martedì 29 settembre 2009

Sinodo dei vescovi per l’Africa. Il card. Njue: gli africani chiedono di essere riconosciuti come persone. Poveri materialmente, ma con tanti valori

“Gli africani attendono con fiducia ed ottimismo i risultati del Sinodo. E chiedono di essere riconosciuti come persone, nonostante la povertà”. A parlare al Sir è il card. John Njue, arcivescovo di Nairobi (Kenya), a pochi giorni dall’apertura della II Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi che sarà centrata sul tema della giustizia, riconciliazione e pace. Il card. Njue è preoccupato per “i conflitti interni, i migranti espulsi dal proprio Paese, forse a causa del tribalismo e delle religioni”. “Quando in un Paese non c’è coabitazione, non ci si accetta a vicenda – afferma in una intervista all’agenzia SIR -, niente può andare avanti in una maniera giusta e buona”. Riguardo alle ondate migratorie verso l’Europa e i respingimenti in mare, a suo avviso “i Paesi di accoglienza dovrebbero, in ogni caso, basare le loro decisioni sulla dignità della persona umana. Questo deve essere il principio fondamentale. Poi, se ci sono delle paure da parte degli europei, bisognerebbe mettere in atto degli strumenti di prevenzione per proteggere la serenità del Paese che accoglie, senza negare la dignità dei migranti. Se c’è la buona volontà dei Paesi di provenienza e di arrivo si possono trovare delle soluzioni che salvaguardino la dignità delle persone”. Riguardo al rapporto Europa-Africa, secondo l’arcivescovo di Nairobi “siamo arrivati ad un punto in cui ognuno ha bisogno dell’altro, quindi dobbiamo cercare di camminare insieme, per non fare in modo che un continente soffra mentre l’altro sta solo a guardare. A questo punto è chiaro che abbiamo bisogno ognuno dell’altro, perché ogni continente ha la sua ricchezza e la sua povertà. Nessuno può eliminare la propria povertà senza la presenza e la ricchezza dell’altro. Vorremmo vedere più comunione e il riconoscimento della dignità degli uni e degli altri”. “Siamo poveri materialmente – prosegue il card. Njue - ma la nostra cultura ha tanti valori: se vengono recepiti in Europa, o anche in Asia, possiamo diventare tutti più forti. A quel punto potremo arrivare ad una situazione senza sfruttamento”. A proposito del futuro del cristianesimo in Africa il card. Njue è ottimista: "I missionari hanno piantato in Africa un seme molto difficile da estirpare. Il nostro orgoglio di essere cristiani si manifesta nel voler vivere pienamente l’eredità lasciata dai missionari. Ci saranno delle sfide ma non vogliamo perdere la speranza. Anche se molto dipenderà dal tipo di pastori. Ecco perché puntiamo molto l’accento sulla formazione dei nostri sacerdoti, religiosi e religiose. Se ben formati possono essere dei veri strumenti di evangelizzazione”.

SIR