mercoledì 18 novembre 2009

I retroscena della Costituzione 'Anglicanorum cœtibus' e del rientro di gruppi di anglicani nella Chiesa Cattolica secondo il card. Kasper

Il card. Walter Kasper l'ha ammesso: "Un po' di confusione c'è stata". Proprio lui che aveva in parte contribuito a tale confusione, involontariamente. Quando il 20 ottobre il card. William J. Levada, prefetto della congregazione per la dottrina della fede, annunciò l'imminente pubblicazione di una costituzione apostolica che avrebbe regolato l'ingresso nella Chiesa cattolica di gruppi provenienti dalla Comunione anglicana, lui, Kasper, presidente del pontificio consiglio per l'unità dei cristiani e quindi sicuramente titolato ad occuparsi del caso, non era a Roma ma a Cipro, impegnato in tutt'altro.Dal che alcuni dedussero che Kasper avesse voluto prendere le distanze da una decisione che non era sua e con la quale, forse, non era del tutto d'accordo. Il card. Kasper era a Cipro perché in quell'isola, dal 16 al 23 ottobre, era in corso la seconda tornata (dopo la prima a Ravenna nel 2007) del dialogo teologico tra cattolici e ortodossi su come intendere il primato del papa. Un dialogo ecumenico di capitale importanza, nel quale Kasper guidava la delegazione di Roma. Era giustificatissima, quindi, la sua assenza da Roma all'atto dell'annuncio della "Anglicanorum cœtibus", firmata infine dal Papa il 4 novembre e resa pubblica il 9. Ma il silenzio che Kasper ha mantenuto sulla questione anche dopo il suo ritorno da Cipro ha continuato a far pensare a sue riserve. Il silenzio, il card. Kasper l'ha rotto con un'intervista a L'Osservatore Romano del 15 novembre. Un'intervista ricca di notizie chiarificatrici. E di qualche retroscena. "Stiamo ai fatti", dice il card. Kasper nell'intervista. "Un gruppo di anglicani ha chiesto liberamente e legittimamente di entrare nella Chiesa cattolica. Non si tratta di una nostra iniziativa. Si sono rivolti prima al nostro consiglio [per l'unità dei cristiani] e, come presidente, ho risposto che la competenza è della congregazione per la dottrina della fede. [...] Il consiglio è sempre stato informato dalla congregazione per la dottrina della fede e non è vero che sia stato tenuto da parte. Non abbiamo partecipato direttamente alle conversazioni ma siamo stati messi al corrente, com'è giusto. Il testo della costituzione [apostolica] è stato preparato dalla congregazione per la dottrina della fede. Noi abbiamo visto la bozza e presentato le nostre proposte". La gestazione della "Anglicanorum cœtibus" è stata comunque tenuta segreta fino all'ultimo, anche alle massime autorità della Chiesa anglicana. Quando l'arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, fu informato della sua imminente pubblicazione, Kasper era già a Cipro. E racconta che Williams gli telefonò in piena notte, per chiedergli spiegazioni. Dice Kasper nell'intervista: "Abbiamo parlato del significato della nuova costituzione apostolica, e l'ho rassicurato sulla continuazione dei nostri dialoghi diretti, come ci ha indicato il Concilio Vaticano II e come vuole il Papa. Mi ha risposto che per lui questa conferma è un messaggio molto importante". Un paio di giorni dopo, il 20 ottobre, Williams diede l'annuncio a Londra della prossima uscita della costituzione apostolica assieme all'arcivescovo cattolico di Westminster, Vincent G. Nichols, proprio mentre a Roma lo stesso annuncio era dato dal cardinale Levada. Anche per questo Kasper dice d'apprezzare "l'atteggiamento equilibrato" dell'arcivescovo di Canterbury. "I nostri rapporti personali sono cordiali e trasparenti. È un uomo di spiritualità, un teologo. In realtà oggi gli unici ostacoli al dialogo ecumenico possono venire dalle tensioni interne al mondo anglicano". Quest'ultima affermazione è da sottolineare. A giudizio di Kasper, sia il desiderio di alcuni gruppi anglicani di passare al cattolicesimo, sia gli ostacoli a un più generale riavvicinamento tra Roma e Canterbury provengono non da una volontà della Chiesa cattolica di "allargare il suo impero" – "commento ridicolo", taglia corto il cardinale – ma da cause tutte interne alla Comunione anglicana. Il cardinale descrive così tali cause, nell'intervista: "Si sono susseguite l'ordinazione delle donne al presbiterato e poi all'episcopato, la consacrazione di un vescovo omosessuale, la benedizione di coppie dello stesso sesso: scelte che hanno provocato gravi tensioni interne al composito mondo anglicano. Per forza di cose si è allargato anche il fossato con i cattolici. Comunque la risposta critica a questi sviluppi non è venuta soltanto dagli anglicani filo-cattolici. Insomma, non tutti coloro che non sono d'accordo con quelle novità vogliono diventare cattolici, anche perché tra gli anglicani la maggioranza è d'ispirazione evangelical". Qui il cardinale allude al fatto che la maggior parte dei 77 milioni di anglicani nel mondo vivono in Nigeria, in Kenya, in Uganda e in altri paesi africani. E lì sono quasi tutti contrari alle "novità" sopra richiamate, circoscritte alla Gran Bretagna e agli Stati Uniti. Ma non per questo gli anglicani dell'Africa hanno in animo di farsi cattolici. A bussare alle porte di Roma sono piuttosto