sabato 10 luglio 2010

Festa di San Benedetto. Il Papa: viveva sotto lo sguardo di Dio non perdendo di vista i doveri della vita quotidiana e i bisogni concreti dell'uomo

Domani ricorre la festa di San Benedetto (nella foto Benedetto XVI in preghiera sulla sua tomba), patrono d’Europa. Il Santo di Norcia, fondatore del monachesimo occidentale che ha avuto un influsso fondamentale sullo sviluppo della civiltà europea, è anche il patrono del Pontificato di Benedetto XVI che gli ha dedicato numerosi interventi e una catechesi specifica all’Udienza generale. Il Papa indica San Benedetto “come una luce per il nostro cammino...un vero maestro alla cui scuola possiamo imparare l’arte di vivere l’umanesimo vero”. Vissuto a cavallo tra il V e il VI secolo, in un’epoca in cui il mondo era sconvolto da una tremenda crisi di valori e di istituzioni, causata dal crollo dell’Impero Romano, dall’invasione dei nuovi popoli e dalla decadenza dei costumi, il giovane San Benedetto si ritira per tre anni in una grotta nei pressi di Subiaco. Questo periodo di solitudine con Dio, fu per Benedetto un tempo di maturazione.
“Qui doveva sopportare e superare le tre tentazioni fondamentali di ogni essere umano: la tentazione dell’autoaffermazione e del desiderio di porre se stesso al centro, la tentazione della sensualità e, infine, la tentazione dell’ira e della vendetta. Era infatti convinzione di Benedetto che, solo dopo aver vinto queste tentazioni, egli avrebbe potuto dire agli altri una parola utile per le loro situazioni di bisogno. E così, riappacificata la sua anima, era in grado di controllare pienamente le pulsioni dell’io, per essere così un creatore di pace intorno a sé”.
Solo allora Benedetto decide di fondare i primi monasteri e dà ai suoi monaci una “Regola” che unisce preghiera, studio e lavoro, una perfetta sintesi di azione e contemplazione: “Senza preghiera non c’è esperienza di Dio. Ma la spiritualità di Benedetto non era un’interiorità fuori dalla realtà. Nell’inquietudine e nella confusione del suo tempo, egli viveva sotto lo sguardo di Dio e proprio così non perse mai di vista i doveri della vita quotidiana e l’uomo con i suoi bisogni concreti”.
Nella sua “Regola”, Benedetto parla dell’obbedienza del monaco cui deve corrispondere la saggezza dell’Abate: questi “deve essere insieme un tenero padre e anche un severo maestro (2,24), un vero educatore. Inflessibile contro i vizi, è però chiamato soprattutto ad imitare la tenerezza del Buon Pastore (27,8), ad “aiutare piuttosto che a dominare” (64,8), ad “accentuare più con i fatti che con le parole tutto ciò che è buono e santo” e ad “illustrare i divini comandamenti col suo esempio” (2,12).
“Per essere in grado di decidere responsabilmente, anche l’Abate deve essere uno che ascolta ‘il consiglio dei fratelli’ (3,2), perché ‘spesso Dio rivela al più giovane la soluzione migliore’ (3,3). Questa disposizione rende sorprendentemente moderna una Regola scritta quasi quindici secoli fa! Un uomo di responsabilità pubblica, e anche in piccoli ambiti, deve sempre essere anche un uomo che sa ascoltare e sa imparare da quanto ascolta”.
San Benedetto, sottolinea il Papa, tanto ha fatto per la formazione della civiltà e della cultura europea. E ancora oggi, in un’epoca in cui il vecchio continente “è alla ricerca della propria identità”, indica all’Europa la strada da percorrere.
“Per creare un’unità nuova e duratura, sono certo importanti gli strumenti politici, economici e giuridici, ma occorre anche suscitare un rinnovamento etico e spirituale che attinga alle radici cristiane del Continente, altrimenti non si può ricostruire l’Europa. Senza questa linfa vitale, l’uomo resta esposto al pericolo di soccombere all’antica tentazione di volersi redimere da sé – utopia che, in modi diversi, nell’Europa del Novecento ha causato, come ha rilevato il Papa Giovanni Paolo II, “un regresso senza precedenti nella tormentata storia dell’umanità””.

Radio Vaticana