Per quest’ultimo elemento ha poi spiegato che “la parola ‘cristiani’, infatti, con cui i discepoli di Cristo vengono chiamati già all’inizio della Chiesa proveniente dai pagani, deriva dalla parola ‘Cristo’ – traduzione greca della parola ‘Messia’, che significa ‘Unto’”. “L’olio di oliva – ha notato - è così in modo del tutto particolare simbolo della compenetrazione dell’Uomo Gesù da parte dello Spirito Santo". Il Papa ha proseguito l'omelia sul significato di alcuni “elementi” parlando della liturgia circa gli “oli santi”. “Nella Messa crismale del Giovedì Santo – ha detto - gli oli santi stanno al centro dell’azione liturgica. Vengono consacrati nella cattedrale dal vescovo per tutto l’anno. Esprimono così anche l’unità della Chiesa, garantita dall’Episcopato...Al contempo, tengono insieme tutto l’anno liturgico, ancorato al mistero del Giovedì Santo. Infine, rimandano all’Orto degli Ulivi, in cui Gesù ha accettato interiormente la sua Passione”. “L’Orto degli Ulivi – ha spiegato - è però anche il luogo dal quale Egli è asceso al Padre, è quindi il luogo della Redenzione: Dio non ha lasciato Gesù nella morte. Gesù vive per sempre presso il Padre, e proprio per questo è onnipresente, sempre presso di noi”. La spiegazione da parte di Benedetto XVI è proseguita collegando l’olio ad alcuni sacramenti: “Questo duplice mistero del Monte degli Ulivi è anche sempre ‘attivo’ nell’olio sacramentale della Chiesa – ha detto -. In quattro Sacramenti l’olio è segno della bontà di Dio che ci tocca: nel Battesimo, nella Cresima come Sacramento dello Spirito Santo, nei vari gradi del Sacramento dell’Ordine e, infine, nell’Unzione degli infermi, in cui l’olio ci viene offerto, per così dire, quale medicina di Dio”. Parlando dell’olio e quindi dell’albero che lo genera, l’ulivo, il Papa ha poi notato che tale pianta sia divenuta “simbolo della pace”. Da ciò il riferimento al dovere dei cristiani (gli “unti”) di “seguire il diritto, che è il fondamento della pace”. Ha infatti spiegato: “Anche oggi è importante per i cristiani seguire il diritto, che è il fondamento della pace. Anche oggi è importante per i cristiani non accettare un’ingiustizia che viene elevata a diritto – per esempio, quando si tratta dell’uccisione di bambini innocenti non ancora nati. Proprio così serviamo la pace e proprio così ci troviamo a seguire le orme di Gesù Cristo, di cui San Pietro dice: ‘Insultato non rispondeva con insulti; maltrattato non minacciava vendetta, ma si affidava a colui che giudica con giustizia”. “La lotta dei cristiani – ha detto il Pontefice – consisteva e consiste non nell'uso della violenza, ma nel fatto che essi erano e sono tuttora pronti a soffrire per il bene, per Dio”.
Per loro, la pace è un valore che discende direttamente da Dio e che è frutto del sacrificio di Gesù: “I cristiani dovrebbero quindi essere persone di pace, persone che riconoscono e vivono il mistero della Croce come mistero della riconciliazione. Cristo non vince mediante la spada, ma per mezzo della Croce. Vince superando l'odio. Vince mediante la forza del suo amore più grande...Come sacerdoti siamo chiamati ad essere, nella comunione con Gesù Cristo, uomini di pace, siamo chiamati ad opporci alla violenza e a fidarci del potere più grande dell'amore”. E per i sacerdoti c’è un significato ancora più alto da tenere in considerazione, ha insistito Benedetto XVI. L’olio, che in greco si dice elaion, col quale i nuovi presbiteri vengono consacrati è strettamente connesso al concetto di misericordia, che in greco si dice eleos. Un collegamento che implica una responsabilità ben chiara: “L'unzione per il sacerdozio significa pertanto sempre anche l'incarico di portare la misericordia di Dio agli uomini. Nella lampada della nostra vita non dovrebbe mai venir a mancare l'olio della misericordia. Procuriamocelo sempre in tempo presso il Signore - nell'incontro con la sua Parola, nel ricevere i Sacramenti, nel trattenerci in preghiera presso di Lui”. Nella parte conclusiva dell’omelia il Papa ha toccato il tema della letizia, secondo la definizione “olio di letizia” nel salmo 45: "E' una cosa diversa dal divertimento o dall’allegria esteriore che la società moderna si auspica. Il divertimento, nel suo posto giusto, è certamente cosa buona e piacevole. E’ bene poter ridere”. “Ma – ha proseguito – il divertimento non è tutto. E’ solo una piccola parte della nostra vita, e dove esso vuol essere il tutto diventa una maschera dietro la quale si nasconde la disperazione o almeno il dubbio se la vita sia veramente buona, o se non sarebbe forse meglio non esistere invece di esistere”. Viceversa, ha concluso Benedetto XVI, “la gioia, che da Cristo ci viene incontro, è diversa. Essa ci dà allegria, sì, ma certamente può andar insieme anche con la sofferenza. Ci dà la capacità di soffrire e, nella sofferenza, di restare tuttavia intimamente lieti”.
SIR, Radio Vaticana
SANTA MESSA DEL CRISMA NELLA BASILICA VATICANA - il testo integrale dell'omelia del Papa