SIR
venerdì 11 settembre 2009
La Congregazione per l'Educazione Cattolica spiega su 'L'Osservatore Romano' il senso della lettera sull'insegnamento della religione nella scuola
“Un documento sintetico che intende richiamare alcuni principi, già approfonditi nel magistero della Chiesa, circa il ruolo della scuola nella formazione delle nuove generazioni, l'insegnamento della religione nella scuola e la libertà di scelta educativa di genitori e alunni”. Così la Congregazione per l’Educazione Cattolica - in un intervento di “puntualizzazione” pubblicato da L’Osservatore Romano - definisce la Lettera indirizzata il 5 maggio dal dicastero pontificio ai presidenti delle Conferenze episcopali di tutto il mondo sull'insegnamento della religione nella scuola, “solo ora fonte di dibattito su molti media”, fa notare il quotidiano vaticano. Tre, spiega la Congregazione citata, le “ragioni fondamentali” della lettera. La prima “risiede nel servizio proprio della Congregazione per l'Educazione Cattolica, che è quello di sostenere e accompagnare in tutti i Paesi, quanti nella Chiesa hanno il compito di promuovere e governare le istituzioni educative cattoliche e di coloro che operano nel mondo della scuola e dell'educazione”. La seconda ragione è data “dalla constatazione di profonde riforme, avviate in varie parti del mondo, dei sistemi educativi e scolastici, dei programmi e dei curricula”. La terza riguarda “la presenza dell'insegnamento della religione nella scuola”, in un mondo “sempre più multiculturale e multireligioso”. “Il pluralismo non solo nella scuola, ma della scuola, è fondamentale contro ogni forma di monopolio educativo”, ammonisce la lettera, in cui si ricorda che il diritto alla libertà religiosa “riguarda non solo le famiglie e la Chiesa, ma chiama in causa direttamente la scuola”. Senza l’ora di religione, in altre parole, “gli alunni verrebbero privati di un elemento essenziale per la loro formazione e il loro sviluppo personale. La libertà religiosa è il fondamento e la garanzia della presenza dell'insegnamento della religione nello spazio pubblico scolastico”. Quanto all’obiezione per cui la fede “non può essere imposta”, la Congregazione vaticana la confuta facendo presente la distinzione tra insegnamento della religione e catechesi: “la catechesi si propone di promuovere l'adesione personale a Cristo e la maturazione della vita cristiana nei suoi diversi aspetti, mentre l'insegnamento della religione trasmette agli alunni le conoscenze sull'identità del cristianesimo e della vita cristiana”. In quanto “presentazione organica dell'avvenimento e del messaggio cristiano, nonché della vita cristiana”, l’ora di religione non è dunque un’imposizione, bensì “una disciplina scolastica, con la stessa esigenza di sistematicità e rigore che hanno le altre discipline, in un necessario dialogo interdisciplinare”. Un'altra obiezione che si rivolge all'insegnamento della religione confessionale, è che esso “non favorirebbe un autentico approccio interculturale”. “Con tale motivazione – puntualizza il dicastero pontificio - si tende a mettere in discussione la legittimità stessa dell'insegnamento religioso confessionale nelle scuole pubbliche. In questa direzione vanno, in alcuni Paesi, orientamenti legislativi delle politiche scolastiche tendenti a 'condizionare' il contenuto dell'insegnamento religioso, a sottovalutare i diritti dei genitori e dei responsabili religiosi; come anche a spingere verso una deriva della concezione di una 'religione comparativa' frutto di una 'interdipendenza e complementarità delle religioni'”. Proprio il contesto odierno, invece, richiede per la Santa Sede “un insegnamento confessionale con profilo di qualità elevato, che sappia contribuire a creare identità forti e sicure e perciò dialoganti e rispettose”. “Un insegnamento della religione, posto come disciplina scolastica, in dialogo con altri saperi – è uno dei punti-cardine della lettera - non solo non è di intralcio a una autentica educazione interculturale, ma diviene strumento privilegiato per la conoscenza e l'accoglienza dell'altro”, all’interno di un “sistema educativo e scolastico, che voglia davvero promuovere la formazione integrale dell'uomo libero e responsabile”.