martedì 6 luglio 2010

Il Papa a Sulmona. L'abbraccio di Francesca e Cristian a Benedetto. L'emozione dei fedeli: ha capito il nostro disagio e ci aiuta a credere nel domani

La prima a rompere il protocol­lo è stata Francesca. Cristian l’ha semplicemente seguita, tra l’entusiasmo generale e la sorpresa del Papa, che alla fine aveva gli occhi splendenti per la gioia. Francesca Os­satti e Cristian Di Sanza erano i due giovani incaricati di salutare Bene­detto XVI durante l’incontro in Cat­tedrale, a nome di tutti gli altri. Ave­vano svolto il loro compito in ma­niera inappuntabile, seri, vestiti ele­gantemente, solo un tantino emo­zionati. Quando poi si sono avvici­nati al Pontefice per il baciamano, nulla lasciava presagire quel gesto improvviso, affettuoso più di mille parole. È stata Francesca a dare il via. Ha abbracciato il Papa, gli ha stam­pato due bei baci sulle guance. Come si fa con un nonno, in un clima di fa­miglia. E Cristian, poco dopo ha fat­to lo stesso.
È la fiducia quella che torna nei cuori degli abruzzesi. La speran­za che spine e croci che ognuno in questa terra si porta dentro continuino ad essere affrontate con la preghiera. Benedetto XVI lascia a Sulmona e all’A­bruzzo, scossi dal terremo­to e dalla depressione economica, una grande ere­dità: la riscoperta del si­lenzio seguendo l’esempio di Celestino V. "La fede non ha bisogno di pass". Chiara non ha tro­vato posto in Piazza Gari­baldi, ma ha comunque sventolato la sua bandiera bianca e gialla davanti al maxischermo nella vicina villa comunale. Si è alzata all’alba per esserci dome­nica. "Il Papa ha capito il nostro disagio, il nostro smarrimento – dice – e, co­me un padre premuroso, è venuto ad abbracciarci per dire che la Chiesa e il Si­gnore non si dimenticano di noi". Dei suoi vent’anni non ha solo la spensiera­tezza, ma la determinazio­ne e la scorza dura della montagna ben stampate negli occhi, anche quando vincendo l’imbarazzo racconta del trasferimento forzato dopo il 6 aprile da L’Aquila a Pescara, in cerca di lavoro e tranquillità. "Siamo troppo occupati a pensare ogni giorno a quello che non abbiamo, a quello che ci è stato tolto – continua – così ci dimentichiamo la ricchezza e la forza che possiamo risco­prire affidandoci alla bontà di Dio. Con le sue parole il Papa mi ha ricordato que­sto". Non è solo l’emozione per l’eccezionalità di una visi­ta papale ad animare i tan­ti, soprattutto giovani, che hanno sentito il bisogno di stringersi intorno a Bene­detto XVI. A Sulmona, in­fatti, hanno vissuto questa visita come una mano tesa a una terra dalla fede radi­cata, ma scossa dagli e­venti. I mille festoni colo­rati che domenica hanno decorato il centro della val­le peligna e i lunghi ap­plausi al passaggio del Pontefice sono il segno più evidente che qui c’è voglia di rinascere, di trovare la forza proprio partendo dall’intenso abbraccio che Benedetto XVI ha portato in Abruzzo. Anche per chi, come Paolo, cerca in quel gesto la speranza di un fu­turo migliore. La sua a­zienda rischia di chiudere e, a cinquant’anni, questo fa ancora più paura. "Ho pregato intensamente con il Papa, con un’emozione che poche volte ho prova­to – racconta – ho pregato perché la sua vicinanza e l’esempio di fede di Pietro da Morrone mi indichino la via giusta da seguire". Tanti precari, disoccupati, terremotati e loro, i ragaz­zi. Per i fortunati che lo hanno incontrato in Catte­drale è festa grande, ma per qualcuno conoscere Bene­detto XVI ha significato qualcosa di più. Insieme alle sue amiche, Ludovica ha fatto la fila per due ore per entrare tra i primi. La sua famiglia non ha gran­di difficoltà, ma forse per questo aver visto da vicino il successore di Pietro ha lasciato un segno profon­do. "Sono rimasta colpita dalla sua umanità, dai suoi gesti – dice – è stato emozionante e mi ha fatto ri­flettere su come ascoltare se stessi e gli altri, avvici­nandosi a certi valori, pos­sa arricchire una vita che ci appare già perfetta. Ho sentito la sua carezza, è co­me se ci avesse detto: affi­datevi alla provvidenza divina per andare avanti". Sono venuti da lontano, parlano lingue diverse, ma per tutti l’importante è es­serci. È così per Martha che viene da Liverpool e, nel suo viaggio in Italia, ha scelto di fermarsi in A­bruzzo proprio durante la visita del Papa; così come per il musulmano Hassan, che al passaggio del Pon­tefice ha alzato uno stri­scione con il suo benvenu­to in arabo e italiano. È in­fine lo stesso per Adina, ru­mena ortodossa; da cinque anni a Sulmona è disoccupata e sarà presto mamma. "Ho sentito il desiderio di scendere in strada per sa­lutare il Papa – confessa – la sua presenza mi aiuta a credere nel domani".

Avvenire