Nell'omelia, il Papa ha ricordato che la Chiesa ''indica la conversione personale e comunitaria quale unica via non illusoria per formare società più giuste, dove tutti possano avere il necessario per vivere secondo la dignità umana''. ''Anche ai nostri giorni - ha detto il Pontefice - l'umanità ha bisogno di sperare in un mondo più giusto, di credere che esso sia possibile, malgrado le delusioni che vengono dalle esperienze quotidiane''.
La riflessione del Papa ha evidenziato in primo luogo la dimensione personale della conversione. Egli è partito dall’affermazione che l’itinerario quaresimale, pone “a suo fondamento l’onnipotenza d’amore di Dio, la sua assoluta signoria su ogni creatura, che si traduce in indulgenza infinita, animata da costante e universale volontà di vita. In effetti, perdonare qualcuno equivale a dirgli: non voglio che tu muoia, ma che tu viva; voglio sempre e soltanto il tuo bene”. “Questa assoluta certezza ha sostenuto Gesù durante i quaranta giorni trascorsi nel deserto della Giudea, dopo il battesimo ricevuto da Giovanni nel Giordano. Quel lungo tempo di silenzio e di digiuno fu per Lui un abbandonarsi completamente al Padre e al suo disegno d’amore; fu esso stesso un "battesimo", cioè un’"immersione" nella sua volontà, e in questo senso un anticipo della Passione e della Croce. Inoltrarsi nel deserto e rimanervi a lungo, da solo, significava esporsi volontariamente agli assalti del nemico, il tentatore che ha fatto cadere Adamo e per la cui invidia la morte è entrata nel mondo; significava ingaggiare con lui la battaglia in campo aperto, sfidarlo senza altre armi che la fiducia sconfinata nell’amore onnipotente del Padre”. Il Papa ha invitato ad ''attraversare il deserto'', ma ''non da soli, ma con Gesù. Lui - come sempre - ci ha preceduto e ha già vinto il combattimento contro lo spirito del male. Ecco il senso della Quaresima''. ''Tutto questo il Signore Gesù lo ha fatto per noi. Lo ha fatto per salvarci, e al tempo stesso per mostrarci la via per seguirlo. La salvezza - ha aggiunto - è dono, è grazia di Dio, ma per avere effetto nella mia esistenza richiede il mio assenso, un'accoglienza dimostrata nei fatti, cioè nella volontà di vivere come Gesù, di camminare dietro a Lui''.
E' alla luce di questa realtà che ''si comprende anche il segno penitenziale delle Ceneri. E' essenzialmente un gesto di umiltà, che significa: mi riconosco per quello che sono, una creatura fragile, fatta di terra e destinata alla terra, ma anche fatta ad immagine di Dio e destinata a Lui. Polvere, sì, ma amata'' e ''libera e, per questo, capace anche di disobbedirgli, cedendo alla tentazione dell'orgoglio e dell'autosufficienza. Ecco il peccato, malattia mortale entrata ben presto ad inquinare la terra benedetta che è l’essere umano”. “Il primo atto di giustizia è dunque riconoscere la propria iniquità, e riconoscere che questa è radicata nel ‘cuore’, nel centro stesso della persona umana. I ‘digiuni’, i ‘pianti’, i ‘lamenti’ ed ogni espressione penitenziale hanno valore agli occhi di Dio solo se sono segno di cuori sinceramente pentiti. Anche il Vangelo, tratto dal discorso della montagna, insiste sull’esigenza di praticare la propria ‘giustizia’ – elemosina, preghiera, digiuno – non davanti agli uomini, ma solo agli occhi di Dio, che ‘vede nel segreto’. La vera ‘ricompensa’ non è l’ammirazione degli altri, ma l’amicizia con Dio e la grazia che ne deriva, una grazia che dona pace e forza di compiere il bene, di amare anche chi non lo merita, di perdonare chi ci ha offeso”.
Agi, Asca, AsiaNews
STAZIONE QUARESIMALE PRESIEDUTA DAL SANTO PADRE NELLA BASILICA DI SANTA SABINA ALL’AVENTINO - il testo integrale dell'omelia del Papa