giovedì 17 giugno 2010

Al Papa il dossier sulla gestione 'non esemplare' delle case di Propaganda Fide. Dalla nomina del card. Dias si punta a trasparenza e più controlli

Non si può dire che la bufera intorno a Propaganda Fide e al suo patrimonio immobiliare abbia colto di sorpresa i piani alti Oltretevere, in Vaticano si ostenta tranquillità, "la giustizia civile faccia il suo corso". Certo, "si leggono tante cose non vere", considerano più fonti nel giorno in cui le cronache riportano le dichiarazioni di Guido Bertolaso ai magistrati di Perugia: che il capo della Protezione civile potesse essere ospite dell’appartamento in via Giulia, senza che nessuno pagasse un affitto alla Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, "è escluso", si dice in Vaticano, "qualcuno deve averlo fatto". Che qualcosa non funzionasse, tuttavia, era già chiaro ben prima che intercettazioni e indagini rivelassero il giro vischioso di assegnazioni e vendite immobiliari di favore. Oltretevere si usa una parola dura: "Rimozione". Quattro anni fa, nel 2006, il card. Crescenzio Sepe (nella foto con Benedetto XVI), allora prefetto di Propaganda Fide, fu allontanato dal Papa alla scadenza del primo quinquennio: una cosa "inconsueta", si fa notare, visto che il predecessore era rimasto sedici anni e tutti gli altri prefetti del Novecento andarono ben oltre il primo mandato, salvo un caso di morte prematura. Altrettanto strano è che un capo congregazione, addirittura il potentissimo "Papa rosso" di Propaganda Fide, passasse a guidare una diocesi, per quanto illustre come Napoli: semmai accade il contrario. No, qualcosa non ha funzionato, "la gestione non è stata esemplare", si considera con un eufemismo curiale: e la "riforma gentile" della Curia avviata da Papa Ratzinger nel 2005, gradualmente, senza scossoni, aveva già iniziato a porvi rimedio. In questi mesi l’attenzione è ovviamente aumentata, si è già deciso di cancellare il nome del "consultore" e "gentiluomo di Sua Santità" Angelo Balducci dall’Annuario Pontificio 2011, e in Segreteria di Stato si sono fatti mandare tutte le carte e i documenti sulla faccenda, il card. Tarcisio Bertone si consulta "come per ogni questione" con Benedetto XVI, ci sono novità in vista. Anche se "non ci sarà alcun commissariamento della Congregazione", spiegano Oltretevere, smentendo voci circolate nelle scorse settimane. Le cose sono però destinate a cambiare. I beni di Propaganda Fide, un patrimonio immenso (si stimano oltre 9 miliardi di euro) frutto di proprietà e donazioni secolari, sono gestiti in perfetta autonomia dalla Congregazione e servono a sostenere le terre di missione, Africa e Asia in testa: per questo il prefetto viene definito "Papa rosso". La gestione è distinta da quella dell’Apsa, l’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica presieduta dal card. Attilio Nicora. Il problema è che la divisione è eccessiva, nel senso che le due gestioni procedono a compartimenti stagni: è quindi "auspicabile", spiegano fonti vicine alla Segreteria di Stato, che "si arrivi a un maggiore coordinamento e una maggiore vigilanza" sulla gestione della Congregazione. Non si tratta di trasferire competenze o beni immobiliari, ma di "garantire maggiore trasparenza interna": se non altro per evitare che atti e vendite del patrimonio immobiliare, com’è accaduto con la vecchia gestione, possano restare ignoti nella stessa Santa Sede, al di fuori del palazzo della Congregazione. Del resto l’attuale prefetto di Propaganda Fide, il card. Ivan Dias, venne nominato nel 2006 proprio per "avviare una gestione più trasparente": figura di grande spiritualità, indiano e già arcivescovo di Bombay, garantiva e garantisce una serena estraneità ai giri di amicizie romani. Il card. Dias, dicono Oltretevere, ha però chiesto a Benedetto XVI di poter lasciare l’incarico: è noto da tempo che abbia problemi di salute, anche se il desiderio sarebbe di mantenerlo al suo posto fino alla scadenza, a primavera 2011. In ogni caso, la questione andrà affrontata nei prossimi mesi. Di certo il successore sarà un uomo di fiducia del Papa e del segretario di Stato, e una personalità di altissimo livello: difatti si fa il nome dell’arcivescovo Fernando Filoni, finissimo diplomatico e Sostituto per gli Affari Generali; in questo caso il problema sarebbe trovare una figura capace di prendere il suo posto ai vertici (è il numero due, assieme all’arcivescovo Dominique Mamberti) della Segreteria di Stato.

Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera