"Tutto ciò deve oggi far pensare anche noi come cristiani: è la nostra fede abbastanza pura ed aperta, così che a partire da essa anche i ‘pagani’, le persone che oggi sono in ricerca e hanno le loro domande, possano intuire la luce dell’unico Dio, associarsi negli atri della fede alla nostra preghiera e con il loro domandare diventare forse adoratori pure loro? La consapevolezza che l’avidità è idolatria raggiunge anche il nostro cuore e la nostra prassi di vita? Non lasciamo forse in vari modi entrare gli idoli anche nel mondo della nostra fede? Siamo disposti a lasciarci sempre di nuovo purificare dal Signore, permettendoGli di cacciare da noi e dalla Chiesa tutto ciò che Gli è contrario?” (Omelia del 16 marzo 2008).
Il Salmo 49 ci ricorda che “chi offre la lode in sacrificio” onora in modo autentico Dio, mentre Gesù, nel Vangelo secondo Matteo, afferma che “chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita” per causa sua, la troverà. La Croce di Cristo è il vero sacrificio, i veri adoratori si conformano a Lui.
“Solo ‘l’amore sino alla fine’, solo l’amore che per gli uomini si dona totalmente a Dio, è il vero culto, il vero sacrificio. Adorare in spirito e verità significa adorare in comunione con Colui che è la verità; adorare nella comunione col suo Corpo, nel quale lo Spirito Santo ci riunisce” (Omelia del 16 marzo 2008).
“Non prenderò vitelli dalla tua casa, né capri dai tuoi ovili” leggiamo nel Salmo: la vera novità della fede non è quanto facciamo noi, ma quanto ha fatto il Signore: "Il cristianesimo non è un moralismo, non siamo noi che dobbiamo fare quanto Dio si aspetta dal mondo, ma dobbiamo innanzitutto entrare in questo mistero ontologico: Dio dà se stesso, il suo essere, il suo amare precede il nostro agire e nel contesto del suo Corpo, nel contesto dello stare in Lui, identificati con Lui, nobilitati con il suo Sangue, possiamo anche noi agire con Cristo. Ma l’etica è conseguenza dell’essere...dobbiamo solo agire secondo la nostra nuova identità. Non è più un’obbedienza esteriore, ma una realizzazione del dono del nuovo essere" (Discorso del 12 febbraio 2010).
Il Vangelo sottolinea che Gesù non è venuto a portare la pace sulla terra ma la spada, la spada di una Parola di verità: “Senza verità la carità scivola nel sentimentalismo. L'amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente. È il fatale rischio dell'amore in una cultura senza verità. Esso è preda delle emozioni e delle opinioni contingenti dei soggetti, una parola abusata e distorta, fino a significare il contrario” (Discorso del 29 gennaio 2010).
Il vero culto a Dio, afferma Isaia, è questo: soccorrere l’oppresso, rendere giustizia all’orfano, difendere la causa della vedova. E il primo atto della giustizia, ricorda il Papa, è riconoscersi peccatori. Gesù, tuttavia, di fronte al continuo fallimento degli uomini, non viene a condannare ma a salvare.
“Egli non viene come distruttore; non viene con la spada del rivoluzionario. Viene col dono della guarigione. Si dedica a coloro che a causa della loro infermità vengono spinti agli estremi della loro vita e al margine della società. Gesù mostra Dio come Colui che ama, e il suo potere come il potere dell’amore. E così dice a noi che cosa per sempre farà parte del giusto culto di Dio: il guarire, il servire, la bontà che risana” (Omelia del 16 marzo 2008).
Radio Vaticana