gruppi inglesi, americani, australiani, a contatto più diretto con le tendenze da loro aborrite, e da tempo attratti dal cattolicesimo. A questi, dice Kasper, "il Papa ha aperto la porta con benevolenza, ha indicato una strada, ha offerto una possibilità concreta che certo non è contraria all'ecumenismo. Già il decreto 'Unitatis redintegratio' del Vaticano II puntualizza chiaramente che un conto è l'ecumenismo, un conto la conversione. Ma non c'è contraddizione". Ma il cardinale invita anche alla prudenza: "Si deve vedere caso per caso chi sono queste persone. Non ci si fa cattolici solo perché in disaccordo con le scelte della propria confessione. Come non è sufficiente firmare il Catechismo della Chiesa cattolica, anche se è una scelta significativa". Tra le questioni pratiche di complicata soluzione Kasper indica "la preoccupazione di alcuni vescovi di dividere la loro diocesi: una parte che entra nella Chiesa cattolica e un'altra che resta anglicana. Come gestire una separazione del genere?". C'è poi il caso della Traditional Anglican Communion, con circa mezzo milione di seguaci: "I loro rappresentanti quasi due anni fa hanno chiesto di essere incorporati nella Chiesa cattolica. Ma non hanno preso parte alle conversazioni. Adesso però sono saliti al volo su un treno già in corsa. Va bene, se sono sinceri le porte sono aperte. Ma non chiudiamo gli occhi sul fatto che dal 1992 non sono in comunione con Canterbury. [...] La conversione, poi, è un fatto personale: c'è la libertà della grazia, la libertà della decisione umana. Non si può entrare in questo campo, non si può spingere, non si può organizzare". A Cipro, la notizia che la Chiesa cattolica è pronta a incorporare gruppi provenienti dall'anglicanesimo ha messo in allarme anche gli ortodossi. Il loro timore è che si costituisca una Chiesa "uniate" di rito anglicano che si aggiunga alle Chiese "uniate" dei vari riti orientali: cioè le Chiese obbedienti al Papa di Roma ma uguali e rivali in tutto il resto con gli ortodossi. A questo proposito Kasper dice nell'intervista: "A Cipro per evitare malintesi ho subito detto ai nostri partner ortodossi che non si tratta di proselitismo o di un nuovo uniatismo. [...] L'uniatismo è un fenomeno storico che riguarda le Chiese orientali, mentre gli anglicani sono di tradizione latina. Resta valido il documento di Balamand del 1993, secondo cui si tratta di un fenomeno del passato avvenuto in circostanze non ripetibili. Non è un metodo per il presente e il futuro. Gli ortodossi erano interessati soprattutto a comprendere la natura dell'ordinariato personale per gli anglicani, e ho precisato che non si tratta di una Chiesa 'sui iuris' e non ci sarà dunque il capo di una Chiesa ma un ordinario con potestà vicaria". In parole più semplici: mentre una Chiesa "uniate" come la maronita del Libano ha una sua gerarchia strutturata, con un patriarca e con diocesi territoriali, niente di tutto questo vi sarà per gli "Ordinariati personali" ex anglicani, con cura di fedeli ma privi di territorio, un po' come gli Ordinariati militari. I nuovi Ordinariati si caratterizzeranno per la conservazione del rito anglicano nella Messa e negli altri sacramenti – con libri liturgici che negli Stati Uniti sono già stati approvati negli anni Ottanta dalla Congregazione vaticana per il Culto Divino – e per la possibilità di avere sacerdoti sposati. Solo però i sacerdoti e vescovi ex anglicani già sposati potranno essere ordinati al sacerdozio nella Chiesa cattolica. Per i loro giovani aspiranti preti varrà la regola del celibato come in tutta la Chiesa latina, fatta salva, eccezionalmente, la facoltà di "presentare al Santo Padre la richiesta di ammissione di uomini sposati all’ordinazione presbiterale nell’ordinariato", secondo "criteri oggettivi" che comunque necessiteranno dell'approvazione della Santa Sede". Questa eccezione è ammessa "in considerazione della tradizione ed esperienza ecclesiale anglicana", come dice l'articolo 6 delle norme complementari della "Anglicanorum cœtibus". E per quanto "meramente ipotetica" (così il card. Levada, in un comunicato del 31 ottobre) introduce uno strappo nella disciplina celibataria del sacerdozio della Chiesa latina, alla quale gli ex anglicani s'incorporano. Un ultimo passaggio importante dell'intervista del card. Kasper riguarda la visita che il primate della Comunione anglicana Williams compirà a Roma dal 19 al 22 novembre,in occasione del centenario della nascita del card. Johannes Willebrands, predecessore dello stesso Kasper come responsabile del dialogo ecumenico: "La sua prossima visita in Vaticano dimostra che non c'è stata alcuna rottura e rilancia il desiderio comune di parlarsi in un momento storico importante. Con questo spirito l'arcivescovo di Canterbury si incontrerà con membri della Curia romana e il 21 novembre parlerà con il Papa. Abbiamo l'occasione di aprire una nuova fase del dialogo ecumenico che continua a essere una priorità della Chiesa cattolica e del Pontificato di Benedetto XVI".

Sandro Magister, chiesa.espressonline.it

Una possibilità concreta non contraria all'ecumenismo - Il testo integrale dell'intervista del card. Kasper a L'Osservatore Romano