La festa di Santo Stefano, il primo martire della Chiesa, che si festeggia il giorno dopo il Natale, “ci ricorda… i tanti credenti, che in varie parti del mondo, sono sottoposti a prove e sofferenze a causa della loro fede”. Così Benedetto XVI all’Angelus recitato dalla finestra del suo studio privato con una Piazza San Pietro tutta addobbata per le celebrazioni natalizie, con il grande presepio e il gigantesco albero di Natale. Il Papa non ha citato alcun Paese in particolare, ma ieri alla Benedizione 'Urbi et Orbi' ha parlato delle difficoltà vissute dai cristiani e dalle popolazioni in Terra Santa, Iraq, Sri Lanka, penisola coreana, Congo e America Latina. Il Pontefice ha continuato chiedendo a tutti i cristiani di affidare i fratelli perseguitati alla protezione di santo Stefano. “Impegniamoci – ha detto - a sostenerli con la preghiera e a non venir mai meno alla nostra vocazione cristiana, ponendo sempre al centro della nostra vita Gesù Cristo, che in questi giorni contempliamo nella semplicità e nell’umiltà del presepe”. Ma la celebrazione del martirio di santo Stefano, non è solo un ricordo della violenza. Stefano, “come il suo Maestro, muore perdonando i propri persecutori e ci fa comprendere come l’ingresso del Figlio di Dio nel mondo dia origine ad una nuova civiltà, la civiltà dell’amore, che non si arrende di fronte al male e alla violenza e abbatte le barriere tra gli uomini, rendendoli fratelli nella grande famiglia dei figli di Dio”. In più, il Papa ricorda che Stefano è uno dei primi diaconi, fattosi “servo dei poveri”, nella distribuzione di aiuti ai poveri di Gerusalemme. Per questo, ha concluso Benedetto XVI, “la testimonianza di Stefano, come quella dei martiri cristiani, indica ai nostri contemporanei spesso distratti e disorientati, su chi debbano porre la propria fiducia per dar senso alla vita. Il martire, infatti, è colui che muore con la certezza di sapersi amato da Dio e, nulla anteponendo all’amore di Cristo, sa di aver scelto la parte migliore. Configurandosi pienamente alla morte di Cristo, è consapevole di essere germe fecondo di vita e di aprire nel mondo sentieri di pace e di speranza. Oggi, presentandoci il diacono Santo Stefano come modello, la Chiesa ci indica, altresì, nell’accoglienza e nell’amore verso i poveri, una delle vie privilegiate per vivere il Vangelo e testimoniare agli uomini in modo credibile il Regno di Dio che viene”. Al termine della preghiera mariana, appello del Papa affinchè in Italia "si viva quel clima di intesa e di comunione che tanto giova al bene comune". Benedetto XVI ha chiesto "all'intera Nazione" italiana un "rinnovato impegno di amore vicendevole e di reciproca comprensione". "Rivolgo infine il mio cordiale saluto a voi, pellegrini di lingua italiana - ha detto il Pontefice nei saluti in italiano - ed auguro che la sosta di questi giorni presso il presepio per ammirare Maria e Giuseppe accanto al Bambino, possa suscitare in tutti un rinnovato impegno di amore vicendevole e di reciproca comprensione, affinchè all'interno delle famiglie e dell'intera Nazione si viva quel clima di intesa e di comunione che tanto giova al bene comune".