzo: apertura alla vita sì, ma responsabile. Di qui l’importanza dell’educazione a una sessualità, appunto, responsabile - non l’educazione sessuale ridotta a un fatto "tecnico" - e la competenza primaria delle famiglie nel contenere la natalità: contro le pianificazioni di Stato o la concezione considerata individualistica di una sessualità fine a se stessa. Due lati della stessa medaglia, per Benedetto XVI: il materialismo. Un esempio di ciò che sostiene essenzialmente l’Enciclica: l’economia ha bisogno dell’etica - un’etica fondata sull’uomo - per funzionare in modo corretto. E l’apertura moralmente responsabile alla vita può rappresentare una ricchezza economica.

Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera