martedì 26 gennaio 2010

Le linee guida di Benedetto XVI per frenare l’esodo dei cristiani sotto attacco in Medio Oriente e in altri 60 Paesi nel mondo

Un piano Marshall cattolico per salvare i cristiani dall’estinzione in Medio Oriente e nei paesi a maggioranza musulmana: è quello che si appresta a lanciare Papa Benedetto XVI per far fronte alla nuova, terribile escalation di violenza. Due commercianti cristiani uccisi a Mosul, in Iraq, dove si è appena insediato il nuovo vescovo Emil Shimoun Nona. Un agguato ai cristiani copti in Egitto, il 6 dicembre all’uscita della Messa, con sette morti e nove feriti. Undici chiese cristiane danneggiate in Malaysia. Una chiesa evangelica data alle fiamme nella Cabilia, in Algeria. E ancora Somalia, India, Pakistan, Cina, Myanmar, Corea del Nord, Maldive e Zanzibar: in 60 paesi del mondo, concentrati in Asia e Africa, i cristiani rischiano il martirio. Certo, in alcuni paesi anche i cristiani si macchiano di fanatismo: a Jos, in Nigeria, gli scontri con i musulmani hanno lasciato sul campo centinaia di morti da entrambe le parti. Ma nella gran parte dei casi le vittime sono i cristiani. Sette le linee guida del piano tracciato dal Papa con i suoi collaboratori: tenere alta l’attenzione della comunità internazionale sulle violazioni alla libertà religiosa e sulle persecuzioni dei cristiani; rafforzare la collaborazione delle Chiese cristiane mettendo da parte antichi conflitti e rivalità; costruire case per i cristiani in Terra Santa; favorire i pellegrinaggi; promuovere l’occupazione dei cristiani nei territori palestinesi e l’edificazione di scuole; intensificare l’impegno caritativo delle associazioni cattoliche per far fronte al proselitismo delle organizzazioni umanitarie islamiche; arginare la diffusione delle sette di ispirazione evangelica e pentecostale che, complici la povertà e le persecuzioni, sottraggono fedeli alla Chiesa Cattolica offrendo anche aiuti materiali. Non c’è tempo da perdere. Anche i missionari pagano un prezzo altissimo: nel corso dell’ultimo anno ne sono stati uccisi 37 (sono stati 20 nel 2008). Due erano italiani: Giuseppe Bertaina a Nairobi, in Kenya, e Ruggero Ruvoletto a Manaus in Brasile. "I missionari uccisi sono martiri della fede ma anche della giustizia" spiega a Panorama Giulio Albanese, missionario comboniano e direttore delle riviste missionarie delle Pontificie opere missionarie. "Vengono uccisi perché difendono la vita e i diritti dei più deboli e spesso, come accade oggi in alcune aree della Repubblica del Congo e del Sudan meridionale, sono le uniche forze di interposizione fra gli eserciti e la gente comune". Lo stesso accade in alcuni paesi dell’America Latina (Colombia, Guatemala, Brasile, Bolivia), dove sacerdoti e religiosi vengono uccisi o intimiditi perché si oppongono alle violenze dei clan della droga o degli squadroni della morte. In ogni caso la Chiesa non si lascia intimidire, ha detto il Papa il giorno di Natale, e continua ad annunciare "ovunque il Vangelo di Cristo nonostante le persecuzioni, le discriminazioni, gli attacchi e l’indifferenza, talvolta ostile". Però chiede aiuto alla comunità internazionale affinché si metta fine a questo martirio. "Gli stati fondamentalisti, come il Pakistan e l’Arabia Saudita, e i regimi atei, come quelli della Cina e della Corea del Nord, sono i principali nemici dei cristiani" spiega Bernardo Cervellera, missionario del Pime e direttore dell’agenzia AsiaNews. Ma, prosegue Cervellera, "è l’indifferenza della comunità internazionale, e dell’Europa in particolare, il più grande alleato dei paesi che ostacolano la libertà religiosa". La fuga diventa così l’unica via d’uscita per i cristiani perseguitati, in particolare in Medio Oriente. I cristiani arabi sono ridotti a 11 milioni in sette paesi: Egitto, Iraq, Giordania, Siria, Libano, Israele e Territori palestinesi, ma il loro numero continua a diminuire. Dalla Guerra dei sei giorni (1967) a oggi è emigrato il 35 per cento dei cristiani palestinesi con destinazione America Latina e Canada. In Libano i cristiani sono scesi dal 51 al 40 per cento della popolazione. Più clamoroso di tutti è il caso dell’Iraq dove, prima della guerra, vivevano 1,5 milioni di cattolici e oggi sono meno di 400 mila. "I cristiani si trovano in particolare difficoltà soprattutto in Medio Oriente perché ai ben noti problemi dell’area si aggiungono le pressioni socioreligiose dovute al fatto di essere ormai piccola minoranza (le stime parlano del 4 per cento) in un contesto sempre più islamico. È perciò inevitabile la spinta all’emigrazione", osserva Massimo Ilardo, direttore per l’Italia di Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs), che cura un rapporto annuale sulla libertà religiosa nel mondo. Per mobilitare la Chiesa e l’opinione pubblica mondiale il Papa ha convocato un Sinodo speciale dei vescovi per il Medio Oriente, che si terrà a Roma dal 10 al 24 ottobre prossimo. La speranza è favorire il dialogo con l’Islam e gli ebrei, ma anzitutto superare le divisioni interne agli stessi cristiani che in Medio Oriente fanno capo a 22 diverse denominazioni tra ortodossi, cattolici ed evangelici, spesso in attrito fra loro, come in occasione dei clamorosi scontri alla Basilica del Santo sepolcro di Gerusalemme. Intanto il piano Marshall del Papa è già in atto. "Sono tre le direttrici principali di intervento per fermare l’esodo dei cristiani" spiega Giuseppe Caffulli, direttore della rivista Terrasanta e del portale www.terrasanta.net della custodia francescana. "Costruire scuole, dove cristiani e musulmani crescano insieme, imparando a conoscersi e a rispettarsi. Costruire case per fare fronte alla drammatica mancanza di alloggi nei Territori. A questo scopo la custodia francescana di Terra Santa e il patriarcato di Gerusalemme hanno già edificato cinque o sei palazzi a Betlemme, in Galilea e a Haifa, con l’aiuto anche della CEI e di altre Conferenze Episcopali. Infine impegnarsi nella pastorale: far comprendere ai cristiani che vivono in Terra Santa che hanno una vocazione speciale". Anche il turismo religioso è importante per fermare la fuga dei cristiani, spiega padre Cesare Atuire, amministratore delegato dell’Opera romana pellegrinaggi che ogni anno porta oltre 15 mila pellegrini in Israele. "Il pellegrinaggio è un modo per far sentire la vicinanza della Chiesa ai cristiani che soffrono ma anche per sostenere l’artigianato locale e favorire l’occupazione". Non c’è solo il Medio Oriente tra le priorità del Papa. C’è anche l’Africa, cui è stato dedicato invece il sinodo dell’ottobre scorso. In particolare l’emergenza Somalia, dove nel 2006 venne uccisa suor Leonella Sgorbati. Ci sono poi il proselitismo e l’islamizzazione forzata portati avanti da alcune organizzazioni umanitarie islamiche in Sudan. E c’è la "concorrenza" sempre più aggressiva delle sette di ispirazione cristiana. "Solo in Africa si contano ormai circa 15 mila chiese indipendenti" afferma padre Albanese. Per contrastarle "è necessario puntare sulla formazione soprattutto delle giovani generazioni". Insomma i cristiani sono attaccati su più fronti. Ma la Chiesa cattolica si prepara a reagire.

Ignazio Ingrao, Panorama