lunedì 21 settembre 2009

Il card. Bagnasco: la 'Caritas in veritate' scuote le comode illusioni sulla crisi. La sobrietà in politica e le parole del Papa sul nichilismo

L'Enciclica "Caritas in veritate" di Papa Benedetto XVI ''assesta un opportuno scossone'' alle ''comode o improponibili illusioni'' di chi crede la crisi economica che ha colpito il pianeta negli ultimi 12 mesi ''non sia poi troppo diversa da quelle che l'hanno preceduta'', e che ''si potrà quindi tornare senza più pericoli all'esuberanza del passato", perchè ''se, come effettivamente succede, cresce la ricchezza del mondo ma aumentano le disparità, nessuno può ritenersi tranquillo''. Lo ha detto il card. Angelo Bagnasco (nella foto con Benedetto XVI), presidente della Conferenza Episcopale italiana, nella prolusione letta oggi pomeriggio in apertura dei lavori del Consiglio Permanente della CEI. La crisi, ha proseguito il cardinale, è ''di sistema'' ed ha ''come inceppato gli oliati meccanismi di un'economia inadeguata alle complessità delle sfide attuali'': da essa, ammonisce Bagnasco citando il testo papale, non si esce ''senza 'riprogettare il nostro cammino', senza 'darci nuove regole' e 'trovare nuove forme di impegno', senza 'puntare sulle esperienze positive e rigettare quelle negative'''. Bagnasco ha ammonito: ''Se continua lo scandalo di un supersviluppo dissipatore a fronte di povertà sempre più' desolanti, se le distorsioni gravi e gli effetti deleteri di un'attività finanziaria mal utilizzata quando non speculativa continuano a ricadere sulla fasce piu' indifese della popolazione mondiale, se la corruzione e l'illegalità non vengono arginate e superate, se i vari protezionismi economici e culturali non sono riconsiderati per la quota di egoismo che racchiudono, se le politiche degli aiuti internazionali non seguono una logica meno auto-referenziale e dunque più efficiente, se i piani di cooperazione intergovernativi non approdano a concrete e verificate realizzazioni, se gli organismi internazionali non recuperano uno scatto di iniziativa, se i poteri pubblici non sapranno rinnovare la loro capacità di presa sui problemi, e se proporzionatamente non crescerà una più sentita partecipazione dei cittadini alla res publica, se tutto questo e altro ancora non comincia ad accadere allora davvero questa crisi si sarà dispiegata invano, limitandosi ad impoverire il mondo''.
''Occorre che chiunque accetta di assumere un mandato politico sia consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell'onore che esso comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda (cfr. art. 54)''. Il presidente della CEI ha dedicato un ampio passaggio del suo discorso alla politica e alla vita pubblica del nostro Paese. ''Non vi è dubbio - ha esordito citando l'Enciclica di Benedetto XVI "Caritas in veritate" - che compito essenziale della politica è la giustizia, e quindi la promozione del bene comune, ossia del bene 'di quel 'noi tutti', formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunita' sociale'''. Di qui l'importanza del 'servizio' rappresentato dall'impegno politico: ''Servire gli altri secondo questa 'via istituzionale, possiamo anche dire politica, della carità - ha proseguito Bagnasco - non è meno qualificato e incisivo 'di quanto lo sia la carità che incontra il prossimo direttamente, fuori dalle mediazioni istituzionali della polis'''. E' questo il motivo, ha aggiunto, per cui la Chiesa ''non cessa di raccomandare ai giovani e all'intero laicato la strada non solo del volontariato sociale, ma anche della politica vera e propria, nelle sue diverse articolazioni, quale campo di missione irrinunciabile e specifico'', come ricordato anche, appena pochi giorni fa, dal Pontefice nella sua visita a Viterbo. ''Il criterio fondamentale per una onesta valutazione dell'agire politico - ha poi proseguito il porporato - è dunque la capacità di individuare le obiettive esigenze delle persone e delle comunita', di analizzarle e di corrispondervi con la gradualita' e nei tempi compatibili. E', in altre parole, il criterio della reale efficacia di ogni azione politica rispetto ai problemi concreti del Paese''.
Con "rammarico" il card. Bagnasco ha notato "un evidente fraintendimento" delle parole del Papa sui rischi del ritorno di un nichilismo che nella storia ha prodotto i lager, presentate dai media come se per il Papa l'umanesimo non cristiano sia automaticamente nichilista e che il nichilismo porti invariabilmente ai lager. "Il suo discorso - ha tenuto a sottolineare Bagnasco - era naturalmente assai meno semplicistico, come si può facilmente evincere da una lettura serena dell'intero suo testo. Il cristianesimo non esclude ciò che è il portato di vita di ciascuno, ossia che ci possano essere persone non credenti capaci di una loro moralità forte, estranee alla tentazione nichilista. Ma bisogna fare attenzione per non edulcorare mai questo ospite inquietante del nostro tempo. Il nichilismo non è paragonabile ad una qualsiasi posizione filosofica. Se la sua sostanza, sempre identica a se stessa, è il nulla, il non senso, esso si manifesta sotto varie espressioni, dallo scetticismo esistenziale al libertarismo, che però non devono trarre in inganno, trattandosi sempre di un avversario terribilmente serio, mai da trattare con dilettantismo". Anzichè le polemiche, le parole del Papa, per Bagnasco, avrebbero meritato riflessioni profonde: infatti, "se Dio non c'è, e dunque tutto manca di fondamento, diventa arduo se non impossibile giustificare la differenza qualitativa e irriducibile dell'uomo rispetto al resto della natura, e diventa ugualmente arduo se non impossibile riconoscere la libertà intesa in senso proprio, come facoltà squisitamente umana, sottratta alla casualità. Vi è un discutere, talora, che lascia interdetti: bisognerebbe evitare che il gusto dell'azzardo intellettuale porti a tagliare il ramo stesso sul quale ci si trova a disquisire". E inoltre, "se, come esige il nichilismo, anche solo parlare di princìpi è considerata una deriva liberticida ed autoritaria e si ritiene lesivo dell'intelligenza qualsiasi riferimento ad un bene oggettivo che preceda le nostre scelte, allora davvero educare diventa un'impresa impossibile. Nonostante gli esiti di estraneazione e smarrimento cui e' pervenuta una parte non irrilevante della nostra società, in particolare della popolazione giovanile, si ha come l'impressione che siano troppo pochi coloro che accettano di fare effettivamente i conti con questo tarlo inesorabile che polverizza ogni voglia di futuro. E per converso siano ancora troppi i maestri che lusingano i giovani indicando loro un "dio sbagliato".

Asca, Agi

Prolusione - il testo integrale dell'intervento del card. Bagnasco