È la fiducia quella che torna nei cuori degli abruzzesi. La speranza che spine e croci che ognuno in questa terra si porta dentro continuino ad essere affrontate con la preghiera. Benedetto XVI lascia a Sulmona e all’Abruzzo, scossi dal terremoto e dalla depressione economica, una grande eredità: la riscoperta del silenzio seguendo l’esempio di Celestino V. "La fede non ha bisogno di pass". Chiara non ha trovato posto in Piazza Garibaldi, ma ha comunque sventolato la sua bandiera bianca e gialla davanti al maxischermo nella vicina villa comunale. Si è alzata all’alba per esserci domenica. "Il Papa ha capito il nostro disagio, il nostro smarrimento – dice – e, come un padre premuroso, è venuto ad abbracciarci per dire che la Chiesa e il Signore non si dimenticano di noi". Dei suoi vent’anni non ha solo la spensieratezza, ma la determinazione e la scorza dura della montagna ben stampate negli occhi, anche quando vincendo l’imbarazzo racconta del trasferimento forzato dopo il 6 aprile da L’Aquila a Pescara, in cerca di lavoro e tranquillità. "Siamo troppo occupati a pensare ogni giorno a quello che non abbiamo, a quello che ci è stato tolto – continua – così ci dimentichiamo la ricchezza e la forza che possiamo riscoprire affidandoci alla bontà di Dio. Con le sue parole il Papa mi ha ricordato questo". Non è solo l’emozione per l’eccezionalità di una visita papale ad animare i tanti, soprattutto giovani, che hanno sentito il bisogno di stringersi intorno a Benedetto XVI. A Sulmona, infatti, hanno vissuto questa visita come una mano tesa a una terra dalla fede radicata, ma scossa dagli eventi. I mille festoni colorati che domenica hanno decorato il centro della valle peligna e i lunghi applausi al passaggio del Pontefice sono il segno più evidente che qui c’è voglia di rinascere, di trovare la forza proprio partendo dall’intenso abbraccio che Benedetto XVI ha portato in Abruzzo. Anche per chi, come Paolo, cerca in quel gesto la speranza di un futuro migliore. La sua azienda rischia di chiudere e, a cinquant’anni, questo fa ancora più paura. "Ho pregato intensamente con il Papa, con un’emozione che poche volte ho provato – racconta – ho pregato perché la sua vicinanza e l’esempio di fede di Pietro da Morrone mi indichino la via giusta da seguire". Tanti precari, disoccupati, terremotati e loro, i ragazzi. Per i fortunati che lo hanno incontrato in Cattedrale è festa grande, ma per qualcuno conoscere Benedetto XVI ha significato qualcosa di più. Insieme alle sue amiche, Ludovica ha fatto la fila per due ore per entrare tra i primi. La sua famiglia non ha grandi difficoltà, ma forse per questo aver visto da vicino il successore di Pietro ha lasciato un segno profondo. "Sono rimasta colpita dalla sua umanità, dai suoi gesti – dice – è stato emozionante e mi ha fatto riflettere su come ascoltare se stessi e gli altri, avvicinandosi a certi valori, possa arricchire una vita che ci appare già perfetta. Ho sentito la sua carezza, è come se ci avesse detto: affidatevi alla provvidenza divina per andare avanti". Sono venuti da lontano, parlano lingue diverse, ma per tutti l’importante è esserci. È così per Martha che viene da Liverpool e, nel suo viaggio in Italia, ha scelto di fermarsi in Abruzzo proprio durante la visita del Papa; così come per il musulmano Hassan, che al passaggio del Pontefice ha alzato uno striscione con il suo benvenuto in arabo e italiano. È infine lo stesso per Adina, rumena ortodossa; da cinque anni a Sulmona è disoccupata e sarà presto mamma. "Ho sentito il desiderio di scendere in strada per salutare il Papa – confessa – la sua presenza mi aiuta a credere nel domani".
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